Erano gli anni Settanta, avevo 14 anni e frequentavo il primo anno delle scuole superiori, quando quel giorno una giovane prof che abitava a Vicenza città entrò in classe con un rametto di mimosa. Le stavano distribuendo in piazza quella mattina – ci disse, e guardando quei strani fiori gialli, vivaci, che puzzavano un po’ e che vedevamo per la prima volta, ascoltammo silenziose il suo racconto sul significato di questo fiore e sull’intento con cui si cercava di stabilire un contatto tra le donne, per le donne e con le donne, istituendo la Giornata della donna.
Ero una ragazzina, ma sentii profondamente il significato di quel gesto. Forse perchè vedevo mia madre dibattersi tra la mole di lavori in casa non ancora alleviati dal supporto degli elettrodomestici? Forse perchè se ero lì a scuola era grazie alla sua determinazione, poichè in più occasioni da molti le era stato detto che era sciocco fare studiare una figlia, perchè presto mi sarei sposata e del diploma non ne avrei fatto nulla? O forse, sentivo tutto il significato di quelle parole perchè essendo cresciuta prevalentemente tra maschi sapevo che cosa significava conquistarsi il rispetto e un ruolo in quanto donna tra di loro.
Erano gli anni Ottanta, avevo 21 anni e con un giro di telefonate tra amiche organizzammo di ritrovarci a cena la sera dell’8 marzo, era da un po’ che non stavamo tutte insieme. Quando entrammo nella sala fummo accolte da un chiacchiericcio piuttosto sostenuto e ci scambiammo un’occhiata subodorando il clima che ci sarebbe stato quella sera. Prendemmo posto al tavolo rotondo prenotato per 4 persone accanto a un altro tavolo, dove una coppia avanti con gli anni stava consumando una cenetta romantica. In fondo alla sala alla nostra destra, c’era una lunga tavolata con una trentina di donne di diverse età, dai discorsi si capiva che erano colleghe di lavoro di qualche ditta. Dritta di fronte a noi, distante, un’altra tavolata con una decina di maschi, erano tra il divertito e l’imbarazzato, probabilmente rimasti soli, le rispettive morose a festeggiare da qualche altra parte, avevano deciso di uscire comunque quella sera.
Ci estraniammo e parlammo tra di noi raccontandoci le ultime cose e ricordando avvenimenti passati, quelli divertenti, quelli assurdi, quando, poco prima del dolce, cominciarono i boati da stadio del gruppo di donne. Curioso che quelle più accanite fossero quelle tra i quaranta-cinquant’anni, frasi volgari e offensive nei confronti degli uomini in genere, dei loro stessi mariti o dei colleghi di lavoro… bah…pensammo che quella sera “avessero aperto le gabbie…”. Ritornammo a parlare tra di noi, quando il signore della coppia vicina ci chiese ironicamente come mai noi quattro eravamo così tranquille…al che mi girai e in tono confidenziale gli dissi che noi ci divertivamo tutti i giorni dell’anno e che l’8 marzo lo dedicavamo a riposarci. Rimase un attimo interdetto… gli si aprì un sorriso e ci disse che noi sì avevamo capito come si fa a vivere e scoppiammo in una comune risata. Nostro malgrado fummo spettatori involontari di quel indegno modo di festeggiare una giornata così importante. I toni erano diventati molto accesi, inebriate dall’alcol e da quel senso di libertà a loro così poco famigliare, le loro erano esclamazioni banali tipo “Abbasso gli uomini!! Viva le donne!”. I ragazzi della tavolata in fondo alla sala mostravano chiaramente un certo disagio, appena terminata la cena si dileguarono. Una delle mie amiche sibilò che si vergognava di essere donna di fronte a quell’invadenza inopportuna e sguaiata.
Un triste spettacolo a cui credo molte donne hanno assistito nella pie[a]ga che ha preso la Giornata internazionale della donna nel tramutarsi in “festa della donna”, con fini prettamente commerciali, incosciente celebrazione di tutto ciò che si è sempre combattuto. Si è arrivati persino ad emulare l’uomo trasformandolo in oggetto sessuale, gongolando e sbavando nello stesso modo in cui spesso fin da bambine siamo state infastidite e molestate. Non c’è da stupirsi se questo genere di uomini è stato al gioco, rafforzando dentro di sè il concetto malsano dello sfruttamento sessuale della donna… “infondo non è quello che la donna ha espresso di volere?”. Inorridisco pure ora di fronte a chi ha l’ardire di riproporre le case chiuse per risolvere in superficie il problema della prostituzione, quando si sa benissimo che è un problema molto più profondo.
Sono gli anni Duemila. È il 2014, più precisamente, e ieri 8 marzo volevo scrivere un post sulle donne; ma è argomento da trattare tutto l’anno, credo che in questo giorno sia più giusto parlare degli uomini in senso propositivo.
