Salomone e la regina di Saba

Re Salomone era un uomo sapiente, la sua saggezza era leggendaria. Si narra che avesse un anello che gli permetteva di parlare con gli animali e capirne il linguaggio.

Da questa leggenda Konrad Lorenz, etologo austriaco prese spunto per il titolo del suo libro L’anello di Re Salomone pubblicato nel 1949. Lorenz racconta attraverso le sue osservazioni a diretto contatto con gli animali, il loro linguaggio e come comunicano tramite il loro comportamento. Trovando spesso analogie tra il comportamento animale e quello umano, egli li riconduce ad una radice atavica comune.
Konrad Lorenz ha dato un prezioso contributo per comprendere meglio il mondo animale e la psicologia umana.

Anche senza ricorrere alla magia le creature viventi ci raccontano le storie più belle, cioè quelle vere. E in natura la verità è sempre assai più bella di tutto ciò che i nostri poeti, gli unici autentici maghi, possono anche soltanto immaginare.

Per le doti di saggezza e il senso della giustizia che gli erano consoni, re Salomone era conosciuto in tutto l’Oriente. Si racconta che in molti venivano a sottoporgli i loro problemi, mentre altri erano tentati più dal desiderio di metterlo alla prova. Giungevano anche da molto lontano portando con sé doni preziosi, come fece un giorno la Regina della terra di Saba.

La regina di Saba udita la fama di questo re, si mise in viaggio attraversando il deserto con un lungo seguito di servi e di cammelli carichi di spezie, stoffe, oro e pietre preziose. Ella voleva conoscere di persona questo uomo sapiente per potergli porre alcuni enigmi e quesiti.
La regina giunta a Gerusalemme, trovandosi al cospetto di re Salomone, lo mise dunque alla prova con molte domande cercando di confonderlo, ma con suo grande stupore egli seppe risponderle con molta saggezza. Partecipò quindi al banchetto preparato in suo onore con cibi prelibati, aromatizzati con erbe così rare che ella non conosceva. Odori e profumi si spandevano tutt’intorno.

Volle poi fargli dono di ciò che aveva portato con sé, e Salomone ricambiò abbondantemente concedendo quanto ella desiderava.

Diverse sono le leggende che raccontano dell’incontro tra Salomone e la regina di Saba. Ne parla anche la Bibbia ebraica e cristiana, e il Corano secondo cui fu Salomone a venire a conoscenza dello splendore del regno di Saba e del suo popolo che venerava il Sole, e per invitarla inviò un messaggio mediante un’upupa.

Al suo arrivo Salomone l’accolse a palazzo, e la regina nell’entrare in una sala con il pavimento di vetro sotto il quale scorreva l’acqua istintivamente alzò le vesti per non bagnarsi. Poi s’accorse dell’equivoco ed ebbe modo così di riflettere e di comprendere la differenza tra apparenza e realtà. Questo era l’insegnamento che Salomone intendeva trasmetterle.

Il regno di Saba

Del regno di Saba (o Sheba) si sa molto poco, nelle sacre scritture si fa riferimento all’Etiopia, anche se appare meglio collocabile nella parte più meridionale della Penisola arabica, nota ai romani come Arabia felix corrispondente agli Stati dello Yemen e dell’Oman. Queste regioni erano note da innumerevoli secoli per la loro prosperità e per l’abbondanza di preziosi aromi, primo fra tutti l’incenso – che rendeva più che plausibile l’aggettivo “felix”.

Quello di Saba fu un regno molto florido, noto per le imponenti opere di regolazione idrica e di irrigazione, per il commercio con i paesi vicini di aromi, preziosi e spezie. Resine come incenso e mirra venivano venduti nei paesi del Mediterraneo e dell’India. Ma dato che era Salomone che controllava le vie di comunicazione, che per i sabei e i loro commerci erano di vitale importanza, si presume che l’interesse della regina fosse anche quello di assicurarsene l’accessibilità.

