È il 2005 primo anno di scuola primaria per il secondo dei miei figli, è felice perché ha ritrovato tutti i suoi compagni della scuola dell’infanzia, tranne qualcuno che ha optato per una scuola privata-convenzionata fuori comune. Sinceramente non ho mai condiviso questa scelta perché oltre a pagare una considerevole retta, è una scuola che vive sugli allori del passato quando era definito “educandato”, parola che richiama fortemente a delle regole fin troppo rigide, che a me sinceramente han sempre fatto venire l’orticaria, e che comunque ora qualitativamente non dà niente di più di una normale scuola pubblica. In compenso chi fa questa scelta non ha mai considerato i risvolti che può avere per il futuro di questo piccolo paese, perché la scuola ha rischiato più volte di essere chiusa e inglobata da qualche paese limitrofo per insufficiente numero di iscritti e, per paradosso ciò non è avvenuto grazie al consistente numero di figli di extracomunitari residenti. Chi non valuta pro e contro nelle proprie scelte è spesso chi poi alza la voce e protesta, senza rendersi conto di aver contribuito a risoluzioni drastiche che ricadono su tutti.
Dopo appena un mese di scuola vengo convocata dalle insegnanti. In un modo piuttosto informale mi comunicano che mio figlio ha qualche problema di disciplina… dall’espressione dei loro visi, dalle loro parole e dalla situazione che si è creata, ho come l’impressione che sia più uno sfogo, il loro.
So che è un bambino non facile, nel senso che ha sempre tratto in inganno il suo fare un po’ sornione e un po’ gioviale, ma in realtà è un bambino molto ricettivo. «Il suo apprendimento è così rapido che i ritmi della scuola attuale lo portano ad annoiarsi», così mi riferì un’insegnante supplente verso la fine dello stesso anno.
«Vorrei fosse nella mia classe, la sua vivacità e il suo linguaggio così ricco è una risorsa enorme, vista la povertà nell’esprimersi di questi tempi» mi disse la maestra dell’altro mio figlio a cui avevo chiesto un parere perché non capivo…
Ma le due insegnanti, perseveranti, mi hanno invitato a consultare uno psicologo perché a loro avviso era un bambino “iperattivo”…
Non sono mai stata il genere di genitore che ‘non vuol vedere’ o che difende il proprio figlio a spada tratta, anzi, cerco sempre il dialogo e la collaborazione con gli insegnanti perché credo nel loro ruolo di educatori affiancati alla famiglia.
Così come credo più nell’autorevolezza che non nell’autorità e so per esperienza che per essere un buon educatore occorre avere delle strategie, un piano di azione e un atteggiamento propositivo mirato verso determinati obiettivi, e non a trovare dei capri espiatori su cui scaricare il proprio fallimento.
In tanti anni di scuola ho conosciuto degli insegnanti meravigliosamente appassionati con cui mi sono sentita in sintonia, altri con cui ho discusso, anche litigato ma una volta chiarito c’è stata nuova energia, e altri nei confronti dei quali mi sono chiesta perché avevano scelto un lavoro così bello con un approccio così scadente e inadeguato da risultare poco portati all’insegnamento.
AUTORITÀ O AUTOREVOLEZZA?
Chi agisce con autorità usa un metodo gerarchico con un capo che impone la propria supremazia, usa la fermezza e l’intransigenza, vuole esercitare il controllo facendo uso della costrizione e facendo spesso leva sulla paura. Se non si è attenti e non si ubbidisce si subisce una punizione.
È l’insegnante classico del passato, quando nella classe non volava una mosca e teneva tutti sotto scacco facendo uso della paura, che incuteva il timore di chiedere spiegazioni così si finiva per fingere di aver capito per non essere derisi dai compagni. È l’insegnante che non ti trasmetteva passione per lo studio e la conoscenza.
Si è visto nel tempo che con questo tipo di educazione poco comunicativa fondata sulla repressione, spesso si ottiene esattamente il contrario, non porta l’individuo ad essere autonomo e ad avere una buona opinione di sé e delle proprie capacità.
Chi agisce con autorevolezza pone l’altro come soggetto stesso della propria educazione, nel sentirsi motivato a seguire l’insegnante che stima e rispetta.
