Il segreto del bosco vecchio – audiolibro

La natura e i suoi elementi convivono in armonia, custodita dai saggi del bosco, dove leggi non scritte, ma tramandate nei secoli, ne assicurano il rispetto e la sopravvivenza…


Il segreto del bosco vecchio
di Dino Buzzati
Genere: Narrativa
Voce narrante: Claudio Carini
Effetti audio: sì
Tipologia: Il Narratore – CD Audio oppure Download mp3 (versione integrale)

Il romanzo di Buzzati è una storia semplice e fantastica, scritta nel 1935; una sorta di inno all’infanzia, ricolma di metamorfosi, sortilegi, magiche coincidenze e metafora del rapporto paradossale che l’umanità adulta ha con la Natura.

Protagonista è il colonnello Sebastiano Procolo, che eredita dallo zio parte delle tenute della Valle di Fondo, il cosiddetto “Bosco Vecchio”, mentre il resto viene lasciato al nipote di Sebastiano, il dodicenne Benvenuto, che orfano vive in un collegio non lontano da Fondo. Ben presto l’avidità del colonnello lo spingerà a desiderare l’intero bosco per poterne sfruttare appieno le risorse abbattendone gli alberi.
I genii, custodi secolari degli alberi, si opporranno alle sue intenzioni e alla fine il colonnello, sconfitto e pentito, accetterà di piegarsi alla segreta sacralità del bosco e delle sue creature.

Claudio Carini interpreta magistralmente i numerosi caratteri presenti (i genii, il vento Matteo, la gazza guardiana, ecc.) e con una pacata narrazione ci trasporta nei recessi dell’anima magica del bosco. Il romanzo è diventato anche film (Ermanno Olmi, 1993) e lo stesso Claudio Carini è protagonista di una riduzione teatrale che rappresenta in tutta Italia con la sua compagnia Fontemaggiore di Perugia.

Commenti: Il romanzo di Buzzati è una storia surreale… magica e delicata come una favola, ma allo stesso tempo leggermente amara… uno dei grandi classici della letteratura italiana.

di Arséne_Lupin

L’ho trovato un bel racconto semplice e pacato, in cui è palpabile l’estraneità e la durezza del colonnello che esige rispetto, a cui le persone devono piegarsi, ma che poi, infondo, trovano sempre il modo di aggirarlo o raggirarlo, contenti che alla fine se ne vada via. Così come la guerra, organizzata artificiosa invenzione dell’uomo, la cui animosità lo porta lontano, uccide la sua vera essenza.
La vita del colonnello una volta in pensione, non a caso, si è svuotata di ogni significato, l’anaffettività che lo contraddistingue lo pone fuori luogo, è come un alieno in un mondo in cui la natura e i suoi elementi convivono in armonia, custodita dai saggi del bosco, dove leggi non scritte, ma tramandate nei secoli, ne assicurano il rispetto e la sopravvivenza. Il tentativo di dominarla porta solo sventura e solitudine, comprende che è solo entrando, (o meglio, restando a farne parte) che l’uomo dà o trova un senso alla propria vita.

Leda

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Breve biografia dell’autore: Dino Buzzati nasce il 16 ottobre 1906 a San Pellegrino, nei pressi di Belluno. Sin dalla giovinezza si manifestano in lui gli interessi, i temi e le passioni del futuro scrittore, ai quali resterà fedele per tutta la vita: la poesia, la musica (studia violino e pianoforte, e non bisogna dimenticare che in futuro scriverà anche alcuni libretti d’Opera), il disegno, e la montagna, vera compagna dell’infanzia, a cui è anche dedicato il suo primo romanzo, “Barnabo delle montagne”.
A soli quattordici anni rimane orfano dell’amato padre, il quale si spegne a causa di un tumore al pancreas. L’evento sconvolge così tanto il piccolo Buzzati che per molto tempo vivrà nell’ossessione di essere colpito dallo stesso male. Svolti i regolari studi, nei quali si dimostra bravo e diligente, ma nulla più, si reca nella caserma della sua città per svolgere il servizio militare: sei mesi di scuola allievo ufficiale, tre mesi da sottufficiale (sergente) e quattro mesi da sottotenente.
Scrittore in erba, fin dalla giovinezza tiene un diario dove si abitua ad annotare opinioni e avvenimenti. Dentro di lui, infatti, prende sempre più corpo il desiderio e il sogno di dedicarsi professionalmente a qualunque mestiere che prevedesse la scrittura. E’ assai attirato ad esempio dal giornalismo, ed ecco che nel luglio del 1928, ancor prima di concludere gli studi in legge, entra come praticante al “Corriere della Sera”. Dopo la laurea, invece, inizia la collaborazione al settimanale “Il popolo di Lombardia” mentre poco dopo esce il già citato “Barnabo delle montagne”, che ottiene un buon successo. La stessa sorte, purtroppo, non accade alla sua seconda prova narrativa, “Il segreto del Bosco Vecchio“, accolto con sostanziale indifferenza.