Il film del 1959 Salomone e la regina di Saba di King Vidor con Yul Brinner e Gina Lollobrigida, è dedicato a questo leggendario personaggio. Nel ruolo di Salomone è l’attore Yul Brynner, che sostituì Tyrone Power (il padre di Romina Power) che purtroppo morì durante le riprese del film. Alcune inquadrature di Power, in campo lungo, sono rimaste nel montaggio finale del film che venne girato in Spagna, tra gli studi di Madrid e gli esterni nei dintorni di Saragozza.

Mentre nei testi biblici e nel Corano non viene mai chiamata per nome ma solo come regina di Saba o regina del Sud, per la tradizione etiope il suo nome è Mākedā, alcune fonti arabe la chiamano Bilqis.

Secondo il Kebra Nagast (La gloria dei re), il testo sacro del Rastafarianesimo, dall’incontro tra Salomone e la Regina di Saba nacque Menyelek (o Menelik) il primo re di questa terra governata da regine, da cui sarebbero discesi gli imperatori che regnarono in Etiopia.

IL RASTAFARIANESIMO

È un movimento religioso che ha origine in Etiopia negli anni 30 del Novecento, si ispira agli insegnamenti di Gesù e riconosce gli insegnamenti teologici e morali della Chiesa ortodossa etiope, che fa parte delle Chiese orientali.

Il nome deriva da Ras Tafari, l’ultimo degli imperatori, il negus neghesti (re dei re), incoronato nel 1930 col nome di Hailé Selassié I, l’Eletto di Dio, la Luce del mondo, il Leone conquistatore della tribù di Giuda. Egli, infatti, secondo la tradizione etiope è ritenuto diretto discendente della dinastia salomonide, attraverso la linea di David della tribù di Giuda.

I rastafariani nutrono un particolare rispetto per le altre culture religiose e parlano di “parentela spirituale” tra i mistici di tutte le culture storiche, e si dimostrano contrari al settarismo religioso.

Nel corso del 1800 il desiderio di riunire tutte le popolazioni nere sparse nel mondo agitava molte comunità africane. Agli inizi del Novecento venne ad affermarsi il Movimento etiopista che poneva come punto fondamentale il ritorno in patria dei figli della cosiddetta Diaspora Nera: i milioni di africani che furono deportati con la forza nelle Americhe, in Europa e nei Caraibi per lavorare come schiavi. Fu un movimento di emancipazione non solo politico, ma anche spirituale e culturale che si ispirava alle idee del giamaicano Marcus Garvey.

Nei primi decenni del Novecento Hailé Selassié avviò un processo che mirava a fare uscire gradualmente il paese dalla dimensione “medievale”, puntando verso una modernizzazione che includesse l’introduzione di una prima costituzione etiopica (1931) e l’abolizione della schiavitù. Un processo che culminò con l’ingresso dell’Etiopia nella Società delle Nazioni nel 1923.
Ma tutto s’interruppe con l’aggressione dell’Italia fascista e la Guerra di Etiopia (1935-36) a cui la comunità internazionale rispose imponendo delle sanzioni economiche contro l’Italia.

Al termine della guerra il Negus Hailé Selassié che era stato deposto esattamente cinque anni prima poté ritornare, e con i Trattati di Pace firmati a Parigi il 10 febbraio 1947 l’Impero d’Etiopia ritornò ufficialmente indipendente.
Tra l’Italia e l’Etiopia fu concluso ad Addis Abeba il 5 marzo 1956 un Accordo di pace che regolava le questioni economiche e finanziarie, e la restituzione di tutte le opere d’arte, gli archivi e oggetti di valore religioso e storico, appartenuti all’Etiopia e ai cittadini etiopici, e trasportati in Italia dopo il 3 ottobre 1935. Tra questi la Stele di Aksum e la statua del Leone di Giuda.

