Se non hai radici, almeno mettici la faccia


Foto personale

Ieri, primo maggio, in un piccolo paese di provincia c’è stata la camminata, evento che si ripete da più di trent’anni. Una decina di chilometri da trascorrere chiacchierando, scambiando battute, scherzi, tra persone che si conoscono e non, di tutte le età, dal più piccolo in passeggino alle nonne in bici, che ogni tanto scendono per far vedere che ancora ce l’hanno il passo svelto di gioventù, quando quelle strade le percorrevano per andare a raccogliere i pomodori, le patate, i cipollotti, o in settembre a vendemmiare l’uva. Ci vanno ancora, per raccogliere il tarassaco prima che si arino i campi per la semina. Nel padovano si chiamano “brusaoci” nel vicentino “pissacàn” nomi pittoreschi per un frutto della terra che richiede fatica, occorre stare chini per raccoglierlo, pazienza per curarlo togliendo la terra e lo scarto, e per lavarlo. La cottura ne riduce notevolmente il volume e solo chi ci ha lavorato sa cogliere la portata dell’impegno, la fatica che queste erbe tanto saporite richiedono. Una volta cotto, nel piatto il tarassaco nel vicentino prenda il nome di “radici” poichè si lascia una piccola parte della radice principale (fittone) che tiene unite le foglie.


Foto personale

Eravamo più di trecento ieri, il tempo è stato clemente e nonostante il cielo fosse coperto non ha piovuto.
Il paesaggio è particolarmente bello quest’anno, visto che non ha fatto freddo e dall’anno scorso ha piovuto molto, il verde della vegetazione è spettacolare, insolito, con sfumature che vanno dal verde chiaro, al verde brillante, al verde smeraldo. Il leggero strato di nebbiolina mattutina gli dà un chè di sonnacchioso, un po’ pensante, un po’ sognante per chi s’immerge con gli occhi ad ammirarlo.

Eravamo più di trecento, per lo più del posto, gli altri anni molti venivano da fuori; tempo addietro la manifestazione rischiava di essere abbandonata, non camminava più nessuno, tutti troppo presi dalla frenesia dagli impegni, camminare era considerato tempo perso.
Con un po’ più di organizzazione, un po’ di pubblicità, anche nelle scuole, il passaparola, la necessità di ritrovare un contatto con la natura, la crisi economica che rende indietro del tempo e la necessità di ripiegare su attività più economiche (basta un buon paio di scarpe e un po’ di volontà) ha fatto sì che si rilanciasse questa occasione di fare qualcosa insieme, senza uno scopo ben preciso, ma solo per il fatto di stare insieme.


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Eravamo più di trecento, come trecento sembra fossero ieri quelle persone, che nelle vie di Milano hanno protestato per l’EXPO alla sua inaugurazione, chi pacificamente (ognuno ha il diritto ad avere una propria opinione, anche se non ho capito il senso e il momento) e chi violentemente, e su questi ultimi viene naturale porsi delle domande.
Violenza porta altra violenza. Punto e a capo. Nessuna giustificazione.
Chi sono e che senso hanno queste persone che non hanno neanche il coraggio di metterci la faccia, nascosti da caschi e passamontagna, come dei ladri. Dove hanno le loro radici?

Al chiar di luna,
quella stessa notte,
da solo con suo figlio,
Omoro completò il rituale dell’imposizione del nome.
Stringendo il piccolo Kunta tra le braccia robuste,
si portò fino al confine del villaggio e qui,
sollevandolo al cielo, gli sussurrò:
«Guarda: l’unica cosa più grande di te»

da Radici di Alex Haley, 1976

Radici – Francesco Guccini (1972)

La casa è come un punto di memoria,
le tue radici danno la saggezza
e proprio questa è forse la risposta
e provi un grande senso di dolcezza,
e provi un grande senso di dolcezza


IL TARASSACO

Il tarassaco comune è una pianta erbacea perenne che cresce spontanea nei campi, a volte risulta infestante poichè produce un notevole numero di fiori e una quantità elevata di semi. È diffuso in tutta Italia ed è conosciuto anche come soffione, o dente di leone per il margine dentato che caratterizza la lunghezza delle foglie.
Il fusto è cavo e termina con un fiore giallo, ermafrodita (ha entrambi i caratteri maschile e femminile). Dal fiore si produce il frutto provvisto di un ciuffo di peli bianchi, che staccati e trasportati dal vento, come piccoli paracaduti disperdono il seme nel terreno.

Le sue virtù medicamentose sono note fin dall’antichità e riguardano sia l’utilizzo delle foglie che delle radici. Veniva usato come antipiretico e come diuretico, ma in particolar modo per i suoi effetti sul fegato.
Contiene in maggior percentuale potassio, calcio e vitamina A. In fitoterapia si prediligono le radici le quali, in autunno, contengono una maggiore concentrazione di sostanze bioattive.

