Dal più profondo buio della notte
Due occhi vuoti sfuggono le stelle.
La fabbricante d’angeli è già scesa
Ma incespica coi ferri arrugginiti.
La fabbricante d’angeli – Le Orme (1974)
La fabbricante d’angeli scritta da Antonio Pagliuca, Gian Piero Reverberi ed Aldo Tagliapietra, è un brano contenuto nell’album “Contrappunti” che Le Orme pubblicano nell’estate del 1974.
È una canzone che parla dell’interruzione di una gravidanza praticata clandestinamente dalle cosiddette “mammane“ o da medici spregiudicati che per denaro sono disposti a tutto, mettendo spesso a repentaglio la vita stessa della donna. Una terribile realtà vissuta da molte donne prima della Legge 194 del 22 maggio 1978 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”.
Attenzione: contenuto potenzialmente sensibile, non adatto ai minori d’età.
L’aborto, ossia l’interruzione di una gravidanza, è un fenomeno che esiste da sempre, in tutto il mondo, in ogni epoca. È definito:
aborto spontaneo, quando è dovuto a cause naturali prima delle 24 settimane di gravidanza, e rappresenta la conclusione più frequente di una gravidanza ad alto rischio;
aborto indotto, quando interrompe una gravidanza intenzionalmente tramite mezzi medici (farmaci o chirurgia). Le leggi che determinano il periodo della gravidanza fino al quale è consentito abortire variano da paese a paese.
Dopo 24 settimane di gravidanza, il parto di un feto morto viene definito feto nato morto.
Riguardo gli interventi chirurgici sono previste tecniche differenti a seconda della durata della gravidanza: per le gravidanze inferiori alle 12 settimane è usata prevalentemente una tecnica definita raschiamento aspirativo; per le gravidanze di oltre 12 settimane il più delle volte si usa una tecnica definita dilatazione e raschiamento.
I farmaci utilizzati per indurre l’aborto comprendono il mifepristone (RU-486) e le prostaglandine, come il misoprostolo.
Il mifepristone blocca l’azione dell’ormone progesterone che prepara la mucosa uterina ad accogliere l’ovulo fecondato, ed è approvato solo per le gravidanze in atto da 7 o 9 settimane al massimo.
Il misoprostolo stimola le contrazioni dell’utero. L’assunzione dei due farmaci avviene secondo un determinato schema terapeutico.
L’aborto presenta un rischio di complicanze correlato alla durata della gravidanza e al metodo abortivo utilizzato, in genere sono rare quando l’aborto è eseguito da uno specialista in un ospedale o in una clinica.
La cosiddetta “pillola del giorno dopo” non è una pillola abortiva, ma consiste in una contraccezione d’urgenza che comporta l’uso di ormoni dopo un rapporto sessuale non protetto o dopo il fallimento di un metodo contraccettivo (per esempio, rottura di un preservativo).
Questo farmaco agisce principalmente ritardando o impedendo l’ovulazione, è più efficace se assunto il prima possibile dopo il rapporto a rischio. Non è efficace dopo l’impianto dell’embrione. È disponibile in due tipi:
uno con levonorgestrel che va assunto entro 12 ore, ma rimane efficace fino a 72 ore (3 giorni);
oppure con ulipristal acetato che va assunto entro 120 ore (5 giorni), è più efficace se assunto entro 72 ore.
La pillola del giorno dopo non è, e non deve sostituire un metodo contraccettivo regolare.
Accedere all’interruzione di gravidanza sicura presenta ancora dei problemi. La conseguenza è che il più delle volte gli aborti avvengono in condizioni pericolose. Gli aborti clandestini causano un alto grado di mortalità della donna e provocano danni temporanei o permanenti.
Nota bene: questa non è una testata medica, le informazioni fornite da questo sito hanno scopo puramente informativo e sono di natura generale, pertanto occorre sempre fare riferimento al proprio medico di famiglia.