La Stele di Aksum

Realizzata intorno al III-IV secolo la Stele di Aksum è un monumento di inestimabile valore storico e spirituale per il popolo etiopico. L’obelisco è alto complessivamente 23,4 metri per un peso complessivo di 152 tonnellate, fu ritrovato spezzato in 5 parti e portato a Roma nel 1937 su ordine di Mussolini.
Nel 2005 la stele di Aksum che si ergeva a Roma davanti al palazzo della FAO, organismo dell’ONU, è stata restituita in tre blocchi; su richiesta congiunta di Italia ed Etiopia il delicato compito di rierigere e restaurare la stele è stato affidato all’UNESCO in stretta collaborazione con l’Autorità Etiopica per la Ricerca e la Conservazione del Patrimonio Culturale, grazie al contributo finanziario del Governo Italiano. Operazione che si è conclusa con successo nel 2008.

La Stele 2 di Aksum è ritornata nella sua collocazione originaria, accanto alla Stele 3 di re Ezana che fu scolpita ed eretta nel corso del IV secolo, alta 21 metri è un obelisco monolitico (ricavato da un unico blocco di pietra). Un’altra stele alta 33 metri nota come la Grande Stele, crollata in età antica, giace a terra.


La Stele di re Ezana ad Aksum nel 1936

Le stele di Aksum sono riconosciute come uno dei più importanti esempi architettonici della civiltà Aksumita. Erette come pietre tombali avevano un significato commemorativo che rifletteva le credenze e le pratiche religiose tradizionali etiopi, prevalentemente di tipo animistico, con simboli che poi si combinarono anche con quelli cristiani.

Il Regno auxumita

L’antica Aksum fu la capitale di un impero che raggiunse i massimi splendori nel I millennio d.C., periodo cruciale nella storia del Corno d’Africa, durante il quale vennero gettate le fondamenta della moderna Etiopia.

Il Regno di Axum, cuore dell’antica Etiopia, si estendeva dal Mar Rosso fino all’Arabia sud-occidentale. Grazie alla sua posizione molto favorevole, dal I secolo a.C. giocò un ruolo fondamentale sulle rotte commerciali tra l’Impero Romano e l’India.
Durante il primo millennio d.C. gli Aksumiti estesero il loro controllo politico ed economico verso il Mar Rosso, il deserto orientale del Sudan e, probabilmente fino alla Valle Superiore del Nilo, continuando a prosperare nei secoli successivi mantenendo rapporti commerciali e intensi scambi non solo di spezie, ma anche di oro, avorio e schiavi con il mondo mediterraneo e l’India, controllando le antiche rotte commerciali, come quella lungo il Nilo Azzurro.

Il Nilo azzurro nasce dal Lago di Tana in Etiopia ed è uno dei due rami principali del fiume Nilo; l’altro ramo è il Nilo Bianco che ha origine dal Lago Vittoria in Uganda. I due rami si uniscono in uno solo all’altezza di Khartoum in Sudan.
Il Nilo è uno dei fiumi più lunghi del mondo e attraversa diversi paesi africani, giungendo infine in Egitto dove forma un vasto delta sfociando nel Mar Mediterraneo.
Nell’antichità lungo il suo corso prosperarono molte civiltà, la più famosa è l’Antico Egitto di cui sono rimasti numerosi siti archeologici come le piramidi di Giza, il tempio di Karnak e la Valle dei Re; più a sud si sviluppò la civiltà nubiana, con il Regno di Kush famoso per le sue numerose piramidi e per la cosiddetta “Dinastia dei Faraoni Neri”.

