Una volta superato il concorso per due posti in asilo nido, iniziai a lavorarci dopo qualche mese e dopo di me fu assunta anche un’altra ragazza, conosciuta da tutti poichè proprio in quel nido per diversi anni aveva svolto numerose supplenze (ma pare che non le sia servito granchè ai fini del punteggio), mentre io lì c’ero stata anni prima solo per il tirocinio previsto nel secondo anno di scuola superiore.
Un pomeriggio venne l’Assessore ai Servizi Sociali, che era anche la responsabile dell’asilo nido, a darci il benvenuto e a tenere un breve discorso. Era una signora avanti con gli anni, conosciuta in paese per essere molto ligia e rigorosa. Capii subito che aveva nei confronti del nido un concetto più assistenziale che educativo, essendo un servizio avuto in eredità nel 1975 una volta abolito l’ONMI (Opera Nazionale Maternità e Infanzia).
In particolare quel giorno ella disse che “l’insegnamento più che un lavoro doveva essere una missione”. Queste parole non piacquero proprio alle mie nuove colleghe, seppur tacendo, si percepiva nell’aria una certa tensione e un senso di disapprovazione che espressero quasi con rabbia subito dopo che l’Assessore se n’era andata via. Capii che avevano frainteso, come se l’intenzione fosse quella di sminuire la nostra professione, quasi un invito a non avere grosse pretese pensando al magro stipendio dell’insegnante, come a dire che non si doveva guardare ai soldi ma all’importanza del proprio ruolo.
Rimasi un po’ perplessa, io l’avevo interpretata diversamente, avevo capito che per insegnare occorre un certo amore per l’insegnamento, e la presa di coscienza che i bambini che si stanno formando saranno i cittadini di domani, il cui insieme determinerà il grado di civiltà di un paese.
Credo che nelle mie colleghe abbia prevalso l’astio accumulato da esperienze passate. Ciò era comprensibile, anche per il fatto che molto spesso chi gestisce un qualche potere ha la tendenza a prender tempo, alimentando le aspettative ma non dando mai una risposta certa. Questa ambiguità va a discapito di chi vi ha riposto fiducia, e a lungo andare si capisce il giochetto che si può definire, infame.
Si è maestri di vita se si è liberi, privi di pregiudizi, non organici. E se nel proprio impegno ci si mette la passione. Cioè l’amore. L’amore per quello che insegni ma anche per i ragazzi che oggi, come sempre, vivono grandi turbamenti e grandi tragedie. Saper leggere questi turbamenti e tragedie, saper capire i loro sogni, i loro stili di vita, che non sono i nostri, con passione, invece di liquidarli con le solite banali e distruttive accuse di qualunquismo, apatia, indifferenza per le cose del mondo, ecc.; saper fare questo è promuovere la nostra e la loro liberazione, e uscire insieme dalla gabbia.
di Marino Bocchi
Ho come l’impressione che la maggior parte dei politici oggi sia un po’ come la maggior parte degli insegnanti nelle scuole: non vogliono mantenersi al passo coi tempi e ascoltare e capire i propri interlocutori.
Naturalmente in entrambi gli ambiti esistono le eccezioni, come in passato c’è sempre uno sparuto numero di persone che vive la propria professione con passione e non ha bisogno che gli sia detto dalle alte sfere che cosa debba fare, lo sanno già di suo, gli è dettato dal cuore. Sono quelle persone che hanno un carisma, che hanno delle argomentazioni e una semplicità nell’esporle che ti coinvolgono anche se l’argomento non ti è mai interessato, quelle persone che ti incanti a sentirle parlare e ti danno una certa gioia quando le leggi, ti senti compreso anche se non sanno nulla di te. Persone uniche che lasciano un segno indelebile che resiste agli anni e al progresso perchè il loro approccio non ha data di scadenza, non ti lasciano più perchè di tanto in tanto ti ritornano in mente le loro parole.
Quante volte abbiamo sentito questa frase:
“Suo figlio ha le capacità, ma non si impegna…”
personalmente l’ho sentita come figlia e come madre… E io che ci posso fare? Me lo chiedevo anche quando a scuola ci andavo io, quando la scuola era fatta solo di nozioni.
