L’Autunno di Vivaldi e una poesia

Non ricordo come e quando, ma con Le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi ci sono cresciuta, le conosco da sempre e le ho sempre portate con me, le ho fatte ascoltare spesso ai miei figli fin da piccolissimi e ai bambini al nido quando ci lavoravo, creano una particolare atmosfera di magica ispirazione tanto che i loro giochi si accompagnavano a una particolare calma e concentrazione. La mia preferita da sempre rimane la Primavera, sarà perchè ci sono nata in primavera, ma anche l’autunno m’ispira molto.

L’autunno è la primavera dell’inverno.

Henri de Toulouse-Lautrec

Spesso si associa l’autunno a un sentimento di tristezza, di malinconia, come la fine di un qualcosa, in realtà con sguardo più attento si coglie un prepararsi… un suo fascino, dai colori caldi della natura al profumo dei funghi e del sottobosco, l’uva e la vendemmia, le caldarroste…
In particolare nell’Autunno di Vivaldi, mi piace parecchio l’Allegro della terza parte che viene dopo l’Adagio. È prorompente, una danza vera e propria, quasi un corteggiamento all’inverno, mi piace assai…

Leda

L’autunno è un andante grazioso e malinconico
che prepara mirabilmente il solenne adagio dell’inverno.

George Sand, François le Champi, 1850

Antonio Vivaldi scrisse Le Quattro Stagioni, uno dei capolavori della musica barocca, all’incirca nel 1717 ispirandosi alla vita campestre del luogo, Mantova, in cui visse in quel periodo. È composto da quattro concerti per violino ed orchestra:
La primavera, L’estate, L’autunno e infine L’inverno. Caratteristica di questi concerti è che sono descrittivi, raccontano con la musica l’arrivo della primavera, il canto degli uccelli, il vento di bora, l’orrido vento e così via, questo per quanto riguarda i movimenti veloci. I movimenti lenti invece descrivono momenti languidi quali possono essere: il sonno del capraio, il volo dei mosconi e la pioggia…
Vivaldi, per accentuare la vocazione descrittiva dell’opera, scrive un sonetto per ogni concerto. È mirabile quanto la musica renda esattamente l’idea delle parole.
Una curiosità: ogni concerto ha un solista diverso, che richiede un certo virtuosismo da parte dell’esecutore.

Tratto da Music-on-tnt.com


ANTONIO LUCIO VIVALDI

Celebre violinista e compositore, figlio di un violinista della cappella ducale di San Marco, Antonio Lucio Vivaldi nacque a Venezia il 4 marzo 1678. Non si sa quasi nulla della sua infanzia: fu probabilmente allievo del padre, ma anche di Legrenzi (maestro di cappella in San Marco dal 1685 al 1690). Ricevuti gli ordini minori fra il 1693 e il 1696, nel 1703 è ordinato prete, e questo particolare, unito alla sua selvaggia capigliatura rossa (che campeggia anche in alcuni celebri ritratti, insieme al suo profilo deciso), gli valsero il soprannome di “Prete rosso”. Un appellativo temprato anche dal tipo di musica, estremamente vivace, contagiosa e altamente virtuosistica che Vivaldi ha sempre saputo scrivere.

