«Tutto, praticamente tutto esiste per espandere ed elevare la presenza degli uomini».
Narcisismo puro! La fiera delle vanità.
«Cosa hai fatto? Che hai addosso?»
«Non discutere, segui l’onda piccola baby»
È così che un Ken vanesio tratta Barbie al suo ritorno, disorientata nell’aver trovato una Barbieland stravolta.
Nel film “Segui l’onda” del 2017 diretto da Rhiannon Bannenberg, il futuro di Cora, una giovanissima modella americana che vive a New York, è già deciso: l’ambiziosa madre ha puntato tutto sulla bellezza della figlia e sul mondo spietato dello spettacolo, decide tutto lei. Cora deve ‘solo’ essere all’altezza delle sue aspettative.
Ma un incidente di percorso fa crollare il meraviglioso quanto illusorio “castello di carte”… i Social media faranno il resto. Cora è in crisi, decide così di trasferirsi lontano, da zia Margot che abita in una cittadina costiera australiana dove c’è la vita vera e trova la libertà di essere se stessa.
Anche Mona e Karo hanno deciso di non seguire “L’onda”, nel film di Dennis Gansel del 2008 che si ispira a un fatto realmente accaduto descritto nel romanzo omonimo di Todd Strasser pubblicato nel 1981. L’Onda rappresenta la maggioranza che trascina il singolo:
«Era spaventoso con quanta facilità potessero riporre la loro fiducia nelle mani di qualcuno, e quanto facilmente lasciassero che qualcuno decidesse per loro».
«Avete barattato la vostra libertà per quella che chiamavate uguaglianza. Ma avete trasformato l’uguaglianza in superiorità, verso chi non aderiva a L’Onda. Avete accettato la volontà del gruppo al di là delle vostre convinzioni, per quanto male potesse fare».
È una frase tratta dal libro che dovrebbe aiutarci a riflettere su ciò che è accaduto nel corso della pandemia di COVID-19, attraverso quale dinamica dagli slogan “Andrà tutto bene!” “Ne usciremo migliori!”, dal fare il pane in casa, ai balli sulle terrazze, la musica sui tetti, da ‘tutti insieme appassionatamente’ si è passati a una vera psicosi di massa che ha lacerato il tessuto sociale, ha generato fratture famigliari, amicali, lavorative, tutt’ora irrisolte.
Eppure l’epidemia del colera del 1973 a Napoli ci doveva insegnare qualcosa… e prima ancora, l’epidemia di ‘influenza spagnola’ che nel corso della Prima guerra mondiale diventò una pandemia. (Cosa fu l’influenza spagnola spiegata bene – ilpost.it)
“Non tutto, delle cose che abbiamo di fronte, ci colpisce con uguale chiarezza”. (L’attenzione e gli stimoli subliminali. La percezione).
I Ken invece, vogliono ‘cavalcarla l’onda’ e cambiare la Costituzione. Ma Barbie protesta, hanno lavorato sodo e sognato molto per realizzare tutto ciò:
«Non potete disfarlo in un giorno!»
Ma “La grande Onda è già arrivata” dice il titolo di un articolo di Federico Armeni del 2011 sull’arroganza dei tempi che viviamo, incapaci di imparare dal nostro passato. L’onda che dovrà spazzare “l’incredibile cerchio di peccati, ingiustizie e ipocrisie che dominano questo Pianeta”.
In una società in cui non si investe nella scuola, nella cultura, nell’educazione e nella salute, è facile raccontare la storia dell’orso. È un caso che nel primo decennio del Duemila siano state ridotte le ore o si sia tentato di eliminare “Storia”, “Geografia”, “Diritto ed Economia” dalle materie scolastiche nelle scuole italiane?
«Le bugie funzionano quando c’è poca cultura, perché se non hai cultura, se non conosci la Storia, è chiaro che la bugia e la verità si confondono. È la cultura l’unico vero pericolo delle dittature. E come diceva giustamente Nietzsche: «Quando l’umanità diventa gregge, vuole l’animale capo».
Umberto Galimberti
«È più facile dominare chi non crede in niente, e questo è il modo più sicuro di conquistare il potere».
dal film “La storia infinita” (1984)
La scena iniziale del film Barbie è illuminante: l’ambiente è quello della savana africana dove un gruppo di bambine sta giocando prendendosi cura delle loro bambole, in sottofondo il poema sinfonico “Così parlò Zarathustra” che il compositore tedesco Richard Strauss scrisse nel 1896. (Zoroastrismo).
È l’alba di un nuovo giorno, davanti a loro compare una grande Barbie che ammiccante fa l’occhiolino. Le bambine cominciano a distruggere le loro bambole, le lanciano in aria.
