Il secondo libro della serie dedicata all’avvocato Guerrieri in versione audiolibro ad ascoltarlo attentamente ti rapisce, ti porta a immedesimarti, a comprendere quanto sia difficile per noi donne nella nostra vita, uscirne illese.
Erano già parecchi mesi che non fumavo.
Tornavo dalla procura della Repubblica dove avevo esaminato gli atti di un procedimento in cui dovevo costituirmi parte civile. E avevo una maledetta voglia di entrare in una tabaccheria, comprare un pacchetto di sigarette forti e aspre – emmeesse gialle, magari – e fumarmele fino a spaccarmi i polmoni.
Ad occhi chiusi
di Gianrico Carofiglio
Genere: Giallo
Voci narranti: Gianrico Carofiglio e Giusy Frallonardo
Tipologia: Emons 2008 – 5 CD Audio
L’avvocato Guido Guerrieri questa volta si trova ad affrontare un caso di pedofilia. All’uscita della scuola un individuo cosiddetto “insospettabile”, senza remore, è stato visto adescare una bambina. E poi, è risultato non fosse la prima volta.
I poliziotti avevano fatto bene il loro lavoro, avevano identificato il maniaco, e lo avevano fotografato di nascosto. Davanti all’ufficio comunale dove lavorava come un impiegato modello. [..] Quando erano andati ad arrestarlo i poliziotti avevano trovato una collezione di foto. Da incubo.
Le foto che avevo visto quella mattina nel fascicolo.
Avevo voglia di spaccare la faccia a qualcuno.
In quanto avvocato, nel trattare con clienti che in genere sono ladri, truffatori, rapinatori, bancarottieri, anche qualche spacciatore, l’avvocato Guerrieri spesso viene a trovarsi sulla linea di confine tra il lecito e l’illecito (come la provenienza dei soldi con cui viene pagato), tra ciò che gli dice la sua coscienza e ciò a cui è obbligato dal suo ruolo, oscillando tra ciò che conviene a lui come avvocato e ciò che conviene agli altri, che comunque sono delinquenti.
Di regola i sostituti procuratori generali – ed anche i giudici della corte d’appello – gradiscono i patteggiamenti. Si fa tutto molto in fretta, l’udienza finisce a metà mattinata e ognuno può andarsene in santa pace a casa, o dove gli pare.
Per la verità anche gli avvocati gradiscono i patteggiamenti in corte d’appello. Si fa tutto molto in fretta e ognuno può andarsene in santa pace in studio, o dove gli pare. Questo però non glielo dissi a Pinuccio.
Ma avere a che fare con uno stupratore di bambini è tutta un’altra faccenda. Per Guerrieri il provvedimento che mette agli arresti domiciliari il pedofilo, tecnicamente può avere un senso, umanamente no.
Come il caso di violenza e di stalking che gli viene proposto dall’ispettore Tancredi della Squadra Mobile. Un caso difficile dai risvolti complicati. A far da tramite con la vittima è suor Claudia, direttrice di Safe Shelter, una comunità con sede segreta che accoglie donne vittime di tratta, sottratte agli aguzzini, donne maltrattate da mariti violenti, costrette ad andare via di casa, ex prostitute, collaboratrici di giustizia.
Il caso riguarda Martina, una ragazza che in passato ha sofferto di depressione e di una forma particolarmente severa di anoressia nervosa. «…era guarita. Nei limiti in cui si guarisce, da questo tipo di problema». Pensava di aver trovato il principe azzurro, l’uomo perfetto. Una storia che l’avvocato Guerrieri aveva già sentito altre volte, non solo per ragioni di lavoro.
«Dopo qualche mese di convivenza lui cambia. All’inizio non è più così gentile; poi comincia a diventare violento, prima solo verbalmente, dopo anche fisicamente. In breve la convivenza diventa un inferno. Ci sono?»
Più o meno. Secondo suor Claudia quel “principe azzurro” non era cambiato dopo l’inizio della convivenza.
«Era così anche prima, ha solo smesso di recitare perché pensava non fosse più necessario. Ormai lei era sua proprietà. Ha cominciato a offenderla, poi a picchiarla, poi a farle cose che, se vorrà, potrà raccontare lei stessa. Poi ad appostarsi vicino al suo posto di lavoro, convinto che lei avesse un amante. Per sorprenderla. Naturalmente non l’ha mai sorpresa, perché non c’era niente da scoprire. Ma questo non lo ha calmato, lo ha fatto diventare più cattivo. Quando una sera lei ha detto che non ce la faceva più e che se quella storia non finiva lei se ne sarebbe andata, lui l’ha massacrata».
