I nativi americani

Tredicimila anni fa l’uomo migrò dall’Eurasia verso l’America attraverso la Beringia, una lingua di terra che a quel tempo univa i due continenti, per poi spostarsi più a sud fino ad abitare tutto il continente diversificandosi in migliaia di etnie e tribù differenti.

Questa è l’ipotesi scientifica più accreditata sulle origini dei popoli indigeni che abitarono il continente americano, i nativi americani appunto.

I NATIVI AMERICANI

Tribù nomadi giunsero quindi in America durante le ere glaciali attraverso lo stretto di Bering, reso percorribile grazie all’aumento delle acque ghiacciate, per poi  insediarsi nel continente.
Un passaggio che fu sfruttato da tutti i progenitori delle civiltà precolombiane (civiltà precedenti alla scoperta di Cristoforo Colombo).

Queste tribù si organizzarono e in Centro e Sud America diedero origine a grandiose civiltà quali:

•   i Maya e gli Aztechi nell’odierno Messico;

• gli Inca sulla cordigliera delle Ande, un’importante catena montuosa dell’America meridionale, situata nella parte più occidentale del continente (dall’istmo di Panama a nord, fino a Capo Horn a sud).

Nel Nord America le popolazioni indigene si mantennero prevalentemente nomadi o seminomadi, appartenenti a un ampio numero di tribù e gruppi etnici.

Un continente che era sconosciuto all’Europa fino all’arrivo dei primi esploratori europei. All’epoca le conoscenze geografiche erano limitate ai viaggi via terra, per cui era nata l’idea di viaggiare per mare per trovare una rotta che consentisse di raggiungere l’Asia attraversando l’oceano Atlantico.
Fu proprio Cristoforo Colombo a scoprire queste terre, con la sua impresa  via mare sostenuta dagli spagnoli pensava di aver raggiunto quelle che erano allora considerate le Indie. Battezzò quindi il Nuovo mondo come “Indie Occidentali”.
Solo successivamente ad intuire l’equivoco fu Amerigo Vespucci, in onore del quale il continente verrà denominato America.

CENTRO E SUD AMERICA

Una volta raggiunti, i territori del Centro e Sud America furono conquistati e poi colonizzati prevalentemente da spagnoli e portoghesi che chiamarono Indios i popoli nativi, anche se appartenenti a gruppi ed etnie molto diversi. Essi imposero il loro dominio sulle risorse del territorio (come mais, cotone, cacao, metalli preziosi) per avviare i commerci con i paesi europei, sfruttando gli indios che furono ridotti in schiavitù, nonostante la Chiesa cattolica considerasse un peccato lo schiavismo e Carlo V re di Spagna l’avesse proibita in tutto l’Impero spagnolo con un decreto del 1526 istituito per la protezione degli Indios.
I missionari gesuiti cercarono di contrastare questa pratica tramite il sistema delle reducciones, sottraendo così gli indios agli schiavisti e organizzandoli in villaggi dove vivevano protetti e relativamente auto-sufficienti.

Tra le Corone di Spagna e Portogallo sorsero presto delle dispute nello spartirsi queste terre, tanto che nel 1750 tra le due venne stipulato il Trattato di Madrid per ristabilire i confini nelle colonie dell’America meridionale.

La tribù dei Guaranì vive libera in un piccolo villaggio celato all’interno della foresta pluviale, reso quasi inaccessibile dalle grandi cascate. Un giorno padre Gabriel riesce a raggiungere il villaggio indios scalando faticosamente le cascate. Con il suono soave del suo oboe, il missionario gesuita riesce a superare l’iniziale diffidenza e a conquistare la fiducia del popolo indigeno. 

Nel loro villaggio i bambini Guaranì si sentono al sicuro, protetti dagli spiriti del male che abitano la foresta. Ma il Male, quello vero, quello che vuol distruggere e annientare, quello dominato dalla superbia, sta per sopraggiungere da lontano ed è una civiltà  che vuol conquistare il mondo e dominarlo.

