L’unicorno

L’unicorno detto anche liocorno o leocorno, è una creatura leggendaria di solito raffigurata come un cavallo bianco, simbolo di purezza e nobiltà, con un lungo corno avvolto a spirale sulla fronte, il quale, una volta rimosso, ne causerebbe la morte.
La leggenda vuole che esso sia un animale indomito e inavvicinabile, e che possa essere ammansito solo da una vergine, simbolo di purezza. È ciò che accade nel film Legend (ne ho parlato qui) in cui i protagonisti incautamente mettono in pericolo il loro mondo, e si trovano costretti a combattere per riportare l’armonia e l’ordine.

Si desume che questa figura leggendaria possa derivare da una descrizione orale, tramandata a lungo, di un animale che l’uomo preistorico può aver realmente visto e le cui caratteristiche possono essere associate a delle specie di rinoceronti con un singolo grosso corno sulla fronte che vivevano nelle steppe dell’Eurasia, e che si estinsero nello stesso periodo di quasi tutta la fauna nell’ultima glaciazione.

La sua effigie compare nei bestiari medievali che lo descrivono come una bestia indomabile, difficile da avvicinare e da catturare, ricordando le leggendarie qualità dell’animale a cominciare dal potere del suo corno liscio o a spirale, detto alicorno, con cui è possibile scoprire e neutralizzare i veleni, riempiendolo del liquido.

BESTIARIO


Unicorno da un bestiario di Zurigo (1551).

Il bestiario è un’opera didattica-morale nella quale alla descrizione dell’animale è associato un insegnamento di ordine religioso e morale.
L’origine di questi testi per il mondo occidentale è da ricercarsi nei testi antichi. Come l’opera greca di autore ignoto il Physiologus (il fisiologo, cioè lo studioso della natura) composta tra il II e il III secolo ad Alessandria d’Egitto, in cui vi è la descrizione di animali reali e fantastici, e l’interpretazione delle loro caratteristiche in chiave simbolica e religiosa.
Il materiale per l’interpretazione allegorica e morale degli animali era attinto sia a fonti profane (Plinio) sia all’esegesi patristica (spiegazioni e interpretazioni degli scrittori e dei Padri della Chiesa) e soprattutto a Isidoro di Siviglia.

Dei bestiari si ebbero altre versioni con infinite variazioni.
Animali reali e fantastici, anche mostri, comparvero nelle decorazioni delle cattedrali italiane ed europee, nei monasteri, nei mosaici delle chiese, a rappresentare concetti spirituali e passi della Bibbia. Una forma di linguaggio artistico, questo attraverso le immagini, che era comprensibile a tutti, anche a chi non sapeva leggere e scrivere.

I bestiari medievali illustrati ebbero notevole importanza nella storia della miniatura, influenzando notevolmente la produzione artistica dell’epoca.
Dante Alighieri stesso, nel canto primo dell’Inferno accompagnato da Virgilio incontra tre animali (lonza, lupa, leone) e questi divengono simboli di virtù o debolezze specifici, secondo le indicazioni dei bestiari medievali.

Altre raccolte simili per impostazione ai bestiari, ma di diverso argomento sono i lapidari (sulle proprietà delle rocce e dei minerali e le loro virtù curative e talismaniche) e gli erbari (sulle virtù delle piante medicinali e le loro proprietà).

 

In  altre raffigurazioni gli unicorni vengono rappresentati con zoccoli divisi e una barbetta, assomigliando più a una capra che non a un cavallo, il cui zoccolo è intero.
Fin dai tempi antichissimi la conformazione dell’unghia spessa che va a formare lo zoccolo aveva una certa rilevanza nelle abitudini alimentari dei popoli del Mediterraneo e del Vicino Oriente. Quadrupedi con l’unghia bipartita divisa da una fessura, infatti, vengono citati anche nell’Antico Testamento: attraverso Mosè vengono indicati agli Israeliti gli animali definiti puri e impuri che sono sulla terra “perché sappiate distinguere ciò che è immondo da ciò che è mondo, l’animale che si può mangiare da quello che non si deve mangiare”. (Levitico, 11)

Il Qilin, l’unicorno cinese chiamato kirin in Giappone, pare che inizialmente assomigliasse più a un cervo coperto di scaglie e munito di un corno, mentre in seguito divenne più simile a un drago con due corna. Una creatura leggendaria conosciuta in molte colture dell’Asia, che si dice appaia in contemporanea alla nascita di un uomo saggio e sia un buon presagio.