Ambientazione e musica richiamano l’inizio del film “2001: Odissea nello spazio” prodotto e diretto da Stanley Kubrick nel 1968.
Un gruppo di ominidi si sta cibando di bacche e di pochi vegetali con i tapiri che gli girano attorno. Successivamente si contendono una piccola pozza d’acqua con un altro gruppo di scimmie rivali. Sono consapevoli che in un ambiente così arido e scarso di risorse possono diventare cibo per i predatori presenti nella zona.
È un nuovo giorno. È l’alba dell’uomo e davanti a loro compare un grande monolite nero che per istinto temono ma da cui sono attratti, la loro curiosità li porta a toccarlo. Un ominide mentre sta rovistando tra le ossa di un animale, si ferma… sembra pensare. Quindi prende in mano un osso e lo usa per distruggere lo scheletro, associando mentalmente osso-azione-tapiro (Il pensiero produttivo). Infine lancia l’osso in aria (Eureka!).
È l’alba di un nuovo giorno: l’ominide-capo si nutre della carne del tapiro, così come le altre scimmie del gruppo. Il passo successivo è breve: il capo si impossessa della poca acqua fruibile, si avvicina un suo simile per bere ma appartiene a un gruppo rivale, con l’osso lo aggredisce con violenza. Infine esulta in tutta la sua potenza.
Segue la scena di un’astronave che avanza nello spazio buio sulle note di “Sul bel Danubio blu”, uno dei più famosi valzer viennesi che Johann Strauss junior scrisse nel 1867.
È l’anno 2001 e sulla Luna è stato scoperto un misterioso monolite nero sepolto nel suolo lunare risalente a tre o quattro milioni di anni prima, e su cui si vuol mantenere il massimo riserbo. L’astronave Discovery è diretta su Giove con a bordo cinque uomini, tre di loro sono ibernati, e il computer HAL 9000 che si mostra come un grande occhio (l’occhio del Grande Fratello) con funzioni di responsabilità operativa della missione. “Il Grande Fratello ti guarda”.
Un gigantesco scimmione chiamato Kong è temuto e adorato da una tribù indigena che vive in un’isola remota e misteriosa. Si tratta del film “King Kong” del 1976 diretto da John Guillermin e prodotto da Dino De Laurentiis. Gli indigeni per tenerlo buono gli offrono in sacrificio una giovane donna (bionda) che hanno rapito mentre si trovava su una nave.
Lei è Down (Jessica Lange), l’unica superstite di un naufragio tratta in salvo mentre era su un gommone in mare, dall’equipaggio della nave di una compagnia petrolifera che si sta dirigendo proprio verso l’isola alla ricerca di presunti giacimenti di petrolio.
L’enorme scimmione che trova come offerta l’esile Down, dapprima la scruta minaccioso ma dopo una serie di qui pro quo decide di risparmiarla: è così bella e curiosa che la vuole tenere con sé.
(Guarda un po’… per abiti e aspetto somiglia proprio a una Barbie!). Gli uomini della nave sbarcano sull’isola costruiscono una trappola, catturano il gorilla gigante e la salvano, lo rinchiudono poi in un serbatoio della nave per trasportarlo fino in America.
Ed ecco che in una scintillante New York viene messo in scena uno spettacolo grottesco: King Kong è esibito come un fenomeno da baraccone. Ma viene sottovalutata la sua enorme potenza, come il profondo transfert che ha sviluppato nei confronti della donna, così King Kong si libera rompendo le catene come se fossero di polistirolo e distrugge la gabbia “garantita a prova di fuga”. Terrorizzando gli spettatori alla ricerca della ragazza, la trova sull’isola di Manhattan. Si dirige verso il World Trade Center dove decide di scalare le Torri Gemelle (Twin Towers) che, con al centro la luna, si ergono come due grandi monoliti. Gli ricordano tanto le montagne della sua isola…
Il corpo di King Kong giace esanime, abbandonato sulla sabbia ai piedi delle Twin Towers. La città di New York è grigia e desolata come a rappresentare il crollo di un epoca e l’inizio di un’altra, è una scena del film “Ciao maschio” (Bye Bye Monkey) del 1978 diretto da Marco Ferreri.
Luigi Nocello (Marcello Mastroianni) si avvicina al bestione e scopre una piccola scimmia orfana. È un uomo d’altri tempi, distinto, romantico, un po’ decadente, dalla lacrima facile, che come i suoi coetanei è vittima di tabù e soffre molto la solitudine. Quando è vicino a delle femmine è galante, regala fiori ed è piuttosto gagliardo nonostante l’età, è perennemente arrapato e si esibisce in gesti scurrili quando le sue goffe avances vengono rifiutate o ignorate. Si definisce un anarchico individualista e vorrebbe tornare in Italia, dove però sono tutti comunisti e lui possiede una casa e un giardino, e non ci tiene proprio a finire in una fattoria collettiva!
