La Fiera del riso – Isola della Scala (Veneto)

La fiera del riso

Gode di molta fama nelle tradizioni venete “La Fiera del riso” che si tiene ogni fine estate a Isola della Scala in provincia di Verona. La degustazione dei diversi tipi risotti è diventato un appuntamento fisso per molti veneti, e non solo, garantito!😋

Storia della Fiera del Riso

Nel corso della sua storia, Isola della Scala ha fatto del Riso il proprio vanto e nel 1967 l’Amministrazione Comunale inventa e istituisce la FIERA DEL RISO, che ricorre nella domenica successiva al primo venerdì di ottobre.
I natali sono dunque recenti ma essa non fa altro che recuperare le feste aziendali che si tenevano, in passato, alla fine dell’annata agraria, di cui la raccolta del riso poteva essere momento emblematico.

L’intera manifestazione ruota attorno alla distribuzione del risotto confezionato con l’ormai celebre ricetta all’isolana e alla vendita del Riso Vialone Nano di produzione locale.

Il Risotto all’Isolana è il piatto con il quale si festeggiavano le grandi occasioni di carattere pubblico e privato. Era sempre il capo famiglia che lo cucinava con i criteri e le attenzioni tramandate di generazione in generazione. La ricetta tradizionale è stata poi rielaborata e dopo anni di scontri a colpi di cucchiaio, nel 1985 è stata riconosciuta, con atto ufficiale del Sindaco, l’unica vera ricetta del Risotto all’Isolana.

A Isola della Scala il riso viene sposato con diversi condimenti, dalle carni alle verdure; è utilizzato come primo piatto e anche per preparare squisiti dolci.
Tutti questi piatti, ma soprattutto il miglior risotto, sono oggetto di gara fra ristoranti, trattorie e privati cittadini, che si sfidano ogni anno, durante la Fiera, nei Concorsi Gastronomici Chicco d’OroSpiga d’OroPalio del RisottoRisotto d’Oro e Conoscere il Riso.

Il Vialone Nano è una varietà di riso con caratteristiche gastronomiche ottimali per i risotti e che ha trovato nella Bassa Veronese il suo habitat migliore, tanto da ottenere il riconoscimento Europeo I.G.P., cioè il marchio di Indicazione Geografica Protetta.

Isola della Scala si è quindi guadagnata il titolo di “Città del Riso” e gli oltre 350.000 risotti cucinati in 27 giorni, il tutto coronato da fantasiose iniziative, come sfilate legate alla tradizione e al folklore, mostre, convegni, arte, cultura e sport, dimostrano che la Fiera del Riso trova ormai posto tra i più importanti appuntamenti fieristico-gastronomico-culinari del Veneto e dintorni.

ISOLA DELLA SCALA

Isola della Scala è una cittadina veronese che si trova sul tracciato dell’antica via consolare Claudia Augusta, lungo il fiume Tartaro.

Consistente insediamento già nell’Età del Bronzo, si presentava come una zona boschiva e ampiamente paludosa, tanto da procurarne l’‘isolamento’ dei villaggi e delle contrade circostanti. Di qui il nome di Insula Cenensis.

Nel periodo medievale si registra l’insediamento di monasteri benedettini, che lavorarono alla bonifica del territorio agricolo. Sotto il dominio degli Scaligeri che rinforzarono le difese sul fiume Tartaro, di cui è rimasta la Torre, assunse il nome di “Isola della Scala”.

 

I Della Scala furono una ricca e potente famiglia, detta anche degli Scaligeri, che governò sulla città di Verona e gran parte del Veneto per centoventicinque anni, dalla fine del Medioevo all’inizio del Rinascimento. Portava nello stemma, come emblema araldico, la scala.

Il primo Della Scala di cui si hanno notizie certe è Arduino “possidente di riguardo e mercante di panni” che si dichiara di origine ‘latina’ in un documento del 1180.

Il capostipite dei futuri Signori di Verona però, viene considerato suo nipote Jacopino (o Giacomino, figlio di Balduino), mercante di lana benestante ma privo di titoli nobiliari.
A questo seppe supplire suo figlio Mastino con la sua abilità in politica: autorevole e capace era incline alla pace, un aspetto fondamentale per i veronesi che uscivano da una breve ma sanguinaria parentesi di dominio da parte di Ezzelino III da Romano. Ricoprì ruoli sempre più importanti all’interno della Domus Mercatorum fino a diventarne il podestà dal 1261 al 1269.

 

DOMUS MERCATORUM

La Domus Mercatorum, o Casa dei Mercanti, nel periodo medievale a Verona  rappresentava le Corporazione delle arti e mestieri. Durante il Comune aveva un ruolo primario nella vita cittadina, ma con la Signoria scaligera le sue competenze furono concentrate più sul commercio e la manifattura, pur conservando grande influenza politica.
Fu tra l’altro grazie alla sua importanza che nel periodo comunale gli Scaligeri, inizialmente mercanti, poterono velocemente salire al potere.