Nel Nilo vi è l’isola Elephantine (così denominata probabilmente per la forma caratteristica delle rocce che evocavano un gruppo di elefanti) che è posta di fronte l’antica Syene (oggi Assuan), che come Aksum era un importante crocevia commerciale per le carovane di passaggio che si recavano verso il Mediterraneo e verso il Sudan. L’isola ospitava un’antica comunità ebraica, che si sostiene sarebbe poi migrata nel sud del paese, fino a raggiungere il territorio etiope.
Elephantine è un sito archeologico di grande importanza con i resti del Tempio di Khnum, dio protettore delle sorgenti del Nilo e della potenza creatrice delle inondazioni, il quale secondo il mito plasmò l’uovo della creazione, ed è considerato il vasaio divino che con il limo del Nilo, modellandolo al tornio creò il mondo e gli uomini.
Tra i numerosi e importanti resti archeologici, l’isola conserva un importante nilometro, una struttura antica a scalini ricavata nella roccia che serviva a misurare l’altezza delle piene del Nilo e poter così prevedere gli andamenti dei raccolti. Le inondazioni annuali e i ricchi sedimenti che si depositavano sul terreno rendevano la valle del Nilo una regione molto fertile in un territorio pressoché arido.

Aksum era ben nota ai Greci e ai Romani, ai Bizantini, agli Arabi e ai Persiani, la sua fama giunse persino in Cina.

Intorno al 330 il re Ezana si convertì al Cristianesimo apportando importanti cambiamenti alla vita culturale e politica del regno del IV secolo, in cui tradizionalmente si praticava il Politeismo, venerando spiriti e dei legati alla natura e agli antenati.


Nello stesso secolo, secondo la tradizione, si andò a formare una comunità di ebrei etiopi chiamati Falasha, oggi più correttamente Beta Israel (Casa d’Israele) che vissero isolati sui monti del Semien, praticando una forma di ebraismo con usanze uniche e antiche, utilizzando una lingua liturgica chiamata Ge’ez.
Le loro origini non sono certe: c’è chi ritiene siano discendenti della tribù di Dan, uno dei figli di Giacobbe, di cui fu membro anche Sansone, considerata una delle dieci tribù perdute d’Israele che dopo la conquista assira scomparvero dalla storia conosciuta; oppure c’è chi pensa a una conversione antica avvenuta attraverso contatti con ebrei arabi in epoca pre-islamica.
I Beta Israel assunsero una presenza significativa rimanendo per secoli isolati, e solo nel 1800 iniziarono a rendersi conto che esisteva una ben più grande comunità ebraica, che a sua volta divenne consapevole della loro esistenza. Nel corso del 1900 ebbero inizio i primi contatti tra le comunità, a cui fece seguito un ampio dibattito tra gli ebrei rabbinici sulla loro effettiva appartenenza al mondo ebraico. Negli anni Settanta essi riconobbero i Beta Israel come autentici ebrei, e le autorità dello Stato d’Israele costituitosi nel 1948, riconosciuta ufficialmente la loro esistenza li ritennero idonei ad usufruire della Legge del Ritorno e a emigrare in Israele.
Tra gli anni Settanta e Ottanta, in conseguenza a una terribile carestia che colpì l’Etiopia dovuta all’intensificarsi della siccità e aggravata dall’instabilità politica a causa della guerra civile, molti ebrei etiopi fuggirono dal paese cercando rifugio nei campi profughi in Sudan.
Il governo israeliano avviò quindi un ampio programma di salvataggio per portare i Beta Israel in Israele:
– nel 1984 con l’operazione Mosè gestita dal Mossad, il servizio segreto israeliano, venne realizzato segretamente un ponte aereo dal Sudan a Israele. A causa di una fuga di notizie e di pressioni politiche venne subito interrotta;
– nel 1985 con l’operazione Giosuè si poté proseguire il salvataggio con il supporto di alcuni aerei da trasporto statunitensi;
– nel 1991 con l’operazione Salomone si realizzò l’evacuazione più ampia e rapida con aerei sia militari che civili.
Anche nel corso del nuovo millennio migliaia di ebrei etiopi continuarono ad arrivare in Israele, spesso con discrezione, sebbene integrarsi nella società israeliana non risultasse facile essendo spesso oggetto di discriminazioni.