Luigi è allergico al pelo e prima che gli venga una crisi d’asma affida la scimmietta a LaFayette (Gérard Depardieu), un giovane uomo aitante giunto sul luogo con un gruppetto di anziani. Egli accoglie volentieri la scimmietta, le farà da fratello. Gli altri entusiasti la trattano come fosse un bambino.
È un tipo un po’ curioso LaFayette a volte comunica attraverso un fischietto, oltre a occuparsi degli anziani lavora come elettrotecnico e collaboratore di Andreas Flaxman, il direttore di un piccolo museo delle cere dedicato alla Roma imperiale. Quando questi vede LaFayette con la scimmietta in braccio, lo definisce ‘un barbaro’ perché non conosce i significati delle cose, e gli intima di liberarsene:
«Guardala bene, capisce tutto quello che stiamo dicendo! Fa solo finta di dormire − deve liberarsi di quel ‘quadrumane’ − perché se no la tua libertà sarà fottuta per sempre, ad vitam aeternam. Ecco. Ecco, osservala bene, ha già deciso che sei suo padre. Dammi retta Lafayette, liberatene prima che sia troppo tardi. Ascolta la voce della ragione, soffoca quello che dice il tuo cuore».
Lafayette ci prova ad abbandonarla, ma oramai la fase di attaccamento è avvenuta; la porta con sé nel seminterrato dove vive, in una zona periferica della città infestata da grossi topi e frequentata da uomini armati in tuta bianca e maschere antigas. La sua abitazione è una grande stanza piuttosto desolante, piena di roba vecchia, dove c’è un grande letto con una scritta sulla parete “WHY?!” (Perché?!) Sulla maglietta che indossa è stampata la scritta: “I survived the 77 blackout N.Y.C” (sopravvissuto al blackout del 77 a New York).
Blackout di New York – il 13 e 14 luglio 1977 a New York si verificò un’interruzione della fornitura di energia elettrica a causa di una serie di fulmini che danneggiarono le linee di trasmissione, e colpì quasi tutta la città. Durante il blackout ci fu il caos, molti negozi vennero saccheggiati, tanti incendi appiccati, con atti di vandalismo diffusi e migliaia di arresti. Vennero chiusi per ore gli aeroporti e le metropolitane, interrotte le trasmissioni televisive. Tale evento mise in luce quelle che erano le tensioni sociali ed economiche dell’epoca, evidenziando problemi come la povertà e la disuguaglianza razziale a cui si cercò di rimediare destinando investimenti alle infrastrutture, alla gestione dell’emergenza, e dei problemi sociali.
LaFayette è un giovane maschio piuttosto accidioso, anche un po’ sbruffone con le giovani attrici di un teatro, un collettivo femminista per cui fa il cuoco e l’uomo tuttofare. Sono donne disinibite e un giorno mentre discutono tra loro su un’idea per uno spettacolo: inscenare uno stupro, provano ad approfittarsi di lui e a violentarlo, ma si rendono conto che ciò non è possibile.
Poi simulando il ‘pancione’ con un cuscino, recitano la parte di un gruppo di donne incinte, e giocano ridendo di tutti quei pregiudizi e superstizioni che ancora oggi assillano le donne in gravidanza (Dalla parte delle bambine). Ridono, consapevoli del fatto che per natura hanno un grande potere che gli uomini da soli non hanno: generare la vita.
«Fiori! Fiori per queste giovani mammine!» Luigi è lì con un mazzo di fiori che cerca di accalappiarne qualcuna (toh! gli piace ‘la mora’). Non rinuncia a fare la paternale:
«Mie care ragazze tutto questo è successo perché: primo: voi non frequentate uomini come me, io sono un gentiluomo, uno che ci sta sempre attento; secondo: la mia generazione ha inventato la pillola. Perché voi non avete preso la pillola? La pillola libera la donna da questa arcaica schiavitù biologica».
E alcune di loro: «Noi ringraziamo la vostra generazione, ma adesso siamo stufe di imbottirci di pillole continuamente». «Un mondo migliore con la chimica!» [ironia] «Noi stiamo cercando di farci un’idea nostra su tutta questa faccenda. Se farli i figli, o no».
LaFayette con Luigi decide di adottare la scimmietta, i due insieme ad Angelica (una delle attrici innamorata di lui) vanno all’anagrafe e la registrano con il nome Cornelio La Fayette, maschio, nato il 25 dicembre 1977, a mezzanotte. L’impiegata chiede perché visto che è un maschio lo vestono da femmina, c’è il rischio che cresca complessato…
«Sa, è che mio marito desiderava tanto una bambina…» risponde in modo ironico Angelica.
