“A salty dog” dei Procol Harum, un brano in cui soavità e alto livello melodico confermano, o meglio, perfezionano il loro inconfondibile modo di fare musica: un rock progressive che non si basa affatto su ricerche sperimentali, bensì su un raffinato connubio tra musica classica e rock, dove si avverte eloquentemente l’influenza di Bach.
A salty dog – Procol Harum (1969)
Nei dieci brani dell’album si racconta la vita marinara, nella sua essenza solitaria, lontana dal mondo di tutti i giorni, con un fare enigmatico tipico di Keith Reid, l’autore dei testi, soprannominato il Mogol anglosassone. Tale concetto viene raffigurato nella stessa copertina dell’album, che riporta le immagini di un porto, del mare ed il volto di un sorridente marinaio barbuto, racchiuso in un salvagente.
Le atmosfere dolci e fantastiche dell’intero disco si assaporano già nel brano di apertura, la title track, che, introdotta dal rumore dei gabbiani, si presenta come una toccante ballad di pianoforte, costituita da una base armonica complessa: il passaggio da un accordo all’altro, infatti, non appare scontato, mentre il tutto viene arricchito dall’apporto dell’orchestra e dalla voce calda, a volte sofferta, di Gary Brooker, autore di gran parte delle musiche.
di Michele Camillò
Questo brano molto particolare, mi è rimasto impresso nella memoria per il verso dei gabbiani e per aver fatto da sigla alla trasmissione “Avventura” dedicata ai documentari sulla natura, sulle esplorazioni, sulle diverse culture. Un programma degli anni Settanta, un appuntamento fisso immancabile del sabato pomeriggio, mi sembra di ricordare, che credo molti della mia generazione ricorderanno anche per l’aspetto innovativo ed educativo molto qualificato e di spessore.
Famosa anche la sigla di apertura “She came in Through the bathroom window ” dei Beatles cantata da Joe Cocker.
Un’altra interessante trasmissione, questa volta degli anni Ottanta fu “Jonathan – Dimensione avventura” creata da Ambrogio Fogar che contagiò tutti con la sua passione per l’avventura.
Leda
Ambrogio Fogar (1941-2005) è stato un navigatore ed esploratore italiano autore di famose imprese tra cui quelle in solitaria, come l’attraversata dell’Atlantico del Nord (1972), il giro del mondo in barca a vela navigando da Est verso Ovest contro le correnti e il senso dei venti (1973-74), e la tentata Circumnavigazione dell’Antartide (1978) che terminò con un naufragio, rimanendo alla deriva su una zattera di salvataggio per 74 giorni, che purtroppo costò la vita all’amico giornalista Mauro Mancini.
Instancabile viaggiatore, in compagnia di Armaduk, il suo cane di razza Siberian Husky, conquista a piedi il Polo Nord, ad eccezione di un tratto percorso in aereo quando si trovò alla deriva sulla banchisa.
Approda quindi alla Tv con il suo programma divulgativo frutto della sua esperienza.
Nelle sue avventure successive partecipa a tre edizioni della Parigi-Dakar e a tre Rally dei Faraoni.
Nel 1992 è vittima di un terribile incidente in Turkmenistan, durante il raid Pechino-Parigi, per la frattura della seconda vertebra cervicale rimane quasi completamente paralizzato.
Ma il suo spirito d’avventura lo porta su una sedia a rotelle basculante a partecipa al giro d’Italia in barca a vela (1997).
Fogar è un forte esempio per tutti, egli non si arrese alla malattia e non perse mai la speranza, un giorno di poter ritornare a camminare. Diventò testimonial per la campagna di raccolta fondi dell’associazione miolesi e per la crociata di Greenpeace contro la caccia alle balene.