Il mito del sesso

Il corpo delle donne, in quest’epoca in cui si  esibisce il sesso volgare e la pornografia non è più tabù, si cercano stimoli e situazioni sempre più estreme, si vende e si compra, si scambia pure, dimostrazione che il sesso è tutta un’altra cosa.

Dove sta l’amore?


Verso la fine del 1970 acquistai un libro incuriosita dal tema che fece un certo scalpore, oggetto di studio era la sessualità degli italiani. Contribuì molto alla smitizzazione del latin lover italiano scoperchiando una società falsamente moralista, facendo emergere la verità: che la sessualità è sempre stata oggetto ma mai soggetto nella vita degli italiani.

Il mito del sesso – Rapporto sul comportamento sessuale degli italiani
di Giampaolo Fabris, Rowena Davis
Genere: saggistica, psicologia, ricerca
Editore: Arnoldo Mondadori, 1978

Per la prima volta una ricerca scientifica consente di disporre di informazioni dettagliate e approfondite sulle abitudini sessuali in Italia. La vita sessuale degli italiani viene esaminata minuziosamente con le tecniche più avanzate della indagine sociale, senza compiacimenti morbosi o sensazionalismi scandalistici. La ricerca non si risolve in una semplice raccolta e presentazione di tavole statistiche, ma dedica ampio spazio all’analisi sociologica e antropologica dei dati, nel rispetto anche della prospettiva storica. Una metodologia rigorosa, oltre a consentire un raffronto con i risultati di ricerche ormai classiche di altri Paesi, permette l’analisi dei comportamenti sessuali dei più importanti settori della popolazione (L’analisi a seconda cioè del sesso, età, professione, istruzione, religiosità, zona geografica di residenza, classe sociale ecc.).

La lettura del rapporto Fabris Davis, oltre a fornire la documentazione di base sulle abitudini sessuali, consente di ridimensionare molti dei miti del sesso radicati nel Paese: dalle capacità amatorie del maschio italiano, alla sessualità istintiva e gioiosa delle classi subalterne, al significato liberatorio della maggiore permissività sessuale di questi ultimi anni e via dicendo.  Al di là del mito, la miseria sessuale appare invece essere il connotato più vistoso della vita sessuale di una larga parte della popolazione italiana.
Le conclusioni del Rapporto sono che un’effettiva liberazione della sessualità non può avvenire senza incisivi mutamenti socio-economici, senza una radicale trasformazione dei rapporti sociali di produzione e dell’apparato repressivo di potere.

Giampaolo Fabris (1938-2010)  professore di ruolo alla Facoltà di Sociologia dell’Università di Trento e presidente della Demoskopea. I suoi interessi sono prevalentemente rivolti allo studio empirico del cambiamento sociale. Ha pubblicato numerosi volumi sulla metodologia della ricerca, le comunicazioni di massa e il comportamento politico.

Rowena Davis, si è specializzata in sociologia alla London School of Economics. Da anni si occupa dei problemi della donna e della famiglia. È coautrice di un volume sulla violenza nei confronti della donna.

Fonte: copertina del libro


«Da questo rapporto tra l’uomo e la donna
si può giudicare l’intero livello della civiltà»

Karl Marx

«Oggi la lotta per la vita, la lotta per l’Eros, è lotta politica»

Herbert Marcuse

«Se vuoi eliminare la miseria sessuale, lotta per il socialismo»