In questo luogo splendido è ambientato Mission un film del 1986 diretto da Roland Joffé. Il film si basa sugli eventi che seguirono il Trattato di Madrid che venne stipulato basandosi sul principio del diritto romano Uti possidetis, ita possideatis (chi possiede di fatto, possiede di diritto) prendendo atto dell’effettiva espansione e colonizzazione portoghese verso il bacino dell’Amazzonia. Il trattato di fatto obbligava il Regno di Spagna a cedere parte delle terre dove si trovavano le missioni gestite dai gesuiti e i territori abitati dagli indios Guaranì, che divennero effettivamente possedimenti portoghesi.

Se è la forza che crea il diritto,
l’amore non ha posto in questo mondo.
E forse è così.

Mission – Sulla terra come in cielo – Ennio Morricone

Le bellissime e indimenticabili melodie di Ennio Morricone si legano indissolubilmente con le scene del film. Come quando Padre Gabriel (Jeremy Irons) conquista con la musica i cuori di coloro che la civilissima vecchia Europa definisce: selvaggi. Un termine che nel film, invece, è sinonimo di libertà di vivere in armonia con la natura. Melodie che sottolineano la drammaticità della penitenza a cui si sottopone di propria volontà Rodrigo Mendoza (Robert De Niro), ex mercenario, mercante di schiavi divenuto in seguito egli stesso un Padre gesuita.

LA COMPAGNIA DI GESÙ

La Compagnia di Gesù è un ordine fondato a Parigi nel 1534 da Ignazio di Loyola, un religioso ex combattente di origini basche, insieme ad alcuni compagni, fu poi riconosciuto dal papa nel 1540 e in pochi anni assunse una certa importanza all’interno della Chiesa cattolica.

In Europa era in atto una protesta contro la corruzione della Curia Romana, le eccessive ricchezze della Chiesa e l’ambiguo comportamento dei papi rinascimentali. Anche all’interno della stessa Chiesa cattolica le varie correnti, tra cui in particolare i Gesuiti, aspiravano a un rinnovamento e chiedevano una riforma.
Ciò portò alla Riforma protestante che ebbe origine in Germania e di cui principale promotore fu il frate agostiniano Martin Lutero, e quindi a un’ulteriore divisione nel mondo cristiano con lo scisma fra Chiesa cattolica e Chiesa protestante.

I Gesuiti fatto voto di totale obbedienza al papa, si impegnarono particolarmente nelle missioni a sostegno delle popolazioni indigene, spesso ridotte a schiavitù e maltrattate dai coloni spagnoli e portoghesi.  Particolare attenzione diedero all’educazione, sia in termini di conoscenza che di comportamento.

Nella seconda metà del XVIII secolo l’ordine raggiunse un’importanza tale, che venne espulso con vari pretesti dai principali regni europei e dalle loro colonie e quindi soppresso dal papa. Rimase un movimento clandestino fino alla sua ricostituzione nel 1814 da parte di papa Pio VII, ritornato a Roma dopo la fine della prigionia in Francia, e in conseguenza al primo esilio di Napoleone Bonaparte all’Isola d’Elba.
Argomento di discussione all’interno della Chiesa fu il concetto di modernità intesa come il prodotto dell’illuminismo e della rivoluzione francese.

Jorge Mario Bergoglio è il primo tra i gesuiti ad essere eletto papa e il primo pontefice proveniente dal Continente americano.

 

«Quanto avete incassato l’anno scorso, Padre?»
«120.000 scudi, Eminenza».
«E come vengono distribuiti?»
«Vengono suddivisi in maniera uguale fra di loro, questa è una comunità».
«Ah!.. Ah, sì. C’è un gruppo di radicali francesi che insegna questa dottrina».
«Eminenza… veramente era la dottrina dei primi Cristiani!»

Molti migranti europei spinti dalle condizione di miseria e di povertà in cui vivevano nel paese di origine e con la speranza di poter migliorare la propria vita decisero di attraversare l’Oceano, pagando il viaggio con il lavoro nelle colonie fino ad estinguere il debito.