È l’insegnante empatico che ha carisma, che sa come catturare l’attenzione senza alzare la voce, che sa essere fermo ma anche comprensivo. È l’insegnante capace di farti amare anche una materia per cui non ti senti portato.
Per ottenere attenzione e disciplina occorre soprattutto essere autentici e coerenti tra ciò che si è, e ciò che si dice e si insegna, e mettere l’altro nella condizione di non avere paura di esprimere domande, dubbi, riflessioni, ma al contrario di incentivarle e far sì che ognuno sviluppi un’opinione personale.
Ciò che si impara in questo modo persiste nel tempo e rappresenta una guida importante e un posto nel cuore per una persona che non si dimentica.
In passato è stata tentata anche la strada del permissivismo nella convinzione di favorire la creatività, ma in realtà ha dato origine a un concetto errato di libertà (che non va intesa con il ‘fai come vuoi’) e a una maleducazione diffusa. A scuola si traduceva in una classe caotica e ingestibile e un insegnante privo di qualsiasi mezzo per ottenere attenzione.
Tra alti e bassi e nel susseguirsi di insegnanti supplenti, questa cosa dell’iperattività mi fu ripresentata occasionalmente trascinandosi nel tempo. Finchè nel 2009 quando feci il mio ingresso in Internet ho voluto approfondire l’argomento, ed ebbi qualche conferma.
Tecnicamente si chiama ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) è la sigla della sindrome da deficit di attenzione e iperattività.
Si tratta di una malattia gravissima, altamente contagiosa… tra gli insegnanti ed i genitori.
È una grave patologia letteralmente INVENTATA DI SANA PIANTA, dalle multinazionali del farmaco per potere vendere su scala mondiale il RITALIN!!!
(un utente di Riza Forum)
Questa affermazione mi trova piuttosto d’accordo, sono dell’opinione che ci sia una tendenza ad abusare di questa diagnosi.
Nel caso di mio figlio non c’era corrispondenza tra il comportamento segnalato a scuola e quello tenuto a casa, lo vedevo impegnarsi per un tempo considerevole con giochi o letture che lo appassionavano e non dimostrava irrequietezza.
Del resto quale ragazzino oggi non è vivace? Sono sempre più svegli stimolati dalle molte opportunità che hanno di imparare, e noi adulti fatichiamo a star loro dietro. Vedi anche molti insegnanti a scuola, spesso si trovano ad imparare dagli alunni stessi per quanto riguarda la tecnologia e l’informatica, ad esempio.
Noi adulti siamo più cauti di fronte a strumenti che non conosciamo perchè temiamo di sbagliare e di far danno, invece i ragazzi si applicano con una giusta “incoscienza” che permette loro di progredire e assimilare a velocità incredibile.
Purtroppo questa tendenza a classificare come iperattivi questi ragazzi vivaci si sta diffondendo anche in Italia e così l’uso di psicofarmaci, che sembrano offrire la via più facile.
Invece, mi chiedo, perchè non superare certi pregiudizi e consultare qualche psicologo capace, che sappia aiutarci a fare un quadro della situazione? Ricorrere a dei farmaci non aiuterà certo a risolvere ‘il problema’ ma semmai lo coprirà per permetterci di non ‘vedere’ il disagio vissuto dai nostri figli.
È la stessa metodologia, molto diffusa un tempo, in cui venivano prescritti degli sciroppi calmanti ai bambini con problemi di sonno. Non è calmandoli che si risolve… ma è capire perchè i bambini hanno questo problema che perlopiù ha un risvolto psicologico, e trovare le giuste strategie per superarlo.
La scuola d’altro canto, soprattutto quella secondaria di primo grado, andrebbe rivista e adeguata ai tempi, i ragazzini di oggi hanno bisogno d’imparare a usare gli strumenti giusti e i giusti metodi per conoscere, non hanno bisogno solo di nozioni. Ma purtroppo la scuola è ancora impostata in questo modo, così i ragazzini più svegli non riescono a tollerare questi ritmi noiosi. Se poi hanno la fortuna d’incontrare degli insegnanti veramente aggiornati, aperti alle nuove tecnologie e ai più efficaci metodi di insegnamento (da ripescare nel passato*) potranno dare molto a se stessi e agli altri. Ma il più delle volte le loro capacità vengono sprecate, sacrificate e castigate per salvaguardare una scuola vecchia e obsoleta.
