Il genitore perfetto

 

SHALL WE DANCE?

La mia mamma, Il mio papà,
Anthony Browne, Donzelli 2013

Illustrati per piccoli (dai 4 anni)

È brava, la mia mamma.
Mia mamma è una cuoca fantastica
e fa benissimo il giocoliere.

È in gamba il mio papà.
Il mio papà non ha paura di NIENTE,
nemmeno del Lupo cattivo.

da una recensione di Carla
22 aprile 2013

Così comincia un libro double-face: da una parte dedicato alla mamma e dall’altra, girato di 180° e capovolto, al papà (che poverino si è beccato l’inevitabile, ma brutto codice a barre con l’ISBN e il prezzo…).
Questa mamma, con due guance rubizze che alludono alla rotondità di un cuore, avvolta in una vestaglia a fiori, sa fare molte cose: sa dipingere come una pittrice (davanti allo specchio del bagno, disegna la sua bocca con il rossetto), è piena di muscoli (quando arriva a casa con otto borse della spesa). Sa ruggire, ma anche cantare come un angelo, è bella come una farfalla e comoda come una poltrona. Avrebbe avuto tra le mani diverse carriere: da astronauta a diva del cinema, ma lei ha scelto di fare la mia mamma. Sempre sorridente, lei è la mia supermamma.

Ruoto il libro e c’è il papà. Meno sorridente della mamma, ma altrettanto fasciato nella sua vestaglia a quadretti, questo papà cammina sul filo (dei panni) vince senza fatica la corsa dei papà (con un bel fiatone), nuota come un pesce (in vestaglia), è tenero come un orsetto e saggio come un gufo. Lui può ballare molto bene (in vestaglia) e cantare (tra Carreras e Pavarotti). Ad entrambi voglio bene ed entrambi ne vogliono a me e me ne vorranno sempre!!

Se questo libro farebbe pensare, per forma e contenuto, ad un libro speculare, a vederlo bene non lo è.
Speculare e rassicurante è il finale con la dichiarazione di affetto da parte del bambino e dei due genitori. Ma mamma e papà sono ben diversi. La mamma mi pare fatichi un bel po’, sebbene abbia carriere strepitose nel suo futuro, decide di fare la mamma a tempo pieno. E tutto questo con un sorriso sempre allegro sulla bocca. Il papà è un mito, ma la sua faccia pare raccontare altro: fatiche, paure, incertezze. Ma lui, nonostante la faccia perplessa e la veste da camera, ha fatto il ballerino, la mamma lo ha solo sognato… continua

Il genitore perfetto

Una storia…

Rick alla nascita rimase soffocato dal cordone ombelicale e questo gli provocò un danno celebrare permanente, rendendogli impossibile il controllo degli arti. I dottori assicurarono a Dick e alla moglie Judy che il figlio sarebbe rimasto un vegetale per tutta la vita ma loro non abbandonarono mai le speranze e lottarono per scoprire se ci fosse qualcosa che poteva permettergli di comunicare. I ricercatori si dimostrarono piuttosto scettici ma quando, su consiglio del padre raccontarono a Rick una barzelletta, lui cominciò a ridere: era evidente quindi che riusciva perfettamente a recepire il mondo intorno a lui. Così, grazie all’aiuto della tecnologia Rick fu in grado di comunicare.

Un giorno anche un suo compagno di classe rimase paralizzato e la scuola organizzò una corsa come raccolta fondi. Rick era intenzionato a partecipare e aiutato da suo padre realizzò il proprio desiderio. Quello fu un evento fondamentale per la famiglia Hoyt: “Papà, quando correvamo, non mi sentivo più disabile!” Da quel momento Dick volle in tutti i modi che il figlio potesse riprovare quella sensazione quante più volte possibile, si mise in forma e cominciò a correre “insieme” al figlio. All’inizio incontrarono qualche difficoltà ma poi iniziarono la lunga serie di sfide, tra cui il triathlon (4 km nuoto, 180 km in bicicletta e 42 km corsa)! Sono riusciti a collezionare 212 gare di triathlon, inclusi 4 massacranti Ironman da 15 ore alle Hawaii.

Si era già parlato con Oscar Pistorius di come si potessero superare le barriere della disabilità per raggiungere la normalità, almeno per qualche momento, come quello delle competizioni sportive. Qui Dick ha realizzato il sogno del figlio Rick, quello di farlo sentire normale (“Papà, quando correvamo, non mi sentivo più disabile!”), mettendo a dura prova anche se stesso con delle massacranti sfide, tanto che in una di queste è stato anche colto da un attacco di cuore. Un esempio di amore senza confini….

