Il Novecento e la famiglia Marzotto

Tutto comincia lontano nel tempo, nella seconda metà del Settecento quando con la Prima rivoluzione industriale iniziano a cambiare molte cose in Europa.
I Marzotto si occupano di molteplici attività mercantili, e il nipote Francesco unitosi in matrimonio con Maria Soster, figlia di un fabbricante di tessuti di lana, inizia a interessarsi al settore laniero.

PRIMA E SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Sarà in seguito il figlio Luigi ad accentrare le lavorazioni sparse nel territorio, svolte spesso a domicilio come si usava a quel tempo, e a dare origine nel 1836 a una piccola impresa tessile laniera nel borgo a fondovalle di Valdagno. L’espansione dell’azienda prosegue per altre tre generazioni.

La prima generazione:

Gaetano Marzotto, figlio di Luigi e di Angela Pedrazza, abbandona l’attività mercantile per dedicarsi unicamente al manifatturiero. L’azienda conta duecento operai, ottanta fra macchine e telai a mano per tessitura, quando con la Terza Guerra d’Indipendenza il Veneto redento, liberatosi degli austriaci, viene annesso all’Italia.

 

 

Gaetano Marzotto fu primo Sindaco di Valdagno e fu eletto deputato del Regno, costituì la Società di Mutuo Soccorso degli artigiani e operai di Valdagno (1866). In Europa molte sono le associazioni operaie nate dall’esigenza di migliorare le condizioni dei lavoratori.

ASSOCIAZIONI INTERNAZIONALI DEI LAVORATORI

Al pari della stragrande maggioranza degli industriali italiani, anche Gaetano Marzotto risentiva delle difficoltà di espandersi in confronto alla concorrenza d’Oltralpe che operava in un regime di libero scambio, e ne invocò il superamento.
Nel 1877 egli contribuì alla costituzione dell’Associazione dell’Industria Laniera Italiana di cui ne fu promotore Alessandro Rossi, altro pioniere dell’industria laniera in Italia, del Lanificio Rossi di Schio, il più importante stabilimento industriale del Paese.

 

Lanificio di Rossi – Schio

Nel 1879 Gaetano Marzotto si prodigò a promuovere la costituzione a Londra della società The Province of Vicenza Steam Tramway Company Limited per dotare il vicentino di un tramway a vapore; successivamente subentrò la Società Tramvie Vicentine che rinnovò ed elettrificò la linea, ridisegnando il percorso e favorendo il traffico di persone e di merci.

 

 

Da un commento del tempo: «Solidissime si presentano le attrezzature elettriche; tutti nuovi e di buon gusto ed in armonia col paesaggio, gli edifici delle stazioni; spaziose, eleganti e costruite secondo criteri modernissimi, le numerose vetture che potranno raggiungere velocità superiori ai 60 Km orari con servizio svolto da 8-10 coppie giornaliere di treni»
(Passo 8 Cineclub)

La Freccia dell’Agno, così affettuosamente soprannominata, ebbi modo di utilizzarla per un breve tratto del suo percorso nel periodo delle scuole superiori, alcuni vagoni con l’arredamento di legno lucido e i separè a me facevano pensare ai saloon dei cow-boy. Quando prendeva velocità ti sbatacchiava di qua e di là, se eri in piedi e non ti aggrappavi bene, allo stridere improvviso dei freni finivi con il sedere per terra, catapultato lungo il corridoio alla mercè dei compagni che ti prendevano allegramente per i fondelli.

Purtroppo venne definitivamente soppressa nel 1980. Le stazioni sono rimaste intatte, molto belle, dal tetto spiovente danno un tocco pittoresco al paesaggio. Alcune avevano un bar su un lato, come quella dove andavo con le mie compagne nei pomeriggi di scuola, ad aspettare per quasi due ore la coincidenza con il pullman (mica avevamo i genitori che venivano a prenderci a quel tempo, ti arrangiavi 😉 ) nel frattempo giocavamo a carte. D’inverno faceva sempre un bel caldino lì dentro, c’era una vecchia stufa a legna che veniva alimentata costantemente dalla coppia di anziani che gestiva il bar. Molto simpatici, il marito ci raccontava degli aneddoti del suo passato, a volte ci prendeva anche in giro sparandole troppo grosse, allora scoppiavamo a ridere tutti insieme, mentre la moglie col sorriso ci preparava una favolosa tazza di cioccolata calda fumante che spesso accompagnavamo con una fetta di Gubana, un dolce molto particolare tipico del Friuli, che loro ci avevano fatto conoscere. Quando presi la patente tornai in quel bar qualche sera, c’era sempre gente e sullo scaffale un paio di Gubane erano sempre esposte.

