The Help

Un bel film che parla di donne. Di solidarietà e di coraggio. E del razzismo, una brutta bestia ancora oggi difficile da estirpare.


THE HELP
di TATE TAYLOR

Siamo negli Stati Uniti, più precisamente a Jackson nello Stato del Mississippi, è il 1963 ed Eugenia Phelan, detta Skeeter (Emma Stone), dopo essersi laureata torna a casa dai suoi genitori.
È una ragazza moderna e il suo sogno è fare la giornalista, così per fare pratica trova lavoro al “Jackson Journal”, un quotidiano locale che le affida una vecchia rubrica di economia domestica: Le lettere di miss Myrna. Non si tratta di stilare articoli ma semplicemente di rispondere e dare consigli per le casalinghe. Ma questo è il piano B, perché lei ha in serbo un altro progetto più ambizioso, quello di scrivere per un’importante casa editrice di New York.

Incontrando le sue vecchie amiche, Skeeter si rende conto che sono tutte sposate e relegate al ruolo di madri e custodi del focolare domestico. E mentre i loro mariti sono al lavoro, passano il tempo a sfoggiare abiti, giocare a carte, spettegolare e sfornare bambini bianchi. Della casa e dei figli si occupano per modo di dire, essendo affidati secondo la prassi alle domestiche afroamericane.

Una voce femminile fuori campo ci racconta che durante la sua vita si è presa cura di diciassette bambini bianchi e sa cosa deve fare, come deve comportarsi, conosce tutto sulle loro abitudini, cosa piace loro, ecc.
La voce è di Aibileen Clark (Viola Davis) nata in una piantagione nel 1911 fin da bambina sapeva che avrebbe dovuto fare la cameriera, come sua madre, mentre la nonna era una schiava di casa.

La schiavitù a cui furono ridotti per secoli migliaia di africani deportati dall’Africa per lavorare nelle piantagioni delle colonie, fu abolita e proibita nel 1865 dal Congresso degli Stati Uniti (il Parlamento) con l’approvazione del tredicesimo emendamento della Costituzione americana. Nonostante avessero ottenuto la libertà e il diritto di voto, gli afroamericani furono sottoposti a una forte limitazione dei loro diritti civili.

Aibileen è da tempo che lavora come domestica presso la famiglia di Elizabeth Leefolt, è esperta di faccende domestiche perciò Skeeter le chiede se può aiutarla con le lettere di miss Myrna…
«Miss Myrna sbaglia spesso, meglio dire le cose giuste».
Lavora dalle otto alle quattro, sei giorni a settimana. Si occupa delle casa, della spesa, ma soprattutto si prende cura della piccola Mae che trova in lei un morbido e accogliente rifugio.
«Tu sei carina, tu sei brava, tu sei importante» è un mantra che Aibileen ripete spesso alla piccola per rassicurarla e infonderle fiducia in se stessa, mentre la madre Elizabeth che è in attesa del secondo figlio, è usa centellinare il proprio affetto.

«Miss Leefolt prende in braccio la piccolina non più di una volta al giorno. Miss Leefolt è stata molto depressa dopo il parto, l’ho visto succedere tante volte alle bambine che si mettono a fare bambini».

Siamo negli anni Sessanta, la grande depressione del 1929 è ormai lontana e dopo la fine della Seconda guerra mondiale (1945) gli Stati Uniti vivono un periodo di grande crescita sia economica che sociale, che diventa tangibile con l’aumento della produzione e dell’occupazione. Si registra un boom dei consumi che fa un po’ girare la testa e pare migliorare la vita di tutti, tranne quella della comunità afroamericana che è ancora soggetta alla segregazione razziale, in modo particolare nel Sud degli Stati Uniti. Persiste la convinzione che la razza bianca sia superiore alle altre, un caposaldo dell’ideologia White power.

Skeeter è infastidita dalla mentalità razzista della comunità bianca di Jackson, dissimulata da un perbenismo di facciata. Da tutto ciò le viene l’idea di raccontare le storie delle cameriere, quelle che lavorano per le famiglie dei bianchi, di scrivere partendo dal loro punto di vista per far conoscere come stanno veramente le cose. Un’idea che propone a Miss Elaine Stein della casa editrice di New York.

«Margaret Mitchell ha esaltato la figura della mammy, che dedica la sua vita a una famiglia bianca, ma nessuno ha mai chiesto alla mammy che vita fosse stata la sua». 