Riflessioni: difficile riuscire a non piangere vedendo questo filmato.
Ecco vedere questi atti di amore e coraggio di un padre per il proprio figlio, per rendere FELICE il proprio figlio, stride con chi afferma che essere genitore significhi solo mettere al mondo un figlio, stride con i messaggi di quei giovani figli che considerano il suicidio come un atto di coraggio, una soluzione alle sofferenze che la vita ci dà…
Un compagno di scuola di mio figlio era molto grave alla nascita, non so bene cosa sia successo, ma i medici avevano dichiarato che il suo livello di sviluppo sarebbe rimasto quello di un bambino di pochi mesi e presto si sarebbe ridotto a un vegetale, e in breve tempo sarebbe morto.
La madre è stata abbandonata a se stessa dal marito, ma lei ha preso il coraggio a 3 mani e lo ha amato talmente tanto che è in vita ancora oggi, ha frequentato le scuole regolarmente anche se il suo sviluppo è rimasto quello di bambino piccolo. I medici stessi sono rimasti allibiti di questa cosa e non se lo sanno spiegare, certo non fa una gran vita… ma credo che per lui l’amore della mamma sia tutto e di più.

Due genitori non possono allevare un figlio meglio di quanto possa riuscirci un genitore solo. Avete bisogno di una comunità intera – di tutti – per allevare un figlio.

Toni Morrison

Un figlio non è una proprietà, non ci appartiene perchè l’abbiamo messo al mondo, non è un oggetto da contendere, ma soggetto di diritti e doveri come ogni persona a questo mondo.

A volte faccio davvero fatica a capire e a trovare un senso in ciò che accade.
Fatti come quello avvenuto nel 2013 a Salerno, dopo quello di Cittadella, in cui un figlio conteso dai genitori separati da tempo, viene tolto ai genitori e inserito in una casa-famiglia.
Due istituzioni diverse:

  • quella della famiglia nella quale i genitori hanno precise responsabilità verso i figli (e ricordiamo che siamo soli in questo compito);
  • quella del Tribunale dei minorenni che ha il potere di decidere se sei un buon genitore oppure no e nel mezzo i Servizi socio-sanitari territoriali con il Consultorio e l’Equipe psico-pedagogica specifica dell’età evolutiva.

Obiettivo comune è garantire una crescita sana dei bambini sia dal punto di vista fisico che mentale.
Le strutture ci sono, il problema è se funzionano e se sono collegate tra di loro.
Mi lascia sempre perplessa il provvedimento di allontanare i bambini da entrambi i genitori.
Il sospetto di molestie e/o abusi sessuali è gravissimo e non va preso alla leggera, può essere deleterio per chi viene coinvolto direttamente, ma anche per l’intera comunità, un’esperienza allucinante per chi è sospettato ma poi risulta innocente. A volte può essere necessario l’allontanamento del genitore in causa, fintanto che si svolgono le indagini, sperando che ciò avvenga con rigore e nel più breve tempo possibile.
Ma l’allontanamento del bambino dalla madre per una supposta sindrome da alienazione genitoriale, questa proprio non la capisco.

La sindrome da alienazione genitoriale (o PAS, dall’acronimo di Parental Alienation Syndrome) che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzio conflittuale dei genitori, non adeguatamente mediati, è una teoria elaborata dallo psichiatra statunitense Richard Gardner che risale alla metà degli anni Ottanta. Secondo Gardner, la PAS sarebbe frutto di un condizionamento da parte di un genitore cosiddetto “alienante”, una sorta di lavaggio del cervello che porterebbe il figlio ad allearsi con il genitore “alienante”, facendo proprie le sue sofferenze, e a mostrare – in modo apparentemente autonomo – astio, disprezzo e denigrazione verso l’altro genitore, cosiddetto “alienato”.