Per quanto riguarda noi genitori siamo lasciati soli in questo compito, per di più oberati da impegni economici di un certo spessore. Sappiamo benissimo che in Italia (a differenza di molti stati europei) non esiste nessuna legge di sostegno alle famiglie e pensare che le fondamenta dei futuri cittadini vengono a formarsi proprio lì, nella famiglia! Ma questa politica non rende nulla nell’immediato che si possa ‘esibire’ alle elezioni, è un investimento nel lungo periodo che richiede lungimiranza.
I servizi essenziali di una società civile, l’istruzione e la salute, vanno protetti e incentivati.
D’altro canto come genitori dobbiamo renderci conto che le nostre azioni, decisioni, scelte, avranno una conseguenza inevitabile sui figli. Ad esempio se si decide di essere permissivi fin dai primissimi anni di vita, poi sarà molto difficile intervenire sul comportamento dei propri figli in età prescolare e scolare, quando si scontreranno con le regole sociali imposte da una comunità, che peraltro sono anche necessarie per il reciproco rispetto.
Come genitori occorre prima di tutto avere le idee chiare e degli obiettivi, e le nostre azioni dovranno essere coerenti con le nostre opinioni perchè i nostri figli ci guardano e imparano più da come agiamo che non da quello che diciamo.
Poi genitori non si nasce, si diventa… anche sbagliando, l’importante è mettersi in discussione e imparare dai propri errori per migliorarsi.
*Maria Montessori
Giuseppina Pizzigoni
Wilhelm August Fröbel
ADHD: epidemica o diagnosticata in modo eccessivo?
In un numero sempre crescente di bambini viene diagnosticato un disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività (ADHD). Tuttavia, medici e genitori sono sempre più preoccupati di un’eventuale diagnosi scorretta.
Un alto livello di attività può essere del tutto normale ed essere semplicemente dovuto al normale atteggiamento assunto in età infantile. In alternativa, può essere legato a diverse cause, compresi disturbi emotivi o anomalie della funzionalità cerebrale come ADHD.
Generalmente, i bambini di 2 anni sono attivi e raramente stanno fermi. Un’elevata attività e un certo livello di rumorosità sono frequenti fino ai 4 anni. In questa fascia di età, tale comportamento è normale. Un comportamento attivo può causare conflitti tra i genitori e il bambino, e può destare preoccupazione. Può anche creare problemi per altre figure, come gli insegnanti.
La valutazione del livello di attività del bambino non deve semplicemente dipendere dal grado di tolleranza del soggetto che se ne occupa. Tuttavia, alcuni bambini sono chiaramente più attivi rispetto alla media.
Qualora l’elevato livello di attività sia associato a brevi periodi di attenzione e di impulsività, si può parlare di uno stato di iperattività che rientra nell’ADHD.
Testo di riferimento: Il manuale della salute per tutta la famiglia – Merck, Raffaello Cortina editore, Springer 2004
Per approfondire:
Creare malattie
Apparentemente siamo inondati dalle malattie mentali.
Da dove provengono? Usando il loro Manuale Diagnostico e Statistico delle Malattie Mentali, gli psichiatri possono etichettare chiunque cammini oggi sulla Terra come “mentalmente malato”. La timidezza, un tratto comune del carattere delle persone, viene ora etichettata come “Disturbo da Ansia Sociale”.
Senza contare a quanto gigantesca stia diventando l’industria degli psicofarmaci, gli psichiatri stanno lavorando sodo per inventare nuovi disturbi per farla crescere ancora di più. Esiste una pillola per ogni malattia, e il pubblico e i pazienti non vengono informati di quanto pericolosi siano, in realtà, gli psicofarmaci.
FATTO: Dal 1994, negli Stati Uniti, la diagnosi di psicosi maniaco-depressiva nei bambini è aumentata del 4000%. E il numero di bambini a cui sono stati prescritti farmaci antipsicotici sono più che quintuplicati, con un’impennata di circa due milioni e mezzo di bambini.
Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani onlus
GlaxoSmithKline & psichiatri accusati di frode per la vendita di farmaci ai bambini
5 luglio 2012
Gli psichiatri campioni di prescrizioni venivano mandati in costose villeggiature dal gigante farmaceutico internazionale: Giamaica, Bermuda, Hawaii e altri luoghi esotici dove, tra un servizio termale e l’altro, potevano ascoltare discorsi dei colleghi psichiatri che la società aveva pagato per instillare l’idea che i bambini debbano ingollare pillole. I bambini americani erano depressi. Avevano bisogno di antidepressivi. E la GlaxoSmithKline era pronta per il salvataggio… continua
Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani raccomanda di informarsi attentamente, di non accettare facili diagnosi psichiatriche sia per se stessi che per i propri figli, ma richiedere accurate analisi mediche. È possibile visionare un estratto di uno dei nostri video documentari. Con più di 175 interviste ad avvocati, esperti della salute mentale, familiari delle vittime e agli stessi sopravvissuti, questo avvincente documentario smaschera la somministrazione di psicofarmaci e rivela una brutale ma ben consolidata macchina fabbrica-soldi.
Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani onlus
Vademecum affinché la scuola dei vostri figli sia un luogo d’Istruzione ed Educazione
Dopo tante, troppe, telefonate di genitori preoccupati per l’invasione di psicologi e psichiatri nelle scuole, dalle materne in sù, abbiamo deciso di formulare il seguente Vademecum ad uso dei genitori. Forse non sarà la formula migliore, ma saremmo molto negligenti a non fare nulla al riguardo. La maggior parte dei genitori non sa che in base a questi test il bambino potrebbe essere classificato come “malato mentale”. Inoltre, nonostante tutte le promesse di approccio multimodale, spesso si inducono i genitori ad accettare la terapia farmacologica senza una giusta enfasi sugli effetti collaterali.
Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani onlus
È mostruoso solo pensare che si possa arrivare a tanto, e ancor più rendersi conto che oltre a tradire la nostra fiducia, si compie un vero e proprio attentato al futuro dei nostri figli e al futuro della società intera in nome di un idolo qual è diventato il denaro. Sono sempre stata dell’opinione che se non c’è la domanda non c’è l’offerta, se non c’è chi si rende corruttibile perchè motivato da principi imprescindibili, chi tenta di corrompere non ha ragione d’essere.
Credo sia fondamentale rimettere un po’ d’ordine morale in ogni settore, ristabilire quei paletti etici che ridiano autorità a coloro a cui è affidato il controllo e la giustizia, investiti a loro volta di autorevolezza perchè possano essere credibili e meritare la nostra fiducia, così da dissuadere chi è portato a credere in falsi miti e falsi guaritori.
Per concludere: al secondo anno della scuola secondaria di primo grado ho vissuto un anno da incubo, in cui una professoressa precaria, encomiabile dal punto di vista delle competenze ma un disastro dal punto di vista della dinamica relazionale, incentivò la competizione e creò fratture e conflitti profondi tra gli alunni, autoritaria a tal punto che la classe divenne ben presto ingestibile.
Angustiata dai conflitti con la scuola accavallati a quelli famigliari, nel constatare il profondo disagio di mio figlio ho deciso di interpellare la psicologa dell’équipe psico-socio-pedagogica del Consultorio famigliare. Ammetto che ero un po’ prevenuta perché negli anni 80 lavorando in asilo nido, mi ero resa conto di quanto gli psicologi esprimessero fredde teorie intraducibili nella vita reale. Invece ho trovato una persona davvero disponibile e aperta, mi ha accolto con empatia e mi ha spiegato che succede spesso sorgano questi conflitti tra scuola e famiglia, perché i cambiamenti sociali sono così repentini e la nostra società così tendenzialmente conservatrice, che si fa fatica a comprendere e a sviluppare strategie adeguate ai cambiamenti di cui i nostri figli sono espressione.
Ho apprezzato il fatto che dall’anno scorso la psicologa e l’assistente sociale si sono rese disponibili, uscendo dal consultorio e creando dei punti di ascolto nei comuni così da rendere più facile e accessibile il loro prezioso supporto.
Leda
“Se la montagna non va da Maometto,
Maometto va alla montagna”
(antico proverbio)