Mi sono accostata a questo audiolibro senza giudizi o pregiudizi (non ho nemmeno visto i film tratti o ispirati a questo romanzo) e penso che il racconto stesso porti a comprendere e a trarre una conclusione del tutto personale.
Lolita
di Vladimir Nabokov
Genere: Romanzo
Voce narrante: Ennio Fantastichini
Tipologia: Il Terzo Anello – Ad Alta Voce RADIO 3
Lolita è il celebre romanzo di Vladimir Vladimirovič Nabokov, che venne rifiutato per molti anni dalle case editrici dell’epoca per il suo contenuto scandaloso. Venne pubblicato per la prima volta a Parigi in lingua inglese nel 1955 e solo dopo qualche anno divenne un bestseller.
Nonostante lo scandalo che provocò, le circa quattrocento pagine del libro non contengono né parole, né descrizioni oscene; la trama è infatti tessuta da uno stile letterariamente alto ed elegante che allude alle scabrosità senza descriverle esplicitamente.
A raccontare la storia è il Professore Humbert Humbert, annoiato insegnante quarantenne di letteratura francese che per circostanze fortuite e inaspettate fa la conoscenza di Dolores Haze, dodicenne ribelle e maliziosamente spregiudicata che gli richiama alla mente Annabelle, il suo primo amore da tredicenne.
Nonostante la differenza di età, egli perde completamente la testa per la ninfetta, tanto da sposarne la madre Charlotte per rimanere al suo fianco. Dopo la morte della signora Haze, investita da un’automobile, i due cominciano un lungo vagabondaggio in giro per gli Stati Uniti.
Facendosi passare per il padre severo, il professore combatte con lo spirito di autonomia della figliastra, volendo tenerla tutta per sé. Messo in difficoltà dalle voci poco gradevoli che girano sul suo ménage con la figliastra, si trova costretto a non fermarsi mai a lungo in un luogo.
Ma ben presto Lolita, riuscendo a sfuggire alla sua sorveglianza, si dilegua con l’aiuto di un uomo adulto che si fa passare per lo zio. Solo tre anni più tardi Humbert riceverà notizie su Lolita, ormai diciassettenne, e la storia avrà un epilogo drammatico.
…lo choc della sua morte consolidò in me la frustrazione di quell’estate da incubo, e per tutti i freddi anni della mia gioventù ne fece un ostacolo permanente a ogni successiva storia d’amore. In noi lo spirito e la carne si erano fusi con una perfezione che deve riuscire incomprensibile ai rozzi, prosaici giovanotti di oggi, coi loro cervelli fatti in serie. Molto dopo la morte di Annabel sentivo i suoi pensieri scorrere tra i miei. Molto prima di incontrarci avevamo fatto gli stessi sogni. Raffrontammo le nostre storie. Trovammo strane affinità. Nello stesso giugno dello stesso anno (il 1919) un canarino smarrito era entrato sbattendo le ali nelle nostre rispettive case, che si trovavano in due paesi lontanissimi. Oh, Lolita, mi avessi amato tu così!
Commento: se a un primo impatto si può pensare che questo racconto parli di pedofilia, ben presto ascoltando i pensieri del prof Humber si comprende che la sua, è una passione viscerale che rasenta il feticismo per tutto ciò che può rappresentare una ragazzina appena adolescente. Il protagonista man mano svela la sua passione e il conflitto che vive tra le proprie pulsioni e ciò che socialmente è considerato riprovevole.
La narrazione di Ennio Fantastichini è davvero efficace nel dare voce al protagonista e ne diviene parte integrante.