Per fortuna oggi la scuola di base ha modificato un po’ il tiro, nel senso che punta (o almeno dovrebbe) a fornire degli strumenti agli studenti, renderli capaci di elaborare le nozioni, che ormai sono accessibili a tutti attraverso internet, e a farle proprie.
Mi ricordo alle superiori quando incontrai una brava insegnante che riuscì ad appassionarmi alla letteratura, perchè studiavamo gli autori inserendoli nel corrispondente periodo storico (un metodo innovativo per quei tempi), ciò consentiva di comprendere meglio la mentalità del tempo, lo stile dell’autore e i contenuti delle sue opere. È stato un buon insegnamento anche dal punto di vista umano, perchè mi ha insegnato che per comprendere bisogna conoscere la realtà in cui avvengono determinati fatti e in cui vivono le persone, cioè cercare di vedere le cose anche da un altro punto di vista da quello a cui siamo abituati.
Oppure la prof di matematica alle medie, che mi ha fatto comprendere che la matematica è accessibile a tutti, basta trovare la via. La adoravo e il suo incoraggiamento ha fatto lievitare i miei voti.
«Mi sto chiedendo sempre più spesso come mai persone negate per l’insegnamento abbiano scelto proprio questa professione… per il prestigio? Per il posto sicuro (che ormai non è più…)? Per ambizione della famiglia? Boh!
Vorrebbe essere uno sfogo… ma credo sia un pensiero condiviso da molti…»
È un pensiero che espressi nell’ottobre del 2011 in un forum, ero esasperata e in un periodo di scoramento. Proprio non capivo più che cosa stesse succedendo nelle scuole.
In quel periodo le cose stavano veramente degenerando sia per l’edificio che stava cadendo a pezzi: intonaci che si scrostavano, porte divelte, infiltrazioni varie, bagni inagibili…, sia per la tassa scolastica raddoppiata, ma soprattutto la carenza di personale docente.
Tagli alla scuola, 2mila prof e genitori fanno ricorso al Tar
26 maggio 2011
E’ stato presentato oggi al Tar del Lazio un ricorso, sottoscritto da 2049 genitori, docenti e studenti di tutta Italia, ”contro la circolare (n.21) che determina i tagli del personale docente del prossimo anno: 20.000 posti docente e 14.000 non docente, dopo i 67.00 e 43.000 degli scorsi due anni”.
I tagli di Tremonti e Gelmini oltre a devastare la scuola statale sono illegittimi. Con lo sciopero della fame e con i ricorsi legali, genitori, docenti e studenti stanno lottando per la sopravvivenza della Scuola della Costituzione. E le Regioni che fanno ?… continua
Quell’anno, l’orario scolastico come previsto dalla riforma venne suddiviso per ore di 60 minuti e non più di 50 minuti, per cui oltre a non essere più possibile avere la compresenza di due docenti (accumulando quei dieci minuti), che spesso e volentieri fungeva da supplenza in caso di malattia, si è dovuto protrarre l’orario nel pomeriggio. Questo ha creato non pochi problemi, sia per gli orari dei pullman che non coincidevano proprio, sia per la mancanza di una mensa a cui nella scuola di mio figlio sopperiva il bar interno, ma mancavano i posti a sedere e il locale mensa risultava inagibile.
Oppure i ragazzi entravano un’ora dopo o uscivano un’ora prima con spostamenti vari per far coincidere la presenza dei vari insegnanti quando si verificavano assenze non supplite. E tutte queste ore perse? I ritardi sul programma venivano recuperati frettolosamente, concentrando le verifiche e le interrogazioni sul finire del trimestre. Per non parlare delle gite… tra costi e docenti con ore scoperte nelle varie classi, credo stiano per giungere all’autoestinzione!
Riguardo agli insegnanti, nei vari livelli scolastici ne ho incontrati di veramente capaci e particolarmente dotati all’insegnamento, pochi direi, altri demotivati dando per scontato che gli studenti di oggi non hanno interesse per ciò che insegnano, molti mediocri che non fanno altro che seguire il programma e attendere lo stipendio.
