Don Camillo e i giovani d’oggi

Un libro che ho letto in età adolescenziale e mi è piaciuto tantissimo; oltre a identificarmi con la realtà raccontata, mi ha dato molte emozioni, pure una vera e propria infatuazione per Veleno…

Don Camillo e i giovani d’oggi
di Giovanni Guareschi
Genere: Narrativa
Editore: Rizzoli – Edizione per la scuola, 1972

 

È l’ultimo dei romanzi della serie Mondo Piccolo di Giovannino Guareschi (1908-1968) pubblicato postumo nel 1969.

Peppone e Don Camillo hanno molti problemi.
Il primo deve sopportare i dottori Bognoni, che lo accusano di imborghesimento perché ha avviato una vendita di elettrodomestici al posto della sua officina, mentre il figlio capellone Michele, detto Veleno lo fa disperare per le sue “imprese” (fra cui far bere olio di fegato di merluzzo ai due coniugi Bognoni per ciò che hanno detto di suo padre);
al secondo viene chiesto di “raddrizzare” la nipotina Cat (diminutivo di Caterpillar), che è diventata una ragazzaccia, inoltre il Vescovo vuole che don Camillo si aggiorni seguendo le nuove direttive del Concilio Vaticano II, (la riforma della liturgia e il nuovo rito per la Messa che comprendeva l’abbandono parziale del latino) sotto la guida del giovane parroco Don Francesco, soprannominato dispregiativamente in paese Don Chichì. Ma Cat e Veleno, che all’inizio non si possono sopportare…

Guareschi non ha, certo, bisogno di presentazioni: il suo solo nome è garanzia di ironia e di humor, mentre i suoi romanzi, imperniati sulle simpatiche figure di don Camillo e di Peppone, gli irriducibili antagonisti di tante contese ideologiche, sono tra i pochi esempi del genere comico che la nostra letteratura contemporanea possa vantare.

Anche questa volta, l’autore non tradisce l’aspettativa di chi lo legge, presentando i due personaggi in un ambiente noto ma di fronte a situazioni nuove e impreviste. Gli orizzonti del piccolo mondo, dove Don Camillo e Peppone la facevano da protagonisti, e che rifletteva un tessuto sociale e politico familiare al pubblico di lettori italiani, vanno ampliandosi, e i due eroi si trovano, all’improvviso, calati in un contesto che non è più il loro e che li lascia sbalorditi e perplessi.
L’umorismo, che impronta quest’ultimo romanzo del Guareschi pubblicato postumo, è d’altro genere dal solito, è più sottile: non si ride più per quell’incalzare delle battute franche e immediate, di uno spirito salace e bonario nel contempo, con le quali i due protagonisti polemizzavano tra loro o andavano commentando certe situazioni.
La comicità, qui, ha origine diversa: nasce dai personaggi stessi, costretti ad affrontare una realtà che sfugge loro di mano, e che li sorprende impreparati a capirla. Così, la contestazione dei giovani, il loro rifiuto delle strutture sociali, il sovvertimento dei valori tradizionali, e l’assunzione di un proprio comportamento etico, li scandalizza, coinvolgendoli personalmente, l’uno zio di una nipote scatenata e iconoclasta, l’altro padre di un capellone contestatore.
È finito, ormai, il tempo in cui don Camillo e Peppone si trovavano di fronte in una sfida che li vedeva unici avversari e che si risolveva in un innocente scambio di dispettucci e di rivalse. Ora, il vecchio parroco è alle prese con una Chiesa progressista, aperta ai problemi politici e morali, che lo ammonisce, continuamente, per la sua rigidità anacronistica; nè più tranquillo è il sindaco Peppone, marxista di vecchio stampo più convinto che preparato ideologicamente, il quale si trova a dover fronteggiare la critica delle avanguardie filocinesi.
Irrigiditi in un loro sistema di vita, ma costretti, loro malgrado, a prendere coscienza di una situazione mutata, don Camillo e Peppone ora la rifiutano ed ora la travisano, giudicandola in base a valutazioni un tempo valide, ma oggi desuete.
Il susseguirsi dei colpi di scena alimenta la carica di umorismo con cui l’autore investe i due personaggi, colti, di volta in volta, in atteggiamenti che denotano un crescente stupore per quanto accade intorno a loro: ci appaiono ora goffi ora patetici, ma sempre estremamente umani e vivi.
La vicenda va complicandosi via via nello svolgimento dell’azione, in un paradossale susseguirsi di avvenimenti; ma, proprio quando la situazione sembrerebbe non avere sbocchi, ecco che la componente comica, tipica ed essenziale di tutta l’opera del Guareschi, interviene a dipanarla e a ridimensionare i problemi di don Camillo e di Peppone, entro i confini della realtà di tutti i giorni.