Secondo alcune fonti storiche a introdurre il Cristianesimo ad Aksum convertendo re Ezana fu Frumenzio, missionario siriaco di cultura greca, primo vescovo etiope venerato come santo dalle Chiese che ammettono il culto dei santi. A diffondere la religione nel regno aksumita contribuirono alcuni monaci provenienti da diversi luoghi del Medio Oriente noti come i Nove Santi, che giunti intorno al 480 introdussero il monachesimo.  Il Cristianesimo divenne quindi religione di stato, così come era avvenuto nell’Impero romano nel 380 con  l’Editto di Tessalonica.

La cattedrale di Nostra Signora Maria di Sion, una tra le più antiche chiese cristiane, venne edificata ad Aksum durante il regno di Ezana. Nel corso del tempo è stata distrutta più volte e più volte riedificata, fino al 1665. Vi è una piccola cappella accanto, dove si ritiene sia custodita l’Arca dell’Alleanza con le Tavole della Legge, che secondo la tradizione Menelik (figlio di Salomone e della regina di Saba) portò con sé da Gerusalemme.
Nei pressi è stata costruita nel 1964 per volere del Negus Hailé Selassié, una nuova cattedrale di Nostra Signora di Sion più grande e accessibile anche alle donne.

Alla fine del VII secolo con l’espansione islamica nell’Africa nord-orientale, il Regno di Aksum perse l’accesso al mare e venne progressivamente estromesso dal commercio nel Mar Rosso. Di conseguenza cominciò ad espandersi verso l’interno dell’altipiano etiopico, occupando un ampio territorio che arrivava sino allo Scioa (regione storica nell’Etiopia centrale).
La città di Aksum nel frattempo cominciò il suo declino, e secondo fonti arabe alla fine del IX secolo non era più la capitale politica, ma rimase tuttavia la capitale religiosa dove i re venivano solennemente consacrati.
Quello che restava del Regno di Aksum, secondo la tradizione etiope venne distrutto all’inizio del X secolo con l’invasione guidata da una regina di nome Gudit.
L’Europa medievale dimenticò Aksum. Le prime importanti ricerche storiche e archeologiche vennero avviate nel XX secolo.

Le rovine di Aksum vennero scoperte in prossimità del confine settentrionale dell’Etiopia. Oltre alle stele giganti  e agli obelischi monolitici, sono state trovate anche tombe reali e resti di antichi castelli. Dal 1980 Aksum è iscritta nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dall’UNESCO.

Il Leone di Giuda

La statua del Leone di Giuda è un’opera in bronzo dorato, realizzata dallo scultore francese Georges Gardet nel 1930 in occasione dell’incoronazione dell’imperatore Hailé Selassié. Il Leone di Giuda è il simbolo della monarchia etiope e dell’Etiopia. La statua si trovava ad Addis Abeba, la capitale, quando nel 1936 venne trafugata come bottino di guerra durante l’occupazione italiana, e portata a Roma. Venne poi restituita nel 1969.

Il leone di Giuda è il simbolo della tribù ebraica di Giuda (quarto figlio di Giacobbe) dalla quale discendono sia il re David che Gesù. È il simbolo di Gerusalemme, la città santa nell’Ebraismo, nel Cristianesimo e nell’Islam.
Nell’Apocalisse dell’apostolo Giovanni, l’ultimo libro del Nuovo Testamento, il Leone di Giuda è un’espressione usata per indicare il Messia.

La visione di Giovanni

Dopo aver ricevuto da Dio il dono di vedere nel futuro, Giovanni scrisse: «Poi vidi un cielo nuovo e una terra nuova… E udii dal cielo una voce possente che disse: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini e dimorerà con loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il ‘Dio-con-loro’. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi. Non vi sarà più morte né lutto e grida e dolore. Sì, le cose di prima sono passate!”…
Poi uno dei sette angeli… mi trasportò su un monte altissimo, dove mi mostrò la città santa, Gerusalemme, discesa dal cielo da presso Dio, circonfusa dalla gloria di Dio… la città non ha bisogno della luce del sole o della luna: la gloria di Dio, infatti, la illumina… La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen».

