Da un racconto di Stefano Emanuele Ferrari
E’ un sabato piovoso di febbraio quando mi trovo a discuterne con due ragazze, nel gazebo dove ci troviamo a lavorare. Si chiacchiera di personaggi televisivi, attrici, bellezze del passato, quando dico: questa moda di rifarsi il seno è terribile. Mi sento rispondere: “Se una donna si sente meglio con un seno un po’ più grande, che male c’è?” “Una è libera di fare quello che vuole.” rispondo io “Ma per me una donna che ricorre alla chirurgia estetica per motivi puramente estetici, per seguire i dettati della moda, è una donna che manca di personalità.”
Loro storcono il naso e allora provo a spiegarmi meglio.
“Perché una donna dovrebbe rifarsi il seno? Perché vuole passare da una seconda ad una terza, per esempio? Voi dite: perché si sente meglio. E perché si sente meglio? Perché gli uomini la degnano di maggiori attenzioni? E’ vero. Ma quali attenzioni le rivolgono? Attenzioni puramente sessuali. La vedono come un oggetto per le loro voglie. Le tette rifatte sono volgari. Quella volgarità che abbaglia, attrae, ma di cui ci si stufa presto.
Per sentirsi meglio, dicevate. Più belle, giusto? Ma in base a quale canone? Quello televisivo. Quella donna non ricerca una sua bellezza, ma si uniforma a quello che vede. Per me è mancanza di personalità.”
Mi viene risposto che non sono una donna, che non posso veramente capire. La discussione va avanti. Ci troviamo a parlare di bellezze sciupate dal bisturi, dell’incapacità di molte donne di invecchiare, di accettare le fasi della vita; ci troviamo a parlare delle riviste patinate, di come le fotografie pesantemente ritoccate con Photoshop propongano modelli inesistenti. Ci troviamo a parlare di donne e dell’uso del proprio corpo. Di immaginario e di media. Poi mi ricordo di un bellissimo documentario che avevo visto, Il corpo delle donne.
Avevo dei ricordi un po’ confusi, così tornato a casa sono andato a rivedermelo. E ho scoperto che molte delle mie convinzioni di oggi arrivano da lì.
Il corpo delle donne è il titolo di un documentario di Lorella Zanardo che qualsiasi donna occidentale dovrebbe guardare. Uscito nel 2009, ha suscitato un tale interesse da portare l’autrice, un anno dopo, a raccontare in un libro quanto scatenato dal suo lavoro.
E’ un viaggio di 25 minuti attraverso le immagini televisive che ogni giorno vediamo nel nostro televisore. Passando in rassegna le trasmissioni più popolari, l’autrice si interroga sul modello di donna proposto e su quanto tale immaginario influenzi le donne nella società.
Non riusciamo a scorgere in TV una natura peculiare dell’essere femminile – dice l’autrice mostrandoci un’escalation di donne che sculettano a favore di telecamere, che fanno la doccia per mostrare capezzoli inturgiditi, donne con vestiti sadomaso, rifatte, dai volti come maschere, mentre chiacchierano di uomini, di chirurgia estetica – non riusciamo a scorgere un’identità nuova, originale, genuina, se non in contrapposizione a quella maschile – a parte in pochissimi casi di programmi minori o in orari di bassa audience. La donna proposta sembra accontentare, assecondare i presunti desideri maschili in ogni aspetto, abdicando completamente la possibilità di essere l’altro. Ridotta e autoridottasi a oggetto sessuale, impegnata in una gara contro il tempo che la costringe a deformazioni mostruose, costretta a cornice muta o assurta al ruolo di conduttrice di trasmissioni inutili, dove mai è richiesta la competenza.
E ancora: abbiamo stabilito che le donne emancipate debbano proporsi pubblicamente e dichiaratamente come oggetto di desiderio, sempre e comunque in ogni situazione, anche quando siamo interpellate per la nostra professionalità, anche quando sullo schermo ci sono donne adulte, preparate, che avrebbero forse delle cose da dire. Siccome però l’unico grado di desiderabilità che siamo in grado di riconoscere è un’esplicita illusione sessuale, abbiamo convertito tutta la nostra cultura a un’estetica di strip club.
La domanda che ci si pone è: quanto questi modelli televisivi influenzano il nostro sentire? Parecchio. Per quanto si tenda sempre a sminuire il potere della televisione (sentiamo sempre parlare di barriere culturali), per quanto è facile sentirsi dire: “ormai si sa che è tutto un circo, la guardo solo per farmi due risate” – l’influenza è notevole. Le immagini televisive si iniettano dentro di noi senza che ne abbiamo una vera consapevolezza, influenzando giorno dopo giorno il nostro modo di vedere, di immaginare. Le immagini non sono solo immagini, come ricorda l’autrice ad inizio del documentario, sono comunicazione, memoria, sapere, educazione. Hanno un potere enorme.
L’autrice, nel suo lavoro parla anche di lifting, di chirurgia estetica, di questi volti sempre più simili a maschere, con un’analisi attenta e puntuale. Questi volti perfetti, senza rughe, invulnerabili, cosa nascondono? Si chiede.