Dall’introduzione di laura Cicero

Commento: i personaggi di don Camillo e Peppone li conoscevo bene poichè avevo visto i film alla TV con cui mi son fatta anche un sacco di risate, ma a quei tempi capitava spesso di assistere a queste prese di posizione con scontri di opinione. Rispetto a quello che accade oggi, non c’era ambiguità o indifferenza: o appartenevi a una parte o appartenevi all’altra secondo il proprio credo.

Non mi aspettavo un libro che rispecchiasse così bene la realtà di un adolescente scritta da un uomo adulto. Ha usato un linguaggio che ha fatto breccia e ha offerto molti spunti di riflessione sulla società di allora e su ciò che stava accadendo, e la ribellione che caratterizzò quei tempi che non era ben compresa dagli adulti perchè destabilizzava ogni certezza.
Ripensando al clima di allora mi viene da dire che si era incominciato a volare, ma poi ci hanno tarpato le ali e ci ritroviamo ora con una società in crisi… ma c’è sempre tempo.

Essendo un libro di narrativa che ho utilizzato a scuola, nelle ultime pagine nell’appendice didattica ci sono una serie di quesiti e ricerche molto interessanti e quanto mai attuali attraverso le quali stimolare noi studenti a riflettere sul sè, sugli altri,  sulla vita e sulla società che era in discussione, uno stimolo per imparare a formulare un’opinione del tutto personale.

Leda

Ecco alcune introduzioni ai capitoli:

Novità grosse nel paese di don Camillo: i capelloni sono arrivati anche laggiù e uno di essi crea grossi guai a Peppone – Come se ciò non bastasse, arrivano anche i “cinesi” a rendere dura la vita al compagno sindaco.

Al posto del cuore non aveva un disco beat

In compenso, al posto del cervello, Cat aveva una polveriera e i suoi pensieri erano scoppi: se ne accorsero in parecchi ma, grazie a Dio, c’è un Dio anche per i tipi così e quella che pareva una tragedia finì serenamente con una scarica di sberle.

Non sempre il diavolo ha le corna e la coda

Il diavolo non è brutto come lo si dipinge: alle volte è bellissimo ma, allora, è ancora più demoniaco del diavolo brutto. Per questo Cat non poteva uccidersi, come Cleopatra, facendosi mordere dal serpente, perchè sarebbe morto il serpente.

Il progresso bussa anche alla porta di don Camillo e chiede via libera, ma il vecchio prete è convinto che la religione di Cristo non può essere nè comoda nè divertente e che il demonio non lascia più puzza di zolfo ma puzza di benzina.

Nessuno sa cosa ci sia nella testa dei giovani: la loro vita è una continua protesta che assume, talvolta, toni drammatici arrivando addirittura a ridurre un capellone ribelle alla mercè di una ragazza.

Una indagine sul comportamento dei giovani d’oggi è impossibile: il loro cinismo, la loro disinvoltura spesso sacrilega fanno dei giovani una generazione spietata e imprevedibile. Non esistono ostacoli che possano arrestare i giovani: forse neppure la morte.

È di moda il ruggito della pecora

Nuovissima ipocrisia: mentre un tempo il cattivo si studiava di sembrare buono, oggi il buono spesso si arrabatta per dare l’idea di non esserlo.
E – pecora – ulula come un lupo, mentre i lupi veri – i quali, però, sono travestiti da pecorelle – belano.

Don Camillo, stavolta, non ha guai come parroco, ma li ha come datore di lavoro: ciò accade perchè una cosa sono i “diritti”, tutt’altra cosa sono i “dritti” e ciò complica la vita a molta gente. Ma è questione di pochi secoli, poi tutto andrà a posto.

epilogo

Così finisce anche questa filastrocca il cui unico scopo era quello di dimostrare che il mondo cambia, ma gli uomini rimangono come Dio li ha creati perchè Dio non ha fatto alcuna riforma e le sue leggi sono perfette, eterne ed immutabili.