Tratto da: La Bibbia illustrata per ragazzi. Testo di Marjorie Newman, disegni di Michael Cood – San Paolo Edizioni,  1989

Nelle tradizioni storiche d’Etiopia dove storia, leggenda e devozione confluiscono l’una nell’altra, il Leone di Giuda appare a partire dal testo del “Kebra Nagast” del V secolo d.C., secondo il quale la monarchia etiope discende dalla leggendaria regina di Saba e da Salomone re d’Israele dalla cui unione nacque il re etiope Menelik I, il leggendario fondatore nel IV secolo a.C. dell’antico Regno di Axum.

Tra gli anni 1950 e 1960 poiché l’imperatore d’Etiopia Haile Selassie dimostrò grande interesse per lo sviluppo delle ricerche archeologiche nel proprio Paese, avvennero importanti scavi di siti archeologici che portarono alla luce molte aree importanti dal punto di vista storico e religioso.
Tra i siti dichiarati Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, i primi due ad essere iscritti nella lista nel 1978 sono state le chiese rupestri di Lalibela e il Parco nazionale del Simien.

Le Chiese rupestri di Lalibela – sono 11 chiese monolitiche medievali diverse tra loro, scavate nella roccia in una regione montuosa nel cuore dell’Etiopia e datate tra la fine del dodicesimo e l’inizio del tredicesimo secolo.
Meta per turisti, ma ancor più luogo di pellegrinaggio per molti fedeli cristiano-ortodossi, questo sito di straordinaria complessità voluto dal re Lalibela è chiamato anche la “Nuova Gerusalemme” o “Gerusalemme d’Etiopia”.

Una leggenda racconta che mentre il re Lalibela era febbricitante, vittima di un tentato avvelenamento, trovandosi tra la vita e la morte compì una sorta di viaggio spirituale ed ebbe la visione di un complesso di chiese cristiane, che una volta guarito volle realizzare.

Il re decise di edificare la “Nuova Gerusalemme” in conseguenza al fatto che i pellegrinaggi cristiani in Terra Santa risultavano difficili da compiere a seguito delle conquiste musulmane.
Tra le chiese rupestri la più suggestiva e meglio conservata è la Bet Giorgis (o Ghiorghis, dedicata a San Giorgio) scavata nella roccia, che vista dall’alto ha la forma di una croce.

La religione predominante in Etiopia rimane il Cristianesimo ortodosso etiope, di cui la festività più importante e più sentita è il Timkat che commemora il battesimo di Gesù nel Giordano. La sua celebrazione avviene con grandi cerimonie, e solenni processioni in cui viene portato il Tabot, che replica l’Arca dell’Alleanza. Una caratteristica unica quella di fondere due elementi: uno del Nuovo Testamento, il battesimo di Gesù, e un altro dell’Antico Testamento, che sono le Tavole della Legge. Canti, danze e abiti tradizionali allietano la festa creando un’atmosfera di festa e devozione. Dal 2019 il Timkat è stata registrato come patrimonio culturale immateriale dell’umanità dall’UNESCO.

Il Parco nazionale del Simien – istituito nel 1969 si trova nell’Amhara, una regione dell’Etiopia nord-occidentale, e offre un paesaggio spettacolare. Al suo interno si erge il Ras Dejen (o Ras Dascian in italiano), che con i suoi 4.549 metri, è il più alto monte dell’Etiopia.
Il parco svolge un ruolo fondamentale per la salvaguardia della biodiversità, vi trovano infatti rifugio specie di animali rari tipici di questa zona, tra cui lo stambecco Walia, il babbuino Gelada e il lupo etiope. Tra la flora ci sono specie originarie di queste montagne come la  Rosa di Abissinia, nota per i suoi piccoli fiori dai petali bianchi o rosa pallido dal profumo delicato, utilizzata da alcune culture locali anche per scopi medicinali.
Il parco nonostante fosse un’aera protetta è stato per lunghi anni esposto all’incuria, ai disboscamenti e al bracconaggio, segnalato nella black list dei siti UNESCO in pericolo. Ma oggi gode di buona salute ed è visitato da molti turisti.