La seconda generazione:

La famiglia dei Marzotto vede Vittorio Emanuele, figlio di Gaetano e di Anna Tomba, appena ventenne, girovagare per l’Europa presso i centri lanieri più importanti, dove entra in contatto con i principali produttori di tessuti pettinati.
Apre un nuovo stabilimento e introduce la lavorazione del filato pettinato, mentre l’industria italiana è ferma al filato cardato.
Nella filatura cardata si utilizzano fibre corte ottenendo così un filato mediamente grosso, meno regolare, più gonfio e peloso, morbido e caldo (a destra nella foto).
La pettinatura invece si effettua su fibre di una certa lunghezza, quelle corte vengono rimosse, così da ottenere un filato estremamente morbido e resistente. Il filato pettinato risulta di alta qualità, con poca peluria, adatto alla realizzazione di tessuti pregiati di mano asciutta e liscia come ad esempio il gabardine (a sinistra nella foto).

Con l’innovazione si venne a creare una maggiore richiesta di energia, che fino ad allora era fornita prevalentemente da caldaie a vapore (sempre più costosa poichè utilizzava il carbone) e da turbine idrauliche.
È Alessandro Marzotto, il terzo figlio di Gaetano a risolvere la questione, mettendo a frutto i suoi studi di Ingegneria all’Università di Padova. Provvede così a integrare l’energia idraulica e a vapore con quella idroelettrica, modificando il percorso e le cadute d’acqua della roggia producendo la forza motrice necessaria. Un’ulteriore espansione dell’azienda richiede più centrali idroelettriche che vengono autorizzate lungo il corso del torrente Agno, si costituisce un’apposita società e tale strategia consente di affrontare e realizzare la grande crescita degli anni Venti e Trenta.

IL BIENNIO ROSSO E LA RIVOLUZIONE RUSSA

Anche Vittorio Emanuele divenne deputato del Regno d’Italia per quattro legislature. Morì in conseguenza a delle ferite ricevute in un agguato di cui era stato vittima nel 1921, da inquadrare forse nel pesante clima di scontro sindacale che caratterizzò il primo dopoguerra e che comportò l’occupazione anche dello stabilimento valdagnese.

LA TERZA INTERNAZIONALE

Si sta profilando una grave crisi economica che investirà i paesi industrializzati.

Nonostante la volontà espressa da Gaetano Marzotto affinchè la ditta rimanesse proprietà indivisa dopo la sua morte, ciò si dimostrò subito impraticabile per i contrasti sorti tra gli eredi che portarono, qualche anno dopo la sua morte, alla suddivisione degli impianti (1912).

IL NAZIONALSOCIALISMO DI HITLER

La terza generazione:

È alla terza generazione successiva al fondatore che si recupera l’unità aziendale, con Gaetano Marzotto Junior figlio unico di Vittorio Emanuele e di Maria Italia Garbin, che subentra dopo la morte del padre nel 1922. Una radicale riorganizzazione consentì alla Marzotto di completare la trasformazione industriale dell’azienda di famiglia, lanciandola a livello internazionale, mentre la crisi di Wall Street si abbatteva sull’economia mondiale.

LA GRANDE DEPRESSIONE E L’ITALIA FASCISTA

Gaetano Jr si prodigò in particolare a migliorare le condizioni di vita degli operai e della comunità, coadiuvato dalla moglie Margherita Lampertico, da cui ebbe otto figli (sei maschi e due femmine). Egli adottò con notevole anticipo le politiche del welfare avviate nei grandi paesi industrializzati, considerate indispensabili per compensare lo sforzo di adattamento che il singolo lavoratore deve compiere in un processo di modernizzazione produttiva, che nessuna manovra salariale può da sola remunerare. Le politiche del personale erano quindi più duttili e articolate, capaci di creare consenso e identificazione nel processo di cambiamento.
Ma egli andò ben oltre. Ancor oggi nel vicentino è vivo il ricordo di Gaetano Marzotto Jr, come di un industriale virtuoso che volle condividere i benefici e in qualche modo compensare la comunità valdagnese della crescente espansione della fabbrica. Tra il 1927 ed il 1937 rese concreta una sua visione di comunità, realizzando quella che fu chiamata Valdagno Nuova o “la città sociale” o “Città dell’armonia”, costruita sui progetti dell’architetto bassanese Francesco Bonfanti.

Valdagno Nuova fu un progetto singolare, nacque come città privata ma integrata con il territorio circostante, la cui viabilità fu resa pubblica. Inoltre fu costruito uno stadio, strutture ricreative e assistenziali, la scuola di musica, il Parco della Favorita fiore all’occhiello della città e un imponente Cinema-teatro. Il tutto condivisibile, perfettamente inserito nel territorio circostante, un laboratorio sociale che superò il conflittuale rapporto tra capitale e lavoro che contraddistinse quel periodo storico.