Se da una parte noi donne dopo questa ubriacatura di falsa libertà e qualche eccessivo senso di onnipotenza, siamo chiamate a ritrovare la giusta misura delle cose, dall’altra l’uomo ha bisogno di riscoprire una nuova identità, più umana e meno fondata sul dio denaro.
Alcuni uomini si sono saputi reinventare trovando una nuova dimensione di vita meno legata alle cose materiali e riavvicinandosi agli affetti famigliari, ritrovando una semplicità e una vita più autentica.
Altri invece non riescono a ritrovare se stessi, non riescono a sopportare questa mancanza di mezzi economici, questa dilatazione del tempo, sentono la famiglia come un peso, come non voluta, talmente erano distratti nel vivere una finzione. Sono ancora là fermi, a chiedersi come sia potuto accadere tutto questo e come sia potuta diventare così miserabile la loro vita, senza rendersi conto che lo è sempre stata. Lo stile di vita frenetico caratterizzato dagli eccessi e dall’inconsapevole schiavitù di bisogni artificiosi hanno oscurato loro la vista impedendo di potersi vedere così, com’erano diventati.
È proprio il caso in questo giorno di spostare l’accento e di posarlo sugli uomini.
Ieri sera ho visto parte della trasmissione “Ferite a morte” del progetto teatrale di Serena Dandini. Ero un po’ restia, dopo le notizie del giorno non avevo voglia di sentire altre brutture, invece sono rimasta davvero sorpresa per il tono ironico, di leggerezza, a volte anche un po’ ilare ma così tanto in profondità, e per le notevoli interpretazioni nel raccontare ciò che quasi ogni donna vive sulla sua pelle. È stata una piacevole sorpresa. Tra le altre apprezzate presenze, quella di Emma Bonino. È sempre stata un esempio importante per me, l’ho seguita nel corso degli anni e, al di là del ruolo politico, è una donna per cui ho sempre provato una certa ammirazione, per il coraggio, la dignità, la sensibilità e la serietà con cui porta avanti i suoi obiettivi.
Donna
Donna delicata come un fiore,
forte come una roccia.
Donna che ami
contro l’indifferenza.
Donna amata, adorata,
esaltata.
Donna avvilita, umiliata,
violentata.
Donna sfruttata, calpestata,
dai diritti negati.
Donna gettata sui marciapiedi
per vendere l’amore.
Donna imprigionata
sotto una pesante cappa di stoffa.
Donna assassinata
in un lontano tragico 8 marzo
per riscattare la nostra dignità.
Donna sposa, madre, amante,
amica, sorella, nonna.
Donna dai mille doveri
e pochi diritti.
Donna dalle mille sfaccettature.
Donna che doni sempre te stessa
a quell’uomo che non ti merita,
a quell’uomo a cui,
nonostante tutto,
continui a donare la vita!
Anna Reggiani
Ecco, credo che la chiave di tutto stia nei sentimenti.
Questa crisi economica se da un lato ci sta impoverendo materialmente, dall’altra ci dà l’opportunità di crescere interiormente.
I ritmi non sono più frenetici come prima: correre per produrre e guadagnare per poter consumare e ricorrere per riprodurre per riconsumare e così via..
La catena di montaggio si è rotta: non occorre più correre perchè il mercato è saturo, si lavora meno, si compra poco, non serve riprodurre e il cerchio si chiude.
È il momento di riscoprirsi, di trovare qualcosa che sostituisca i beni materiali superflui, che ci dia soddisfazione; quindi è arrivato il momento di privilegiare l’essere, non a discapito dell’avere, ma insieme in un tutt’uno, l’uno non deve escludere l’altro.
Non mi sono mai piaciuti gli estremismi, in un modo o nell’altro ci privano di un qualcosa di fondamentale.
Non mi sono mai piaciuti nemmeno gli stereotipi, ci privano delle sfumature che ogni individuo possiede.
Credo che in ogni cosa bisogna trovare un giusto equilibrio che non vuol dire fossilizzarsi in una certezza, ma al contrario mettersi in gioco ogni giorno. Non cercare la perfezione, ma dar spazio alle imperfezioni, a quelle sfumature che se da un lato ci danno insicurezza dall’altro ci consentono di raggiungere obiettivi imprevisti e meravigliosi.
Non mi è mai piaciuta la tendenza che molti hanno di catalogare, mi sento appiccicata addosso etichette che non mi appartengono, mi vogliono costringere ad essere quella che non sono.
Non mi è mai piaciuta la tendenza a giudicare stando fuori, è la paura di mettersi in gioco che ti rende così. Conoscere il profondo di una persona a volte significa mettere in discussione quello che si è, perchè si ha un metro di misura nuovo e diverso. E qui non si deve cadere nell’emulazione, ma ognuno di noi è unico e irripetibile.
