Fare da sola

“Inizi tante cose ma non ne porti a termine nessuna..”

È una frase che mia madre usava spesso ripetermi durante il periodo in cui frequentavo la scuola media.

Ogni volta mi chiedevo a cosa si riferisse, visto che a parte lo studio, la mia cerchia di amici e la pallavolo non facevo altro. Ma ogni tanto questa frase tornava a tormentarmi e continuavo a non capire.

Nei primi anni delle superiori frequentavo la discoteca nei fine settimana e una nuova amica entrò nel gruppo. Inspiegabilmente legammo fin da subito per il suo carattere un po’ alla “vivi e lascia vivere“, priva di pregiudizi sapeva affrontare tutto con la giusta leggerezza e consapevolezza; anche se in certi casi non era in grado di affrontare una nuova situazione, si buttava con coraggio e allegria e in qualche modo ne usciva sempre bene. Aveva anche un certo non so che di mistico… ma non ho mai approfondito, certe cose è bello respirarle e lasciarle senza parole.
Questa mia amica pur essendo di origini modeste e avendo un lavoro mal retribuito, aveva un guardaroba fantastico, molto originale e particolare, pieno di colore e un giorno venni a sapere che gli abiti se li cuciva da sè, acquistando scampoli di stoffa al mercato e utilizzando la rivista Burda, specializzata nel confezionamento di abiti. E allora mi dissi: “Se c’è riuscita lei, posso riuscirci anch’io!“. Mi dissi questo, non con spirito d’invidia ma come aspirazione a poter riuscire a fare qualcosa con le mie mani.
In passato avevo partecipato a un corso di taglio e cucito che ben presto abbandonai per i modelli vetusti che ci imponevano. Non mi vedevo proprio con gonne a godet e pinces dappertutto quando il mio abbigliamento perlopiù consisteva in jeans stretti, camicie e maglie larghe.
Decisi di acquistare la rivista e scelsi il modello… azzardai proprio! Era un completo bianco con gonna a tubino e spacco laterale sulla coscia sinistra abbinata a una casacca morbida con collo a ciambella, il tutto reso non  eccessivamente elegante grazie a un inserto di borchie e una finta fibia che lo adeguavano alla mia età e al mio stile.
Misi qualche soldo da parte impegnandomi in un lavoro serale, acquistai una metratura di stoffa piuttosto bella e particolare, e con lo sguardo incredulo di mia madre mi misi all’opera.
C’era anche una  motivazione secondaria a quella del mettermi in gioco, e cioè dimostrare a mia madre che si sbagliava.
Ne venne fuori un capo che portai con grande soddisfazione, dava una certa sensualità alla mia figura e quando mi si chiedeva dove avessi trovato un abito così, io e la mia amica ci scambiavamo un sorriso di complicità, perchè a quel tempo cucirsi gli abiti era considerato démodé.
Questa passione la continuai negli anni, ai miei figli da piccoli confezionai tutine, magliette, giacche e capellini in coordinato introvabili sul mercato.

Quella frase di mia madre ancora non ho capito a cosa si riferisse, non ho mai cercato una spiegazione ma ho preferito dare una risposta, anche a me stessa e ci sono riuscita ☺

Leda

p.s.: storicamente fu un periodo vissuto da mia madre come quello dell’obbedienza,  da me invece come quello della disobbedienza.

 

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