La popolazione locale si dimostrava recalcitrante e ostile, poco resistente ai lavori più pesanti, veniva maltrattata, decimata dalle epidemie come il vaiolo che giunsero d’oltremare e verso cui gli indigeni non avevano difese. Per cui per incrementare la manodopera si era provveduto nel frattempo all’importazione di popolazioni indigene dalle colonie africane, che si rivelò più redditizia in quanto i neri per loro natura erano più resistenti alle fatiche.

NORD AMERICA

Furono prevalentemente i francesi e gli inglesi a raggiungere i territori delle tribù nomadi o seminomadi del Nord America, che vivevano spesso isolate tra loro praticando un’agricoltura rudimentale e nutrendosi di caccia e pesca. I nativi vennero denominati Indiani per via del fatto che l’impero spagnolo che aveva finanziato le spedizioni aveva chiamato inizialmente ‘Indie Occidentali’ il nuovo mondo. Tra i primi a entrare in contatto con gli Indiani (o Amerindi) furono dei coloni, i padri Pellegrini.

I primi tentativi di colonizzazione non ebbero gran successo, un po’ perchè queste tribù erano poco propense a lasciarsi assoggettare e un po’ per il territorio e il clima non proprio favorevoli.

Pocahontas è la figlia del capo della tribù Algonquin, ella vive felice immersa nella natura. Un giorno nel suo villaggio giunge un marinaio avventuriero, il suo nome è John Smith ed è stato assunto dalla Corona inglese per esplorare il Nuovo mondo, la sua una spedizione è partita nell’anno 1607.
La storia si sviluppa da un lato sui conflitti tra i coloni e gli indiani, questi ultimi considerati dei selvaggi da civilizzare, e dall’altro sulla storia d’amore che nasce tra John Smith e Pocahontas. Sarà lei stessa a fargli conoscere la bellezza della natura e l’armonia del loro stile di vita.

Ma tra gelosie e strumentalizzazioni, e l’errata convinzione dell’avido e ambizioso Governatore Ratcliffe che i nativi nascondessero dell’oro, prende il via una guerra a cui Pocahontas cerca di porre fine convincendo il padre, che alimentare la vendetta e l’odio avrebbe portato solo alla distruzione della propria gente.

Il film d’animazione Pocahontas, un classico della Disney del 1995, si basa sulle vicende di una nativa americana realmente esistita. Pocahontas visse nel territorio che diverrà la Virginia americana, e sposò un uomo inglese di nome John Rolfe.

Tra le principesse del mondo Disney Pocahontas è l’unica ad essere realmente esistita. Il fatto che il film si discosti dai canoni usuali della Disney per diversi fattori,  tra cui: il finale  che rimane come sospeso,  i protagonisti che sono tutti adulti,  gli animali che si comportano da animali e non parlano, spari, accoltellate che sottolineano il comportamento aggressivo umano, sono indicativi del fatto che più che a una fiaba, questa volta la Disney ha voluto realizzare una favola sullo stile di Esopo, in cui vengono mostrate le due civiltà: una che vive in modo naturale la vita con un senso di religiosità sentendosi parte di un cosmo e l’altra che si ritiene progredita, pertanto vive in modo dominante ma fatiscente, sempre in balìa di un senso distruttivo e autodistruttivo, sempre alla ricerca spasmodica di qualcosa che gli sfugge. La morale sta nel capire dagli errori del passato la giusta direzione che l’uomo deve porsi per non autoannientarsi.

Nel 1998 è stato realizzato un seguito: Pocahontas II – Viaggio nel nuovo mondo, prodotto esclusivamente per la distribuzione video, in cui Pocahontas conosce John Rolfe, che diverrà suo marito (anche nella realtà) ed è lei che questa volta facendo le veci del padre, si reca a Londra dove sarà vittima di sotterfugi e tranelli. Ma il consiglio datole da Nonna Salice prima di partire «Ascolta lo spirito che è dentro di te» le permetterà di affrontare la difficile situazione nel giusto modo, in nome della verità.

