Il lungo regno della regina Vittoria

Dalle prime scene del film X- Men: Le Origini, ambientate nel 1845, James Howlett e Victor Creed appaiono come due ragazzi cresciuti troppo in fretta, figli di coloni inglesi vivono in un clima piuttosto ostile e cruento.

L’episodio s’innesta nell’epoca vittoriana della storia inglese, che va dal 1837 al 1901 e coincide con il lungo regno della Regina Vittoria. Ella si trovò ad affrontare una situazione economica molto grave e una società con un forte divario tra ricchi e poveri, le cui lacerazioni su più fronti vennero risolte con faticosi compromessi e precari equilibri tra ipocrisia e realtà dello sfruttamento, tra fede e scienza.

IL LAVORO MINORILE

Fu un’epoca tristemente nota per il lavoro minorile, seppur ricca di innovazioni scientifiche e tecnologiche quali la ferrovia, la propulsione ad elica, l’illuminazione a gas, le lampadine, la fotografia e il telegrafo, messe in mostra nella prima Grande esposizione universale di Londra del 1851.
I bambini, anche di 5 anni, a causa delle ristrettezze economiche lavoravano in fabbriche, miniere o come spazzacamini, fiammiferai, venditori di fiori, erano sottopagati, con orari pesanti e spesso in situazioni di pericolo. Nel 1840 soltanto il 20% dei bambini di Londra frequentava scuole, spesso di qualità mediocre, gestite da volontariato religioso.

 

Tutto ciò giocò un ruolo importante fin dall’inizio della Seconda rivoluzione industriale e fu fonte di ricchezza materiale ma anche di ingiustizie sociali ed economiche. Si riteneva scontato l’utilizzo di ogni mezzo per il raggiungimento di un benessere che però non veniva ripartito equamente, ma era privilegio della nuova borghesia industriale a discapito di una classe operaia sfruttata.

Con il crescente malcontento degli operai e l’alienazione prodotti da una realtà fondata sul materialismo, pian piano prese piede il pensiero di Karl Marx (1818-1883) filosofo, economista, storico, sociologo e giornalista tedesco. Il suo pensiero critico verso il materialismo dell’economia, della politica, della società e delle culture capitalistiche, ha dato vita alla corrente socio-politica del Marxismo e alle prime unioni dei lavoratori.

In estrema sintesi, attingendo dal libro: Avere o essere? – La protesta umanitaria, di Erich Fromm (Arnoldo Mondadori Editore, 1977), il pensiero di Karl Marx può essere così interpretato:

  • la produzione deve servire ai bisogni reali degli uomini, non alle esigenze del sistema economico;

  • tra gli uomini e la natura deve crearsi un nuovo rapporto, di collaborazione anzichè di sfruttamento;

  • obiettivo di ogni attività sociale deve essere il benessere dell’uomo e la prevenzione degli stati di malessere;

  • il reciproco antagonismo deve essere sostituito dalla solidarietà;

  • si deve avere di mira non il massimo di consumo, ma il consumo sano che favorisce il benessere;

  • l’individuo deve essere un elemento attivamente partecipe e non già un oggetto passivo della vita sociale.

Si era diffusa l’idea che utilità fosse sinonimo di benessere e il benessere coincidesse con il bene: l’uomo medio vittoriano s’illuse che la tecnologia fosse in grado di risolvere tutti i problemi umani, materiali e spirituali. Allo scopo di garantire il benessere sociale e l’ordine politico fu proposta anche la pianificazione delle nascite; la separazione tra industria (meccanicismo) e artigianato (creatività), tra materia e intelletto cambiò anche il significato di arte e cultura, ragion per cui l’intellettuale, l’artista diviene l’originale, il genio, che si identifica come diverso, isolato in una società da cui dipende economicamente.

Fu in questo periodo che visse Charles Dickens che all’età di 12 anni lavorò in una fabbrica di lucidi da scarpe, essendo suo padre in prigione per debiti. È autore del famoso romanzo Oliver Twist (1837) che racconta la storia di un orfanello, il quale tra maltrattamenti e sfruttamenti fugge continuamente alla ricerca di una sua identità.

È soggetto di due bei film molto toccanti, Le avventure di Oliver Twist del 1948 di David Lean e Oliver Twist diretto da Roman Polanski del 2005 con Ben Kingsley. Romanzo a cui s’ispirò anche la Disney, che produsse nel 1988 un film d’animazione divertente e con buona musica, dal titolo Oliver & Company in cui Oliver è un gatto.