Il valore archeologico, storico-culturale e naturalistico dell’Etiopia è notevole. È in questo paese che nel 1974 fu rinvenuta Lucy, uno dei più celebri e importanti fossili di ominide, più precisamente di un Australopithecus afarensis  che risale a circa 3,2 milioni di anni fa. Si tratta di una testimonianza fondamentale dell’evoluzione umana, a cui venne dato il nome di Lucy, dalla canzone dei Beatles “Lucy in the Sky with Diamonds” che i ricercatori ascoltavano spesso durante la spedizione. L’esemplare è conservato al Museo nazionale dell’Etiopia ad Addis-Abeba.
Quello dell’Etiopia, è un patrimonio sacro e al contempo fragile, che necessita di essere preservato sia dai cambiamenti climatici (che provocano l’alternarsi di piogge e siccità), sia dall’azione dell’uomo.

Hailé Selassié dovette attendere fino al 1970 per essere invitato in Italia dal Presidente Giuseppe Saragat. Egli ebbe il pregio di essere una guida politica e spirituale dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OAU), un’organizzazione internazionale fondata il 25 maggio 1963 ad Addis Abeba (Etiopia) al fine di accomunare le nazioni d’Africa.

I rastafariani forti dell’esempio di Hailé Selassié I, considerato comunemente il padre dell’Africa unita, sostengono che per il benessere dell’intero globo sia necessario affrontare con particolare attenzione il problema del continente africano: il più povero e afflitto del pianeta, in virtù di secoli di sfruttamento e aggressioni, eticamente meritevole di una riparazione storica.
Chiedono che l’Africa realizzi l’unione continentale, liberandosi dalla dipendenza dai poteri stranieri, recuperando la propria identità, le proprie origini, sviluppandosi secondo modelli politici e culturali propri.
Credono in una moralità internazionale retta dal principio della sicurezza collettiva, dell’autodeterminazione dei popoli, dell’uguaglianza dei diritti, della non-interferenza, e nel riconoscimento di un ordine sovra-nazionale che ripudi la guerra, per la ricomposizione pacifica delle dispute e per la risoluzione dei problemi comuni, istituzionalmente governato dall’ONU.
Credono nella necessità di costruire sistemi politici liberali e democratici, fondati sull’osservanza della dichiarazione dei diritti umani e difensori della libertà civile, economica, spirituale e culturale.

All’interno dell’Organizzazione dell’Unità Africana nella sessione straordinaria del 1999 a Sirte in Libia, fu decisa la nascita di una nuova organizzazione: l’Unione africana (UA).

UNIONE AFRICANA

È un’organizzazione internazionale e un’area di libero scambio che comprende tutti gli Stati africani, con sede ad Addis Abeba in Etiopia e a Midrand, in Sudafrica. La sua istituzione è stata una necessaria evoluzione dell’Organizzazione dell’Unità Africana, alla quale si giunse attraverso un processo di sviluppo di cui fu promotore, anche con cospicui capitali, il leader libico Muammar Gheddafi.

L’Unione Africana venne fondata ufficialmente nel 2002 a Durban in Sudafrica, dove tra gli altri presenziava il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, e furono posti precisi obiettivi: il rispetto dei principi democratici, dei diritti umani, delle regole della legge e del governo.
Si pose come Unione capace di intervenire nei conflitti interni agli stati in situazioni quali genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità; di promuovere la pace, la sicurezza e la stabilità nel continente, la partecipazione popolare e il buon governo, ma anche lo sviluppo sostenibile e le condizioni necessarie per permettere all’Africa di ottenere il ruolo che le spetta nell’economia globale e nelle negoziazioni internazionali.


Africa – Toto (1982)

 

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