Wilhelm Reich


Perchè un ritardo

Nonostante la rilevanza che la sessualità riveste nella vita di ciascuno di noi e l’apporto determinante che può fornire ad una piena realizzazione dell’individuo, il livello di conoscenze di cui si dispone è ancora sconcertantemente ridotto. Solo da pochi anni sono state acquisite le informazioni elementari per una corretta comprensione della fisiologia sessuale: ma in molti altri settori come quello socioantropologico e, in misura ancora più rilevante, per quanto riguarda la specificità del modo di manifestarsi della sessualità in contesti socioculturali diversi, sono largamente carenti anche le cognizioni di base. Lacune e omissioni sono peraltro espressive di una sindrome antisessuale che, nonostante le apparenze, è largamente diffusa nella nostra cultura.
[..]
Mentre altrove le rilevazioni condotte con strumentazioni scientifiche e con metodologie rigorose hanno consentito di far procedere il dibattito sulla sessualità in base ad un costante riferimento alla situazione reale, ai dati che l’osservazione empirica metteva in evidenza, in Italia questo ancoraggio e confronto è mancato.
[..]
La mancanza di evidenze – la sessualità è stata rigorosamente confinata nel ghetto del privato, del silenzio, limitata anche dall’interdizione a parlarne – di un’informazione scientifica, ha alimentato l’ignoranza, gli stereotipi, i dogmi, la superstizione. Si è così accreditato al tempo stesso il conservatorismo più arcaico e il velleitarismo progressista più demagogico, si sono posti grossi limiti allo sviluppo e alla costruttività di un dibattito sulla sessualità e alla stessa presa di consapevolezza – a livello di massa – dei reali contorni del problema. Si è avvalorato il quadro e la concezione  della sessualità che hanno fornito le classi dominanti.
[..]
Le assenze della ricerca scientifica nel settore della sessualità, con la sola parziale ma significativa eccezione della sessuologia medica, sono anche riconducibili alle influenze che la sindrome antisessuale ha esercitato sull’establishment accademico. [..] Il timore di essere confuso con i sessuomani o i pornografi di professione, di compromettere la propria reputazione accademica occupandosi di questi problemi, di divenire vittima di quella stessa repressione che così massicciamente si è esercitata sulla sessualità, di contaminare la serietà della ricerca scientifica con l’equivoca rilevanza del sesso, di incorrere in possibili fraintendimenti con la presse du coeur, ha rappresentato un potente deterrente nel distogliere l’attenzione della ricerca scientifica da quest’area.
[..]
A nostro modo di vedere, non è possibile un approccio diverso a un fenomeno come quello della sessualità, le cui connotazioni – pur se non con immediata evidenza, ma forse anche per questo – sono anche, in larga misura, politiche. Essere obiettivi per noi, come afferma Gilli (G.A.Gilli, Come si fa ricerca, Mondadori 1971), «non significa, come si crede comunemente, vedere le cose da un punto di vista neutrale, quindi accettabile per tutti: obiettività significa invece considerare la realtà dal punto di vista della classe storicamente progressista, della classe che si pone in quel determinato momento storico come la parte più avanzata delle forze produttive».
La documentazione statistica del resto, anche se forzatamente ridotta, consente sempre al lettore di mettere a punto una propria chiave di lettura e di interpretazione, non necessariamente coincidente con quella che abbiamo proposto.

La miseria sessuale.

Così come la miseria materiale, esiste ed è diffusa la miseria sessuale.
Mentre della miseria materiale si ha coscienza, della miseria sessuale per lo più non si ha consapevolezza.
La miseria sessuale, che è un prodotto del capitalismo e che è organicamente connessa al suo sviluppo, si manifesta nel Paese, che non ne ha certo l’esclusivo appannaggio, con un’intensità ed estensione del tutto particolari. Il cattolicesimo ha esercitato ed esercita tutt’ora un’influenza che non trova riscontro in nessuno di quei Paesi di cui si dispongono informazioni analitiche sui comportamenti sessuali.
Ciò non risulta certo inatteso, se si considera non solo la collocazione storica, e anche temporale, della Chiesa nel Paese e il rapporto privilegiato di questa con le classi dirigenti, ma anche che la religione è stata l’unica istituzione deputata da sempre a dare consigli e precetti sulla coppia, la sessualità, la famiglia, il privato, il quotidiano. Essa ha ottenuto di fatto – agevolata da una fitta rete di strutture socializzanti (dalle scuole materne agli asili, a ogni altro ordine di scuole, circoli ricreativi e culturali, ecc.) realizzate spesso grazie alle complici assenze dell’intervento pubblico – una situazione di semimonopolio, in quanto “ordinatore di valori” nel privato: per la sessualità, la procreazione e il controllo delle nascite, i rapporti fra uomo e donna, tra genitori e figli ecc. Al di fuori della Chiesa – a parte la recente mobilitazione su questi temi del femminismo, dei giovani, della nuova sinistra – il solo intervento organico, a livello di massa, nel privato è stato quello attuato dal fascismo. Il regime infatti non solo ha realizzato una politica demografica, propagandando ed incentivando le famiglie numerose ed esaltando il ruolo della procreazione, ma ha promosso una marcata caratterizzazione della specificità dei ruoli maschili e femminili (forza, coraggio, volontà per il maschio; spirito di sacrificio e dedizione alla famiglia per la donna, “sposa e madre esemplare”).

Mantenere la miseria sessuale significa impoverire l’esistenza di una delle dimensioni più importanti ai fini di un equilibrato sviluppo della personalità; sottrarre all’individuo una fonte elettiva di piacere e di godimento; togliere uno strumento privilegiato di comunicazione, di rapporto con l’altro. Significa trafugare all’esistenza una delle sue componenti più gioiose e ludiche, una delle dimensioni più importanti per una più compiuta realizzazione.
La miseria sessuale non è certo adombrata dall’adozione, da parte di alcuni settori minoritari della popolazione, di comportamenti più permissivi e di una concezione più libera della sessualità, né da un progressivo, anche se lento, sfaldarsi dei più arcaici tabù da parte di strati più vasti della popolazione. Anche perchè questo difficile processo di emancipazione si svolge sotto l’ipoteca del primato del genitale, di una concezione riduttiva della sessualità che può portare a nuove alienazioni e a condizionamenti non meno vincolanti di quelli espressi da una tradizione sessuorepressiva. L’analisi dei comportamenti mette in luce una serie di indicatori di una vita sessuale insoddisfacente, che costituiscono le coordinate appunto della miseria sessuale. Ne ricordiamo alcune, anche se è a livello dell’analisi degli atteggiamenti e dei sistemi di valori che può meglio cogliersi la natura e l’estensione della miseria sessuale:

  • la frequenza assai ridotta dei rapporti sessuali fra i non coniugati, ad onta della più precoce iniziazione sessuale;
  • la forte disparità fra i due sessi nel numero di partners con cui si sono avute esperienze sessuali;
  • la tendenziale interruzione, da parte della donna, dell’attività sessuale dopo la menopausa;
  • il massiccio ricorso alla prostituzione da parte del maschio;
  • il desiderio insoddisfatto di più frequenti rapporti sessuali da parte del maschio;
  • le reciproche accuse, di passività e scarso coinvolgimento nel rapporto (alla donna) e di violenza, egoismo ed eccessivo desiderio sessuale (all’uomo);
  • uno scarso ricorso all’attività non strettamente coitale nel rapporto;
  • l’estensione dell’anorgasmia;
  • l’elevatissima incidenza dell’eiaculazione precoce  (nella definizione di Masters e Johnson);
  • la pratica di posizioni di coito diverse da quelle desiderate;
  • la monotonia e la povertà delle pratiche erotiche adottate nel rapporto;
  • la scarsa diffusione di metodi contraccettivi sicuri;
  • il dedicare all’attività sessuale spazi marginali e residuali rispetto ad altre attività;
  • la sovente mancanza delle più elementari nozioni di fisiologia sessuale e la persistenza di radicati stereotipi.

Gli indicatori elencati sono fra i più significativi, ma certamente non esaustivi della miseria sessuale.

Mentre in questi anni si è avuto un rapido processo di crescita, di maturazione politica e civile, di progressiva mobilitazione  e partecipazione da parte di vasti strati della popolazione, di acquisizione dei propri diritti e di percezione dell’estensione dell’area dell’ingiustizia – che hanno provocato un vero balzo in avanti nel processo di modernizzazione e di democratizzazione del Paese –, la sessualità ne è rimasta al di fuori. E della emancipazione e liberazione della sessualità, dell’estensione non dei privilegi sessuali che sono appannaggio delle classi più abbienti e scolarizzate, ma di una sessualità diversa, non si scorgono – ad onta dell’eccezionale promozione del sesso che contraddistingue il nostro tempo – evidenze di sorta a livello di massa e solo deboli prodromi in gruppi minoritari.

Nella miseria sessuale va individuato uno degli ambiti preferenziali su cui le classi dominanti esercitano con maggiore successo la repressione e fondano il proprio potere.  La miseria sessuale è la risultante della degradazione della sessualità a pura genitalità, dei vincoli e dei divieti frapposti a una sua libera espressione. [..] Consente l’esercizio di piccoli privilegi, attribuendo illusori spazi di autonomia ed indipendenza, la mistificante parvenza di una maggiore libertà e ricchezza sessuale.

I maschi, che come gli altri subiscono la repressione sessuale, divengono a loro volta strumenti di oppressione, scaricando sulla donna la repressione sessuale e sociale di cui sono fatti oggetto, e assurgono a diligenti censori e severi custodi della oppressione sessuale sulla donna. La doppia morale consente al maschio qualche infrazione alle norme sessuorepressive che sono invece rigidamente vincolanti per le donne.

Gli adulti, a loro volta, esercitano una massiccia repressione sulla sessualità dei bambini e dei più giovani, imponendo arbitrarie soglie di età corrispondenti a presunti livelli di maturità, o l’ossequio di eventi (il matrimonio) soltanto dopo i quali sarebbero possibili le pratiche sessuali. Gli adulti nel frattempo possono esercitare la loro genitalità coatta e ottenere una sadica compensazione alla repressione subìta nell’infanzia e nell’adolescenza. E ancora, gli adulti esercitano una massiccia repressione nei confronti degli anziani, trasformati a causa dell’ostracismo e della derisione per le manifestazioni sessuali nella terza età – allorchè l’esercizio della sessualità non solo è possibile ma può essere, come in altri periodi della vita, fonte di interesse e di gioia – in una sterminata moltitudine di individui assessuati; le zone più industrializzate e opulente del Paese nei confronti delle più povere; le aree urbane e metropolitane nei confronti di quelle rurali; gli eterosessauli nei confronti delle minoranze omosessuali, fatte oggetto delle più pesanti discriminazioni, sino alla persecuzione e alla violenza fisica.

La fase della sublimazione

La miseria sessuale che genera nevrosi e infelicità è il frutto della repressione della sessualità, che la società capitalista promuove per meglio conseguire i suoi fini. È il risultato del conservatorismo, dell’oppressione, dell’alienazione sessuale, funzionali alla conservazione del potere e al mantenimento delle strutture autoritarie.
Una rigida repressione sessuale consente lo sviluppo della docilità, della passività, dello spirito gregario, della disciplina, del sacrificio e – nello stesso tempo – dell’aggressività e dello spirito autoritario. La repressione della sessualità, provocando la mobilitazione di una parte consistente delle energie per impedire agli impulsi di fluire liberamente, le distoglie da un compito di riflessione e di comprensione critica, indebolisce le possibilità di resistenza delle classi sfruttate, danneggia le capacità di lotta rendendo gli individui timorosi ed indecisi, inibisce le facoltà critiche.

La repressione sessuale non nasce con il capitalismo, le sue origini sono lontane e l’ipotesi che si sia andata progressivamente allargando a macchia d’olio, travolgendo quelle società in cui la sessualità era improntata a una maggiore permissività, è probabilmente attendibile. La repressione sessuale cioè stimola l’aggressività, per cui le culture sessualmente più repressive hanno nei secoli fagocitato e distrutto quelle meno repressive: alcune di queste sono sopravvissute soltanto in limitate enclaves, protette da barriere naturali che le hanno messe al riparo dall’aggressività distruttiva delle culture sessuofobiche. Ma anche se ha origini lontane, va tuttavia tenuto presente che la repressione della sessualità raggiunge con il capitalismo un’intensità e un’estensione precedentemente sconosciute.

Dal XV al XVIII secolo la nudità dei due sessi è ampiamente diffusa e non è considerata sinonimo di sessualità. I rapporti prematrimoniali sono praticati e tollerati; le effusioni erotiche avvengono spesso alla presenza di terze persone, bambini inclusi, senza suscitare alcun scandalo; i bambini e gli adolescenti vivono in un’atmosfera di assoluta promiscuità sessuale; l’iniziazione sessuale è assai precoce; l’autoerotismo non è affatto oggetto di particolare biasimo. La sindrome antisessuale si sviluppa e si rafforza con la seconda metà del XVIII secolo in cui subentra una progressiva perdita di dimestichezza e di contatto con la propria fisicità e con quella degli altri, sino a raggiungere il rifiuto del proprio corpo e il divieto di qualsiasi contatto fisico, se non in un rigoroso ambito famigliare. Anche tutta una serie di comportamenti successivamente interdetti e sessualmente connotati (la minzione e la defecazione, l’allattamento al seno ecc.) sono privi di qualsiasi allusione erotica e pubblicamente praticati. Ciò avviene in tutte le classi sociali.

La morale repressiva della Chiesa da sola non riesce ad esercitare una rigida coercizione, ad onta di quei divieti che fanno affermare a Nietzsche che  “la Cristianità dette all’Eros un veleno da ingerire: non morì per questo, ma degenerò in vizio”. Per ottenerla ha bisogno di un surplus di collaborazione, che riuscirà a trovare nelle esigenze di accumulazione primitiva del nascente capitalismo e nel porsi della borghesia come classe egemone.
[..]
La conseguenza del successo economico è una vita austera, parca che si realizza nel lavoro e  nell’accumulazione della ricchezza, non per fruire ma per accumulare altra ricchezza. L’ozio, l’assecondare le spinte istintuali, l’adagiarsi nella ricchezza, la sessualità improduttiva non finalizzata alla procreazione, la perdita di tempo, la conversazione oziosa, il consumo che eccede il limite fisiologico, sono moralmente colpevoli. Così come il lavoro da attività creativa, da fonte di soddisfazione e di realizzazione di sè, di articolazione dell’essere umano nel suo rapporto con la natura, si degrada a dovere, a fonte di guadagno e di accumulazione, la morale dell’efficienza contamina e condiziona la vita sessuale. La sessualità e la corporalità regrediscono, il corpo e l’Eros distolti dal piacere divengono strumentali all’efficienza, alla produzione, all’achievement.

La fase della desublimazione repressiva.

La partnership repressiva tra Chiesa e capitale – mentre già nelle classi dominanti si era da tempo diffusa un’etica più permissiva ben dissimile dal rigorismo morale imposto a tutta la società – viene e interrompersi, almeno apparentemente allorchè le necessità del capitalismo appaiono maggiormente orientate alla creazione dei grandi mercati di consumo. A creare cioè degli sbocchi di massa ad una produzione crescente in termini esponenziali, allorchè l’enfasi strategica passa dalla creazione dell’offerta a quella della domanda, dalla produzione al consumo. È la grande crisi del 1929 a sancire la fine di questa proficua collaborazione.