Tra la fine del 1974 e l’inizio del 1975 apparve in Inghilterra il libro-inchiesta “Babies for burning” (Bambini da bruciare) che conobbe fin da subito momenti di grande notorietà, grazie anche alle polemiche sorte non solo sul contenuto del libro ma anche sulla personalità e attendibilità degli autori.
Un giorno di tanti anni fa in una libreria, girando tra scaffali e pile di libri appoggiati sul pavimento la mia attenzione fu attirata dalla copertina di un libro esposto: “Bambini da bruciare”.
Era la primavera del 1978, lo so perché ho scritto la data all’inizio del libro, e non avevo proprio idea di cosa parlasse (sì, i libri parlano…) ma leggendo la breve descrizione sulla quarta di copertina, compresi che il contenuto del libro riguardava la pratica dell’aborto.
Bambini da bruciare
di Michael Litchfield e Susan Kentish
Genere: libri d’inchiesta
Editore: Edizioni Paoline, 1976
Restai un po’ perplessa quando nella pagina interna lessi “Edizioni Paoline”, una casa editrice di chiaro stampo cattolico, e così lì sul momento mi parve scontato che l’argomento sarebbe stato trattato in modo un po’ misogino, gli autori si sarebbero scagliati come al solito contro la ‘donna peccatrice’… e invece no, tutt’altro!
Oggi apprendo, grazie al Web, che la casa editrice “Edizioni Paoline” è stata fondata nel 1914 da Giacomo Alberione, presbitero ed editore di origini piemontesi, proclamato beato nel 2003. Si tratta di un’inchiesta che aprì il vaso di pandora: dietro un perbenismo di facciata, metteva in luce lo sfruttamento sistematico e spudorato della pratica dell’aborto.
Riporto alcuni passi tratti dalla “Nota del traduttore: Come è nato il libro e le polemiche che ha suscitato” di Mariagrazia Cucco.
Si tratta non di un’opera di fantasia ma di un reportage violento, sul genere di quelli che resero famoso, a suo tempo, Jack London. La Londra del Popolo degli abissi, per citare uno dei più bei libri dello scrittore americano, con la miseria e la degradazione morale dei suoi personaggi, anticipa in un certo senso la Londra di Babies for burning [Bambini da bruciare], dove la miseria è quasi esclusivamente morale. Come Jack London si era travestito per conoscere più da vicino le condizioni subumane di vita degli abitanti dell’East End, così Michael Litchfield e Susan Kentish assumono personalità fasulle per raccogliere testimonianze che permetteranno loro di smascherare gli obliqui modi di procedere dei «fabbricanti d’angeli» in un Paese in cui l’aborto è bensì legalizzato, ma non indiscriminatamente liberalizzato. Per documentarsi, i due giornalisti affrontano i loro interlocutori con un registratore nascosto nella borsetta di lei o nel portacarte di lui.
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Entrambi free lances, cioè giornalisti indipendenti, hanno cominciato ad occuparsi del problema dell’aborto quasi per caso, alla fine del 1973, dopo essere stati messi in sospetto dalle strane dichiarazioni di un medico incontrato nel corso di un’inchiesta sull’adozione.
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Già fin dal suo primo apparire sul News of the World, l’inchiesta Litchfield-Kentish suscitò, insieme con l’attenzione scandalizzata di parte del pubblico, il più comprensibile disappunto da parte di tutti i personaggi citati e, in genere, delle lobbies (gruppi di pressione) pro-aborto. Tre richieste fatte in tribunale perché fosse impedita l’uscita del libro, furono respinte. In seguito alla pubblicazione di Babies for burning, si scomodò lo stesso Sunday Times (numero del 30 marzo 1975) con una contro-inchiesta dalla quale sarebbe risultato che non tutto ciò di cui avevano parlato gli autori poteva considerarsi dimostrato.
