Un bel spettacolo

Ieri sera ho assistito alla chiusura del laboratorio teatrale della scuola secondaria di 1°grado del mio paese con la messa in scena di Giulietta e Romeo e, brevemente, di altre opere di William Shakespeare. Una splendida rivisitazione dal punto di vista dei ragazzi, per cui non sono mancati i tipici gesti alla Fonzie… “Yeah”, antichi proverbi in dialetto veneto, qualche ola e cori con canzoni di cantautori italiani, pure il “tuca tuca” sono riusciti a inserire in uno sketch che è risultato essere un tenero ballo tra Giulietta e Romeo.

Devo ammettere che mi sono stupita per la disinvoltura dei ragazzi/e, anche con disabilità, tutti insieme, con gesti spontanei e improvvisati hanno arricchito lo spettacolo e molti occhi sono diventati lucidi tra gli spettatori dall’emozione che hanno saputo creare.
Per non parlare del monologo di William Shakespeare: un ragazzino del Ghana che con la sua scioltezza e il suo accento spiccatamente inglese misto a un’esigua cadenza padovana ha riscosso notevole successo… anche al Concerto di Natale ha saputo valorizzare il suo ruolo di solista e devo dire che è un mostro di bravura per come si pone gestualmente e nel gruppo.

È stato piacevole anche il constatare che lo sforzo del Comitato Genitori, di cui sono cofondatrice, nel dotare la scuola di un impianto audio ha consentito una buona amplificazione delle voci e delle musiche d’epoca alternate a quelle attuali, a sottolineare il messaggio che si voleva esprimere e cioè: l’amore.

Anche la nuova dirigente scolastica nel discorso conclusivo prima dei saluti, ha voluto sottolineare l’importanza del bisogno di trovare un’unione tra scuola e famiglia, il sapere esserci come educatori, del sostenere i ragazzi nel sentirsi protagonisti della loro vita infondendo loro coraggio e determinazione.
Ha fatto un certo effetto sentire queste parole, abituati come si è ormai ai discorsi impersonali e di routine di persone che portano avanti il loro ruolo sociale senza entusiasmo e passione.

Seduta tra gli altri genitori assistendo alla proiezione delle foto scattate durante le prove e in altre iniziative scolastiche, vedendo i ragazzi accovacciati sul palco a naso in sù, con le braccia in alto a cantare “I migliori anni della nostra vita”, con esplosioni di gioia ad ogni loro apparire buffo e spontaneo, a vederli abbracciarsi come a quell’età viene facile fare, ho pensato alle parole del Don. Da anni continua a dire a noi genitori, preoccupato, che i ragazzi non riescono più a far gruppo, a entusiasmarsi nel fare quotidiano insieme, la tendenza all’individualismo che inaridisce il loro apporto alla società che da sempre è stato stimolo per le generazioni adulte. Lì c’era questo entusiasmo, l’equipe dei prof è riuscita a crearlo, a volte basta così poco…

Ma la parte più esilarante della serata, visto che domani in Veneto si conclude l’anno scolastico, sono stati i saluti ai prof, individuali, ironici e affettuosi, soprattutto dagli studenti che inizieranno a settembre un nuovo percorso alle superiori. È pure scappata qualche frecciatina maliziosa rivolta agli insegnanti più severi, accompagnata da una risatina generale, e qualche generoso complimento al prof più ganzo della scuola e un po’ i miei pensieri sono riandati ai miei anni di scuola, che come ha detto la dirigente scolastica, non si scordano mai.

Leda

7 giugno 2013

I migliori anni della nostra vita – Renato Zero (1999)

 

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