Ecco, se ognuno di noi fosse se stesso nella sua essenza, nel cercare di essere migliore credo non ci sarebbe neanche il bisogno di tutte queste impalcature che abbiamo, che altro non fanno che bloccare il meglio di noi in nome di…
In realtà ci impediamo di essere noi stessi perchè fondamentalmente sappiamo di non esserne capaci e ci serve qualcuno e qualcosa che da fuori ci governi, ci imbrigli, ci ponga dei limiti oltre i quali c’è il salto. E se decidi di saltare rischi di trovarti solo, oppure avrai la fortuna di trovare qualcuno simile a te.
Leda
16 marzo 2013
TIENI IL SEGNO: 101 anni e non li dimostra
Era esattamente l’8 marzo 1911 quando in Italia venne introdotta la “giornata della donna” per ricordare le prime conquiste sociali e politiche delle donne.
Dopo 101 anni sarebbe stato auspicabile che questa data fosse semplicemente una ricorrenza “al ricordo“, ma purtroppo siamo ancora qui a parlare di diritti mancati, di violenze subite, che frequentemente passano impunite e di statistiche paurose perfino nei cosiddetti paesi evoluti.
La parità di genere è un obbiettivo lontano da raggiungere senza l’intervento di misure a sostegno della emancipazione femminile, soprattutto nei periodi critici delle economie mondiali, come quello attuale dove il degrado sociale, che consegue alla recessione rischia concretamente di aggravare il problema.
Infatti sono ancora troppi i problemi che le donne si trovano costrette ad affrontare ogni giorno e troppo scarsa è l’attenzione delle strutture e della legislazione sia per quanto riguarda la promozione della parità di genere nel mondo lavorativo e politico, che la tutela degli eventi di violenza sia negli ambienti disagiati e domestici che in territori di guerra: gli stati fanno sempre più fatica a concedere stanziamenti adeguati.
Per questo oggi non festeggiamo ma chiediamo che l’attenzione dei media di tutto il mondo venga indirizzata, senza ipocrisie e luoghi comuni, alla denuncia di una realtà che non vede le donne pari-protagoniste nella vita pubblica e privata in quasi tutto il pianeta.
Le donne credono con convinzione che il futuro sia legato alla loro aspirazione di pace ed uguaglianza di genere ed ogni anno in numero sempre maggiore riescono a fare rete, comunicando tra loro e con gli uomini che vengono coinvolti non come parte del problema ma come soluzione dello stesso. Numerose sono le iniziative che il mondo civile promuove e tra queste finalmente compare la parola solidarietà maschile… continua
La Giornata Internazionale della Donna
La storia della Giornata Internazionale della Donna ha origini eterogenee e frastagliate a causa dell’incostanza della ricorrenza e dei due conflitti mondiali. Dopo che negli Stati Uniti la prima e ufficiale Giornata della Donna fu celebrata il 28 febbraio 1909, l’anno seguente, durante la Seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste si decise per l’istituzione di una giornata dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne.
In Europa e in Italia si iniziò a celebrare nel 1911 in diversi giorni del mese di Marzo. Sono passati cento anni esatti. L’8 marzo 1913 a San Pietroburgo le donne russe guidarono una grande manifestazione che diede inizio alla rivoluzione russa di Febbraio. Il 14 giugno 1921, a Mosca, la seconda Conferenza Internazionale delle donne Comuniste fissò l’8 Marzo come Giornata Internazionale dell’Operaia.
È grazie all’Unione delle Donne Italiane che anche in Italia nel 1944 si riprenderà a celebrare questo giorno e non senza difficoltà, come dimostrano gli scontri degli anni ’60 e ’70. Il 1975 è designato come Anno Internazionale delle Donne e le Nazioni Unite riconoscono la Giornata l’8 Marzo.
Solo nel 1978 in Italia è stata approvata la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Solo nel 1981 il delitto d’onore è stato abrogato.
Ho idea che sia ancora il caso di ricordare le donne che hanno lottato per me…
Le mimose. Sono state scelte come simbolo da Teresa Noce, partigiana anti-fascista, Rita Montagnana, esponente e parlamentare del Partito Comunista Italiano e Teresa Mattei, partigiana, perché fioriscono i primi di Marzo e sono state adottate per la prima volta l’8 marzo 1946 come emblema della manifestazione, il mese precedente al primo suffragio universale della storia italiana. Non si figura nemmeno che negli anni ’50, l’altro ieri, distribuire una mimosa a Marzo significava “turbare l’ordine pubblico”.
di Sarinski
9 marzo 2011
DONNE – ZUCCHERO FORNACIARI (1985)