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In ogni caso, quello che neppure l’accurata inchiesta del Sunday Times è riuscita a smontare, è l’hard core, la parte interna ed essenziale di verità racchiusa nel libro di Litchfield e della Kentish. È vero, cioè, che in Inghilterra, come sarà presto vero in Italia, chiunque, per il motivo più capriccioso, può «comprarsi» un aborto a norma di legge. La legge pone bensì limiti precisi, ma la prava volontà umana li interpreta a suo piacimento e sfida ogni controllo: perché, come dice uno dei personaggi citati nel testo, chi potrà mai esercitare controlli su qualcosa che è bruciato in un inceneritore?
Dall’Introduzione [mai saltarla…] riporto le parti per me più significative:
La nostra indagine sul modo in cui viene applicata la legge sull’aborto del 1967 ha avuto inizio nel novembre del 1973. Ci eravamo imposti una sola limitazione e cioè che l’inchiesta si riferisse unicamente al settore privato, in cui si verifica il numero più alto di interruzioni di maternità; con questo era inteso che avremmo escluso gli aborti praticati a mezzo del servizio sanitario nazionale.
Circa tre anni prima, il cosiddetto “comitato Lane”, un organismo nominato dal governo, si era imbarcato in una simile impresa. Il rapporto Lane è una storia da ridere. I nostri risultati e quelli a cui esso era giunto sono diametralmente opposti: Bambini da bruciare viene quindi presentato come un’alternativa al rapporto governativo.
Siamo partiti senza preconcetti. Nessuno di noi due apparteneva − né appartiene ora − ad alcun movimento o gruppo d’opinione particolare.
[..]
Ci siamo quindi accinti al compito in modo spassionato, nell’isolamento e nel distacco più completi.
Michael non aveva mai sentito parlare della Società per la Protezione dei Nascituri ¹. Susan era al corrente della sua esistenza ma all’oscuro dei suoi scopi e delle sue motivazioni. Non conoscevamo di sicuro nessuno dei dirigenti o dei membri di questa organizzazione. Non avevamo neppure alcun rapporto con la Società per la Riforma della Legge sull’Aborto ².
Per tutta la durata dell’indagine non abbiamo avuto contatti con l’uno o l’altro dei due movimenti antagonisti. Ci siamo buttati nell’impresa ed è stato tutto.
Tutte le frasi riportate tra virgolette sono state da noi registrate. Tutti i documenti a cui facciamo riferimento, li abbiamo conservati. I fatti di cui parliamo possiamo provarli. Arrivavamo alle varie cliniche senza essere annunciati o presentati, senza che nessuno fosse al corrente della nostra vera identità. Figuravamo sempre come una coppia a volte sposata, a volte no, a caccia di sconti nel supermarket dell’aborto. Il comitato Lane, invece, avvertiva con molto anticipo le cliniche del suo prossimo arrivo.
Prima di cominciare il suo giro in cerca di un aborto, Susan era stata sottoposta dal suo medico a un test di gravidanza. Il test aveva dato risultato negativo. Un noto ginecologo l’aveva sottoposta a una visita ostetrica. Risultato? “Non era incinta né lo era mai stata”. Eppure, ogni volta che Susan ha fatto esaminare un campione delle proprie urine o si è fatta visitare dai ginecologi che lavorano nel settore privato, è stata infallibilmente trovata INCINTISSIMA.
Al termine dell’inchiesta siamo tornati dal noto ginecologo per un’ultima accurata visita a Susan. Il suo responso è stato chiaro: “Non è incinta, non è mai stata incinta e non presenta anomalie che potrebbero indurre un medico esperto a diagnosticare una gravidanza“.
Però, tutti i ginecologi che abbiamo avvicinato nel corso dell’inchiesta erano disposti a praticare un aborto su Susan, che non era neppure incinta. Bastava pagare in contanti; e in anticipo. Quasi mai si accettavano assegni.
