“Pomodori verdi fritti alla fermata del treno” è un film del 1991, diretto da Jon Avnet che narra dell’amore, dell’amicizia e della solidarietà di due giovani donne: l’indomabile Idgie (Mary Stuart Masterson) che tiene testa agli uomini e sa giocare a poker, e la dolce Ruth (Mary-Louise Parker) devota cristiana e remissiva di fronte alla prepotenza maschile.
Malgrado le iniziali resistenze di Idgie, le due diventano profondamente amiche, ognuna capace di dare qualcosa all’altra. Si troveranno a gestire insieme il Whistle Stop Café lungo la linea ferroviaria, e a dover fronteggiare bianchi incappucciati, uomini riottosi che non tollerano di adeguarsi.
Molti anni dopo Evelyn (Kathy Bates, Oscar per Misery non deve morire), una donna che si sente profondamente inadeguata, si troverà a passare per il paesino ormai abbandonato con la linea ferroviaria ormai in disuso, e per un caso fortuito incontrerà l’anziana Ninny (Jessica Tandy, Oscar per A spasso con Daisy) che le racconterà la storia di Idgie e Ruth, una storia così viva e vera che contribuirà a cambiare la vita di entrambe.
Il film è basato sul libro di Fannie Flagg “Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop”, best seller internazionale ambientato nel Sud degli Stati Uniti d’America durante gli anni Trenta, quando ancora la popolazione afroamericana era considerata sottomessa ai bianchi, dei quali però accudiva la casa e allevava i figli. L’autrice, nelle ultime pagine del libro ha pubblicato la ricetta dei pomodori verdi fritti.
Oggi sembra impossibile pensare alla nostra cucina senza la presenza del pomodoro, eppure c’è stato un tempo non così lontano, in cui era sconosciuto e quando finalmente ci è giunto dalle lontane Americhe ha incontrato grosse difficoltà prima di essere accettato.
Infatti per la sua appartenenza alla famiglia delle Solanacee, poco gradita ai diffidenti europei, e per la sua parentela con veleni come belladonna e tabacco, il pomodoro veniva considerato velenoso. Ci sono voluti diversi anni perchè il suo ingresso nelle nostre abitudini alimentari fosse ufficiale. Solo nel sec. XIX la sua lenta, ma progressiva infiltrazione si trasformò in un trionfo.
Il pomodoro cresce nelle zone calde e produce i suoi preziosi frutti da giugno a settembre, anche se con la coltivazione in serra è disponibile tutto l’anno, ma il sapore e il profumo caratteristici di questo ortaggio si hanno solo con l’aiuto del sole naturale e pertanto in estate.
Il pomodoro è un alimento ricco di vitamine e sviluppa pochissime calorie, una ‘manna’ anche dal punto di vista nutrizionale. Nella prima infanzia però è consigliabile inserirlo tardi nella dieta perchè può dare origine a intolleranze.
I tipi di pomodoro in commercio sono moltissimi, variano per grandezza, forma e peso, il loro colore può variare dal verde all’arancio dorato (di qui il termine pomo d’oro), al rosso vivo. Tuttavia in senso gastronomico i pomodori si dividono in due principali varietà:
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quelli da consumare crudi – devono essere sodi, con pelle resistente e non troppo maturi;
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quelli per salse e conserve – di forma allungata come la famosa varietà San Marzano del Meridione, hanno pochi semi e si raccolgono solo quando sono ben maturi. Costituiscono la materia prima per la grande industria conserviera.
Si possono preparare in casa:
– i ‘pelati’ seguendo il metodo tradizionale, vanno buttati per un momento nell’acqua bollente e poi subito in quella fredda. La buccia così si spacca, si solleva e si toglie;
– la conserva di pomodoro che si ottiene facendo cuocere, senza aggiunta di acqua, i pomodori spezzettati, conditi con sale e aromi (soprattutto basilico) e passando il tutto al passaverdure. Può essere la base per la salsa di pomodoro, condimento ideale per la pasta, o aggiunta ai vari tipi di piatti;
– il concentrato invece si ottiene dal passato di pomodoro portato più volte a ebollizione e si usa in aggiunta a salse e altri piatti per renderli più corposi. Generalmente viene diluito con brodo o acqua calda al momento dell’impiego;
– il succo si può preparare semplicemente passando i pomodori crudi al passaverdure, eliminando così semi e bucce. Naturale, con aggiunta di sale e limone, può diventare un piacevole aperitivo.
Rossi, lucenti, saporiti e soprattutto allegri, i pomodori portano tocchi di colore e sapore inconfondibili in ogni piatto, specie nella pizza. Sia a crudo che cotti si sposano perfettamente con qualsiasi ingrediente, non per niente si usa dire che il pomodoro in cucina è per gli italiani come la mamma, cioè intoccabile.
La pappa col pomodoro è la pietanza preferita dei ragazzi del collegio, dove il terribile Gian Burrasca viene spedito dal padre perchè ne combina di tutti i colori…
La pappa col pomodoro è un piatto “povero” della cucina toscana che è al centro di una delle più celebri pagine de “Il giornalino di Gian Burrasca”, il romanzo dello scrittore fiorentino Vamba pubblicato nel 1907 e apparso inizialmente a puntate sul “Giornalino della Domenica”.
