Il capitale umano – commento al film

IL CAPITALE UMANO
di Paolo Virzì

Il film si apre sui resti di una festa all’Istituto Gregorio XIV, dove annualmente viene assegnato il Premio Cottafavi all’allievo che si è distinto maggiormente negli studi, nello sport e nell’amicizia. Uno dei camerieri ritornando a casa in bicicletta viene urtato e sbalzato fuori strada da un SUV. Il conducente anzichè prestare soccorso, si dà alla fuga.
La storia si sviluppa sui fatti accaduti prima dell’incidente. Ogni personaggio così prende forma e si caratterizza della sua parte nel tutto, come in un palcoscenico. Uno dei principali protagonisti è Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio), proprietario di un’agenzia immobiliare, il quale seguendo i consigli paterni, ha puntato su un lavoro che gli garantisse prima di tutto una sicurezza economica.

«Mio padre diceva sempre:
case e bare non possono mancare»

Ma all’Ossola non può bastare, mette in gioco tutto quello che ha, e anche di più, affidandosi a un ambizioso speculatore senza scrupoli. Galvanizzato dall’idea di poter fare soldi a palate, “subisce” gli eventi che stanno per modificare la sua vita famigliare, eventi che lui non aveva messo in conto.
Roberta Morelli (Valeria Golino) la sua compagna, ha scoperto di aspettare un bambino, è felice e sta ripensando la sua vita in funzione di ciò che verrà. Esercita come psicologa in una struttura pubblica ed è cosciente del fatto che la forte competitività del tessuto sociale sta generando angoscia e inadeguatezza nelle nuove generazioni.

Serena Ossola (Matilde Gioli) nata dal precedente matrimonio (che all’età di 11 anni ha visto fallire per i tradimenti del padre), appare una ragazza disincantata. Conduce una vita quasi banale, adeguata, mimetizzata, senza troppo impegnarsi, finchè non incontra per caso Luca Ambrosini (Giovanni Anzaldo), uno dei ragazzi in terapia da Roberta, che rappresenta per lei lo stimolo per cambiare la propria vita, qualcuno in cui credere e per cui lottare.

Serena interrompe così la sua precedente relazione con Massimiliano Bernaschi (Guglielmo Pinelli), suo coetaneo che se la tira e fa tanto il ganzo, crogiolandosi nella ricchezza profusa dal padre, il quale chiaramente pretende qualcosa in cambio.
Sì, perchè il padre è Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni), speculatore finanziario, lo stesso a cui Ossola si è rivolto. È un personaggio contorto, appare per certi versi un individuo premuroso, sollecito, autorevole, per poi tramutarsi in un tipo dispotico, cinico, che detiene il controllo sulla vita di chi gli sta intorno e persegue solo ciò che può rappresentare per lui un ricavo in termini economici. C’è sempre un prezzo per tutto: da un lato dà, dall’altro prende a tre mani, sentendosi in diritto di ottenere il meglio. Che poi il meglio consista nel peggio per gli altri… beh, pazienza non è un problema suo.

Lo sa bene Carla Bernaschi (Valeria Bruni Tedeschi) sua moglie, una donna sfuggente, che ha una vita agiata, quasi annoiata, apparentemente soddisfatta, invidiabile per certi versi, ma decisamente pagata a caro prezzo.
Chiusa nel suo ruolo di moglie e madre, per pura coincidenza si trova di fronte all’occasione di poter uscire dalla sua gabbia dorata e di ritrovare l’entusiasmo di una passione giovanile, cercando di salvare un teatro, l’ennesimo destinato a venire sacrificato, rottamato e trasformato in appartamenti… o in un supermercato… o per assurdo, in una banca.

«Una banca? Orribile!
Qui se ne dovrebbe fare carico il Comune, la Provincia!
No, dico, in un paese civile… Io sono indignata!»