Invecchiando io rivelo il mio carattere, dove per mio carattere devo intendere tutto il vissuto che ha plasmato – la mia faccia, che si chiama faccia perché la faccio proprio io con le abitudini contratte nella vita, le amicizie che ho frequentato, le peculiarità che mi sono data, le ambizioni che ho seguito, gli amori che ho incontrato e che ho sognato, i figli che ho generato.
Stefano Emanuele Ferrari è nato a Tirano (SO) nel 1980. Si è laureato in scienze della comunicazione presso l’Università degli Studi di Torino. Nel 2008 pubblica il suo primo romanzo “Dove danzano gli angeli” e nel 2010 una raccolta poetica “Amore ponti e altre poesie”. Conta collaborazioni con riviste cartacee e online, con editoriali, articoli di costume e brevi saggi. È anche fotografo e i suoi lavori sono stati esposti nel 2011 con una mostra “Lady Formentera” e raccolti in due libri più volte ristampati. Dinamico, versatile ha svolto numerosi lavori, esperienze diverse che lo hanno portato a conoscere numerose realtà, in Italia e nel mondo.
QUELLO CHE LE DONNE NON DICONO
“Lasciamele tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una,
che ci ho messo una vita a farmele!”
C’è stato un tempo in cui ho smesso di acquistare le riviste con le copertine imbarazzanti, così come ho smesso di guardare la tv, come molte altre persone a quanto pare, perchè oltre ad avere un’informazione falsata e monopolizzata, ero stanca di vedere questi corpi esibiti come merce e trasmissioni frivole e sciocche, se non offensive per la dignità di ogni donna.
Non mi sento di giudicare le scelte di queste donne, e nemmeno la mancanza di rispetto verso tutte le donne da parte dei conduttori maschili, perchè la mia filosofia è la stessa che ho per la pornografia: se c’è l’offerta vuol dire che c’è la richiesta.
Quindi è alla radice che bisogna andare e cioè alla cultura del paese.
È assurdo prendersela e criticare i giovani, cosa peraltro che dava molto fastidio anche a noi alla loro età, perchè siamo tutti noi adulti che abbiamo acconsentito a questa degenerazione, continuando a guardare queste trasmissioni. Siamo noi che definiamo lo share, l’indice di gradimento, e abbiamo il telecomando in mano, nessuno ci obbliga a vedere quello che non ci piace.
In particolare i reality potevano essere un buon strumento di cambiamento. Per esempio la prima edizione del Grande Fratello l’ho seguita con curiosità, ero interessata a come un gruppo di sconosciuti, in una casa sconosciuta, privi di ‘ammazzatempo’ riuscissero a stare insieme e vivere giorno per giorno gli uni accanto agli altri. Devo dire che quella edizione è stata davvero interessante, anche perchè le persone che vi hanno partecipato erano vere e semplici, gente che incontri per strada. Un po’ mi sono affezionata a quelle persone… un ricordo affettuoso a Pietro Taricone, che col passare del tempo ha dato prova di saperci fare, ma purtroppo ci ha lasciati precocemente e un pensiero affettuoso alla sua compagna Kasia Smutniak che ho apprezzato molto con lo splendido film Tutta colpa di Giuda.
Per le edizioni successive del Grande Fratello qualcuna mi è piaciuta… altre decisamente no. Ma veniamo a quella del 2010, che non ho seguito, ma casualmente ho visto la puntata in cui c’è stato lo scoop di Nando e gli abusi sessuali subiti nell’infanzia. Sono rimasta allibita! Come si fà ad affrontare in TV un tema così delicato e per di più sfruttando le confidenze del concorrente che le telecamere sono riuscite a carpire? E’ stato straziante vedere quell’intrusione nella sfera privata, vabbè che si è in TV… ma a tutto c’è un limite e a mio avviso quel limite è stato superato e la cosa mi ha indignato molto. Poi credo che si sia peccato di presunzione: parlare di abusi sessuali nell’infanzia credo non sia giusto farlo in una sede come quella del GF ma ci sono trasmissioni più adatte… ma ormai abbiamo visto che in nome dell’audience tutto è lecito!
Inoltre lo Stato con le sue istituzioni ha il dovere di vigilare e di tutelare la dignità del popolo italiano, anche là dove la famiglia può mancare di responsabilità, dove i genitori anzichè essere una guida per i figli arrivano a soddisfare desideri assurdi come la moda della protesi al seno, regalo per il diciottesimo compleanno…
Leda
Niente seno rifatto per le minorenni
Approvato il Ddl che istituisce i Registri nazionale e regionali delle protesi mammarie. «Ridurrà i rischi»
MILANO – Niente più seno rifatto come regalo di compleanno per le ragazzine. Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge che istituisce i Registri nazionale e regionali delle protesi mammarie, il divieto di impianto per le minorenni e dispone obblighi informativi ai pazienti che si sottopongono agli interventi… continua
Quello che le donne non dicono – Fiorella Mannoia (1987)