Un fatto curioso è l’individuazione nel 2008 da parte del Centro di Scienze Naturali di Prato di un giovane capriolo con un solo palco (comunemente detto “corno”) al centro della fronte invece delle classiche corna biforcate. Un esemplare simile è stato ripreso anche nel luglio 2017 nella zona dei Monti Sibillini. Ciò porterebbe a presumere che il mitico unicorno possa essere frutto di un’anomalia morfologica analoga (mutazioni) .

Ne Il Milione (1298 circa) di Marco Polo, mercante e viaggiatore veneziano – opera che è il resoconto dei suoi viaggi in Asia trascritto da Rustichello da Pisa – si narra di un luogo disabitato e sozzo, “ov’à molte selve e boschi, ov’à leofanti e lunicorni assai e altre diverse bestie assai…”. Gli unicorni che egli incontra nell’isola di Giava vengono descritti come animali che stanno volentieri nel fango e nel mezzo della fronte hanno un corno grosso e nero; …e non è come si usa dire di qua che si lascino prendere da la pulcella – precisa – tant’è che appare evidente fossero in realtà, i rinoceronti di Giava.
Tra i rinoceronti asiatici quello di Giava è la specie più rara, prossima all’estinzione per l’avvenuto sterminio nei safari di caccia grossa e alle guerre che hanno distrutto il suo habitat, ma ancor più per il bracconaggio. Il suo corno per le presunte virtù curative e afrodisiache, è particolarmente richiesto dalla medicina tradizionale cinese. I pochi esemplari rimasti si trovano nel Parco nazionale di Ujung Kulon, il più antico dell’Indonesia, riconosciuto dall’UNESCO nel 1992 come patrimonio dell’umanità.

In epoca medievale i liocorni comparivano anche su stemmi ed emblemi.
Nei simboli araldici medievali che si svilupparono in tutta Europa e identificavano in modo certo una persona, una famiglia e la sua linea di discendenza, veniva spesso rappresentato il liocorno che simboleggiava forza e generosa vittoria.

Adottato in un primo momento dagli Estensi a Ferrara, nello stemma ufficiale della famiglia d’Este, il liocorno nel periodo delle lotte fra Guelfi e Ghibellini venne sostituito con l’aquila.
In particolare l’unicorno, che allude alla purezza, divenne simbolo di un’Impresa di Borso d’Este (1413 – 1471) primo duca di Ferrara sotto il cui governo la città visse un lungo periodo di prosperità economica; egli divenne artefice di un mutamento del territorio con la bonifica delle paludi, soprattutto nell’area del Polesine, rendendo fertile un territorio poco salutare.
Tra le otto contrade del Palio di Ferrara, infatti, c’è quella del rione di Santa Maria in Vado che porta come effigie un unicorno che immerge nell’acqua il miracoloso corno purificatore. La leggenda racconta che con i suoi poteri magici l’unicorno rese florida la zona di Ferrara.

Nel Palio di Siena tra le diciassette contrade, suddivisioni storiche della città all’interno delle mura medievali, c’è quella del Leocorno rappresentata da un cavallo col corno in testa.

L’unicorno comparve nello stemma della casata dei Borromeo di Milano nel 1445, per tradizione simboleggia l’onore, il valore e la devozione della famiglia. Nota è la statua dell’unicorno che svetta nei giardini del Palazzo Borromeo di Isola Bella sul Lago Maggiore.

Due unicorni rampanti sono anche nello stemma ufficiale del Regno di Scozia fino al 1603. Quando Giacomo VI re di Scozia divenne anche re d’Inghilterra, nello stemma accanto all’unicorno comparve un leone, che simboleggia l’Inghilterra.
Tale stemma nel 1921 divenne anche quello ufficiale della Monarchia del Canada, che con il passare del tempo verrà a distinguersi sempre più da quello britannico.

Nell’Arte europea l’unicorno è spesso raffigurato in arazzi e dipinti, in cui il lungo e sottile corno pare somigliare più al dente del narvalo maschio, un cetaceo che vive nell’Artico.
Nel Medioevo la sua zanna veniva commercializzata come avorio pregiato e una volta polverizzata anche come farmaco, poichè si credeva potesse neutralizzare i veleni e aumentare la potenza sessuale maschile.