Ma dovrà fare i conti con una prepotenza soprattutto maschile, che ha una considerazione dell’arte e della donna quale contorno di una realtà oggettiva propria, basata sul ricavarne sempre e comunque un utile. Il voltafaccia è sempre all’angolo, pronto a scattare.

Il film si ispira a un romanzo omonimo dello scrittore americano Stephen Amidon, pubblicato in Italia nel 2005 da Mondadori.

Il capitale umano
di Paolo Virzì
Italia, 2013
Genere: Drammatico
Cast: Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi,
Luigi Lo Cascio, Fabrizio Bentivoglio, Fabrizio Gifuni,
Vincent Nemeth, Matilde Gioli, Gigio Alberti,
Guglielmo Pinelli, Giovanni Anzaldo, Bebo Storti
Sceneggiatura: Paolo Virzì, Francesco Bruni,
Francesco Piccolo
Fotografia: Jérôme Alméras
Musiche: Paolo Virzì
Produzione: Rai Cinema, Motorino Amaranto,
Indiana Production Company
Distribuzione: 01 Distribution

Ma ti rendi conto che non c’è
un solo teatro aperto in tutta la provincia?»

«È una cosa molto grave, amore?»
«Eh..! Sarebbe un regalo bellissimo che faresti a tutti»

«Sì, però abbiate pazienza…ancora Pirandello?
Allora distribuiamo fiale di Valium all’ingresso, non so…»
«Rosanna cara, ancora a combattere
con mezza letteratura del Novecento…

Pirandello è Pirandello, mettiti il cuore in pace!»

 

Un cast appropriato e una colonna sonora che accompagna ed esalta il film, una fotografia purtroppo reale, un’immagine piuttosto malconcia di cosa è diventato il mondo, che offre molto terreno di riflessione.

Il sogno di salvare il teatro è per Carla un momento di rinascita, di riscatto: fa progetti, preventivi, un programma per coinvolgere più persone possibile. Singolare è il consiglio di amministrazione che Carla mette insieme: persone diverse, ognuna delle quali dovrebbe rappresentare una specifica tipologia di pubblico.
Rosanna (Federica Fracassi), un’acida critica teatrale, insopportabile, una snob piena di preconcetti, concentrata sul dissacrare il lavoro altrui, ma nella sostanza non fa nulla di propositivo. Dall’alto del suo scranno si dimentica pure la buona educazione: non saluta e non ringrazia. È così presuntuosa ed egocentrica che antepone se stessa al proprio ruolo, così maldestra da non rendersi conto che con le sue uscite manca di rispetto a chi non la pensa come lei.
È ciò che in effetti succede, con l’interlocutore più anziano, che fa le veci di una generazione che ha visto un passato glorioso del teatro.

«Ho sentito menzionare qui il maestro Pirandello.
Pensate che ebbi l’onore di stringergli la mano nel 1934»

Purtroppo il garbo e l’autorevolezza del suo intervento possono poco di fronte all’arroganza di Rosanna.
Altrettanto può poco il futuro, che non si sente chiamato in causa ad esprimere un parere, rappresentato dall’anonima giovane ragazza seduta accanto, che non spiccica parola.
Del resto Rosanna ha deciso per tutti, lei NON vede un futuro, no?

«Cosa apprezzo io, chiede il professore Rossomanno qui.
Niente! Il teatro è morto!!
Credo che questo sia chiaro a tutti, no?»

«Buono a sapersi visto che perdo ancora tempo
ad insegnarlo nei miei corsi»

È il solo che le sa tenere testa il professore Donato Russomanno (Luigi Lo Cascio), sa che Rosanna sta solo recitando una parte, e per questo non le risparmia il suo sarcasmo. Lui e il signor De Marchis appaiono gli unici disposti a cogliere e ad apprezzare lo sforzo e il messaggio di speranza di Carla.
Ma l’ultimo intervento, però, sembra volergli dare un fine e una fine alquanto banali.

Leda

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