Per Martina, rifugiatasi a casa della madre, da quel momento inizia una persecuzione: pedinamenti, telefonate ovunque e a tutte le ore del giorno, atti violenti, dispetti cattivi. «Non esce più. Vive rinchiusa in casa, come se fosse un carcere. Lui invece può girare indisturbato».
Due avvocati già avevano rifiutato il caso, adducendo scuse banali, così Tancredi aveva pensato a lui, all’impavido avvocato Guerrieri. E quando viene fatto il nome di quel “signore”, si spiega tutto.
È destinato a farsi molti nemici l’avvocato Guerrieri, ma può tirarsi indietro?
Commento: se in Testimone inconsapevole si tratta un caso in cui Ciccio, un bambino di nove anni, viene trovato morto e si scatena una caccia all’uomo per trovare UN colpevole che cheti l’opinione pubblica, questa volta non ci sono dubbi: chi commette il reato è certo. Incerto invece è il provvedimento a cui verrà sottoposto.
Un pedofilo scoperto in flagrante e una bambina che subisce un abuso: gli vengono concessi gli arresti domiciliari.
Uno stalker denunciato e la vittima costretta a vivere da reclusa: rigettata la richiesta d’arresto è libero di circolare.
Curioso, che siano sempre e solo le donne a dover pagare.
C’è come una sorta di tacita, “accettazione condivisa” degli istinti più beceri dell’uomo. Nel mondo animale il più forte uccide il più debole, per nutrirsi e sfamare i piccoli. L’uomo, che è sì un animale ma è dotato del pensiero razionale, si è costruito intorno un ambiente organizzato con delle regole, che lo preserva dai pericoli e gli consente di sopravvivere. Ma questo probabilmente non basta, sembra riemergere questo “bisogno” di sopraffare l’altro: il più indifeso.
E il rigore, con cui viene giudicato il caso di Nadia che con altre due donne è indagata per sfruttamento della prostituzione, avendo messo in contatto via telefono e internet la domanda (clienti) con l’offerta (ragazze). Le tre donne vengono trattate come una “pericolosa organizzazione” e viene disposta la custodia cautelare nella forma più severa, vale a dire quella carceraria.
E la clemenza, invece, nei confronti di chi gestisce il quotidiano giro di prostituzione delle ragazze dell’est, più o meno vestite a seconda della stagione. Le macchine dei loro clienti che arrivavano in continuazione, fino a notte inoltrata. Ogni tanto arrivavano anche la polizia o i carabinieri, facevano una retata di clienti e di ragazze, qualcuna la rimpatriavano e per qualche giorno il traffico cessava. Poi, nel giro di una settimana, era tutto come prima.
E che dire degli avvocati difensori, che per primi dovrebbero rispettare la legge, ma che da Nadia hanno preteso – come dire – un’integrazione della parcella, direttamente in studio, chiudendo a chiave la porta…
Due metri e due misure, la doppia morale.
Un’altra cosa a cui ho pensato ascoltando questo racconto, è alla fiducia. Quando si è in buona fede si è portati a credere che anche gli altri lo siano. Così per la bambina, che si è fidata dell’uomo che fuori dalla scuola si è approcciato a lei, ma per scopi illeciti; così per Alessandra Mantovani, il sostituto procuratore che ha dato corso alle indagini per il caso di Martina, si è fidata dell’uomo che credeva l’amore della sua vita. Con fiducia ha lasciato una vita agiata, perché credeva nell’amore che provava.
Anche le donne molto intelligenti fanno cose molto stupide, il tizio non era l’amore della sua vita, ma un banale ometto come tanti. E come tanti, dopo qualche mese l’aveva banalmente lasciata. Così era rimasta sola, in una città che non conosceva, senza amici, senza nessun altro posto dove andare. E senza lamentarsi.
Anche Martina si è fidata, ma quando è caduta la maschera si è trovata di fronte un estraneo. Anche suor Claudia si è fidata, poi ha deciso di dedicare la sua vita alle donne in pericolo.
«A volte sono aggressiva. Senza ragione. È che ho difficoltà a fidarmi delle persone. Anche di quelle che stanno dalla parte giusta. È un problema mio».
Questo genere di uomo pare trovare sempre giustificazioni – e, peggio ancora, a trovarle negli altri – per rendere accettabile quello che in cuor suo sa benissimo non essere giusto, ma per convenienza vi cede e lo asseconda. Arriva persino ad “arrampicarsi sui muri”… L’avvocato aveva scritto che:
«Le dichiarazioni della bambina sono palesemente inattendibili, frutto di fantasie morbose tipiche di taluni soggetti in età prepuberale».