Entrambi gli episodi mettono in luce una certa ingenuità dettata dalla buona fede, contrapposta allo spavaldo arrivismo di chi vuol trarre profitto a discapito degli altri.

Quel, quel è natura
chiudi gli occhi e vai,
il tuo cuore sa
e tu capirai,
fatti trasportare
come l’onda fa col mar.
Il tuo cuore sa
e tu capirai.

Ben presto i coloni cominciarono a penetrare nei territori interni e a insediarsi e fondare città. Gli indigeni del luogo in genere lasciavano fare non conoscendo il concetto di proprietà privata, magari in cambio accettavano fucili e altri oggetti.
Nel corso del 1600 si vennero così a formare le colonie, che si differenziarono molto tra loro per la diversità delle loro origini e la loro storia. Le vaste piantagioni di prodotti, molto richiesti in Europa, quali tabacco, cotone, e poi zucchero e caffè, necessitavano di molta manodopera. A fornirla fu la tratta degli schiavi che dall’Africa venivano condotti nel Nord America nelle colonie inglesi  del 1700.

Gli indigeni africani venivano reclutati sul posto, o catturati e venduti dai mercanti africani ai mercanti europei che provvedevano a deportarli, trasportandoli come merce su grandi navi fino al Continente americano. Quelli che sopravvivevano venivano sfruttati nelle piantagioni, controllati da sorveglianti  che si assicuravano, anche con mezzi violenti, che lavorassero alacremente.

Francia e Gran Bretagna cominciarono quindi a contendersi i territori e ad allearsi ognuna con delle tribù “indiane” dando origine a una serie di conflitti, che nella seconda metà del 1700 sfoceranno nella Guerra franco-indiana che rappresentò il fronte nordamericano della Guerra dei sette anni (1756-1763) che coinvolse le principali potenze europee dell’epoca.
A porre fine al conflitto fu il Trattato di Parigi del 1763, con cui la Francia dovette cedere il suo vasto impero americano ai britannici, avviando una serie di processi storici che avrebbero portato le tredici colonie britanniche a diventare gli Stati Uniti d’America.

LA RIVOLUZIONE AMERICANA

Conosciuta anche come Guerra d’indipendenza americana (1775-1783) fu un conflitto che vide le tredici colonie della costa atlantica nordamericana opporsi alla loro madrepatria: il Regno di Gran Bretagna.

Il 4 luglio 1776 fu proclamata la Dichiarazione di indipendenza delineando così il primo nucleo degli “Stati Uniti d’America“.
Le tredici colonie divennero una Confederazione di Stati sancita dalla Costituzione degli Stati Uniti d’America, che venne ratificata nel 1788.
George Washington, comandante in capo dell’Esercito continentale, nel 1789 assumerà la carica di primo Presidente degli Stati Uniti d’America.
Il 4 luglio è il Giorno dell’Indipendenza, una festa nazionale ancora oggi solennemente festeggiato dagli statunitensi.

Sul finire del 1700 ebbe inizio un processo teso a ‘civilizzare’ le popolazioni native partendo dall’educazione dei loro bambini, con lo scopo di assimilarli alla cultura dei coloni americani. Progetto che nel 1819 verrà incoraggiato e finanziato dal governo americano emanando il Civilization Fund Act.

Cinque risultavano essere le tribù civilizzatei Cherokee, Chickasaw, Choctaw, Creek e Seminole che vivevano come nazioni autonome in quello che sarebbe stato chiamato profondo sud degli Stati Uniti.

I coloni americani, ansiosi di entrare in possesso di vaste estensioni di terreno incolte si scontrarono più volte con le tribù dei nativi, ostilità che culminarono con atti legislativi unilaterali come l’Indian Removal Act (Atto di rimozione degli indiani) emanato nel  1830 per ragioni di sicurezza nazionale, ma che in pratica fornì la base legale per le deportazioni e il confinamento in riserve dei nativi americani.