Poi c’è una piccola (spero) schiera di persone che si definiscono insegnanti ma che in realtà sono degli incapaci e nemmeno sanno cosa sia l’insegnamento, con una comprensione dal un punto di vista psicologico pari a ZERO, che insegnano ai ragazzi a fare la spia, che innescano tensioni e ansie, alimentando il sospetto. Sappiamo bene che c’è chi ha questo privilegio unicamente per il punteggio ottenuto, e non si sa in quale modo, dopo tutti gli scandali che si sono avuti nel corso degli anni.
Riflessioni di un genitore sui docenti…
I docenti sono delle persone normalissime, come tutte le altre persone di questo mondo. Con idee, voglie, aspettative. Come tutti, lavorano anche loro per uno stipendio.
Probabilmente il nocciolo è questo.
Io ho 4 figli. Uno all’università, uno alle superiori, uno alle medie e la piccola alle elementari.
Dalla loro nascita, sono sempre stata rappresentante di classe, della commissione mensa, nel consiglio di Istituto. Ho fatto tutto quello che potevo fare per avvicinarmi e capire, oltre che aiutare. Il problema è che i docenti – non tutti beninteso – si sentono superiori alla massa.
Il mio grande ricorda ancora non gratitudine i suoi prof delle medie (quelli delle elementari no). Persone uniche. Vecchia guardia, purtroppo. Persone con un occhio ai compiti e l’altro alle reazioni, con un occhio alle punizioni e l’altro alle gratificazioni. Molti compiti ma ben dosati. Un corpo docenti che lavorava in team e che ha sempre avuto la mia ammirazione ed il mio aiuto. Dopo le iniziali diffidenze reciproche, abbiamo fatto un bel discorso e ci siamo “piaciuti ”. Li ho perfino accompagnati nelle uscite didattiche quando c’era carenza di “colleghi” disponibili.
A distanza di anni, non ci sono più. Tutti pensionati in anticipo. Il corpo docenti di adesso non ha assolutamente niente a che fare. Il mio secondo, che ha avuto questa nuova serie, non li ricorda proprio per niente. Il terzo, li ha cambiati tutti anche lui. Ogni anno vanno e vengono, sempre nuovi. Non fa in tempo ad arrivarne uno di ruolo, che l’anno successivo viene scalzato da un collega con più punti in graduatoria che chiede il trasferimento. Vedo anno dopo anno una lista di richiesta di trasferimenti qua e là e non ci capisco più niente. Ma non dovrebbero applicare la continuità didattica ? Boh. Colloqui? Si va solo per sentirci dire quello che intendono dirci e manca il tempo di replicare perchè ci sono a ridosso i colloqui degli altri, in un turn over pazzesco.
Quello che dovrebbe essere un team, è un guazzabuglio. La mano destra non sa cosa fa la sinistra. Il coordinatore di classe è spaesato e spesso non ha idea di cosa facciano i colleghi.
Io capisco che la scuola va a rotoli, ma siamo certi che sia solo colpa delle riforme e che molti non ci mettano niente di suo ?
Proprio tutti convinti di lavorare al meglio ?
Se a scuola ci fossero dei docenti DOC, sicuramente le cose andrebbero meglio per tutti.
Ma come in tutti i posti, pubblici e privati, ci sono eccellenze (e ne conosco diversi, che lavorano bene) e ci sono persone negate (e ne conosco moltissimi).
Se solo fossero disposti a scendere in mezzo a noi comuni mortali, otterrebbero certamente di più.
Mi sono chiesta più volte che tipo d’istruzione ricevono i nostri ragazzi, visto che i docenti sono sempre più alle prese con problemi logistici anzichè didattici, con docenti dei quali nessuno verifica la preparazione, con la corsa a concludere il programma anzichè affinare le proprie conoscenze….mah!?
Ogni persona ha dei talenti, lo scopo della scuola sarebbe quello di mettere in condizione di capire quali sono e di trovare il modo di svilupparli, talenti che messi al servizio della comunità possono migliorare la qualità della vita e migliorarci come popolo.
Leda
Sono convinto che tutti i bambini hanno enormi talenti. E noi li sprechiamo senza pietà. Quindi voglio parlare di educazione e voglio parlare di creatività. La creatività è tanto importante quanto l’alfabetizzazione e le dovremmo trattare alla pari.
Ken Robinson
«I bambini si buttano. Se non sanno qualcosa, ci provano. Non hanno paura di sbagliare.