Siamo partiti là dove cominciano la maggior parte delle ragazze, quando scoprono di essere incinte contro ogni loro desiderio: dai consultori di gravidanza.
¹ È la SPUC (Society for the Protection of Unborn Children), un’organizzazione laica, di cui fanno parte cattolici, anglicani e anche agnostici, che da anni si batte contro la legalizzazione dell’aborto attraverso pubblicazioni, convegni e raduni di massa.
² È la Abortion Law Reform Society, organismo di ispirazione radicale che, in diretta contrapposizione con la SPUC, si batte per la completa liberalizzazione dell’aborto.
Ho cercato di riassumere brevemente il libro che offre davvero molte informazioni e affronta il tema sui vari aspetti legati al tema dell’aborto. I due giornalisti, Michael e Susan si recano in varie agenzie a cui molte giovani donne si rivolgono alla ricerca di aborti facili, attirate dagli annunci sui giornali in cui si offrono esami di gravidanza, o “consulenza”, o test di gravidanza. Oppure vengono ricevute nel retro di alcune farmacie, dove c’è chi offre un servizio di mediazione.
Nel centro di Londra Michael e Susan suonano a un campanello e poi accedono a una sala d’aspetto di un servizio di consulenza, ci sono le solite riviste, opuscoli, ecc., «e, attaccati alle pareti manifesti che ammonivano gli uomini, visti come nemici, a stare più attenti alle loro frequentazioni notturne», l’addetto chiede loro nome e indirizzo, non si preoccupa affatto di accertare se sono dati veri o falsi, «accettano di non conoscere mai la vera identità delle donne che convogliano alle fabbriche di angeli».
Un’altra volta è Michael a contattare un’agenzia, questa volta per telefono; in altre ancora è Sue a recarsi da sola, in quel caso dà il suo vero nome e indirizzo, e l’addetto dopo i soliti convenevoli prende il campione di urina e lo porta in un’altra stanza, quando torna le chiede bruscamente se vuole il bambino, senza nemmeno sapere se l’esito delle urine è positivo.
In poche parole accettano i campioni di urina, non attendono neanche il risultato, e già parlano di aborto senza nominarlo chiedendo: «Non volete un bambino adesso?», «Mi rincresce, è proprio positivo», «La sua urina dà risultato positivo, non ci sono dubbi. Facciamo centinaia di test alla settimana; anche 500 in una settimana sola», «Perché non volete questo bambino?», «È positivo, cara. Non è una sorpresa per lei, vero?». Del resto se una donna va lì vuol dire che sa di essere incinta, no?
In un’altra occasione si fingono una coppia agiata, perfettamente in grado di mantenere un figlio e senza problemi di carattere psicologico, così da non fornire alcun appiglio, alcuna valida ragione prevista dalla legge. Si sentono dire che ci penseranno i medici a trovare una soluzione… nel frattempo si passa a parlare di questioni economiche e di procedure: «Si sarebbe potuto credere che stavamo organizzando una serata di bridge…».
Al momento dell’inchiesta, precisano gli autori, in Inghilterra l’aborto è illegale a meno che non esistano valide ragioni per la sua induzione, come è previsto dalla legge del 1967.
Micheal chiede se è importante l’epoca della gravidanza, gli rispondono che fino ai tre mesi non ci sono problemi, ma se è più avanti costa di più, l’importante è non lasciare passare troppo tempo anche nell’interesse della ragazza. Passati i tre mesi il prezzo sale di colpo!
Il fatto è che senza aver visto un medico e non avendo ancora parlato dei motivi per chiedere un aborto, alla coppia fin da subito vengono date garanzie e fatte promesse.