…la guardai, la guardai, e seppi con chiarezza, come so di dover morire, che l’amavo più di qualunque cosa avessi mai visto o immaginato sulla terra, più di qualunque cosa avessi sperato in un altro mondo. Di lei restava soltanto il fievole odor di viole, l’eco di foglia morta della ninfetta sulla quale mi ero rotolato un tempo, con grida così forti; un’eco sull’orlo di un precipizio fulvo, con un bosco lontano sotto il cielo bianco, e foglie marrone che soffocano il ruscello, e un solo ultimo grillo fra le erbacce secche… ma grazie a Dio io non veneravo soltanto quell’eco. Ciò che solevo vezzeggiare fra i tralci intricati del mio cuore, mon grand péché radieux, si era ridotto alla propria essenza; il vizio sterile ed egoista, quello lo cancellai e lo maledissi.
A chi può interessare: a chi ama la letteratura russa. È un romanzo adatto a un pubblico adulto.
Breve biografia dell’autore: Il celebre scrittore di “Lolita” nacque a Pietroburgo nel 1899 da una famiglia di vecchia nobiltà russa che, dopo la rivoluzione del 1917, emigrò in Occidente. La sua formazione, dunque, è fortemente ascrivibile alla sensibilità europea, di cui ha saputo svolgere momenti e dilemmi senza abbandonare però quel senso del dramma tipico della cultura russa. Laureatosi a Cambridge, fece dell’Europa la sua casa, vivendo prima in Francia e poi in Germania, anche se i primi scritti attribuiti all’artista sono ancora in russo (motivo per cui si diffusero per lo più fra gli immigrati del suo paese).
Appassionato di farfalle, Vladimir Nabokov coltivò per gli insetti una passione che divenne una vera e propria professione. Nel 1940, quando si trasferì negli Stati Uniti (cinque anni dopo prese la cittadinanza americana), lo fece per diventare ricercatore entomologo. Da allora scrisse in inglese.
Naturalmente, il geniale scrittore non abbandonò mai la letteratura, tanto che in seguito per ben undici anni insegnò letteratura russa alla Cornell University di Ithaca. Alternando per l’appunto l’attività di entomologo a quella letterari (indimenticabile rimane una sua foto che lo ritrae in una boscaglia a con la retina in mano intento a cacciar farfalle).
Nel 1926 uscì il suo primo romanzo, “Masenka”, a cui seguirono un paio di anni dopo “Re donna fante” e poi via via “La difesa di Luzin” (una storia basata su un’altra sua grande passione, gli scacchi), “L’occhio”, “Camera oscura”, “Gloria” e il racconto kafkiano “Invito a una decapitazione”. Sono tutte opere che in gran parte si possono tutte definire capolavori, mirabili sintesi fra temi tipicamente russi, come quello dello sdoppiamento, e crisi del romanzo tipicamente europeo.
Ma uno scrittore come Nabokov non poteva rimanere neanche indifferente ad una realtà come quella americana, con i suoi drammi, le sue miserie e le sue contraddizioni. La solitudine tipica di una società così fortemente individualistica, il tema del soggetto sospinto da numerosi forse, di tipo seduttivo e commerciale, non potevano essere ignorate dal grande spirito dell’artista russo.
Sull’onda emotiva di questa analisi introspettiva scrive “La vita vera di Sebastian Knight” e, nel 1955 pubblica il libro che gli darà fama imperitura, lo scandaloso e sublime “Lolita”. Invero, con l’uscita di questo romanzo la notorietà di Nabokov schizza alle stelle in un batter d’occhio, subito il tema (quello della relazione morbosa fra un maturo professore e un’imberbe ragazzina), e lo stile del romanzo lo mettono al centro dell’attenzione critica internazionale, influenzando poi in seguito una schiera smisurata di autori.
Passato il momento caldo di “Lolita”, Nabokov diede alle stampe altri libri di grande spessore, come ad esempio “Pnin“ ironica esplorazione del mondo dei college statunitensi, e “Fuoco pallido” anch’esso ambientato nel mondo dei college. La capacità dello scrittore, anche in questo caso, di svelare ciò che si cela dietro le apparenze dell’uomo medio occidentale e nevrotizzato non hanno eguali. Alcuni romanzi ancora usciranno dalla penna di Nabokov, non tutti valutati come avrebbero meritato ed oggetto di tardive riscoperte.