Ora, non voglio dire che sbagliare è uguale a essere creativi. Ciò che sappiamo è che se non sei preparato a sbagliare, non ti verrà mai in mente qualcosa di originale. Se non sei preparato a sbagliare. E quando diventano adulti la maggior parte di loro ha perso quella capacità. Sono diventati terrorizzati di sbagliare.
E noi gestiamo le aziende in quel modo, stigmatizziamo gli errori. E abbiamo sistemi nazionali di istruzione dove gli errori sono la cosa più grave che puoi fare.
Il risultato è che stiamo educando le persone escludendole dalla loro capacità creativa.
Picasso una volta disse che tutti i bambini nascono artisti.
Il problema è rimanerlo anche da adulti»
«C’è una cosa che colpisce, quando ti trasferisci in America e se viaggi per il mondo: ogni sistema di istruzione ha la stessa gerarchia di materie. Ognuno, non importa dove vai. Credi che sia diverso ma non lo è. In cima ci sono le scienze matematiche e le lingue, poi le discipline umanistiche e in fondo l’arte. Ovunque nel mondo. E, più o meno, anche all’interno di ogni sistema. Esiste una gerarchia nelle arti. L’arte e la musica occupano una posizione più alta nelle scuole rispetto a recitazione e danza. Non esiste sistema educativo sul pianeta che insegni danza ai bambini ogni giorno, così come insegniamo la matematica. Perchè?
…in verità ciò che succede è che, quando i bambini crescono, noi iniziamo a educarli progressivamente dalla pancia in sù. E poi ci focalizziamo sulle loro teste. E leggermente verso una parte»
«Il nostro sistema educativo è basato sull’idea di abilità accademiche. E c’è una ragione. Tutto il sistema è stato inventato – in tutto il mondo non c’erano scuole pubbliche prima del XIX secolo – per venire incontro ai fabbisogni industriali. Quindi la gerarchia è fondata su due idee.
Numero uno: che le discipline più utili per il lavoro sono in cima.
E, punto secondo: è l’abilità accademica che oggi domina la nostra idea di intelligenza»
«Credo che la nostra unica speranza per il futuro sia di adottare una nuova concezione di ecologia umana, nella quale cominciare a ricostruire la nostra concezione della ricchezza e delle capacità umane. Il nostro sistema educativo ha sfruttato le nostre teste come noi abbiamo sfruttato la terra: per strapparle una particolare risorsa. E per il futuro non ci servirà. Dobbiamo ripensare i principi fondamentali sui quali educhiamo i nostri figli. C’è una magnifica citazione di Jonas Salk, disse:
“Se tutti gli insetti scomparissero dalla Terra, entro 50 anni tutta la vita sulla Terra finirebbe.
Se tutti gli esseri umani scomparissero dalla Terra, entro 50 anni tutte le forme di vita fiorirebbero”
Sir Kenneth Robinson, educatore e scrittore britannico, autore, conferenziere e consigliere internazionale sull’educazione per i governi e le istituzioni no-profit. È stato Direttore artistico nello Schools Project (1985–89), Professore di Educazione all’Arte nell’Università di Warwick (1989–2001); nel 2003 è stato insignito del titolo di Cavaliere per i servizi resi all’educazione.
Famoso per i suoi TED, Robinson ha fatto tre presentazioni sul ruolo della creatività in materia di istruzione. Nella presentazione del 2014 Robinson ha esposto come il ruolo delle scuole uccida la creatività degli studenti.
Nell’aprile 2013, ha tenuto una conferenza dal titolo “Come sfuggire alla valle della morte dell’istruzione”, in cui delinea tre principi fondamentali per la mente umana per prosperare (e in che modo la attuale cultura e formazione americana lavora contro le persone.
Nel 2010, la Royal Society per la Promozione delle Arti, Manufactures & Commerce ha animato uno dei discorsi di Robinson su come modificare i paradigmi educativi.