In un servizio di consulenza a Micheal dicono di accompagnare lì Sue, non ci sono problemi, possono fare qualcosa, ma in quel momento la persona che tratta queste cose non c’è. L’intervento, soldi anticipati, avverrà in una clinica privata di Londra (ne hanno a disposizione sei), a operare sono i migliori ginecologi così quando vorrà avere dei bambini non ci saranno problemi. Le fanno notare che se lei ricorresse al Servizio sanitario nazionale le cose andrebbero ben diversamente, si spendono proprio bene nel far propaganda alla clinica privata.
L’addetta all’accoglienza di un’agenzia poi, delira definendo l’aborto come un buon sistema di contraccezione per le ragazze che non tollerano la pillola. «Questa osservazione era talmente infame e irresponsabile che per noi era essenziale fargliela ripetere in modo da poterla registrare: e lei gentilmente ci accontentò».
In tutta l’inchiesta in un unico caso, ci fu chi «iscrisse i nostri nomi in quello che egli chiama un “registro degli aborti”, il che è completamente illegale» è contro la legge. Si dà per scontato che comunque la gente usa nomi e dati falsi. Consulta pure «un libriccino nero che evidentemente conteneva i nomi e i numeri di telefono degli abortisti e delle cliniche sulla sua lista» e trova il numero di quello bravo, un medico che esercita da molti anni, a lui mandano tutti i casi di dodici settimane o più… come ha fatto a determinarlo?
Peccato che hanno aspettato così tanto (?) …spiega loro che fino a dodici, quattordici settimane si sarebbe trattato di un’aspirazione, invece oltre questo termine si tratta di un’operazione vera e propria, ed è cara… tende a precisare.
Arrivano a prendere accordi sul da farsi, ma il fatto è che Sue ancora non ha visto un medico. Non sanno niente di lei, del suo stato di salute e del suo ambiente socio-economico, ma la questione finanziaria è già stata discussa e accettata, il letto prenotato e l’intervento fissato per il giorno in cui sarebbe avvenuto il primo e unico incontro con un medico.
«Eppure la legge richiede che a decidere siano due medici “in buone fede”». Sono due i dottori che devono firmare il formulario, uno dei quali deve essere un chirurgo, in realtà poi si riducono a uno solo.
Compreso nel prezzo c’è anche il costo dell’autista che accompagnerà Sue alla clinica, di solito fanno così perché ci sono molte ragazze straniere che si rivolgono all’agenzia e non sanno parlare l’inglese. Proprio per questo è tutto organizzato fin nel minimo dettaglio, l’intervento avverrà in anestesia generale. Non si tratta di una vera ‘operazione’ ma piuttosto di un raschiamento: «Le ripuliscono l’utero, vede. È una cosa che fa bene a tutte le donne, incinte o no» (?)… non è come una volta… fanno tutto molto bene ora…
«L’appuntamento, naturalmente, è andato a vuoto».
«Come poteva accadere che tanti medici qualificati visitassero internamente Sue e tutti quanti la dichiarassero incinta, quando noi sapevamo benissimo che lei non era mai stata incinta in vita sua; e come poteva essere che ciascuno indicasse uno stadio diverso della gravidanza?».
La fabbrica degli angeli ha prodotto anche i propri specialisti e per la maggior parte le loro cliniche si trovavano nel centro di Londra. In alcuni casi la conversazione con i medici era tutta una buffonata, miravano solo a trovare qualcosa che fornisse loro un alibi per sottoscrivere un consenso all’aborto che fosse plausibile per il Ministero della Sanità e della Previdenza sociale, e poi finire in archivio. Per l’ennesima volta constatammo che esiste l’aborto su richiesta.
«Gli aborti illegali − nel senso che vengono fatti senza giusta causa − sono diventati così comuni che molte persone sono arrivate ad autoingannarsi. Credono veramente che la legge consenta l’aborto su richiesta. [..] Il settore privato lavora partendo dalla presunzione che avere abbastanza denaro significa avere abbastanza motivi. Questa è la loro morale. Questa è la loro legge. Ma non è la legge votata dal Parlamento».
Lungo la principale via commerciale londinese c’è l’ambulatorio di uno dei più spregevoli dottori del mondo, sta proprio di fronte a un elegante albergo frequentato soprattutto da clienti americani, da cui si può vedere l’incessante l’afflusso di ragazze con la valigia, la maggior parte sono straniere. Molte sono francesi ³, oppure tedesche e olandesi.
«Il mondo dell’aborto privato, come quello della droga o di altri movimenti ai margini della società, ha sviluppato una propria sottocultura. La gente che ci lavora porta la stessa uniforme: si esprime con le stesse frasi fatte, predica un’identica filosofia, ripete le stesse bugie, si avvale degli stessi espedienti corrotti, tratta le ragazze incinte come pedine di una grottesca partita di dama, in genere detesta i bambini e manifesta spesso tendenze genocide».
³ Al tempo dell’inchiesta, l’aborto era ancora perseguito penalmente in Francia. Una discussa legge “liberalizzatrice”, entrata in vigore alla fine del 1974, ha reso legale l’aborto anche in questo paese, nei primi mesi di gravidanza e quando ricorrono determinati motivi sociali e sanitari.
Tutte, senza eccezioni, cercano un aborto. «Il medico dispone di agenti nei paesi europei e questi gli mandano ragazze da tutte le nazioni dove l’aborto è illegale». Questo medico, un playboy che ama il gioco d’azzardo, organizza sia gli aborti sia le adozioni, in caso la gravidanza fosse troppo avanzata e nessun medico fosse disposto a fare l’intervento. Infondo quelli come lui si sono resi conto che possono guadagnare di più vendendo bambini che abortendoli.
«È una questione di domanda e offerta. [..] L’ideologia, la visione della vita e le dichiarazioni di questo medico sono di natura tale da turbare anche i membri più progressisti e radicali della società. [..] Quel che dice fa spavento, perché è evidente che il suo scopo è di rovesciare e rifare a nuovo la struttura della società britannica. Parla con emozione e trasporto del “pensiero progressista di Hitler”. Parla della “moralità nuova” che consiste semplicemente nel capovolgere la scala, chiamando morale l’immorale e l’immorale morale. Guarda a un mondo come quello di Alice nel Paese delle Meraviglie, con ogni cosa rovesciata».
E non è solo, gli autori affermano che «c‘è in Inghilterra un certo numero di abortisti − una piccola Mafia medica − che condivide l’ideologia fascista di questo medico. Di alcuni di loro si sa che hanno sul libro-paga qualche funzionario ministeriale. [..] Le ragazze incinte, terrorizzate e disperate, sono solo materia prima per la scalata alla ricchezza».
Si sottolinea il fatto che questo è un medico iscritto all’Ordine, che esercita nel cuore di Londra, un uomo che potrebbe essere scelto come “medico di fiducia”.
«L’aborto non ha portato alle donne la liberazione. Le ha solo messe in condizione di essere sfruttate da gente come questa. Dove va il denaro procurato con gli aborti? Nelle tasche degli uomini. Quasi tutti gli abortisti sono uomini. Tutti i mediatori sono uomini. Tutti quelli che si arricchiscono con l’aborto sono uomini. Non deve essere una pura coincidenza».
Michael e Susan si fingono interessati ad acquistare un bambino, il medico con una serie di domande vuol sapere che tipo di bambino vogliono. Spiega loro che le ragazze troppo avanti per ottenere quella che subdolamente chiamano “interruzione di maternità” vengono convinte, giocando sul loro senso di colpa, a dare in adozione il bambino. «È il tipo di affari che tratto io». Viene praticato il taglio cesareo al fine di evitare che si sviluppi una qualche forma di attaccamento (imprinting), cure mediche e intervento sono gratuiti, un modo per risarcirle… ma soprattutto per aggirare la legge, perché nella pratica il bambino viene venduto.