L’origine contadina di questo primo piatto è testimoniata dai suoi ingredienti: pane casalingo toscano (non salato) raffermo, pomodori, spicchi d’aglio, basilico, olio di oliva extravergine toscano, sale e pepe.
Questo piatto venne conosciuto fuori dalla Toscana per la prima volta nel 1912 proprio grazie al libro.
Ambientato in Toscana (e in parte anche a Roma), il libro racconta le avventure e le disavventure di Gian Burrasca, soprannome che la famiglia Stoppani dà a Giannino, il figlio minore, unico maschio, a causa del suo comportamento molto irrequieto (più per esuberanza che per cattiveria).
Il soprannome del popolare personaggio d’inizio Novecento è divenuto proverbiale per indicare un ragazzino indisciplinato.
Il romanzo è scritto in forma di diario. QUEL diario che Gian Burrasca riceve in dono dalla madre al compimento dei nove anni!! “Il Giornalino” appunto, dove Giannino annota tutto ciò che gli capita, comprese le sue tremende marachelle per cui si mette continuamente nei pasticci.
Come quella volta che rinvenne nei cassetti delle tre sorelle alcune fotografie di conoscenti vari commentate in maniera ironica, che lo fecero tanto ridere, e gli venne la malaugurata idea di svelare l’ipocrisia delle sorelle consegnando ogni foto al rispettivo soggetto con il risultato che costoro disertarono, con varie scuse di circostanza, la festa da ballo in casa Stoppani. Una volta venuta a galla la vera ragione, Gian Burrasca finisce come al solito per essere punito severamente.
Vamba è lo pseudonimo di Luigi Bertelli (1858-1920), scrittore italiano, bibliofilo appassionato, fu giornalista ed educatore efficace. Scrisse testi in prosa e in poesia per l’infanzia, nonché sonetti in vernacolo fiorentino umoristici e assolutamente irriverenti. Nel 1895 egli pubblicò Ciondolino, storia con intenti didattici di un bambino che viene trasformato in formica.
Vamba, che è il nome del buffone di Cedric il Sassone nel romanzo Ivanhoe di Walter Scott, nel 1906 fondò il Giornalino della domenica, un settimanale per bambini in cui apparivano le firme dei più famosi scrittori del tempo (Giovanni Pascoli, Gabriele d’Annunzio, Grazia Deledda, Luigi Capuana, Ada Negri, Edmondo De Amicis, Emilio Salgari) e dei più raffinati illustratori (Umberto Brunelleschi e Filiberto Scarpelli). La rivista divenne celebre tra le famiglie borghesi e continuò ad essere regolarmente pubblicata fino al 1924.
Ma per problemi finanziari, nel 1925 vi confluì come inserto autonomo Giro Giro Tondo, fondato nel 1921 da Antonio Beltramelli in collaborazione con l’illustratore Bruno Angoletta con l’idea di farne una rivista di respiro internazionale, che potesse unire tutti i bambini d’Europa, ma che pur avendo avuto inizialmente molto successo, anche all’estero, non raggiunse le vendite sperate.
Questo innesto di risorse però, non bastò a salvare il Giornalino della domenica che venne chiuso nel 1927.
Liberamente ispirato al libro è lo sceneggiato televisivo dal titolo omonimo del 1964 diretto da Lina Wertmüller, dove nei panni di Gian burrasca è Rita Pavone, che canta la celebre canzone “Viva La Pappa Col Pomodoro” scritta da Lina Wertmüller e musicata da Nino Rota, che fa parte della colonna sonora.
Viva la pappa col pomodoro – Rita Pavone (1966)
A questo sciagurato e divertente personaggio già nel 1943 gli era stato dedicato il film “Gian Burrasca” diretto e interpretato da Sergio Tofano, con la partecipazione di Paolo Ferrari (che insieme a Tofano compare, entrambi con altre parti, anche nello sceneggiato del 1964) e di Mimmo Battaglia nella parte di Gian Burrasca.
Con lo stesso titolo Pier Francesco Pingitore nel 1982 dirige Alvaro Vitali nei panni di Gian Burrasca e nel 1992 “Il giornalino di Gian Burrasca” diventa un film d’animazione per la regia di Stelio Passacantando.
Infine Gian Burrasca è una miniserie televisiva del 2001, curata da Rita Pavone e diretta da Maurizio Pagnussat, con Duccio Cecchi (“Gian Burrasca”) e la partecipazione di Gerry Scotti, Katia Ricciarelli, Alessia Mancini, Ambra Angiolini ed altri. È Rita Pavone stessa a narrare la storia in prima persona.
Leda
«Il segreto è nella salsa»
«Mi sento meglio adesso. Mi sento meglio perchè
tutte quelle persone resteranno vive,
finchè tu le ricorderai.
Tu m’hai fatto ricordare,
qual’è la cosa più importante della nostra vita.
Lo sai, secondo me, qual’è?
Gli amici. Gli amici veri.»