Ma figuriamoci!! Non c’è niente di più vile che trasferire sui bambini il pensiero bacato degli adulti!
Credo sia molto complicato vivere ogni giorno con tutto questo, con la vita complicata degli altri. Perché se da un lato può ingurgitarti se vissuta troppo da vicino, dall’altro può portarti a spegnere il tuo “lato sensibile” arrivando perfino a diventare cinico. Occorre invece avere una buona dose di empatia. Quella che sembra guidare Guido dopo il brusco risveglio in seguito alla separazione da Sara.
La sua vita lentamente sta cambiando… e il tempo sta sfuggendo, lo realizza il giorno in cui (come prima o poi capita a tutti) si vede allo specchio:
…erano proprio due leggerissimi rigonfiamenti, fra gli occhi e gli zigomi.
Le borse sotto gli occhi, pensai testualmente. Oh cazzo.
Esitando un poco, sempre davanti allo specchio, avvicinai l’indice della mano destra ad una di quelle… cose. C’era. Lo diceva anche il tatto, oltre la vista.
Provai a tirare verso il basso, con il dito, quella pelle che non mi sembrava la mia. Non era elastica; aveva la consistenza rilassata di un tessuto un po’ usurato. Almeno così pensai in quel momento.
Allora cominciai a studiare la mia faccia allo specchio, molto da vicino. Mi accorsi che avevo delle rughe, agli angoli della bocca, vicino agli occhi e soprattutto sulla fronte. Lunghe e profonde come trincee. Quando erano venute fuori, che non me ne ero mai accorto?
Succede, quando sei distratto e non presti più attenzione a ciò che ti capita, dentro e intorno a te. Il percorso che ha preso Guido è difficile, ma lo sta aiutando a comprendere le proprie emozioni, ad affrontare le proprie paure, ad esprimere i propri sentimenti e a dare un senso alla propria vita, a capire che cosa si è lasciato alle spalle e a che cosa ha rinunciato. Come quando incontra Emilio.
Nel periodo mitico della mia vita, a cavallo fra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta, Emilio era stato uno dei miei pochissimi veri amici. Poi era scomparso; e in un certo senso, anch’io ero scomparso…
Provai uno stranissimo, doloroso misto di contentezza, rabbia e malinconia. Mi ero reso conto, a un tratto, di una verità che avevo tenuto accuratamente nascosta a me stesso: da tempo non avevo più un solo amico. Forse questo è normale, quando arrivi dalle parti dei quaranta. Tutti hanno i cazzi loro; famiglie, bambini, separazioni, carriere, amanti; e l’amicizia è un lusso che non si possono permettere. Forse l’amicizia vera è un lusso di quando hai vent’anni. O forse dico solo cazzate. Certo è che in quel momento mi resi conto, dolorosamente, del fatto che non avevo più amici.
Noi eravamo quattro amici e andavamo a mangiarci le pizze con le mani, sul muretto del fossato. La pizza migliore di Bari, dicevamo scottandoci lingua e palato, cercando di evitare che la mozzarella incandescente ci finisse sugli abiti. Non lo so se era davvero la pizza migliore di Bari. Forse era solo una pizza normale, come tante altre; ma noi ci sentivamo molto bohémien a sconfinare di sera nella città vecchia, che allora era un posto proibito e pericoloso.
Nei momenti più bui, quando ti stai perdendo, i ricordi sono importanti. È fondamentale costruirsi per tempo dei buoni ricordi e, nel possibile, non avere dei rimpianti.
Mi sedetti sul muretto senza sapere perché ero andato lì. Senza sapere perché me ne ero andato in giro. Senza sapere niente. Guardando nel vuoto, senza nemmeno riuscire a mettere a fuoco un ricordo preciso. Un discorso, una voce, qualcosa percepita dai sensi in qualche momento del passato remoto. Nel quale avevamo abitato prima di partire verso il niente.
Occorre dare un certo ordine alla propria vita, avere almeno un minimo di disciplina per non lasciarsi andare alla deriva, a languire nell’autocommiserazione, per reagire. Un aiuto in questo senso viene dalle Arti marziali (Wing Tsun e Ju-jitsu) citate dall’autore.
Guido per scaricare l’aggressività pratica il pugilato e ha imparato che bisogna tenere gli occhi ben aperti, sia in attacco e soprattutto in difesa.
Non bisognava mai perdere il controllo della situazione. Vedere quello che faceva l’avversario, percepire con gli occhi il suo movimento appena cominciava, ed essere pronti a reagire; parare, o schivare e contrattaccare. Mi ero sempre trovato a mio agio con questa idea. Occhi aperti, sempre. Associavo gli occhi chiusi alla paura, e gli occhi aperti, banalmente, al coraggio.
Guardare diritto in faccia il problema o l’avversario o quello che sia. Una delle mie poche certezze.
Ma scopre qualcosa di diverso quando vede una singolare suor Claudia praticare il Wing Tsun, una disciplina che secondo una leggenda fu ideata da una monaca per consentire anche a persone fisicamente deboli di prevalere su avversari molto grossi e forti. Ella combatte a occhi bendati, e muovendosi con un ritmo preciso e regolare attira e devia i colpi.
Avrei voluto commentare molte altre cose, i libri di Gianrico Carofiglio offrono davvero molti spunti di riflessione, interessanti, ma si rischia di svelare troppo della trama e sarebbe un vero peccato. Mi permetto di riportare qui la parte che descrive il profilo dello stalker – il persecutore. Un tipo di criminale e la gravità del cui agire vengono molto spesso sottovalutati.
Leda
LO STALKER – IL PERSECUTORE
In sostanza la persecuzione è una forma di terrorismo rivolta contro un singolo individuo allo scopo di ottenere un contatto con quest’ultimo e dominarlo. È un delitto invisibile spesso, fino a quando non esplode la violenza, anche omicida. Allora di solito interviene la polizia; allora di solito è troppo tardi.
Molti uomini appartenenti alla categoria dei persecutori nascondono il proprio senso di dipendenza dietro una immagine ultramaschile, stereotipa, e sono cronicamente aggressivi nei confronti delle donne. Molti persecutori di questo tipo hanno subito dei traumi, durante l’infanzia. La morte di un genitore, abusi sessuali, maltrattamenti fisici o psicologici, altro. Insomma gli stalkers hanno di solito uno squilibrio affettivo che riflette situazioni dell’infanzia che hanno turbato la loro vita di relazione. Sono incapaci di vivere il dolore in modo normale, di lasciare perdere e cercare un altro rapporto. Spesso la rabbia per l’abbandono è una difesa contro il risvegliarsi del dolore e dell’umiliazione intollerabili per rifiuti subiti nell’infanzia, che verrebbero ad aggiungersi alla perdita più recente.
A mano a mano che il terrorismo si intensifica la vita del/della perseguitato/a diventa una prigione. La vittima passa in fretta dalla copertura protettiva di casa a quella del luogo di lavoro, e di nuovo a casa, proprio come il detenuto viene trasferito da una cella all’altra. Ma spesso neanche il luogo di lavoro è un rifugio. Alcune vittime sono troppo terrorizzate per uscire di casa. Vivono confinate e sole, sbirciando il mondo, nascoste dietro le persiane sbarrate.
Il persecutore è un predatore che adotta una condotta tendente a provocare nella vittima afflizione emotiva ed altresì il ragionevole timore di essere uccisa o di subire lesioni fisiche. È difficile rendersi conto dell’intensità della paura e dello sgomento provati dalle vittime. L’orrore è talmente intenso e costante che spesso sfugge alla comprensione di chi non ne è coinvolto.
Breve biografia dell’autore e delle voci narranti:
Gianrico Carofiglio è figlio della scrittrice Enza Buono e fratello del regista, scrittore e illustratore Francesco Carofiglio. Magistrato dal 1986, ha lavorato come pretore a Prato, Pubblico ministero a Foggia e in seguito ha svolto le funzioni di Sostituto procuratore alla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari… continua
Giusy Frallonardo, con la sua bellissima voce dona una singolare profondità a un personaggio che si rivelerà centrale nella storia.
Cresciuta a Castellana Grotte, paese della provincia di Bari, Giusy Frallonardo comincia a recitare dalle elementari e viene folgorata sulla via di Damasco prima dalle commedie musicali di Garinei e Giovannini, poi, al liceo, dal teatro sperimentale di Beckett!
Si iscrive ad un corso di recitazione biennale tenuto dal Gruppo Abeliano di Bari e alla fine del primo anno recita nello spettacolo di punta di quella compagnia, Matca di Sorescu, diretto da John McRae.
Continua a studiare con Vito Signorile, Franco Damascelli e lva Formigoni. Resta per tre anni in Abeliano partecipando alle produzioni della compagnia stabile e frequentando contemporaneamente la facoltà di Lettere dell’Università degli Studi di Bari. Fa la sua prima esperienza di conduzione televisiva in un programma per bambini in onda su Telenorba, la più grande emittente privata del sud Italia.
Si trasferisce poi a Firenze per frequentare la Bottega Teatrale di Vittorio Gassman dove si diploma e nello stesso anno si Laurea con lode in Storia del Teatro e dello Spettacolo… continua