Fu un’epoca in cui regnarono povertà e fame soprattutto a causa delle Leggi del grano (le Corn Laws, 1815), leggi protezionistiche che imponevano un dazio sull’importazione dei cereali dall’estero, che per riflesso fecero rialzare il prezzo del pane. Le Corn Laws in realtà, erano un possente strumento di potere dell’aristocrazia terriera britannica, che risultava così protetta dai prezzi più competitivi dei cereali provenienti dalle colonie britanniche d’oltremare. Ma l’incombente carestia in Irlanda, che non poteva essere colmata dal raccolto inglese, e gli interessi dei produttori, provocarono agitazioni e l’opposizione della borghesia industriale.
Le Corn Laws furono ridotte solo nel 1846, nel frattempo la povertà induceva ad abbandonare le campagne e a riversarsi nelle città industrializzate. Ma il gran numero di persone non specializzate e in cerca di lavoro contribuiva a mantenere le paghe appena al livello di sussistenza.

La povertà spinse i primi coloni irlandesi ad emigrare. Il colonialismo britannico contribuì a rafforzare l’impero, imponendo il proprio dominio sui territori oltreoceano, ricavandone una grande quantità di materie prime a costi bassi. I coloni divennero così una sorta di nuova nobiltà, un’aristocrazia terriera che dominava sulla popolazione indigena.

LA PROSTITUZIONE

In patria molte ragazze dai 15 ai 22 anni invece lavoravano come prostitute, e il loro numero crebbe così vertiginosamente che la questione della prostituzione divenne nota come “Il Grande Male Sociale”. Da problema etico-religioso divenne problema socio-economico. Di conseguenza vi fu una vera e propria esplosione del numero di istituzioni che lavoravano per “riscattare” queste “donne perdute” dalle strade e riqualificarle per introdurle nella società rispettabile, generalmente per lavorare come domestiche.
Quando il Parlamento approvò la prima delle “Leggi sulle Malattie Contagiose” nel 1864 (che consentì ad ogni polizia locale di obbligare ogni donna sospettata di esser affetta da una delle malattie sessualmente trasmissibili, di essere sottoposta a ispezione corporale), la crociata di Josephine Butler per respingere queste leggi, unì la causa anti-prostituzione all’emergente movimento femminista. Butler attaccò il vecchio doppio standard dell’etica sessuale, per cui il libertinismo e il permissivismo maschile in materia sessuale erano accettati e giustificati, mentre analoghe condotte sessuali libere erano disapprovate, in misura più o meno aspra, quando riguardano la sfera sessuale femminile. La purezza della donna era enfatizzata a tal punto che la prostituta, o la “donna perduta” che aveva rapporti sessuali fuori dal matrimonio, era considerata sporca, corrotta e bisognosa di pulizia. La legge sul divorzio introdotta nel 1857 consentì ad ogni uomo di divorziare dalla propria moglie per adulterio, ma una donna poteva solo divorziare se l’adulterio del marito si associava alla crudeltà.

L’industrializzazione della vita moderna e l’anonimato delle città, incrementò il concetto della prostituta come merce umana consumata e gettata via come rifiuti. I movimenti di riforma sociale (1880) tentarono di far chiudere i bordelli, qualcosa che veniva talvolta considerata un fattore di concentrazione della prostituzione di strada. Nascono i grandi istituti di beneficenza pubblici e privati e le società filantropiche e il volontariato, dove le donne dell’alta società danno un volto rispettabile alle famiglie dei capitani d’industria, emancipandosi dalla tutela domestica dei loro influenti mariti. Ma dietro una facciata di rispettabilità e ordine dell’alta borghesia vi è la ricerca del piacere fine a se stesso, uno stile di vita disinibito e dissoluto che porta allo sfacelo morale e al deterioramento della qualità della vita.

 

È rappresentativo di questa epoca Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde (1891), opera ispirata alla leggenda di Faust, in cui l’innocente Dorian, adulato e ammirato per la sua bellezza viene spinto alla dissolutezza e all’illusoria idea di poter essere immune al passare del tempo e alla decadenza fisica senza pagare qualcosa in cambio.

Mi è piaciuto tanto il film di Oliver Parker Dorian Gray del 2009, con Ben Barnes e Colin Firth, l’ho trovato molto consono all’idea che mi ero fatta avendo letto il libro, immaginando i personaggi e l’ambientazione.
Se a quel tempo Dorian Gray per mantenersi giovane e bello vendette l’anima al diavolo, oggi giovinezza e bellezza la si compra dal chirurgo, svendendo l’anima al dio denaro.