Nel gennaio del 1939 consegna il manoscritto del suo capolavoro, del suo libro più amato e conosciuto, quel “Il deserto dei Tartari” che diverrà un emblema della letteratura del Novecento. Il romanzo è la storia di un giovane militare, Giovanni Drogo, che inizia la propria carriera nella fortezza Bastiani, che sorge isolata ai confini di un immaginario regno e in un’epoca non precisata. Se inizialmente, per Drogo, quella fortezza è un luogo chiuso, inospitale e che non gli offre alcun futuro, col passare del tempo vi si abitua, fino a non volerla (e non poterla) più lasciare, sia a causa della perdita di contatti col resto del mondo, sia per la continua speranza che un giorno i Tartari, dal deserto, attacchino la fortezza.

E’ chiaro dunque che in tale romanzo è fondamentale l’allegoria che vi è sviluppata, sebbene non siano mai abbandonate la verosimiglianza delle situazioni e l’attenta descrizione di personaggi che diventano quasi dei tipi.
La vita di Drogo simboleggia la vita umana, che è incalzata dal passare del tempo e dalla solitudine, in un mondo, rappresentato dalla fortezza, fatto di leggi assurde e speranze inutili. Altro punto messo in rilievo da Buzzati è come gli uomini continuino ad ingannarsi: Drogo si ripete in continuazione che “l’importante è ancora da cominciare”, e continua ad alimentare le sue speranze sebbene nulla le suffraghi. Buzzati sembra dirci, con questo romanzo, che per l’uomo è meglio desiderare poco, che si sappia accontentare poichè il mondo, il gioco della vita, concedono poco e sono pronti a disilludere le più spericolate o nobili ambizioni.

Il primo lettore che ricevette il manoscritto fu l’amico Arturo Brambilla che, dopo un’entusiastica lettura, lo passò a Leo Longanesi, il quale stava preparando una nuova collezione per Rizzoli denominata il “Sofà delle Muse”. Su segnalazione di Indro Montanelli, questi ne accettò la pubblicazione; tuttavia in una lettera Longanesi prega l’autore di cambiare il titolo originario “La fortezza”, per evitare ogni allusione alla guerra ormai imminente.
In seguito Buzzati si imbarca a Napoli sulla nave Colombo e parte per Addis Abeba come cronista e fotoreporter, inviato speciale del “Corriere della Sera”. E’ il 1939 e la Seconda guerra mondiale è alle porte. L’anno successivo, infatti, parte dallo stesso porto come corrispondente di guerra sull’incrociatore Fiume. Partecipa così, seppure come testimone, alle battaglie di Capo Teulada e di Capo Matapan ed alla seconda battaglia della Sirte inviando i suoi articoli al giornale. Sarà sua anche la “Cronaca di ore memorabili” apparsa sulla prima pagina del “Corriere della Sera” il 25 aprile 1945, giorno della Liberazione.

Nel 1949 esce il volume di racconti “Paura alla Scala” e nel giugno dello stesso anno è inviato dal “Corriere della Sera” al seguito del Giro d’Italia. Nel 1950 l’editore Neri Pozza di Vicenza stampa la prima edizione degli 88 pezzi di “In quel preciso momento”, una raccolta di note, appunti, racconti brevi e divagazioni mentre, quattro anni dopo, esce il volume di racconti “Il crollo della Baliverna”, col quale vincerà, ex aequo con Cardarelli, il Premio Napoli.
Nel gennaio 1957 sostituisce temporaneamente Leonardo Borgese come critico d’arte del “Corriere”. Lavora anche per la “Domenica del Corriere”, occupandosi soprattutto dei titoli e delle didascalie. Compone alcune poesie, che entreranno a far parte del poemetto “Il capitano Pic”. Nel 1958 escono “Le storie dipinte”, presentate in occasione della personale di pittura dello scrittore inaugurata il 21 novembre alla Galleria Re Magi di Milano.