Parte dei membri del Congresso e molti missionari cristiani si opposero fermamente a quella che, in sostanza, era una deportazione. In particolare Jeremiah Evarts, giurista, filantropo, attivista e riformatore, difese da un punto di vista giuridico la legittimità dell’indipendenza delle nazioni indiane.
Ma moltissimi furono gli indiani che dovettero abbandonare la loro terra di origine per dirigersi a ovest, nel cosiddetto Far West, e insieme a migliaia di afro-americani sia liberi che schiavi, si trovarono ad affrontare il freddo, la fame, le malattie, molti morirono lungo quello che verrà ricordato come il Sentiero delle lacrime.

La già difficile situazione raggiunse uno stato critico nel 1848 quando, scoperto l’oro nei territori californiani, migliaia di cercatori attraversarono i territori dei Sioux facendo da apripista alle rotaie della nascente linea ferroviaria nazionale.
L’abbattimento dei bisonti per il commercio delle pelli e della carne tolse letteralmente il pane di bocca alle tribù rendendo precaria la loro sopravvivenza.

Nel frattempo l’atteggiamento verso la schiavitù stava mutando, forse alla luce dei principi che i Padri fondatori degli Stati Uniti d’America vollero apporre sulla Dichiarazione di indipendenza: «tutti gli uomini sono stati creati uguali» e dotati di «diritti inalienabili» tra i quali il diritto alla Vita, alla Libertà, e al perseguimento della Felicità.
Fatto sta che alcuni Stati gradualmente la abolirono dando la possibilità agli schiavi dopo un certo periodo di tempo di guadagnarsi la libertà e lo stato giuridico di cittadino. Il processo di emancipazione fu perorato da alcune organizzazioni dando vita al movimento abolizionista.

L’ABOLIZIONISMO

È un movimento politico e un’istanza morale, il primo determinato anche da motivazioni d’ordine economico legate alla prima rivoluzione industriale europea, la seconda basata su considerazioni umanitarie che emergono nella cultura illuministica o cristiana, il cui fine comune è l’abolizione del commercio degli schiavi e la soppressione della schiavitù, che nasce e si sviluppa in Europa e in America tra la fine del XVIII e il XIX secolo.
Non a caso l’abolizionismo, come movimento politico comincia a tradursi in concreti atti di legge a cominciare dal 1700 contemporaneamente alla diffusione delle idee illuministiche di libertà e uguaglianza di tutti gli uomini.

Il movimento abolizionista crebbe in molti stati confederati, specie al nord prospero e urbanizzato, ma trovò una forte opposizione negli Stati del sud la cui economia si basava sull’agricoltura, in particolare sulla coltivazione del cotone e sul largo impiego degli schiavi.
Tendenzialmente conservatrice, la società del sud consta di grandi proprietari terrieri e piccoli agricoltori che erano soliti utilizzare armi e a spostarsi a cavallo (ad esempio, per la caccia).
Le famiglie dei grandi piantatori del sud, soprattutto quelle della Virginia, avevano una considerevole tradizione militare e disponevano del Corpo dei Ranger, un’ottima unità di cavalleria e d’una fanteria assai tenace.

Nel 1860 Abraham Lincoln fu eletto Presidente degli Stati Uniti d’America, ma prima del suo insediamento sette Stati del sud dichiararono la propria secessione e formarono una Confederazione, a cui aderirono altri quattro Stati dell’Unione.

Nel 1861 ebbe così inizio la Guerra di secessione americana combattuta tra gli Stati Uniti d’America e gli Stati Confederati d’America, una sanguinosa guerra civile che durò quattro anni.

Abraham Lincoln (1809-1865) venne eletto sedicesimo Presidente degli Stati Uniti d’America nel 1860. Famoso per la sua abilità di oratore, molto apprezzato dalla gente per il suo linguaggio semplice, è stato uno dei presidenti più importanti e popolari, ed il primo ad appartenere al Partito Repubblicano.
Sopravvissuto a un tentativo di assassinio a Baltimora, il 21 febbraio 1861 Lincoln arrivò a Washington in segreto e sotto mentite spoglie. I sudisti attaccarono Lincoln per questa sua misura di prudenza, ma l’impegno nella protezione della sua carica, della sua politica e della sua stessa vita non era da sottovalutare: i fatti dimostrarono che Lincoln aveva ragione a non esporsi inutilmente, dato che fu assassinato pochi anni dopo (1865).
La sua fu una politica dell’emancipazione e dell’abolizionismo. Egli ebbe il merito di aver mantenuto inalterata l’unità degli Stati federati, rafforzato il governo federale e modernizzato l’economia del Paese.