La leggenda di Faust

“La tragica storia del Dottor Faust” narra la storia di Faustus, uno studioso così avido di conoscenza da non accontentarsi del sapere accademico, della medicina e della teologia, avventuratosi nel campo della magia nera. Siccome la ricerca autonoma e libera della verità (con la filosofia o la scienza) era stata da sempre in contraddizione con la teologia dogmatica, dopo aver compiuto un’invocazione nel suo studio, gli appare il diavolo Mefistofele con il quale stipula un patto: Faustus avrà la conoscenza ed i servizi del servo di Lucifero per ventiquattro anni, dopo i quali Lucifero avrà la sua anima. Egli riesce solo a compiere piccoli atti di bassa levatura. Dapprima fa apparire a sé i sette Vizi capitali, poi si prende gioco della corte di Roma. Durante tutta l’opera, Faustus viene continuamente consigliato da due angeli, uno buono e uno malvagio, simboleggianti i due lati della natura umana. E sebbene l’angelo buono riesca più volte ad insinuare in Faustus il dubbio sulla sua scelta per salvargli l’anima, le minacce di Mefistofele e le apparizioni di Lucifero lo fanno presto desistere dal proposito di rompere il patto, fino alla morte, quando la sua anima viene dannata.


La tragica storia del Dottor Faust è un’opera teatrale scritta, secondo alcuni critici, prima del 1590 da Christopher Marlowe (1564-1593) drammaturgo, poeta e traduttore britannico. Fu un personaggio controverso e dissoluto, sul quale pesavano feroci accuse di militanza nei servizi segreti britannici sotto il regno di Elisabetta I; i cattolici tramarono ripetutamente contro la regina protestante sotto la guida della cattolica Maria Stuart, regina di Scozia e dei suoi seguaci spagnoli e francesi.
Marlowe fu accusato anche di libertinaggio ed omosessualità: morì appena ventinovenne in circostanze misteriose nel corso di una rissa. La sua dissolutezza e l’aura di mistero che lo circondava lo rese un mito per i romantici che ravvisarono in lui il prototipo dell’artista maledetto, genio e sregolatezza.

Cristopher Marlowe è l’anziano e distinto vampiro tra i protagonisti del film del 2013 Solo gli amanti sopravvivono, diretto da Jim Jarmusch.
Egli vive e “scarabocchia qua e là nel corso dei secoli” nell’esotica Tangeri, città del Marocco ricca di storia antica, che si trova di fronte allo stretto di Gibilterra e fu nel tempo città fenicia, cartaginese, romana, e poi vandala, bizantina, araba, portoghese, spagnola e britannica. Anche Eve, sua erudita cara amica, vive a Tangeri dove passato e cultura sono ancora tangibili, circondata e deliziata da pile di libri scritti in tutte le lingue. Adam, suo marito dal 1868, musicista solitario grande estimatore di chitarre, ha scelto invece di vivere lontano in una vecchia casa di un quartiere degradato e ormai disabitato di Detroit. Essi si nutrono di sangue pulito che si procurano pagando ingenti somme di denaro, oramai gran parte degli umani hanno sangue contaminato e infetto. Adam li chiama zombie e ne ha ossessione per il modo in cui maltrattano il mondo e i suoi eroi, come Pitagora, Galileo, Copernico, Newton, e Tesla “…e continuano a parlar male di Darwin”.

Solo chi ama rimane vivo; chi sa amare letteralmente per sempre, chi rispetta il mondo che abita, la sua arte, la letteratura, il progresso della scienza, il suono dei nomi. Gli altri, quelli che credono di essere vivi solo perché batte loro il cuore, quelli che hanno perso il gusto, lo sguardo e il dizionario, sono creature noiose e pericolose. Sono loro – i cosiddetti esseri umani – i veri cannibali, gli zombie: gente che si sveglia sempre troppo tardi, che usa e getta, immemore del passato, incurante del futuro, impantanata in un presente più che mai buio, anche e soprattutto alla luce del sole.

di Marianna Cappi su MYmovie

Prendendo spunto dal mito di Faust, l’opera ha influenzato alcuni dei maggiori drammaturghi del tempo, come Ben Jonson e William Shakespeare, e nei secoli successivi molte altre opere tra cui il Faust di Goethe.

Ben Jonson (1572-1637) drammaturgo, attore teatrale e poeta britannico, figura di primo piano del teatro elisabettiano. Inaugurò la serie delle commedie degli “umori“. Tale termine richiamava la medicina ippocratica e galenica, secondo la quale nel corpo umano esistono quattro umori (collera, sangue, flemma, melancolia) che interagiscono: la buona salute sarebbe il frutto di un equilibrio perfetto tra questi quattro umori e, di conseguenza, uno squilibrio nella loro proporzione sarebbe all’origine delle malattie.