Arriva persino a suggerire la possibilità che Michael possa avere rapporti sessuali con una delle sue pazienti fino a metterla incinta, pagando la ragazza. «Si tratta proprio di corrompere una ragazza perché si trasformi in una fabbrica». Oppure si può ricorrere all’inseminazione artificiale, «Lei dà il seme e la ragazza fabbrica il bambino».
Definisce pure il profilo giusto, l’aspetto, elenca le qualità che una ragazza dovrebbe avere «È quello che si chiama accoppiamento selettivo. Hitler aveva già cercato di fare qualcosa del genere». (eugenetica)
Ci sono le ragazze-squillo (prostitute) che lo farebbero per denaro, naturalmente tutto ciò verrebbe a costare di più.
«Ma una ragazza per bene… bisogna comprare anche la sua moralità. D’altra parte, se lei adopera una donna come incubatrice, ha importanza che sia una ragazza-squillo o una ragazza per bene?».
«I punti di vista di quest’uomo sull’adozione servono a mettere in luce la vera natura di molti degli uomini che tirano le fila dell’aborto e ne percepiscono i compensi in tutto il mondo».
E poi ci sono i cosiddetti “Consultori di gravidanza”, a dirigerne uno c’è una giovane donna disponibile a organizzare interruzioni tardive di maternità. «Ammise di aver fatto abortire donne incinte di quasi sette mesi». Nel momento in cui gli autori scrivono, il limite legale in Inghilterra è di ventotto settimane, seppur un ginecologo con un minimo di scrupoli eviterebbe di andare oltre le venti settimane.
Un altro consultorio di gravidanza è gestito da un farmacista in casa propria, dove ritrovano scaffali pieni di libri sul nazismo, il fascismo, la selezione razziale e l’eutanasia. C’è anche un libro su sir Oswald Mosley, nato nel 1896, è stato il leader del movimento fascista britannico, sciolto nel 1940.
A un certo punto ai due giornalisti viene rivelato l’orrore degli aborti tardivi e della vendita dei feti a uno stabilimento chimico, dove producono saponi e cosmetici. Il medico interessato è un altro seguace di Hitler, e spiega che a cedere i feti per la ricerca scientifica non guadagnerebbe molto, e poi la prassi prevista è quella di bruciarli e non farne alcun commercio, anche se la gente si lamenta del puzzo proveniente dall’inceneritore. Tiene a precisare che comunque una volta bruciato, è impossibile stabilire a che punto era la gravidanza.
«Non sono una persona crudele; sono solo un realista».
«La selettività della vita è sempre stato un tema che ha affascinato molti medici. Io, per esempio, sono sempre stato attratto dalla possibilità di una riproduzione selettiva e di un’eliminazione selettiva. Ma questo è un altro affare…».
A suo dire molti sono i medici che la pensano come lui: «Occorre essere uomini di scienza e non persone emotive per vedere attraverso la nebbia del sentimentalismo. La vita umana è semplicemente un fatto che può essere controllato, condizionato e distrutto, come si fa con una macchina».
Quando i due giornalisti successivamente hanno rivelato la loro vera identità e i veri scopi dell’indagine, egli ha ribattuto: «Non date la colpa agli ostetrici per quello che succede in questo paese. Non siamo noi, quelli da biasimare. Ce l’hanno imposto. Se non lo facciamo noi, lo fa qualcun altro…».
Dico io, ma è questa la banalità del male di Hannah Arendt!?
Sulla scena internazionale, al tempo dell’indagine negli Stati Uniti era consentito abortire ad ogni stadio della gravidanza, non c’erano regole o restrizioni per la salvaguardia del nascituro o della madre.
Alcune delle storie che sono state raccontate ai due giornalisti da medici pro-aborto, e non da medici contrari, costituiscono un orripilante avvertimento a ogni paese del mondo sui ricatti e sulle speculazioni a cui si espone uno Stato che non adotti una legislazione severa riguardo a questo campo della medicina. Negli Stati Uniti, come in Inghilterra, l’aborto è un grosso affare.