Il film Lincoln del 2012 diretto da Steven Spielberg racconta gli ultimi mesi di vita di Abraham Lincoln, ed è tratto dal libro Team of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln di Doris Kearns Goodwin pubblicato nel 2005.

È l’anno 1865, si è nelle fasi conclusive della Guerra di secessione americana, il Presidente Abraham Lincoln deve affrontare il problema dell’abolizione della schiavitù, riuscendo a fare approvare dalla Camera dei rappresentanti il XIII Emendamento della Costituzione.

L’abolizione della schiavitù richiese un lungo cammino. Nel 1863, durante la guerra civile americana, Abraham Lincoln con il Proclama di Emancipazione decretò la liberazione di tutti gli schiavi dai territori degli Stati Confederati d’America.
Tale processo si concluse nel 1865 con l’approvazione del tredicesimo e del quattordicesimo emendamento, che rispettivamente abolivano la schiavitù e stabilivano i diritti civili federali, andando a modificare così la Costituzione americana.

Alla fine della guerra la Confederazione del Sud si arrese, gli stati che vi avevano aderito vennero reintegrati nell’Unione. Lo schiavismo fu progressivamente abolito in tutta la nazione. Le questioni che portarono alla guerra furono in parte risolte durante la cosiddetta era della ricostruzione.

In merito a questo periodo storico è doveroso citare il film Via col vento, un colossal del 1939 diretto da Victor Fleming, un’emozionante storia d’amore, ma soprattutto un grande affresco di un’epoca degli Stati Uniti.
Il film è tratto dal romanzo omonimo di Margaret Mitchell, vincitore del premio Pulitzer nel 1937.

Tra i protagonisti indimenticabile è la passionale cocciutaggine di Rossella (Scarlett in originale) O’Hara interpretata da Vivien Leigh e lo sfacciato fascino dell’avventuriero Rhett Butler interpretato da Clark Gable.
Un film che ebbe una lavorazione molto complessa e travagliata, e richiese un grande sforzo economico e lavorativo al produttore David O. Selznick. È universalmente riconosciuto come uno dei film più famosi della storia del cinema, ha stabilito dei record che rimangono tuttora insuperati.

È il 1861 nel Sud degli Stati Uniti due ricche famiglie vivono una vita spensierata e mondana. Gli O’Hara, di origini irlandesi sono molto legati alla terra: è dalla terra che l’uomo trae la forza per affrontare la vita, la terra rossa di “Tara”, la loro proprietà.
E i Wilkes che abitano nella vicina tenuta de “Le Dodici Querce” con il loro figlio, il flemmatico Ashley di cui Rossella crede di essere perdutamente innamorata.
La notizia della decisione del Governo federale di imporre le regole della società industriale e di abolire la schiavitù giunge a portare scompiglio nella loro vita. Il timore di perdere i propri privilegi incita gli animi idealisti dei giovani del Sud ad abbracciare l’idea di una guerra di secessione. Solo lo scaltro Rhett Butler cerca di calmare gli animi invitandoli a stare con i piedi ben piantati per terra:

«È difficile vincere una guerra con le chiacchiere…»

Ma le sue obiezioni vengono ritenute offensive e viene tacciato come traditore. E la guerra arriva, con la sua spaventosa realtà, a spegnere speranze vane e inutili orgogli, portando distruzione, miseria, malattie e morte. Tutto inevitabilmente cambia, si chiude un’epoca e a nulla serve rimanere testardamente ancorati al passato.

«Quasi tutte le miserie del mondo sono causate dalle guerre. E quando le guerre sono finite, nessuno sa più perchè sono scoppiate».

LE GUERRE INDIANE

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *