Storia della Sanità
Con l’Unità d’Italia (1861) è il Ministero dell’Interno che comincia a occuparsi dell’assistenza sanitaria e ospedaliera, precedentemente più che altro era a carattere caritatevole, sostenuta finanziariamente da lasciti e opere di beneficenza.
Nel periodo fascista viene creato un sistema previdenziale-assicurativo che porta all’istituzione di diversi enti mutualistici fino al 1946: oltre all’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) e l’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) istituiti nel 1898, viene costituito l’ENPAS (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i dipendenti Statali) e varie altre mutue. Occorrono diversi anni ancora per superare questa formula assistenziale e andare verso la cura e la prevenzione, eliminando le evidenti disparità di trattamento tra lavoratori autonomi e dipendenti, tra lavoratori e disoccupati o sottoccupati. Una disuguaglianza sociale che non teneva conto della Costituzione.
Nel 1958 viene istituito il Ministero della Sanità e nel 1968 avviene un passo importante per il riconoscimento dei diritti umani e sociali dei cittadini con la Riforma ospedaliera nota come Legge Mariotti (dal nome dell’allora Ministro Luigi Mariotti) che pone le basi per la trasformazione degli ospedali in enti autonomi.
LA PRIMA RIFORMA SANITARIA
Nel 1978 con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale si ebbe la Prima Riforma Sanitaria che portò all’istituzione delle USL (Unità Sanitarie Locali) con lo scopo di portare un po’ di ordine e organizzazione sul territorio italiano, di superare l’assistenza a favore della prevenzione e riabilitazione, favorire una sinergia col territorio e le altre strutture, combattere gli sprechi e rendere più omogeneo ed equilibrato il sistema Sanitario Nazionale.
Dal punto di vista tecnico vi fu la creazione del Distretto Sanitario di base che moltiplicò e rese accessibili a tutti servizi più specializzati. Dal punto di vista politico il decentramento avrebbe favorito una gestione più concreta, corrispondente alla realtà regionale e locale.
E qui venne il bello… perchè tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
Molte furono le difficoltà da superare: gli sprechi in primis (e ce n’erano davvero tanti) e i vecchi privilegi. Ricordo che all’ultimo piano dell’ospedale in cui lavoravo esisteva un intero reparto, per certi versi misterioso (io ebbi modo di entrarvi per puro caso), il “reparto dozzinanti”, molto riservato, con camere singole e trattamento speciale, un privilegio per pochi. A volte fungeva anche da ricovero per qualche famiglia ricca che aveva bisogno di “sistemare” l’anziano di casa infermo, così da poter andare in vacanza, o con l’avvicinarsi del periodo natalizio, pieno di impegni mondani. Forse l’ultimo strascico di un passato in cui gli ospedali beneficiavano delle donazioni dei nobili del tempo.
Reparto che fu ben presto tolto di mezzo, l’ospedale è un servizio pubblico per tutti che si regge sui contributi versati di chi lavora, il privato dovrebbe essere fuori, in altro luogo e a pagamento.
Con questa riforma ci sono state cose buone, come l’inizio della fine dei baroni della medicina.
C’era un giovane medico nel reparto di medicina, arrivava ogni mattina in sella alla sua bicicletta da un comune vicino e quando entrava nel reparto portava una ventata di freschezza: intonava un’aria lirica, indirizzava galanti complimenti ad anziane sofferenti, facendo sorridere anche la più ostica, scherzava con tutti, ironico e ilare, sempre disponibile e molto professionale. Tutti, pazienti e personale lo adoravano tranne quel vetusto primario che viveva su antichi allori, peraltro meritati, ma che non sapeva adeguarsi al cambiamento dei tempi. Quel giovane medico un po’ era un intralcio… rompeva il tran tran quotidiano.
Con la riforma inoltre si ebbe modo che tutto il personale fosse meglio rappresentato e il sindacato meglio organizzato, si poteva contribuire e beneficiare di una migliore organizzazione.