Un uomo volle incontrare i due giornalisti, si presentò come un medico di Boston e disse loro che aveva “lavorato nell’aborto”, ma che voleva uscirne. Spiegò che nella vita di un uomo arriva il momento in cui occorre tirare le somme, guardarsi attorno, vedere quel che si fa e quello che fanno gli altri. «Solo quando si fa un passo indietro e si guarda con distacco le cose, come uno spettatore, si vede la verità. Quel che ho visto non mi piace molto, per dirla eufemisticamente. Non sono molto fiero di me». Il racconto è piuttosto raccapricciante.
Negli Stati Uniti è questo il risultato della mentalità abortista: si smette di vedere il bambino come qualcosa di diverso da materiale disponibile, appare come qualcosa di inanimato, un semplice articolo da commerciare. Un affare.
[..]
Il racket dell’aborto tardivo segue due strade diverse:
– una consiste nel fare un aborto nella fase terminale della gravidanza, si mantiene in vita il bambino facendo credere alla madre che sia morto, poi viene dato in adozione e si riscuote il guadagno.
– l’altra strada è la vendita di feti per la sperimentazione. I bambini sono ufficialmente morti, in realtà vengono mantenuti in vita e sottoposti a sperimentazioni varie.
Il medico di Boston afferma: «Il mondo deve rendersi conto di quello che sta succedendo».
A quanto risulta dalle testimonianze anche in Olanda l’aborto è un grosso affare e ha a che fare con la malavita. E anche qui il racconto è raccapricciante.
Certe agenzie abortiste tengono libri neri con i nomi e gli indirizzi delle ragazze straniere per minacciarle in caso intendano denunciarli. Altre agenzie svolgono a parte un’attività ricattatoria, specie se nel paese di provenienza l’aborto è ancora illegale, come in Germania e in Italia, e le ragazze possono essere perseguite quando ritornano in patria. Vengono minacciate di avvertire le autorità o, quando si sposano, di avvertire il marito. Certe ragazze continuano a pagare…
dal libro Bambini da bruciare, Edizioni Paoline, 1976
In Italia il 22 maggio del 1978 venne approvata la legge n. 194/78 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”.
Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza (IVG) non è mezzo per il controllo delle nascite.
Sino ad allora l’aborto e la propaganda degli anticoncezionali erano considerati dei veri e propri crimini contro “l’integrità e la sanità della stirpe” secondo il Codice Rocco (dal cognome del Ministro di Grazia e Giustizia, Alfredo Rocco) promulgato nel 1930 durante il regime fascista del Regno d’Italia, in cui l’aborto era penalizzato più severamente rispetto al precedente Codice Zanardelli del 1889 che lo definiva un reato “contro la persona”.
A dimostrarsi al passo coi tempi fu una sentenza della Corte Costituzionale con cui nel 1971 dichiarò illegittimo l’articolo 553 del Codice Rocco che vietava la propaganda degli anticoncezionali.
Ottenere una legge sull’aborto in Italia si dimostrò un processo lungo e complicato. A un certo punto contribuì, suo malgrado, un fatto increscioso accaduto nel 1976 a Seveso: la cittadina brianzola subì un disastro ambientale causato da una fuga di gas altamente tossico, la diossina, dagli impianti chimici della società elvetica ICMESA. Le donne in gravidanza, essendo state esposte per giorni alla contaminazione e temendo gravi malformazioni al feto, poterono ricorrere all’aborto terapeutico, pratica che venne autorizzata dal governo Andreotti di allora.
Si dovette attendere fino al 1978 affinché l’aborto venisse depenalizzato e le sue modalità di accesso disciplinate, le donne poterono così accedere a misure sicure senza essere costrette a rischiare non solo anni di galera, ma anche la loro vita.
Leda