Don Camillo e i giovani d’oggi: il film

Don Camillo e i giovani d’oggi, titolo originale Don Camillo et les contestataires, doveva essere il sesto capitolo della serie cinematografica di Don Camillo con Fernandel e Gino Cervi, ispirato all’omonimo libro. Risultò incompiuto a causa della morte di Fernandel, che ricopriva il ruolo di don Camillo, nel 1971.

Le riprese del nuovo film per la regia di Christian Jaque cominciarono nel 1970 a Brescello in provincia di reggio Emilia, nel pieno della bassa reggiana, sotto un sole cocente, tra umidità e zanzare. Fernandel ebbe più volte dei mancamenti, degli eccessi di stanchezza e delle difficoltà respiratorie. In agosto, all’improvviso durante una scena  girata sul sagrato della chiesa in cui Fernandel avrebbe dovuto portare l’attrice Graziella Granata fra le sue braccia, l’attore non riuscì nemmeno a sollevarla, incespicò e cadde a terra.
Consultato uno specialista di Parma, gli venne diagnosticato un tumore ai polmoni. Il regista cercando parole di conforto si rivolse così a Fernandel: «On reprendra le tournage dès que tu seras rétabli. Rentre à Marseille.» («Riprenderemo le riprese quando sarai ristabilito. Ritorna a Marsiglia»).

Ad agosto la produzione sospese le riprese. La soluzione più semplice sarebbe stata rigirare le scene in cui compariva don Camillo con un altro attore e completare così il film salvando buona parte del girato. Ma la produzione trovò contrari Jaque e Cervi che non intendevano continuare senza Fernandel, il quale morì il 26 febbraio 1971.

La produzione aveva già deciso di affidare i ruoli di protagonisti ad altri e di rifare da capo il film con un altro regista.

Il film Don Camillo e i giovani d’oggi, tratto dal libro omonimo di Giovannino Guareschi, uscì nel 1972 per la regia di Mario Camerini, con Gastone Moschin nella parte di don Camillo e Lionel Stander in quella di Peppone e gli esterni realizzati a San Secondo Parmense, in provincia di Parma.
Tuttavia il film non ottenne il medesimo successo dei precedenti.

Un altro film italiano del 1983 è Don Camillo diretto e interpretato da Terence Hill nel ruolo di don Camillo. È il remake del film del 1952, la prima delle cinque pellicole (più il film incompiuto) in cui cambia l’ambientazione, dall’originaria Brescello nella bassa reggiana, a Pomponesco, nel basso mantovano, e cambia il periodo, trasportato all’epoca contemporanea delle riprese, gli anni Ottanta. Assistiamo così a un don Camillo con la moto, che pattina in chiesa e che, toltosi l’abito talare, gioca a pallone in blue-jeans.

I cimeli dei cinque film girati a Brescello, sono custoditi nel Museo di Don Camillo e Peppone, che si trova nel paese. Museo inaugurato nel 1989 dove sono esposte le locandine e gli abiti scenici originali dei film, gli oggetti usati per le riprese: la moto, le biciclette, l’Ufficio di Peppone.
Il crocifisso con cui conversava Don Camillo è custodito e visibile nella parrocchia di Brescello. Viene utilizzato ancora oggi una volta all’anno per la benedizione solenne del fiume Po. Brescello nel 1951 subì la pesante alluvione del Po che, in seguito, distrusse il Polesine.

Riguardo al film incompiuto del 1970, a distanza di decenni vi sono voci contrastanti: mentre alcune fonti dicono che sarebbero state girate poche scene, altre affermano che mancavano poche riprese alla fine del film che, in qualche modo, avrebbe potuto essere completato o distribuito almeno per far contenti i numerosissimi fan della serie. Il regista Gigi Oliviero afferma che alla morte di Fernandel più della metà del film era stato girato e che mancava poco per finirlo.

…se uno dei due s’attarda, l’altro l’aspetta

per continuare assieme il lungo viaggio

 

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