Mentre la religione prosegue la strada della repressione della sessualità secondo gli schemi tradizionali, e canalizza nella sublimazione le energie sessuali, il capitalismo nella fase attuale per meglio raggiungere i propri fini, trasforma la sessualità in oggetto di consumo, il suo valore d’uso è oscurato dal valore di scambio, e la sessualità appare sempre più assumere le sembianze della merce.
[..]
L’Eros può svilupparsi compiutamente soltanto nella pienezza della realizzazione dell’individuo in tutte le sue facoltà: scisso da queste si metamòrfosa in rapporto tra cose.
Secondo Spinella «L’uomo e la donna nella loro immensa ricchezza vengono ridotti nell’erotismo capitalistico odierno, a meri portatori o sostegni degli organi del piacere; e questi ultimi, distaccati, come oggetti intercambiabili dal loro supporto umano, possono venire efficacemente sostituiti da strumenti vibromassaggiatori più agevoli da usare e più atti a procurare la massima intensità del piacere puramente fisiologico». La desublimazione repressiva (Marcuse) della sessualità attuata dal capitalismo, anche se accompagnata da un processo di abbattimento di secolari tabù, non è quindi sostanzialmente dissimile dalla sublimazione repressiva perseguita dalla religione.

Il processo di modernizzazione in Italia si sviluppa lungo direttive che non coincidono con quelle tradizionali di passaggio dal vecchio al nuovo secondo il classico modello lineare. Ai due poli di egemonia delle classi dominanti (uno rivolto verso il vecchio e costituito dalle forze capitalistiche più arretrate e parassitarie; l’altro rivolto a una linea di sviluppo neocapitalistico e rappresentato dalle forze della borghesia industriale) si contrappone un terzo polo di egemonia, che sviluppa un proprio modello di modernizzazione per la trasformazione rivoluzionaria della società, antagonistico a quello del capitale, che ha la sua base sociale nel movimento operaio.

L’influenza di queste tre forze sociali sul processo di modernizzazione e di sviluppo lo rende estremamente contraddittorio e disuguale. Ma nel settore della sessualità il movimento operaio pare abdicare all’esercizio di una qualsiasi influenza. Mentre il capitalismo avanzato ha esplicitato ormai chiaramente il suo progetto di “liberazione” sessuale e la sua concezione di sessualità, il movimento operaio non sembra aver elaborato e diffuso a livello di massa, una prospettiva alternativa o comunque una propria concezione di sessualità. E mentre nuovi strati emergenti come i giovani e le donne, o minoranze sessuali come gli omosessuali (strati privi però di quei caratteri strutturali che consentono di esercitare un’egemonia) hanno portato avanti il dibattito sulla sessualità, facendo anzi di questo uno dei punti centrali del proprio impegno, l’attenzione dei partiti e delle organizzazioni del movimento operaio (salvo che in alcune frange o ambiti specialistici) è stata largamente insufficiente, lasciando i due poli espressi dalle classi dominanti a contendersi quindi l’egemonia del proprio progetto sulla sessualità.

Una socializzazione a livello di massa dei problemi connessi alla sessualità, non è mai avvenuta. Questi sono stati appena sfiorati in occasione dell’introduzione del divorzio nell’ordinamento italiano e della sua difesa mediante il referendum e, in termini ancora più residuali, dall’avvio dell’iter legislativo sull’aborto. Due scadenze, tra l’altro, che sono state più imposte al movimento operaio (anche se quella sul divorzio è stata superata con successo solo con la sua forza organizzata) che liberamente scelte. L’assenza di un dibattito di massa sulla sessualità ha così facilitato il diffondersi del progetto di “liberazione” della sessualità, di superamento dell’assetto tradizionale, che ha l’avallo delle classi dominanti.

E mentre vasti strati delle masse popolari sembrano recepire in larga misura i contenuti di tale proposta, altri settori delle classi subalterne, anche politicamente maturi e consapevoli, appaiono indirettamente indotti ad una sorta di neopuritanesimo. Intuendo infatti la struttura repressiva latente che sottostà al mistificatorio progetto di libertà proposto dalle classi dominanti, in mancanza di una propria elaborazione si difendono in una sorta di arroccamento a difesa dei valori più arcaici e tradizionali della sessualità.

Eppure una concezione puritana, ascetica, repressiva della sessualità si pone all’antitesi del socialismo, che non può realizzarsi che in  una prospettiva di piena espressione della totalità delle potenzialità umane, di espansione e di liberazione dell’Eros.

