TUTTO L’AMORE CHE C’È
di Sergio Rubini
Da una recensione di Memole
maggio 2009
Anni ’70. In un paese della provincia barese vive Carlo, un ragazzino di 16 anni, alle prese con le problematiche dell’amore adolescenziale. Nel frattempo Carlo trascorre le sue giornate con un gruppo di amici più grandi di lui. Fino a quando un giorno giungeranno in Puglia tre ragazze del Nord che sconvolgeranno la tranquilla e quotidiana vita del gruppo di amici.
Il film diretto da Sergio Rubini mostra la vita vissuta dai giovani negli anni ’70 in un paese di provincia nel Mezzogiorno. Emergono ragazzi che vivono alla giornata senza chiari obiettivi relativi al loro futuro; una vita fatta di routine tra le strade di un paese ancora arretrato rispetto all’avanzato Nord. È un paese che riflette la situazione complessiva che contraddistingueva il Mezzogiorno in quel periodo. Rubini, attraverso gli occhi e la vita dei ragazzi, racconta una Puglia non ancora contaminata dallo sviluppo industriale. Il tutto sottolineato dai bei paesaggi di campagne, di maestosi ulivi e di strade poco trafficate.
La vita dei giovani ragazzi procede in maniera calma e rallentata: suonano in un gruppo rock, studiano per l’Università, vivono le loro prime esperienze sessuali, s’incontrano al bar del paese. Tutta questa tranquillità viene interrotta dalle tre ragazze settentrionali. Esse portano con sé lo stile di una vita più avanzata e frenetica fatta di uscite notturne, viaggi, fumo, disinibizione e libertà sessuale. Le tre ragazze rappresentano la novità e sono fonte di curiosità per il gruppo di amici di provincia. Nascono, così, maggiori prese di coscienza su quella che è la propria vita, il proprio futuro, e la propria società. È un confronto che si crea tra il Nord e il Sud.
Sullo sfondo delle peripezie giovanili, vi è il riferimento politico della realtà degli anni ’70. L’ingegnere del Nord, padre delle tre ragazze, è incaricato di costruire una fabbrica in Puglia. Il tutto è celato dall’apparente positivo impegno per il rilancio dell’economia del Mezzogiorno. In realtà, però, quest’iniziativa nasconde un forte guadagno economico a spese delle casse statali per il Mezzogiorno.
Altro riferimento politico è rappresentato da Molotov, impersonato da Gérard Depardieu. Molotov è un contadino dai modi rozzi che crede fortemente nella bandiera rossa.
Il film di Rubini ha il merito di narrare la storia del paese di provincia, anche se con toni fortemente marcati, senza dubbio dovuto alla sua forte esperienza personale. Sappiamo, infatti, che Rubini è nativo di Grumo, paese della provincia di Bari. La storia sembra risentire fortemente di questo. Rubini racconta una realtà di cui è stato evidentemente testimone e che ha vissuto in prima persona.
Rubini mostra con questa pellicola la sua preannunciata capacità registica, anche se in alcuni passaggi pecca di uno stile registico prevedibile. In questo film Rubini mostra, inoltre, le sue enormi capacità d’attore accompagnato da una brava Magherita Buy, la cui cadenza dialettale barese, seppure forzata, riesce bene.
I ragazzi del cast del film riescono a rendere la loro parte, in particolar modo Michele Venitucci nei panni di Nicola e Vittoria Puccini, ancora al suo esordio, nei panni di Gaia. Il film giunge ad un finale amaro che contribuisce a definirlo una commedia dai toni drammatici. Una drammaticità dovuta all’esasperazione di uno stile di vita giovanile che vuole sempre di più. Rubini riesce a regalare al pubblico un film generazionale dalle atmosfere rock e di formazione senz’altro riuscito. Un film godibile reso ancor più veritiero dalla forte cadenza dialettale dei loro protagonisti e accompagnato dalla visione di bei paesaggi e da buoni costumi. È un film che permette di fare un viaggio a ritroso, in un passato sociale, culturale e politico che ha lasciato una forte eredità nel presente Sud.
Commento: è un film davvero spassoso, ti coinvolge e ti ritrovi a ridere con loro, delle smargiassate esilaranti dei protagonisti, che prendono la vita per come viene e seppure disillusi non smettono di sperare.
Negli anni Settanta nel film, come nella realtà, il divertimento nasceva dalle cose semplici condivise col gruppo di amici e non era tanto importante quello che si faceva, ma come e con chi lo si faceva.
Interessante anche l’aspetto storico-politico di quel periodo che viene appena accennato nel film. Molto coinvolgente la parte finale che pur assumendo un tono drammatico non fa mancare il tocco esilarante che dà una certa leggerezza.
Ho trovata un po’ riduttiva e sprecata la presenza di Gérard Depardieu, un attore che apprezzo molto, che pur facendo solo da sfondo poteva dare molto di più. Riporto un commento al film che fa riflettere:
La storia ritrae un “pezzo” di vita meridionale,
che in trenta anni sarebbe rimasta quasi inalterata.
Leda
Tutto l’amore che c’è
di Sergio Rubini
Italia, 2000
Genere: Commedia, storico
Cast: Damiano Russo, Sergio Rubini, Margherita Buy, Gérard Depardieu,
Michele Venitucci, Francesco Cannito, Pierluigi Ferrandini,
Antonio Lanera, Marcello Introna, Celeste Pisenti, Vittoria Puccini,
Alessandra Roveda, Teresa Saponangelo, Francesco Lamacchia, Antonio Tuzza.
Produzione e distribuzione: Cecchi Gori
“Quanto mi ami?”
“Tutto l’amore che c’è”