Tale provvedimento sembra cozzare con quanto affermato in importanti studi giunti in Italia agli inizi degli anni Settanta sugli effetti causati da un’imposta separazione dalla figura materna, veri e propri traumi nel caso di ospedalizzazione dei bambini, di ricovero nei brefotrofi (che accoglievano i neonati abbandonati) e negli orfanotrofi (che accoglievano i bambini senza genitori o che venivano maltrattati).
Ai genitori di oggi sembrerà impossibile che potesse accadere, ma i bambini in ospedale venivano spesso ricoverati e “consegnati” ai medici che decidevano come intervenire e i genitori venivano informati dopo, senza voce in capitolo e potevano vedere i loro bambini solo una volta al giorno durante le visite. Un’eccezione veniva fatta solo per i casi gravi.
La disperazione dei bambini che si sentivano abbandonati e l’angoscia dei genitori che vivevano un forte senso di colpa, non erano prese in alcun modo in considerazione e gli effetti di questa separazione forzata, si è potuto osservare, portava a un progressivo distacco del bambino dalla realtà che andava di pari passo con il passare dei giorni e che spesso veniva interpretato come un “assestamento”. (vedi Bambini in ospedale)

Sulla salute dell’essere umano ha molta importanza l’aspetto psicologico ed emotivo della persona, come dimostra Patch Adams con la Terapia del sorriso, mente e corpo sono inscindibili. Tutto ciò è reso tangibile, per esempio, dall’effetto placebo di una terapia.

Il placebo (futuro del verbo latino placere, letteralmente “io piacerò”) è una sostanza inerte o una qualsiasi altra terapia o provvedimento non farmacologico (un consiglio, un conforto, un atto chirurgico) che, pur privo di efficacia terapeutica specifica, sia deliberatamente utilizzato per provocare un effetto positivo su di un sintomo o una malattia. Se ne parla da sempre e spesso è un’ottima alternativa ai farmaci tradizionali o è l’unica soluzione in caso di malattie psicosomatiche o per cui non esiste ancora una terapia.
Ma come funziona?.. continua

La faccenda diventa ancor più complessa quando si parla di Nocebo, ovvero l’altra faccia del placebo.

È evidente che le nostre aspettative nei confronti dei farmaci sono molto alte, tanto da pensare che possano risolvere tutto, come se il corpo fosse staccato, non ci appartenesse. Non di rado si arriva all’abuso e alla dipendenza “sperando nel miracolo”. Quando invece sarebbe il caso di riflettere con sincerità su come viviamo la nostra vita, sulle nostre scelte e soprattutto sulle nostre abitudini.
Questa nostra “debolezza” inoltre può esporci e diventare un business per chi ha pochi scrupoli; non sentirsi responsabili in prima persona delle proprie scelte in fatto di salute, può rappresentare un rischio per noi stessi e soprattutto per i nostri figli (vedi Educare con autorevolezza e vigilare con autorità), trasmettendo un modo errato di affrontare i problemi.

Buona regola è chiedere sempre consiglio al proprio medico riguardo ai farmaci e diffidare di chi ne prescrive tanti per ogni cosa senza una vera necessità, se siamo poco convinti meglio consultare un altro medico per avere un confronto, e soprattutto non fidarsi e affidarsi mai al sentito dire e ai ciarlatani.

È vero anche che ci sono persone che ritengono un buon medico soltanto colui che fornisce una soluzione per ogni cosa. Ho sentito molte mamme dire: «cambio dottore perchè non mi ordina nessun farmaco!» ignare del fatto che è proprio quello il buon medico, quello che si prende cura di noi e si prende il tempo per dialogare (Il medico di famiglia), che se non ne vede la necessità non ti ordina l’antibiotico solo per placare la tua ansia! Così si passa da un medico all’altro senza posa, a cui spesso viene taciuta la precedente terapia, si passa da un analisi all’altra finchè si trova qualcosa…

Una volta conobbi uno che era talmente apprensivo che portò il proprio figlio da più medici perchè era pallido e lui si era convinto avesse qualcosa. Non trovò alcun riscontro, ognuno di loro affermava che sarebbe bastato un ricostituente, ma non ne fu convinto e tanto fece che trovò un dottore che ipotizzò potesse avere la leucemia. Il padre si spaventò assai, poi la diagnosi fu smentita e capì di avere un tantino esagerato.

Spesso ci si rivolge al medico in modo passivo, come se fosse un mago, lo stregone della tribù che ha la pozione magica e se non ce l’ha… non è uno bravo. In realtà nostro dovere è sforzarci di capire i nostri sintomi e spiegarli al medico con fiducia in modo che possa capire e proporre delle soluzioni, a volte può solo intuire e andare per tentativi, che possono funzionare oppure no. Mettiamoci bene in testa che il medico non ha la sfera di cristallo e nemmeno gli occhiali con i raggi X per vedere dentro il nostro corpo,  pertanto  non può essere infallibile.