Non bisogna poi dimenticare che Nabokov è stato anche un eccellente critico letterario. I suoi studi si sono concentrati soprattutto sugli autori della madre patria, fra i quali è doveroso citare almeno il fondamentale saggio “Nikolaj Gogol'”(1944). Importante, inoltre, la traduzione in inglese, con tanto di commento personale, dell’ “Evgenij Onegin” di Puskin. Altri saggi su scrittori europei dell’Ottocento e del Novecento sono stati raccolti nelle postume “Lezioni di letteratura” (1980). Una raccolta di interviste e articoli, anche di argomento entomologico, è in “Opinioni forti” pubblicato in italiano anche con il titolo “Intransigenze”.
Vladimir Nabokov si è spento a Montreaux il 2 luglio 1977.
Tratto da: Biografieonline
Breve biografia della voce narrante: Ennio Fantastichini è nato a Gallese, in provincia di Viterbo, il 20 febbraio 1955. Secondo figlio di un maresciallo dei Carabinieri, nel 1975 si trasferisce da Fiuggi, dove il padre comandava la locale stazione, a Roma per studiare recitazione all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, avendo esordito all’età di 15 anni a teatro in un’opera di Samuel Beckett ed in altri spettacoli teatrali.
Nel 1982 con il film Fuori dal giorno debutta sul grande schermo. Recita una piccola parte nel film I soliti ignoti vent’anni dopo (1985), regia di Amanzio Todini, al fianco di Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni. Nel 1988 è coprotagonista, con Laura Morante e Mario Adorf, del film I ragazzi di via Panisperna, regia di Gianni Amelio, ove interpreta Enrico Fermi.
Il suo più grande successo lo ottiene con Porte aperte (1989) di Gianni Amelio, grazie al quale, interpretando il personaggio di Tommaso Scalia accanto al suo maestro Gian Maria Volonté, riceve vari premi: Ciak d’Oro 1991, Nastro d’Argento (miglior attore non protagonista), European Film Awards (scoperta dell’anno) e il Premio Felix 1991.
Attore sanguigno ed incisivo, ottiene grande successo la sua interpretazione del romano prepotente con Sabrina Ferilli nel film Ferie d’agosto (1996) di Paolo Virzì, grazie al quale ottiene una nomina per il David di Donatello 1996.
Oltre ad aver interpretato numerosi film, Fantastichini recita con successo nelle miniserie TV, La Piovra 7 (1997), a quella impegnata Sacco e Vanzetti (2005), in cui interpreta l’anarchico Bartolomeo Vanzetti (ruolo interpretato nel film di Montaldo proprio da Volonté), fino a quella in costume La freccia nera (2006), in cui impersona il ruolo del perfido nobile medievale Raniero.
Nel 2007 recita nel film Saturno contro di Ferzan Ozpetek e nel 2008 nel lungometraggio Fortapàsc diretto da Marco Risi. Nel 2010 è diretto ancora da Ozpetek al fianco di Alessandro Preziosi, Riccardo Scamarcio ed Elena Sofia Ricci in Mine vaganti, per il quale vince il David di Donatello come miglior attore non protagonista.
È fratello minore dell’artista Piero Fantastichini (pittore e scultore).
Tratto da: Wikipedia
Attore italiano di una bravura quasi sovrannaturale, riconosciuto soprattutto per la smorfia che le sue labbra prendono quando interpreta una scena di rabbia, è forse uno dei più bravi attori italiani in circolazione che ha saputo viaggiare con i suoi personaggi in una girandola di colorati generi per il piacere dello spettatore italiano.
Ennio Fantastichini è uno di quei rari attori che riesce sempre a centrare il personaggio, a trasformarsi e se serve mutilarsi per la buona riuscita di un ruolo. Peccato che l’Italia abbia il brutto vizio di dimenticare i suoi grandi nomi, e per sognare guardi Hollywood, quando le nostre vere star sono ad un passo da noi.
Tratto da: Mymovies