Da un commento di una ragazza di quel tempo, ora una signora novantenne:

«Certo che me lo ricordo el conte Gaetano Marzotto, ghe mancarìa altro! (ci mancherebbe) L’era un siòr par davéro, el guadagnava tanto ma el spartìa con la popolasiòn; éo el gavèa a cuore la so’ Valdagno, — ella racconta — el gà dà vita a la Valdagno Nuova al di là dell’Agno, la città sociale, così ‘i la ciamava (la chiamavano), con case operaie ma anche appartamenti, quartieri residesiali, ghe x’era la casa di riposo per gli anziani, l’asilo d’infansia, parfìn l’asilo nido e l’emporio aziendale… roba mai vista! E il Poliambulatorio, il Dopolavoro, un albergo per i forestieri, la colonia marina a Jesolo dove podèan andare anca i ragassi dei paesi vissini, miga el fasea differense lü. Quel ch’el ciapava el spartìa (Quello che egli prendeva spartiva).»

LA QUARTA INTERNAZIONALE

Nel secondo dopoguerra in Italia lentamente le cose cambiano con la riforma agraria che vuol superare il latifondismo e si vengono a formare le cooperative agricole. Si ritorna alla liberalizzazione degli scambi e il mercato interno si apre ai prodotti stranieri. Ma le merci italiane mancano di competitività nel commercio con l’estero.
Il settore tessile, che già negli anni 40 aveva dovuto affrontare l’insidia rappresentata dalle fibre artificiali, poi da quelle sintetiche e da nuovi stili di vita e di abbigliamento, entra in una crisi che sarà definita irreversibile, poichè ritornerà ciclicamente.

LA CORTINA DI FERRO E L’ONU

Gaetano Marzotto jr decide così di diversificare le proprie attività, puntando sul settore agro-alimentare.

 

Gaetano Jr destina così ingenti risorse finanziarie e dedica un costante impegno personale nella tenuta di Villanova-Portogruaro, rilevata dalla famiglia Stucky. Un vasto tratto di pianura compreso fra Fossalta e la Laguna Veneta, un latifondo che era stato bonificato ma mai valorizzato, dove mise in atto le sue idee per rispondere alla crescente domanda di beni alimentari, modernizzando l’agricoltura che con l’avvento dell’industrializzazione stava diventando un settore marginale dell’economia italiana.

In breve tempo Gaetano jr rivoluzionò il sistema tradizionale del podere con colture meno espansive ma più intensive, con l’ausilio di macchine che riducevano i tempi ma anche il numero di braccianti, che percepivano un salario sicuro. L’esubero di personale e quello reso libero dai cicli stagionali delle coltivazioni vennero assorbiti in attività collaterali come la stalla centralizzata per la produzione del latte, il magazzinaggio, la trasformazione agroalimentare come la produzione di vini, o integrate in diversi settori produttivi correlati (cotonificio, linificio, oleificio, zuccherificio) o nel settore vetrario (poi Industrie Zignago).
Con un occhio sempre attento alle condizioni di vita del personale impiegato nelle aziende, a Villanova realizzò una serie di strutture sul modello della città sociale di Valdagno.

Le Cantine di vinificazione di Santa Margherita, così denominate in onore della amatissima moglie scomparsa nel 1939, si caratterizzano ben presto per la produzione di vini di qualità, come il Pinot Grigio (1961) un’icona, capostipite di un’intera generazione di nuovi vini bianchi italiani molto apprezzati in tutto il mondo.
Ma anche di vini rossi come il Refosco, il Merlot e il Malbech e la freschezza del rosato Cuvée dal profumo fruttato gradevolmente secco.

Alle Cantine di Fossalta vennero affiancate via via altre cantine e altri vigneti, dislocati in altre zone per garantire la fedeltà alle caratteristiche del vitigno e alla tipicità del territorio: in Lombardia con la Franciacorta, spumante prodotto rigorosamente con il metodo classico della rifermentazione in bottiglia (quello utilizzato da 3 secoli in Champagne), in Toscana con il Chianti classico e in Maremma, in Sicilia, in Alto Adige dove vengono avviate ricerche in direzione della lotta integrata, nell’intento di ridurre al minimo l’uso di fitosanitari e incentivare il ripristino dell’ambiente. Si punta a minori produzioni con più alta qualità, combattendo gli sprechi, guardando alla biodiversità e alla tutela del paesaggio.

La Santa Margherita sin dagli anni 50 produce nel cuore della zona collinare di Conegliano Valdobbiadene (Treviso) un Prosecco Spumante con uve Glera applicando il metodo Charmat, che consiste in una seconda fermentazione controllata in grandi contenitori che consente di ottenere vini dalle caratteristiche note fruttate. Un metodo inventato e brevettato nel 1895 dal piemontese Federico Martinotti, direttore dell’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, poi adottato dal francese Eugène Charmat che intorno al 1910 per la rifermentazione costruì e brevettò le autoclavi, grandi contenitori di solito in acciaio pressurizzati.