Miseria sessuale, rivoluzione sessuale e rivoluzione sociale.

Ritenere che una espansione e piena realizzazione della sessualità sia perseguibile con la “rivoluzione sessuale” (per usare un’espressione largamente in voga soprattutto nella pubblicistica anglosassone) con la promozione cioè indiscriminata del sesso, del nudo, della pornografia, l’abbattimento dei tabù sessuali, l’educazione sessuale, la diffusione degli anticoncezionali, e la legalizzazione dell’aborto, la maggiore enfasi sull’orgasmo della donna, significa soltanto sostituire alle vecchie interdizioni nuove alienazioni, non meno temibili, anche perchè meno evidenti.

L’espansione della sessualità non è certo solo in funzione di un accresciuto esercizio dei genitali o di maggiori conoscenze sulla fisiologia del sesso e del piacere. Ma implica tra l’altro lavori meno faticosi e stressanti, più tempo da dedicare alle espressioni della sessualità che non siano gli attuali spazi residuali di attività alienate, alloggi dignitosi e non iperaffollati dove avere i rapporti sessuali, luoghi confortevoli e non gli angusti abitacoli dell’auto, che rappresentano oggi, come la ricerca mette in evidenza, lo sfondo obbligato a cui sono costrette le effusioni erotiche della maggioranza dei giovani. E soprattutto nell’abolizione di una società patriarcale, di una cultura maschilista e nella trasposizione del rapporto tra uomo e donna su un piano di assoluta pariteticità. Da conseguirsi non tramite la sola emancipazione sessuale della donna, ma come espressione di una definitiva liberazione della donna, che può solo realizzarsi nel quadro di un cambiamento rivoluzionario dei rapporti sociali di produzione.

È nell’avviare subito una riflessione critica (e autocritica) e un dibattito di massa che il problema della miseria sessuale deve essere affrontato ed è indispensabile che si sviluppino al più presto in Italia nuove consapevolezze e diverse sensibilità verso la sessualità.

Estratto parziale dell’introduzione del libro

Riflessioni: questo libro lo acquistai in una delle mie scorribande in libreria. L’edizione è del 1978 e osservando le note che scrissi a matita a fianco del testo (ho l’abitudine di andare a guardare il significato delle parole che non conosco) in cui usavo ancora scrivere le i con il pallino al posto del puntino, presumo fosse intorno a quell’anno, tra la fine della scuola e la mia entrata nel mondo del lavoro.
L’introduzione è molto interessante perchè analizza e commenta il risultato della ricerca inserendosi nei periodi storici e nell’insieme appare quanto mai attuale. Il contenuto del libro è più tecnico.

E a quanto pare siamo ancora là, più malconci però, vista la degenerazione che dilaga ed è praticata tranquillamente da chi ha un ruolo sociale e dovrebbe essere un esempio. Penso a tutta quella ipocrisia del politico che predica bene e razzolare male, del medico che si fa obiettore e poi pratica per lucro, di uno Stato che divora denaro pubblico ed è oggetto continuo di non svelate verità, che non combatte la mafia che sfrutta le debolezze e i vizi di chi andrebbe tutelato, persone corrotte e disoneste che rimangono al loro posto e non provano nemmeno vergogna. Che schifo.

La sessualità è una sfera delicata che riguarda il privato di ognuno, ma è la cultura di base che va cambiata, che deve garantire il diritto di poter essere se stessi nel rispetto dell’altro. Bisogna parlarne e ribellarsi di fronte a certi soprusi, come comunità credo che dobbiamo smettere di tollerare lo sfruttamento e la merceficazione del corpo sia maschile che femminile e pretendere rispetto e un’etica di comportamento in cui la libertà di ognuno non deve mai ledere l’altro.


LUSSURIA – IL RAPPORTO DEFORMATO CON IL CORPO E LA SESSUALITÀ – Enzo Bianchi

 

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