LA SECONDA RIFORMA SANITARIA
Nel 1992 si ritiene necessaria una Seconda Riforma Sanitaria a causa della notevole discrepanza rilevata tra le varie USL a livello nazionale, specificatamente riguardo la quantità di risorse impiegate e la qualità del servizio fornito. Si punta a riorganizzare e rafforzare il potere locale e l’autonomia delle USL, si comincia così a parlare di Azienda sanitaria.
LA TERZA RIFORMA SANITARIA
L’autonomia di ogni Azienda Sanitaria viene resa possibile nel 1999 con una Terza Riforma Sanitaria attraverso una normativa meglio conosciuta come il Decreto Bindi dal nome dell’allora Ministro della Sanità, Rosy Bindi, che ne modificò anche l’aspetto giuridico introducendo maggior responsabilizzazione.
Le USL diventano ASL (Azienda Sanitaria Locale) e ASO (Azienda Sanitaria Ospedaliera), e continuano ad essere strutture pubbliche ma organizzate secondo un modello aziendale.
Nel corso di questo lungo processo le USL più piccole scompaiono assimilate ad altre, alcuni ospedali vengono dismessi, tentando di riconvertirli in altre strutture. Ma poi ci si rese conto che una cosa è fare i conti a tavolino e un’altra è gestire la realtà. L’utenza che confluiva da più paesi in una stessa struttura mandava in tilt l’organizzazione, non c’erano letti sufficienti e dopo aver sfruttato ogni piccolo spazio si decise di riutilizzare alcuni ospedali trasferendovi interi reparti. Insomma un via vai che ha comportato non pochi disagi per tutti.
Dirigenza Sanitaria
Della Dirigenza Sanitaria si occupa il Decreto Balduzzi del 2012 che regolamenta la nomina dei Direttori generali con misure che rendono più trasparenti le valutazioni e le nomine degli stessi.
Il Direttore generale s’impegna a rendere conto del proprio operato nel rispetto del Piano Sanitario Regionale e provvede alle nomine dei responsabili delle strutture operative facenti parte del Collegio di Direzione, al quale prendono parte tutte le figure professionali dell’Azienda.
Distretti sanitari
I Distretti sanitari, alla cui guida viene posto un direttore, si specializzano nel tentativo di arginare fenomeni complessi come la tossicodipendenza, gestire patologie come l’HIV, e quelle in fase terminale; garantire la tutela della salute dell’infanzia, della donna, della famiglia, con più attenzioni ai diversamente abili e agli anziani, all’assistenza domiciliare.
Al Distretto sanitario fanno riferimento anche i Dipartimenti di salute mentale e di prevenzione per la sanità pubblica.
Le competenze e le responsabilità sono suddivise in modo gerarchico tra ASL, Regione e Stato.
Il Ministero della Sanità istituito nel 1958, dopo diverse modifiche e accorpamenti, diventa Ministero della Salute con funzioni stabilite da una Legge del 2001, confermate definitivamente con una Legge del 2009, ed entra in vigore lo stesso anno come organo centrale del Servizio Sanitario Nazionale, il cui ruolo specifico è quello di garantire equità nell’attuazione del diritto alla salute, sancito dall’articolo 32 della Costituzione, in coerenza con le direttive della Comunità Europea.
Il Ministero dal 2011 è organizzato in 3 Dipartimenti:
- Dipartimento della sanità pubblica e dell’innovazione
- Dipartimento della programmazione e dell’ordinamento del Servizio Sanitario Nazionale
- Dipartimento della sanità pubblica veterinaria, sicurezza alimentare e organi collegiali per la tutela della Salute.