TED (Technology Entertainment Design) è una conferenza che si tiene ogni anno a Vancouver, Columbia Britannica e, recentemente, ogni due anni in altre città del mondo, la cui missione è riassunta nella formula “ideas worth spreading” (idee che val la pena diffondere). Le lezioni abbracciano una vasta gamma di argomenti che comprendono scienza, arte, politica, temi globali, architettura, musica e altro. I relatori stessi provengono da molte comunità e discipline diverse. (Wikipedia)
ITALIA… PER UNA “PEDAGOGIA” DEI VALORI
Che nel nostro Paese ci sia un deficit di cultura etica è ampiamente dimostrato dall’osservazione diretta dei fatti macroscopici di corruzione politica ed economica, che investono non solo l’élite al potere, ma anche la gente comune, soprattutto – e non solo – in riferimento a fenomeni come l’evasione fiscale diffusa e l’omertà mafiosa, fino a spingere qualche intellettuale all’amara constatazione che l’etica è morta: «l’etica che diventa una parola senza senso, un’anticaglia, uno scandalo… la corruzione si trasmette dai genitori ai figli» .
Altri studiosi hanno tentato di individuare le ragioni secolari del nostro malessere civile. «In questi ultimi anni abbiamo nuovamente dovuto, purtroppo, verificare la fragilità del nostro Stato… Quelle che sembravano le caratteristiche negative di una ristretta aristocrazia politica si sono andate rivelando caratteristiche generali di una società e di un popolo…
La secolare assenza di una comunità politico-istituzionale ha modellato tanto il nostro individualismo quanto la nostra rissosità guelfo-ghibellina. Si tratta di caratteri privati derivati da un deficit pubblico che non comincia affatto né nel 1943 né nel 1922 e nemmeno nel 1861, come politologi e storici spesso pensano».
Da qui la convinzione che «le radici dei nostri malanni civili e politici sono molto più antiche di quanto solitamente riteniamo. Naturalmente dicendo ciò non si assolvono affatto le nostre responsabilità recenti, ma se ne scavano le ragioni secolari».
Se è preoccupante il deterioramento della moralità pubblica e l’incertezza dei valori condivisi, non meno preoccupante è l’assuefazione delle nuove generazioni e la mancanza di indizi che annuncino un’inversione di tendenza e la manifestazione di una più matura coscienza civile, che veda protagonista la scuola pubblica nel proporre un’etica laica, cioè un’etica del finito, intesa come fedeltà alla terra e impegno a prendersi cura del mondo.
Come sostiene Umberto Eco, «la tolleranza non è innata. Alla tolleranza ci si educa a poco a poco, come ci si educa al controllo dei propri sfinteri. E purtroppo, se si riesce a controllare abbastanza in fretta il proprio corpo, la tolleranza invece rientra nell’ambito dell’educazione permanente» .
Educazione alla tolleranza dunque, ma anche all’uguaglianza, alla giustizia, alla solidarietà, alla responsabilità, ecc., a partire dall’acquisizione di un lessico della morale o “dizionario dei vizi e delle virtù” .
Che fare, dunque, per affrontare l’emergenza morale, per portare la moralità a livelli accettabili, se non alti? Per i politici vale sempre l’imperativo categorico di Kant «di fronte alla morale la politica deve piegare le ginocchia».
E per la gente comune? E per i giovani che frequentano la scuola? Per tutti è una questione di formazione e educazione, che chiama in causa i compiti e la responsabilità della scuola e degli insegnanti (e non solo).
Negli ultimi vent’anni nel mondo laico si è parlato solo di istruzione, quasi che l’educazione fosse una prerogativa dei preti e dei cattolici. Il risultato è che la scuola ha perso la funzione inderogabile di proporre un’educazione morale e sociale, aperta e pluralista; da qui la necessità di riscoprire una pedagogia dei valori, di cui ogni docente è portatore, nel bene e nel male.
di Giuseppe Deiana da: “La virtù dei cittadini”. Quale cultura etica per le nuove generazioni nella scuola pubblica – La rivista il Mulino, 1997
Esiste un unico problema:
ed è l’educazione di questo paese.
Qui non c’è più niente da riformare,
qui c’è da rifondare.
Completamente.
La sera, come tutte le sere, venne la sera. Non c’è niente da fare: quella è una cosa che non guarda in faccia a nessuno.
Succede e basta.
Non importa che razza di giorno arriva a spegnere.
Magari era stato un giorno eccezionale, ma non cambia nulla.
Arriva e lo spegne. Amen.
da “Castelli di rabbia” di Alessandro Baricco