Lo zuccherificio di Fossalta entrato in funzione nel 1948, utilizza le barbabietole coltivate in loco. Una volta ripulite e ridotte in sottili fettucce vengono fatte essicare impiegando il metodo De Vecchis per estrarre lo zucchero (saccarosio) o per produre foraggio pregiato.

Per approfondire: De Vecchis a Loreo: storia di un’innovazione mancata di Lorenzo Aldini pag. 8 del PDF

Dai residui della lavorazione delle barbabietole da zucchero vengono recuperati:
il melasso impiegato per la produzione di alcole, lievito o altri prodotti chimici, per i foraggi (recentemente viene utilizzato nell’industria delle fermentazioni e in applicazioni biotecnologiche);
la potassa, per preparare i sali potassici puri impiegati sia nell’industria vetraria, per produrre vetri più resistenti, sia nella lavorazione di ceramiche e smalti.
– Le polpe (fettucce esaurite) vengono utilizzate per estrarre il sugo greggio che contiene ancora una percentuale di zucchero e sostanze organiche e minerali (il cosiddetto “non zucchero”) da cui si ottiene un biogas, che oggi rientra nel quadro della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e rappresenta un’opportunità per riconvertire gli zuccherifici italiani dismessi.

L’INDUSTRIA SACCARIFERA ITALIANA

Gaetano Jr pensò bene anche per i figli degli operai. Se sarebbero stati in buona salute loro lo sarebbe stato anche il morale dei loro genitori, e provvide a fondare una colonia estiva.

Sorse nel 1949 a Marina di Jesolo come colonia estiva per i dipendenti dell’azienda. Immersa nella tranquillità di una splendida pineta disponeva di alloggi in grandi edifici, uno spazio-cucina per la preparazione di pasti per la prima infanzia, una fattoria per le forniture di latte e derrate fresche, una chiesa, due piscine e strutture ricreative. Questa colonia ha sempre goduto di buona fama e molte generazioni di bambini hanno potuto godere dei benefici dell’aria marina, consigliata da medici e pediatri per la sua ricchezza di iodio.
La struttura è stata migliorata e sempre utilizzata negli anni, a tutt’oggi è diventata un Villaggio al mare dove trascorrere una confortevole vacanza in famiglia.

Nel corso dello stesso anno Gaetano jr dà il via a un ambizioso progetto.

L’idea è quella di creare una catena di alberghi turistici (la Compagnia italiana dei Jolly Hotels), situati in buona parte nell’Italia Insulare e Meridionale, soprattutto nei piccoli centri d’arte. Ebbe il merito di valorizzare cittadine ricche di storia e cultura fino allora escluse dai circuito turistico internazionale, anticipando quella che sarà l’altra grande catena, i Motel Agip, avviata a metà degli anni cinquanta dall’ENI di Enrico Mattei.
Fu promotore anche di uno dei primi reparti in Italia di abiti confezionati maschili, scelta che nel tempo si dimostrerà strategica.

Nel 1950 Gaetano jr fonda il Premio Marzotto, un riconoscimento letterario che successivamente verrà allargato ad altre discipline, con l’auspicio di portare uno stimolo propulsore alla vita culturale italiana. Fu sospeso nel 1968.

Nel 1960 nasce la Fondazione Marzotto, ente morale che raccoglie in sè tutte quelle iniziative di solidarietà sociale volute fin dal 1935 dal Conte Gaetano Marzotto attraverso opere di beneficenza, assistenza socio-sanitaria, istruzione, formazione, servizi, attività di turismo sociale a favore dei bambini, degli anziani e delle famiglie.

 

 

Gaetano Marzotto Jr non rivestì mai incarichi pubblici pur attuando una politica concreta di prosperità collettiva che perdurò nel tempo fino ai giorni nostri. Egli riteneva che fosse il lavoro a tessere i destini dell’uomo, una filosofia sintetizzata nel motto ancora presente e ben visibile sulla facciata della sede storica di Fossalta:

Sua texit labor fata
(il lavoro tesse i destini)

Tra i numerosi riconoscimenti italiani ed esteri ricevuti per le sue doti di innovatore, a soli trentasei anni, in pieno periodo fascista (1930), gli fu conferito il titolo di Cavaliere del Lavoro e nel 1939 con Regio Decreto il titolo di conte di Valdagno Castelvecchio, trasmissibile agli eredi. Come il nonno, fu un appassionato collezionista di dipinti dell’Ottocento italiano.

PAESI COMUNISTI: CINA, COREA, ALBANIA

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