L’8 giugno del 1961 muore la madre e due anni dopo egli scriverà la cronaca interiore di quel funerale nell’elzeviro “I due autisti”. Seguono anni di viaggi come inviato del giornale. L’8 dicembre 1966 sposa Almerina Antoniazzi, la donna che, seppure alla lontana e in un’ottica romanzata, gli aveva ispirato il tormentato “Un amore”.
Nel 1970 gli viene assegnato il premio giornalistico “Mario Massai” per gli articoli pubblicati sul “Corriere della Sera” nell’estate 1969 a commento della discesa dell’uomo sulla Luna. Il 27 febbraio 1971 viene rappresentata a Trieste l’opera in un atto e tre quarti del maestro Mario Buganelli dal titolo “Fontana”, tratta dal racconto “Non aspettavamo altro”.
L’editore Garzanti pubblica, con l’aggiunta di didascalie, gli ex-voto dipinti da Buzzati “I miracoli di Val Morel” mentre, presso Mondadori esce il volume di racconti ed elzeviri “Le notti difficili”.

Intanto, prosegue in maniera intensa anche la sua attività di pittore ed illustratore, passione sempre sotterranea che non aveva mai abbandonato. Malgrado il suo sostanziale approccio dilettantistico, i suoi dipinti vengono comunque apprezzati dagli estimatori e gli vengono dedicate alcune esposizioni.
E’ invece il 1971 quando comincia ad avvertire i sintomi della malattia (un tumore al pancreas, esattamente come il padre) che lo porterà alla morte.
In ottobre espone alla Galleria Castello di Trento, in novembre alla Galleria Lo Spazio di Roma. Viene presentato il volume “Buzzati, pittore”, che contiene giudizi di critici, scrittori e giornalisti e Garzanti pubblica “I miracoli di Val Morel”, mentre Mondadori l’ultima raccolta di racconti ed elzeviri.
Una serie di incontri con Yves Panafieu durante l’estate e le registrazioni di quei colloqui sono alla base del libro-intervista “Dino Buzzati: un autoritratto”, che sarà pubblicato nel 1973 da Mondadori.
L’8 dicembre Buzzati entra in clinica e si spegne il 28 Gennaio del 1972.

Breve biografia della voce narrante: Claudio Carini (Macerata, 28 giugno 1954) è un attore, regista ed editore italiano.
Socio fondatore del Teatro stabile di innovazione “Fontemaggiore” di Perugia, inizia a recitare nel 1973. Tra le numerose prove come attore si ricorda, nel 1987, quella in La serva amorosa per la regia di Luca Ronconi, quella del 2001 in La sapienza di Rosvita per la regia di Roberto Biselli, a fianco di Glauco Onorato, quella in Le preziose ridicole di Molière. Nel 1983 ha diretto Baudelaire, con musiche di Vittorio Gelmetti. Inizia a lavorare nel campo degli audio e videolibri prestando la voce a numerose produzioni italiane e straniere, tra cui si ricorda l’edizione della Commedia di Dante. Nel 2004 diventa editore fondando la casa editrice Recitar Leggendo Audiolibri, con la quale produce lavori tratti dalla letteratura italiana e internazionale, recensiti, tra gli altri, da Liberal, Il Messaggero e sulla rivista online di Onofrio Pirrotta “The front page”. Nel 2008 dirige il film L’ultima città, un viaggio fantastico, con testi di Pessoa, Calderon de la Barca, Rimbaud, Shakespeare, all’interno di una stanza del carcere femminile di Perugia, con protagoniste dodici recluse, tra le quali, Amanda Knox; a causa di questa partecipazione, il film, prodotto dalla Regione Umbria, fu ritirato dal Batìk Film Festival e non fu mai proiettato.

 

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