William Shakespeare (1564-1616) è considerato come il più importante scrittore in lingua inglese e generalmente ritenuto il più eminente drammaturgo della cultura occidentale. Soprannominato il “Bardo dell’Avon” oppure il “Cigno dell’Avon” è vissuto in un periodo in cui si stava realizzando il passaggio dalla società medievale al mondo moderno. Le sue opere teatrali sono state tradotte in tutte le maggiori lingue del mondo e sono state inscenate più spesso di qualsiasi altra opera; inoltre è lo scrittore maggiormente citato nella storia della letteratura inglese e molte delle sue espressioni linguistiche sono entrate nell’inglese quotidiano.
Capace di eccellere sia nella tragedia sia nella commedia, fu in grado di coniugare il gusto popolare della sua epoca con una complessa caratterizzazione dei personaggi, una poetica raffinata e una notevole profondità filosofica.

Nel film Shakespeare in Love diretto da John Madden del 1998, Cristopher Marlowe è il poeta più famoso di Londra che darà a Shakespeare l’ispirazione per quella che diventerà una delle sue opere più famose.
Il film racconta l’amore dello scrittore William Shakespeare per una nobildonna, Lady Viola, durante la preparazione di Romeo e Giulietta, una rappresentazione che sarà un trionfo, coronato dalle lodi della regina Elisabetta I, che vi assisterà in incognito.
Viola ha un grande desiderio, sogna di poter far parte un giorno di una compagnia, ma il teatro è vietato alle donne, tanto che a interpretare le parti femminili sono gli uomini travestiti da donna.

Già popolare in vita, Shakespeare divenne immensamente famoso dopo la sua morte e i suoi lavori furono esaltati e celebrati da numerosi e importanti personaggi nei secoli seguenti. La scarsità di documenti sopravvissuti riguardanti la sua vita privata ha fatto sorgere numerose congetture riguardo al suo aspetto fisico, alla sua sessualità, al suo credo religioso e persino all’attribuzione delle sue opere.

Proprio su questa controversia verte il film del 2011 Anonymous del regista germano-statunitense Roland Emmerich.
Racconta la vita di  Edward de Vere, un aristocratico elisabettiano, conte di Oxford, bambino prodigio nel campo della letteratura fin dall’età di nove anni, che si ritiene sia l’autore delle opere attribuite a Shakespeare. Essendo il teatro osteggiato, considerato disdicevole e quindi censurato dai potenti burocrati di corte, che temevano la satira contro il potere, De Vere trova il modo di mettere in scena le sue opere: attribuendo il suo lavoro ad un altro. A far da contorno alle vicende vi sono intrighi storici tra la famiglia Tudor e la famiglia Cecil per decidere il successore della regina Elisabetta I. Tra i protagonisti vi sono Ben Jonson, giovane e promettente poeta che fa da tramite tra de Vere e Shakespeare, e Cristopher Marlowe tra i commediografi invidiosi del successo, il quale in segreto fa la spia per conto delle autorità.

Il Faust è l’opera monumentale di Goethe, il suo magnum opus, su cui lavorò per oltre sessant’anni (una prima parte fu pubblicata nel 1808), il cui tema “vendere l’anima al diavolo” divenne una metafora del trionfo della tecnologia e della rivoluzione industriale con tutto il suo fardello di umane sofferenze.

Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) scrittore, poeta e drammaturgo tedesco, fu una delle figure chiave della transizione dall’Illuminismo al Romanticismo. Originario inventore del concetto di Weltliteratur (letteratura mondiale), derivato dalla sua approfondita conoscenza ed ammirazione per molti capisaldi di diverse realtà culturali nazionali (inglese, francese, italiana, greca, persiana e araba). Ebbe grande influenza anche sul pensiero filosofico del tempo e fu fonte di ispirazione per molti scrittori e compositori.

L’influenza di Goethe fu di capitale importanza perché capì la transizione e il mutamento della sensibilità europea, un aumentato interesse nella sensualità, nell’indescrivibile e nell’emozionale. Ma nel contempo egli predicava la moderazione e percepiva l’eccesso come una malattia.

“Non vi è nulla di peggiore dell’immaginazione senza gusto”

Argomentò sul fatto che la legge scaturisce dalle profondità della cultura di un popolo e dalla terra in cui vive, e che quindi leggi razionali non possono sempre essere imposte dall’alto.