Le Corporazione delle arti e mestieri o gilde

Erano delle associazioni che vennero create a partire dal XII secolo in molte città europee per regolamentare e tutelare le attività degli appartenenti ad una stessa categoria professionale. Queste corporazioni facevano parte del Consiglio Maggiore, un’assemblea piuttosto ampia di cittadini.
Con l’avvento delle Signorie le corporazioni persero ogni ruolo politico, ma mantennero, ed anzi rafforzarono, quello economico. Furono abolite nella seconda metà del Settecento quando l’Illuminismo propugnò l’idea del libero mercato.

 

Mastino Della Scala, conscio dell’importanza dell’appoggio del clero che disponeva di molto denaro e dei mercanti che producevano grande ricchezza e avevano grande forza nel Consiglio Maggiore,  si appoggiò a questi e all’abile fratello Alberto, per condurre Verona al passaggio da Comune a Signoria.

Nel 1267 Corrado V di Svevia, detto Corradino, decise di scendere in Italia dove fu accolto anche nella Verona ghibellina che gli fornì aiuto militare. Egli, l’ultimo degli Hohenstaufen, casata nobile originaria della Svevia (nell’attuale Germania) a cui appartennero Federico Barbarossa e Federico II, intendeva riconquistare il suo Regno di Sicilia, passato nel frattempo sotto la corona di Carlo I d’Angiò.
In Italia le lotte tra guelfi e ghibellini si consumavano sempre più aspre, e papa Clemente IV, vedendo nella spedizione di Corradino una minaccia alla sua influenza sul territorio italiano, lo scomunicò insieme a tutti coloro che gli avevano dato appoggio, compresi Mastino della Scala e l’intera città di Verona.
La scomunica venne revocata solo nel 1276 quando Mastino, assieme al fratello Alberto della Scala, aderirono alla crociata contro le eresie cristiane che agitavano la penisola non meno delle lotte di fazione.

Gli Scaligeri occuparono Sirmione dove si era insediata una comunità catara sfuggita alle persecuzioni di cui erano vittima in tutta Europa. Vennero fatti prigionieri e portati a Verona dove Mastino, abile uomo politico e condottiero, ma di animo buono, si rifiutò di eseguire la condanna, infatti furono messi al rogo nell’Arena solo dopo la sua morte.
Oltre alla revoca della scomunica, Verona ottenne un’importante posizione strategica sul lago di Garda dove ancora oggi si può ammirare uno splendido castello scaligero.
Mastino proseguì quindi nell’opera di mediazione e pacificazione di Verona, tendendo la mano anche a quelle famiglie guelfe che sempre si erano opposte al governo ghibellino della città.

Fu Alberto Della Scala, divenuto nel frattempo podestà di Mantova, a succedere al fratello che venne assassinato, assumendo il titolo di Signore di Verona dal 1277 fino alla sua morte. Con Alberto si ebbe l’effettivo passaggio da Comune a Signoria, avvenuta grazie al grande favore che questi ottenne dal popolo. Egli fu abile nel fare sottoscrivere la pace con le città guelfe, consolidando il dominio sui territori attorno a Verona. Tra l’altro fu proprio in questo periodo che il vescovo di Verona permise ai Cimbri di stanziarsi nei territori semideserti della Lessinia.

Ed è con uno dei figli di Alberto, Cangrande Della Scala che la Signoria di Verona raggiunse l’apice della sua importanza e della sua fama. Egli, insieme al fratello Alboino ottenne la riva bresciana del lago di Garda e nel 1310 il titolo di vicari imperiali  della città dall’imperatore Enrico VII di Lussemburgo. Un titolo con cui da una parte le Signorie si impegnavano a fare le veci dell’imperatore mantenendo l’ordine e l’obbedienza delle popolazioni locali al sovrano, dall’altra vedevano legittimata la propria egemonia sul territorio, analogamente a quanto accadeva nei territori controllati invece dal vicario apostolico, che faceva capo al papa.

Nello stemma della casata venne aggiunta l’aquila imperiale.  Il suo potere si estese su buona parte dell’Italia settentrionale e fu a capo della fazione ghibellina che alla morte di Enrico VII poteva contare solo su quattro grandi città: Verona, Milano, Mantova e Pisa.
Dal nome di questo esponente della casata ebbe origine una leggenda secondo cui si riteneva che la famiglia Della Scala fosse imparentata con qualche khan àvaro (titolo nobiliare di questo popolo nomade di lingua turcica) giunto in Italia settentrionale con i Longobardi. Si ritiene fosse solo il tentativo, spesso usato da famiglie di estrazione comune, di nobilitare, una volta giunte al potere, le proprie origini sulla base di assonanze di nomi o titoli.

Cangrande divenne popolare per le sue qualità: lo sconsiderato coraggio in battaglia e la sua magnanimità verso i nemici sconfitti. Con lui la città riscoprì un nuovo periodo di splendore e importanza,  nomi illustri trovarono una buona accoglienza. Dante stesso per via dell’amicizia che si era instaurata tra i due, in più occasioni fu ospite di Cangrande a Verona; come del resto il suo predecessore Bartolomeo della Scala, che nel 1304 accolse Dante Alighieri quando fu esiliato da Firenze, al tempo Cangrande era ancora un bambino.
Dante a riconoscimento di ciò, loda la clemenza e la generosità di Bartolomeo e Cangrande nei versi del XVII canto del Paradiso.

 

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