Angelica propone a LaFayette di convivere, e lui accetta. Dopo qualche tempo accortasi di aspettare un figlio da lui, si decide a dirglielo, ma lui non le crede… si rifiuta… mette persino in dubbio che sia figlio suo! Ha paura.
Luigi che aveva molte aspettative nel futuro, ormai disilluso, sente che il tempo che gli rimane è poco e si sente terribilmente solo, in una realtà distopica: l’unico rifugio un piccolo orto, un nostalgico ricordo del suo passato. Alienato dalla sua inquietudine, finisce col litigare con Flaxman, custode di un passato che non c’è più:
«Tu sei il peggiore! Te ne stai chiuso qua dentro, cercando disperatamente di conservare qualche cosa che non è esistita mai. È tempo di distruggerla l’immagine dell’uomo!»
«Ma mio caro Luigi, tu non riuscirai mai a capire. Qualcuno deve pure occuparsene, qualcuno deve pensare a conservare, specialmente in questi momenti di decadenza e di rovina.
Fa attenzione Luigi, i barbari sono alle porte!»
Su un pianeta apparentemente sconosciuto atterrano alcuni astronauti partiti da Cape Kennedy (Florida) nel 1972 a bordo dell’astronave Icarus, che ibernati hanno viaggiato nello spazio quasi alla velocità della luce. Per loro sono passati circa sei mesi, mentre sulla Terra sono trascorsi circa 2.000 anni.
È “Il pianeta delle scimmie” un film del 1968 del regista Franklin J. Schaffner, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo scritto da Pierre Boulle, che si ispira alla Teoria della Relatività Ristretta di Albert Einstein.
È un concetto molto simile al Paradosso dei gemelli, un esperimento mentale che illustra la dilatazione del tempo: un gemello che viaggia nello spazio a velocità prossime a quella della luce invecchia meno del gemello rimasto sulla Terra.
«Se la teoria è esatta gli uomini che ci hanno spedito quassù sono morti e sepolti da un pezzo… Il tempo e lo spazio qui perdono di significato, l’individualità è annientata. Io mi sento solo… Però ditemi: l’uomo, quella meraviglia dell’universo, l’ineffabile paradosso che ha spedito me fra le stelle, fa ancora la guerra contro i suoi fratelli? Lascia morire di fame i figli del suo vicino?»…
Il pianeta misterioso è abitato da varie specie di ominidi evoluti: gorilla, oranghi e scimpanzé che sono esseri intelligenti che svolgono ruoli diversi, e da un gruppo di umani selvaggi, bestie su cui viene praticata la caccia sportiva e gli esperimenti scientifici. L’archeologo Cornelius è uno scimpanzé, che durante una spedizione nella “zona proibita” ha scoperto in una caverna tracce di una civiltà molto più antica e tecnologica: una dentiera, degli occhiali, una protesi cardiaca e… una bambola parlante! Tale scoperta lo ha portato a fare un’ipotesi arditissima: che la scimmia è l’evoluzione di una specie inferiore di primati, probabilmente l’uomo!
Da ciò si desume che l’Uomo evidentemente non ha saputo gestire il progresso senza autodistruggersi!
A New York, “la città che non dorme mai”, arriva Joe Buck (Jon Voight) che ha lasciato il Texas dove faceva il lavapiatti, alla ricerca di una vita più facile. È il protagonista del film “Un uomo da marciapiede” (Midnight Cowboy) del 1969 diretto da John Schlesinger. È certo di potersi mantenere facendo il gigolò, egli si definisce un “magnifico stallone”, ed è convinto che in città ci siano un sacco di belle donne, ricche e sessualmente insoddisfatte.
Ma si sa che cercare delle scorciatoie non porta a niente di buono, e infatti il ragazzotto vestito da cow-boy rimedia solo fregature, specie da Rico (Dustin Hoffman) un italo-americano zoppo e malaticcio con cui peraltro svilupperà una profonda amicizia.
Sono gli anni Sessanta e i giovani statunitensi si ribellano ai valori tradizionali, al sogno americano fondato sul benessere economico: avere una casa di proprietà, un lavoro stabile, un’automobile e una famiglia perfetta e felice.
Sono gli anni della rivoluzione giovanile del Sessantotto, della guerra in Vietnam, della vita on the road, della cultura Biker, del movimento Hippy e della musica Rock. Spontaneamente nascono grandi movimenti di massa che aprono la strada a grandi cambiamenti sociali.
Leda