Margaret Mitchell nata nel 1900 ad Atlanta nello Stato della Giorgia, è stata una scrittrice e giornalista statunitense famosa per il suo romanzo storico “Via col vento” (Gone with the Wind) pubblicato nel 1936 con cui vinse il premio Pulitzer e dal quale venne tratto il film omonimo di Victor Fleming, un colossal intramontabile del 1939.
Il suo romanzo storico è ambientato negli Stati Uniti del Sud dove l’economia era prettamente agricola e si basava sulle grandi piantagioni di tabacco e soprattutto di cotone, e sul largo impiego di schiavi. L’autrice racconta dal punto di vista delle famiglie del Sud che si sentirono minacciate dall’avanzare del Movimento abolizionista negli Stati del Nord più ricchi e industrializzati, che intendeva proibire la schiavitù in tutta la confederazione. Decisero di ribellarsi nel tentativo di conservare la tradizione e un mondo privilegiato che stava per finire, sulla spinta del vento del cambiamento con la guerra civile americana (1861).

Skeeter si rende conto di quanto gli stereotipi razziali resistano tenaci al progresso, specie in alcune famiglie di bianchi benestanti che paradossalmente affidano alle domestiche nere la delicata cura dei propri figli e al contempo frappongono delle distanze che non hanno senso, come: pranzare in disparte, usare stoviglie proprie, e usare un bagno a parte.
Su quest’ultimo punto si è fissata la scaltra e ambiziosa Hilly Holbrook (Bryce Dallas Howard), presidente della locale Junior League, che si è fatta promotrice di una legge che impone la costruzione di un bagno separato per il personale in servizio presso le loro case. «Separati, ma uguali!» è il suo motto preferito. Non dissimula il suo razzismo, anzi, adduce al fatto che i neri portino malattie e rappresentino un serio rischio per tutti loro. E nonostante tutto, il  Consiglio cittadino dei bianchi ha approvato la legge.

La Junior League è un’organizzazione di donne impegnate a promuovere azioni di volontariato, collaborazione e formazione per un impatto significativo sulla comunità.
La prima Junior League venne fondata nel 1901 a New York City dalla diciannovenne Mary Harriman Rumsey studentessa e debuttante del Barnard College. L’idea fin dal principio era che le donne potessero contribuire in modo significativo alla risoluzione dei problemi sociali e al miglioramento delle comunità attraverso il volontariato.
Sembra quasi disumano vivere così vicini alla sofferenza e alla povertà… a pochi isolati da casa nostra e non avere alcun ruolo in questa grande vita” sottolineava Mary Harriman Rumsey nel rapporto annuale del 1906.
Una delle prime ad unirsi alla Lega giovanile fu Eleanor Roosevelt che aderì nel 1903 quando aveva 19 anni; femminista, impegnata attivamente nella tutela dei diritti civili, coprirà il ruolo di First lady dal 1933 fino al 1945 a fianco del presidente Franklin Delano Roosevelt. Nel secondo dopoguerra si impegnerà per la ratifica della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo da parte delle Nazioni Unite, che ella in un famoso discorso definirà “la Magna Carta di tutta l’umanità” (28 settembre 1948).
Rapidamente la Junior League di New York si ramificò andando a creare altre Junior League sorelle in altre città, le quali nel 1921 si unirono a livello nazionale sotto l’Association of Junior Leagues of America, Inc. (AJLA). L’organizzazione continuò ad espandersi e vi aderirono studentesse più di periferia rispetto alle debuttanti, oltre a giovani lavoratrici e casalinghe più anziane. Intorno alla metà del 1900 si contavano oltre 150 Junior Leagues tra Stati Uniti, Canada e Messico.
Durante gli anni Sessanta l’AJLA statunitense ha continuato a svolgere un ruolo significativo nel promuovere il volontariato e l’azione civica tra le donne, con progetti che riguardavano questioni sociali importanti come il benessere dei bambini, la violenza domestica, il traffico di esseri umani, l’analfabetismo, l’abbellimento delle città e altre problematiche.
La prima a oltrepassare i confini del Nord America fu la Junior Leagues fondata a Londra nel 1985. Ciò portò l’organizzazione ad assumere il nome di Association of Junior Leagues International, Inc. (AJLI ), la cui missione è promuovere la leadership femminile e il cui scopo è esclusivamente educativo e benefico. L’AJLI è attiva negli Stati Uniti, Canada, Messico, Regno Unito e Kenya.

«Queste donne di colore allevano bambini bianchi e dopo vent’anni quei bambini diventano i loro padroni. Noi le amiamo e loro ci amano… ma non possono neanche usare il bagno in casa nostra. Non lo trova assurdo miss Stein?».