Intanto, però, a dispetto del famoso pseudonimo, una malattia molto misteriosa, di cui si preoccuperà tutta la vita, gli impedisce di esercitare il suo ministero e dopo un anno o due rinuncia alla messa. Secondo le sue stesse parole, sarebbe stato colpito da una certa “strettezza di petto”, senza dubbio una forma di asma allora sconosciuta, analoga forse alla “strictura pectoris” dell’antica medicina. Dal 1703 al 1740 è maestro al Seminario musicale dell’Ospedale della Pietà, una delle quattro famose scuole di musica veneziane per ragazze orfane, bastarde o abbandonate.
Queste giovani cantavano e suonavano con ogni strumento; facevano della musica la loro occupazione principale, disponevano dei migliori maestri e le loro esecuzioni erano quindi celebri in tutta Europa (Rousseau nelle sue “Confessioni” vanta i meriti delle scuole veneziane in termini ditirambici). Vivaldi si assenta a più riprese da Venezia.
Visita numerose città italiane e straniere (soprattutto in Germania e Paesi Bassi), sia in qualità di violinista che di impresario delle proprie opere (reclutando i cantanti, dirigendo le prove, controllando gli incassi). Le sue opere strumentali erano allora celebri ovunque, soprattutto le ormai celeberrime “Quattro stagioni” e il fondamentale, superbo, “Estro armonico”.
Nel 1740 decide di lasciare Venezia e giunge a Vienna, dove muore il 28 luglio dell’anno successivo, povero e solitario, rovinato, si disse, dalla sua eccessiva prodigalità. Alla sua morte e anche due o tre anni prima, questo geniale musicista, celebre in tutta Europa, era caduto improvvisamente nell’oblio più completo, oblio prolungato più di un secolo e che ha rischiato di diventare definitivo.

LA SUA MUSICA

La musica di Vivaldi, oltre ad essere di una brillantezza senza pari e di un’invenzione melodica spesso squisita, è assai importante anche sul piano storico e dal punto di vista dell’evoluzione delle forme. Il grande veneziano ha infatti dato forma e perfezione definitive al concerto solistico (del quale l’op. 8 di Torelli illustrava già le strutture), confermando la divisione tripartita e rafforzando la contrapposizione del “tutti” e dei “soli”, e soprattutto introducendo nella parte dei solisti una intensa espressività, un lirismo personale conosciuta in quel tempo soltanto nell’aria d’opera. Questo individualismo dei solisti (se ne possono avere diversi senza che debba trattarsi di un concerto grosso) si afferma spesso in uno stile brillante che non è senza parentela con il bel canto dell’opera veneziana o napoletana del tempo.

D’altra parte le sue “sinfonie” e i suoi “concerti ripieni” gli conferiscono una posizione privilegiata alle origini della sinfonia classica. In tutte le musiche strumentali una imprevedibile fantasia, una euforica vitalità, danno al genio di Vivaldi il carattere universale che gli impedirà sempre di invecchiare. Grande peso e indubbia rivalutazione è data anche alle sue opere teatrali, in passato considerate convenzionali e finalmente viste nella loro giusta luce.
Questa attività, sovente considerata di secondo piano, fu invece l’occupazione principale del musicista. Il suo spirito imprenditoriale lo portò spesso ad essere impresario di se stesso.

Tra il 1718 e il 1720 i suoi impegni lo portarono a Mantova; qui conobbe la cantante Anna Giraud, interprete principale delle sue opere. Il “Prete rosso” non ammise mai una relazione che travalicasse l’amicizia e l’assistenza sanitaria che la Giraud gli avrebbe offerto assieme alla propria sorella Paolina. Tuttavia, questa amicizia, che durò a lungo, provocò nel 1737 un richiamo da parte del cardinale Ruffo, legato apostolico a Ferrara.

Tornando alle problematiche legate alla sua rivalutazione, la scoperta relativamente recente della sua musica sacra ha rivelato qualche autentico capolavoro anche in questo campo, come ad esempio lo splendido “Gloria”. Infine non bisogna dimenticare che Haendel, Leclair e soprattutto Bach gli devono in gran parte la loro iniziazione alle forme più perfette della musica strumentale. Bach, per citare l’esempio più famoso, ha trascritto ben nove concerti di Vivaldi (sei adattati al clavicembalo, uno per quattro clavicembali e due per organo), a testimonianza dell’ammirazione che il Kantor portava per il bizzarro e vulcanico veneziano.

Tratto da: biografieonline.it

Autunno

Stagione che nasce
tra il mormorare delle foglie
che fuggono in un viale stanco.

L’ordito delle mie illusioni
aggrappate alle foglie di un albero
che lentamente scuote la sua estate.

Poso i miei passi
sulle ombre dorate
di un sentiero,
incontro alla pioggia,
Che mi regali un fremito di pelle

E mi fermo
in un crudo silenzio
che attende parole

 


Waterfall- Enya (1988)

 

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