Come infallibile non può essere chi decide per una separazione forzata di un bambino da entrambi i genitori e per come viene condotta: essere letteralmente strappato dalla famiglia, prelevato con tanto di Polizia, in tempi e luoghi non idonei, dovrebbe essere più una scena da film che non un fatto della realtà.
Se questa procedura ha il senso di proteggere il bambino, perchè non si tiene conto del trauma che può incidere sull’equilibrio psico-fisico del bambino stesso?

Non è un controsenso?

Ma a volte succede anche il contrario, che siano i genitori ad allontanarsi dai propri figli.
Un fatto curioso si verificò negli anni Settanta durante il mio tirocinio previsto dal programma scolastico in un ospedale di provincia. Eravamo ai primi di gennaio e in quel mentre stavo affiancando la caposala del reparto di pediatria, quando vennero ricoverati per un principio di broncopolmonite due bambini sui 3-4 anni che facevano parte di un clan di zingari di passaggio. La caposala mi spiegò che questa cosa succedeva tutti gli anni, i bambini esposti al freddo e ai disagi di una vita nomade si ammalavano facilmente, così una volta ricoverati sarebbero rimasti lì per tutto l’inverno.
Apparentemente sembrava che questi bambini non risentissero della mancanza dei famigliari, forse perchè essere accuditi, stare al caldo e avere buoni pasti rappresentava per loro una manna. «Non ti preoccupare – mi disse la caposala – vedrai che i loro genitori si presenteranno qui a riprenderli qualche giorno prima che l’Ospedale sia tenuto a dichiarare lo stato di abbandono».

LO STATO DI ABBANDONO

Lo stato di abbandono del minore viene accertato attraverso dei provvedimenti previsti all’interno della legge n. 184 del 1983, come modificata dalla legge 149/2001 che sancisce il “Diritto del minore alla propria famiglia”.
Al primo comma dell’art. 1 stabilisce che “Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”.
Interessante il secondo comma “Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto”.
E il terzo comma “Lo Stato, le Regioni e gli Enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia”.

 

Mi chiedo quanto e in che direzione venga applicata e rispettata questa legge, basta digitare nel web “bambini sottratti a famiglie indigenti” per vedere comparire una lunga fila di articoli. La realtà è: che si fa prima a togliere il minore alla famiglia anzichè predisporre una qualche forma di sostegno e aiuto citato nella legge stessa.
Non ho potuto non pensare a tutti quei genitori che in questo periodo di crisi economica hanno perso il lavoro, costretti a vivere in auto perchè hanno perso la casa non potendo pagare il mutuo alla banca o impossibilitati a pagare un affitto. Non ho potuto non pensare alle parole di Sandro Pertini sulla libertà e la giustizia sociale:

«Mi dica, in coscienza, lei può considerare libero un uomo che ha fame, che è alla miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perchè non sa come mantenere i suoi figli ed educarli?
Questo non è un uomo libero!
Sarà libero di bestemmiare, di imprecare, ma questa non è la libertà che intendo io»

È chiaro che la Costituzione stessa è disattesa, così come la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
E c’è da chiedersi, ma chi ci guadagna e specula su queste situazioni e chi potrebbe/dovrebbe fare qualcosa e non lo fa… ma riesce a dormire la notte?

LA CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA

La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rigths of the Child), approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con legge del 27 maggio 1991, n. 176, nel preambolo cita le seguenti parole:

Convinti che la famiglia, unità fondamentale della società e ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare del bambino, ragazzo e adolescente, deve ricevere la protezione e l’assistenza di cui necessita per poter svolgere integralmente il suo ruolo nella collettività.

Riconoscendo che il bambino, ragazzo e adolescente ai fini dello sviluppo armonioso e completo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare in un clima di felicità, di amore e di comprensione.

In considerazione del fatto che occorre preparare pienamente il bambino, ragazzo e adolescente ad avere una sua vita individuale nella società, ed educarlo nello spirito degli ideali proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, in particolare in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà…

 

La famiglia in Italia è riconosciuta certamente come “un’unità fondamentale della società e ambiente naturale per la crescita”… ma non beneficia di una vera e seria politica di sostegno;

crescere in un clima di felicità, di amore e di comprensione” …in realtà è un requisito che sovente risulta secondario rispetto al benessere economico (se no i figli non verrebbero “tolti”);

educarlo nello spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà” …beh, ciò presume che tale spirito sia acquisito prima dagli adulti, per poter educare in tal senso.

Una volta dichiarato lo stato di abbandono il minore è posto nella condizione di essere adottabile; competente a emettere tale provvedimento è il Tribunale per i minorenni del distretto in cui si trova il bimbo abbandonato.

Leda

L’ADOZIONE

 

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