Il suo romanzo epistolare, I dolori del giovane Werther (1774) tuttora in ristampa in dozzine di lingue, narra una triste storia d’amore che si conclude con un suicidio. Goethe ammise di aver “ucciso il suo eroe per salvare se stesso”. Da quest’opera trae ispirazione Ugo Foscolo per il romanzo epistolare Ultime lettere di Jacopo Ortis.

Goethe fu definito «Uno dei più grandi letterati tedeschi e l’ultimo uomo universale a camminare sulla terra» da George Eliot (1819-1880), pseudonimo usato più per vezzo che per ragioni sociali da Mary Anne Evans, scrittrice britannica, una delle più importanti dell’epoca vittoriana. Apprezzata per i suoi romanzi ambientati prevalentemente nella provincia inglese, famosi per il loro stile realista e la loro perspicacia psicologica.

L’UOMO UNIVERSALE

È un’espressione usata per indicare una persona che eccelle in molteplici campi, nell’arte così come nella scienza e nella disciplina sportiva. Concezione culturale già presente nella tradizione greco-romana e giudaico-cristiana, ricompare nella storia europea Tardo medievale con la nascita della corrente filosofica dell’Umanesimo.
Modello esemplare di Uomo Universale è senza dubbio Leonardo da Vinci, considerato uno dei più grandi geni dell’umanità, maestro in tutte le arti, precursore del metodo sperimentale, ricercatore visionario nei più disparati campi della conoscenza. Leonardo fu pittore, scultore, architetto, ingegnere, geologo, geografo, botanico, oltre a condurre per primo ampie ricerche in campo anatomico.

L’UMANESIMO

È un movimento ideologico-culturale che afferma la dignità dell’essere umano, la sua superiorità sugli altri esseri naturali per la sua voglia di conoscenza e le sue innumerevoli capacità creative.
Vi è una grande fiducia nell’intelligenza umana e il concetto del “sapere come potere”, ovvero del sapere che può diventare strumento di trasformazione della realtà. L’uomo, posto al centro dell’Universo come intermediario tra mondo razionale e mondo spirituale, è considerato artefice, padrone del proprio destino. Concetto in netta contrapposizione con il mondo medievale che poneva Dio al centro dell’Universo e imponeva all’uomo una totale sottomissione al volere e al potere della Chiesa.

Altro personaggio avvicinabile al concetto di uomo universale per aver eccelso in numerosi e diversi campi, solitamente viene indicato Benjamin Franklin. Genio poliedrico, è stato tra i protagonisti della Rivoluzione americana ed è tra i Padri fondatori degli Stati Uniti insieme a George Washington, comandante in capo dell’Esercito continentale divenuto in seguito il primo Presidente degli Stati Uniti d’America.

Benjamin Franklin (1706-1790) scienziato e politico statunitense, è stato definito un uomo poliedrico per le sue molte passioni e per le attività svolte, quale quelle di giornalista, pubblicista, autore, tipografo, diplomatico, attivista, inventore.

Benjamin Franklin è stato tra i protagonisti della Rivoluzione americana ed è tra i Padri fondatori degli Stati Uniti. Si guadagnò infatti il titolo di “Primo Americano” per la sua infaticabile campagna per l’unità delle tredici colonie originarie.

Egli diede contributi importanti allo studio dell’elettricità e fu un appassionato di meteorologia e anatomia. Scoprì la natura elettrica del fulmine e inventò il parafulmine, le lenti bifocali, l’armonica a bicchieri e un modello di stufa-caminetto noto nel mondo anglosassone come stufa Franklin. Per le scoperte scientifiche entrò a far parte della Royal Society.
Contribuì inoltre sia alla creazione della prima biblioteca pubblica statunitense, che del primo dipartimento di Vigili del fuoco volontari della Pennsylvania.
A lui è stata erroneamente attribuita l’idea dell’introduzione dell’ora legale.

Benjamin Franklin, incarnazione dello spirito illuminista e incarnazione del self-made man in quanto intellettuale autodidatta, fu una figura fondamentale nella definizione dell’ethos statunitense come fusione di valori pragmatici (quali il duro lavoro e l’importanza dell’educazione e della parsimonia) e democratici (lo spirito comunitario e l’opposizione all’autoritarismo, sia politico che religioso), nello spirito razionale e tollerante dell’Illuminismo.
Secondo le parole dello storico Henry Steele Commager:
In Franklin poterono fondersi le virtù del Puritanesimo senza i suoi difetti e la luce dell’Illuminismo senza il suo ardore eccessivo”.


Scienza e Religione

L’età vittoriana e l’universo femminile

 

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