Inoltre fanno parte dell’organizzazione ministeriale:
il Consiglio Superiore di Sanità, organo consultivo tecnico-scientifico disciplinato da un’apposita normativa, di cui ci si avvale per esaminare, indagare, programmare in materia di salute pubblica, igiene e sanità; esprime pareri in materia di regolamenti, convenzioni internazionali, igiene sul lavoro, determinazione di lavori rischiosi, insalubri e nocivi;
l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ente di diritto pubblico con funzioni di ricerca e sperimentazione, di controllo, di consulenza e di formazione;
l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) istituita nel 2003 e successivamente regolamentata nel 2004 e nel 2012, i cui compiti sono: autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali secondo criteri di qualità, sicurezza ed efficacia in base a regole stabilite da un Codice dei Medicinali (2006), farmacovigilanza, sperimentazione clinica, ispezioni, informazione, promozione della ricerca, governo della spesa farmaceutica, amministrazione e funzionamento efficienti e trasparenti;
l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro (ISPESL) ente di diritto pubblico nel settore della ricerca e organo tecnico-scientifico. È stato soppresso nel 2010 in seguito all’ottimizzazione delle risorse nel settore sanitario, le sue funzioni sono state trasferite all’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro).
La Sanità Digitale, che semplifica il rapporto dei cittadini con il Servizio Sanitario Nazionale, prevista dall’Agenda Digitale Europea che ha posto alcuni obiettivi da raggiungere:
- la Tessera Sanitaria, che funge già da Codice Fiscale avrà altre funzioni; dal 2012 è prevista anche la possibilità di unificare la carta d’identità, per un documento digitale unificato;
- il Fascicolo Sanitario Elettronico e il Dossier Sanitario che raccoglie tutti i dati e documenti digitali di tipo sanitario dell’assistito per fornire una base informativa, una storia clinica da tenere sempre aggiornata, nel rispetto delle normative per la protezione dei dati personali.
Durante tutta questa ottimizzazione l’ingerenza politica ha fatto i suoi danni non tenendo in dovuto conto le reali necessità del territorio e di chi ci lavora dentro queste strutture, e ha fatto dei bei casini.
E allora viene da chiedersi quale sia il vero senso di questi mega-ospedali, che si potrebbero definire cattedrali nel deserto, non tanto nel senso di quelle, a suo tempo, costruite nel sud Italia (spesso rimaste incompiute, frutto di indiscriminati contributi a pioggia), ma per come sono stati pensati.
Spazi enormi all’accoglienza, destinati anche a piccoli negozi a mo’ di centro commerciale, e striminziti quelli adibiti alla cura dei pazienti, con lunghi e labirintici corridoi, che ci vorrebbe un monopattino a percorrerli, se si ha un’urgenza.
Sorgono in luoghi lontani e complicati da raggiungere (sperando che non sia anche zona dichiarata a rischio alluvionale… 😕 ) per chi per esempio ha la necessità di fare assistenza giornaliera a una persona ricoverata, in conseguenza al fatto che gli infermieri, già ridotti all’osso, sono talmente oberati di compiti di vario genere che dovrebbero avere il dono dell’ubiquità per rispondere anche alle chiamate dei pazienti.
Avete mai vissuto una notte in un reparto di ospedale quando all’improvviso compaiono contemporaneamente più chiamate dalle camere e siete l’unico infermiere presente?
No, non capita di rado.
Ingiungere al personale di mantenere il sorriso, la cordialità, la disponibilità per mantenere alto l’indice di gradimento dell’ospedale, quando in realtà si vive l’amarezza di non veder riconosciuto adeguatamente il ruolo, anche umano proprio di queste categorie, serve a poco. Ognuno si può rendere conto che qualcosa non va, in quell’andirivieni dai reparti – alle sale operatorie – agli ambulatori come catene di montaggio, alle prese con medicinali che mancano, persone che attendono ore e ore anche per un ricovero…
Basta guardarsi intorno, respirare il clima e ti rendi conto che non è tutto così chiaro e limpido come qualcuno ti vuol far credere.
Leda