Il ciclo di arazzi fiamminghi della fine del XV secolo La dama e l’unicorno, è una delle più importanti opere di arazzeria del medioevo europeo.

Venne tessuto nelle Fiandre tra il 1484 e il 1500 e realizzato con lana e seta in stile millefleur (millefiori, uno stile per fondali pittorici contraddistinto da molti piccoli fiori e piante). Il ciclo di arazzi è composto da sei pannelli, tutti con lo sfondo rosso con al centro la dama con l’unicorno e il leone, intorno ci sono altri piccoli animali, alberi e fiori.
Gli stendardi e gli scudi portano l’emblema di Jean Le Viste, nobile francese che commissionò l’opera.
Dei sei pannelli, cinque sono dedicati a ognuno dei 5 sensi, mentre il sesto “A mon seul désir” (il mio solo desiderio), che è più grande degli altri e differisce nello stile, rappresenta la dama che ripone la collana indossata negli altri arazzi, nel cofanetto che le porge l’ancella; ciò pare esprimere la sua rinuncia alle gioie o alle tentazioni umane (a seconda del punto di vista) in favore di una vita più casta e ligia. Ai lati vi è il leone, simbolo di virtù e qualità positive, e l’unicorno, simbolo di purezza e nobiltà d’animo.
A questo ciclo si ispira il romanzo di genere storico The Lady and the Unicorn di Tracy Chevalier del 2003.

Un altro ciclo di arazzi dal titolo La caccia all’unicorno, appartenuto per secoli alla famiglia francese La Rochefoucauld, è stato realizzato tra il 1495 e il 1505 anch’esso con lo stesso stile millefleur.
Il ciclo composto da sette pannelli illustra un gruppo di nobili che va a caccia con i cani, e scoperto un unicorno finiscono per catturarlo e tenerlo in cattività confinato in un recinto.

Tra i dipinti vi è La dama e l’unicorno attribuito a Luca Longhi (1550 ca.) e conservato presso il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, e l’affresco la Vergine con l’unicorno di Domenico Zampieri, detto il Domenichino, che si trova nel Palazzo Farnese a Roma.

Famoso è anche il dipinto di Raffaello Sanzio La dama con liocorno (1505 -1507) conservato nella Galleria Borghese a Roma.

L’attribuzione del quadro si rivelò subito difficile e incerta essendo stato ridipinto in tempi successivi, con l’aggiunta di particolari che si ritenevano rappresentativi di Santa Caterina d’Alessandria, quali la ruota dentata (strumento di tortura) e la palma simbolo del martirio a cui ella fu sottoposta ad Alessandria d’Egitto nel 305 (circa).
Ma il restauro avvenuto nel 1935 portò alla luce il soggetto originale che venne attribuito a Raffaello, e confermato dopo la riscoperta del disegno preparatorio.
Dalle radiografie eseguite sul dipinto si scoprì che al posto del liocorno che rappresenta la purezza, la dama in origine teneva in braccio un piccolo cane simbolo di fedeltà coniugale.

In tempi più recenti la figura dell’unicorno la si trova anche nei romanzi di letteratura e nel cinema fantasy.

Compare in Harry Potter e la Pietra Filosofale, il primo romanzo della saga fantasy scritta da J. K. Rowling sul finire degli anni Novanta. La saga è ambientata nel mondo magico, una società parallela tenuta segreta e quindi sconosciuta al resto della popolazione non magica o babbana. Il principale antagonista della serie, Lord Voldemort è il mago oscuro più potente e temuto che si mantiene in vita bevendo il sangue degli unicorni della Foresta proibita, causandone la morte; ciò lo condanna a un’esistenza maledetta in quanto viene uccisa una creatura pura e innocente.
La saga fantasy di Harry Potter ha ispirato la serie cinematografica prodotta dalla Warner Bros, sulla quale  si sono ispirati numerosi videogiochi, i primi dei quali sviluppati dalla EA Games, e una serie di parchi tematici.

In astronomia Unicorno è una delle 88 costellazioni moderne, sebbene si ritenga sia molto più antica, già riconosciuta dagli antichi Persiani.