I contadini usavano le radici di tarassaco tostate per preparare un surrogato del caffè, il sapore era simile al caffè d’orzo o di cicoria.

È molto apprezzato in cucina: si raccolgono le sue foglie soprattutto in primavera per preparare gustose insalate e più avanti nella stagione per cucinarle come gli spinaci, lessandole prima e passandole in padella poi, con aglio e pancetta. Accompagnato con polenta e alcune fette di cotechino, è un piatto prelibato tipico vicentino (fa anche rima).

Nell’uso di questa, come di tutte le altre erbe è bene affidarsi a chi le conosce bene ed è esperto nei metodi e nei tempi di raccolta e di utilizzo, così da evitare di raccoglierle in posti inquinati o contaminati da antiparassitari.


Come un tempo, anche i bambini di oggi amano molto spargere i soffioni nell’aria. Una volta si facevano anche le trombette con lo stelo: a un’estremità si ripiegavano i lembi per un paio di centimetri e dall’altra si appiattiva leggermente tra le dita e con le labbra socchiuse si soffiava, l’aria passando vibrava emettendo un suono tipico. Ma non tutti ci riuscivano, richiede una certa abilità. 😋

«Verso l’infinito e oltre!»

È la frase detta da Flik la formica, mentre parte all’avventura a bordo di un seme di soffione. Per chi l’ha visto, è impossibile scordare questa scena, come del resto il film. È anche la citazione del primo film della Pixar, Toy Story, ci sono inoltre molte altre analogie e brevi apparizioni di personaggi di altri film della Disney.

Sto parlando di A bug’s life – Megaminimondo, un bellissimo film d’animazione del 1998 diretto da John Lasseter, prodotto della Pixar Animation Studios e distribuito dalla Walt Disney Pictures. Da vedere assolutamente.
È anche un ottimo videogioco, in questa clip appare brevemente Flick con il soffione.

Flik è un inventore nato, ma è un po’ pasticcione, per questo non è molto stimato nella comunità delle formiche, tutte intente a raccogliere i semi per l’inverno per loro e per le cavallette, di cui sono succubi. Come al solito c’è chi approfitta degli altri e con la forza e le minacce estorce ciò che non gli spetta. L’unica che sembra comprendere la genialità di Flik è la piccola Dot, che si diverte un sacco a vedere quante cose sa inventare quella formica utilizzando ciò che la natura mette a disposizione.
Ma proprio per il suo fare maldestro Flik mette nei guai tutta la comunità e a farne le spese in prima persona sarà proprio la giovane principessa Atta. Mortificato decide di partire per la città alla ricerca di aiuto per tenere testa alle cavallette e liberarsi del loro giogo una volta per tutte. Incontrerà e arruolerà così una sgangherata compagnia di insetti-attori da circo, che Flik scambierà per guerrieri tostissimi, dando origine a un equivoco e a tutta una serie di avvenimenti esilaranti e a colpi di scena imprevedibili.
La storia coinvolge moltissimo sia gli adulti che i bambini, contribuisce molto la colonna sonora parecchio emozionante. Ci si ritrova a fare il tifo per Flik, che sebbene un po’ sprovveduto saprà tirare fuori il meglio di sè e a trascinare tutti gli altri.

Mi sono piaciuti molto i personaggi, in particolare Francis, la coccinella che si arrabbia moltissimo perchè viene scambiato per una femmina e viene maltrattato da due bulli; Heimlich, un bruco insaziabile dal forte accento tedesco che desidera tanto diventare farfalla; Rosy la vedova nera che ha avuto ben dodici mariti e si esibisce, un po’ sbadatamente, come domatrice con Dim, uno scarabeo coccolone ma intraprendente.

E poi c’è Manty, la mantide religiosa che fa dei numeri di magia con sua moglie Gipsy, una bellissima e dolcissima farfalla; Picchiatore, una cavalletta un po’ suonata e molti altri ancora, ognuno con un preciso carattere e ruolo. Quello che ho trovato più affascinante, che mi è capitato anche di vedere in natura, è l’insetto Stecco, elegante e sottile sa mimetizzarsi fra i rami in modo tale che è difficilissimo vederlo.

A bug’s life è stato uno dei primi film in cui è stato utilizzato l’algoritmo Catmull Clark, che consente di arrotondare superfici spigolose. Edwin Catmull è l’attuale presidente della Pixar. Questa tecnica è stata utilizzata anche per i film: Alla ricerca di Nemo e Gli Incredibili. L’applicazione dell’algoritmo può essere utile in tutti i tipi di scenari di rendering (resa grafica), dalla scienza ai giochi, ai film d’animazione.

Leda

*Le altre immagini sono prese dal Web e modificate con GIMP

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