Il mitico unicorno viene a volte associato, o confuso, con Pegaso, il cavallo alato della Mitologia greca, il più famoso dei cavalli alati selvaggio e libero, che Perseo cavalcò quando liberò Andromeda dal mostro marino.
Il mito racconta che terminate le sue imprese, Pegaso prese il volo verso la parte più alta del cielo trasformandosi in una nube di stelle scintillanti andando a formare la costellazione boreale che porta il suo nome.

Pegaso e unicorni sono entrati a far parte della prima generazione dei My little pony, una linea di pony colorati giocattolo prodotti dalla statunitense Hasbro e lanciati sul mercato nel 1982.
In Italia sotto licenza del marchio, furono prodotti e diffusi inizialmente dalla Furga con il nome “Mio Piccolo Pony”. Nel 1983 si passò a chiamarli “Mio mini pony” e divennero immensamente popolari. Sul finire degli anni Ottanta i Mini Pony made in Italy cessarono di essere prodotti, e vennero importati quelli fabbricati in Cina o Hong Kong con il nome originale “My Little Pony“.
Molti di essi, quindi, presentano inevitabilmente delle differenze rispetto alla versione “ufficiale” americana, per cui col passare del tempo sono diventati pezzi rari tuttora ricercati dai collezionisti.
Questa linea di giocattoli ha ispirato una serie di pubblicazioni, anche mensili, musicassette con i brani musicali, una serie televisiva animata e una serie di lungometraggi, ed anche un videogioco.

I due liocorni è il titolo di una famosa canzone che piace molto a grandi e piccini, cantata e mimata nelle scuole, tra gli scout, nelle famiglie. Come nel film Come due coccodrilli del 1994 diretto da Giacomo Campiotti, in cui Marta (Valeria Golino) e il piccolo Gabriele traggono forza e complicità da questa canzone per affrontare una vita di serie B. Gabriele è figlio naturale, cioè nato al di fuori del matrimonio, riconosciuto dal padre Pietro Fraschini (Giancarlo Giannini), un industriale lombardo del vetro che conduce una doppia vita: una di facciata in cui è rigoroso e severo, e una clandestina e passionale in cui si concede di sognare.

Ci son due coccodrilli e un orango tango,
due piccoli serpenti e un’aquila reale,
un gatto, un topo e l’elefante,
non manca più nessuno,
solo non si vedono i due liocorni.

Se dal punto di vista materiale Pietro riesce a gestirle entrambe, dal punto di vista relazionale è una vera frana e sarà causa di profondo dolore. La colpa e le conseguenze della sua incapacità di assumere il ruolo di uomo e di padre cadrà irrimediabilmente su tutti i componenti delle due famiglie.

Nel gergo delle startup, la parola ‘unicorno’ si usa per indicare le rarissime aziende emergenti il cui valore stimato è superiore a un miliardo di dollari.

Nella cultura di massa agli unicorni di fatto si sono venuti ad associare concetti come l’essere magici e quindi speciali, rari e quindi unici. Un potenziale molto sfruttato dal punto di vista commerciale, che unitamente al rappresentarli molto colorati e glitterati, ha raggiunto tutti i mercati possibili: dai cosmetici alla moda, dai tatuaggi alle canzoni pop, dai cibi alle bevande, come il frappuccino multicolor unicorno che non contiene caffeina ma crema di latte e si presenta con colori accesi che mescolati creano mille sfumature; una bevanda tanto accattivante quanto insidiosa poichè contiene un’assurda quantità di zucchero.

La figura dell’unicorno appare anche in festival musicali e in manifestazioni di protesta, e sempre più spesso viene associata alla bandiera arcobaleno della comunità LGBT, bandiera creata nel 1978 dall’artista americano Gilbert Baker, che in origine aveva otto colori (uno per ogni aspetto della simbologia New Age: dalla spiritualità alla natura, alla sessualità), poi ridotti a sette per motivi pratici e quindi a sei.
Si distingue dalla bandiera della pace che invece ha sette colori, disposti diversamente (i colori caldi sono in basso), ma soprattutto per l’assenza della scritta PACE.

Leda

Possiamo essere forti, possiamo essere forti
in questa corsa solitaria, sulla strada dell’amore.
Possiamo essere forti, possiamo essere forti
segui quell’unicorno sulla strada dell’amore.

 

 

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