Skeeter sa di cosa parla, anche lei è stata allevata dall’amatissima Constantine che è rimasta con la sua famiglia per 29 anni, e sembra sia andata via senza lasciarle neanche una lettera. Ma finisce con lo scoprire che è stata licenziata proprio dalla madre Charlotte Phelan (Allison Janney), per ‘non aver rispettato l’etichetta’ durante un pranzo. Una pretesa un po’ insolita per lei, ma la verità è che temeva il giudizio delle sue ospiti.
«Le figlie d’America mi avevano appena nominata nel loro gruppo dirigente… era diventata così vecchia e lenta…»
È un duro colpo per Skeeter. Questi assurdi pregiudizi, dei quali non si parla mai, vengono tollerati per il quieto vivere e accettati passivamente, mentre gli argomenti più gettonati sono di altro tenore.

«Le giovani bianche di Jackson facevano tanti bambini ma miss Eugenia Phelan no, nessun uomo, nessun bambino».

La madre di Skeeter è preoccupata che la figlia sia ancora nubile, con un certo imbarazzo cerca di indagare: «Ho letto giorni fa che ci sono delle ragazze che hanno… degli squilibri e iniziano ad avere… dei pensieri innaturali…» e blatera di un infuso di radici come cura.
Ma a Skeeter non interessa trovare marito e condurre una vita apparentemente perfetta, le sue aspirazioni per il momento sono altre.
Chiede ad Aibileen di aiutarla raccontandole la sua storia, nonostante abbia paura lei accetta, il coraggio forse le viene dal dolore profondo per il suo unico figlio Treelore morto sul lavoro, dal bisogno di rimuovere dal suo animo la rabbia repressa, perché nessuno lo ha soccorso.

«Un seme cattivo si è piantato dentro di me»

Skipper decide di informarsi sulle “Norme che regolano la condotta dei non bianchi e delle altre minoranze” nello Stato del Mississippi, che sono state stabilite a priori dall’élite bianca. Scopre quanto siano discriminatorie, ingiuste e razziste, ma anche pericolose per quello che loro stanno facendo: “Qualsiasi persona che stampi, pubblichi o faccia circolare materiale scritto che inciti alla pubblica accettazione o all’uguaglianza sociale fra i bianchi e i negri è passibile di carcerazione”.

Minny Jackson (Octavia Spencer) la migliore amica di Aibileen, dal carattere un po’ impertinente ma simpatica, madre di cinque figli e moglie di un uomo violento, le scopre a parlare in segretezza. Ma non intende farsi coinvolgere, almeno fino a quando Hilly Holbrook da cui presta servizio, decide di licenziarla per aver usato di nascosto il bagno famigliare anzichè quello esterno mentre fuori impazzava un tornado. Peraltro istigata dalla stessa Missus Walters (una spumeggiante Sissy Spacek) sempre ‘bastian contrario’ nei riguardi della figlia Hilly.

«Quel giorno a Jackson sono morte diciotto persone: dieci bianchi e otto neri. Dio non bada al colore della pelle quando decide di scatenare un tornado». [voce fuori campo]

Ma Minny non si fa abbattere, e le viene un’idea nel distorcere il significato delle parole del reverendo nel suo sermone: «Se riuscite ad amare il vostro nemico avete già in mano la vittoria». Sapendo quanto Hilly è golosa prepara per lei una torta “speciale” che le costerà però le ire del marito Le Roy, un uomo violento che per ripagare i debiti costringerà la loro figlia a lasciare la scuola e ad andare a lavorare.
Minny trova infine lavoro presso la bionda Celia Foote (Jessica Chastain), una giovane donna tanto avvenente quanto negata padrona di casa, ma buona e generosa e disposta a imparare da Minny, che è reputata la migliore cuoca del Mississippi.
Miss Celia, che un po’ ricorda Marilyn Monroe nel film del 1955 “Quando la moglie è in vacanza” di Billy Wilder, è priva di pregiudizi e dietro la sua apparente disinvoltura c’è tristezza e dolore. Ella anela con tutto il cuore a entrare nel circolo delle mogli della “buona società” di Jackson, che invece tendono ad emarginarla, specie la sprezzante Hilly. C’è una certa ipocrisia in loro, in particolare nel mettersi la coscienza a posto con la raccolta fondi “Contro la fame dei bambini africani”, scordando che anche le loro domestiche hanno dei figli.

«Come ci si sente a crescere un bambino bianco mentre del tuo, a casa se ne occupa qualcun altro?»
«Ci si sente…» [risponde Aibileen sconfortata guardando la foto del figlio sulla parete]
.

Intanto Hilly ha rimpiazzato Minny assumendo come nuova domestica Yule Mae Davis (Aunjanue Ellis), la quale  aspira a far studiare i figli all’università e per questo chiede un prestito agli Holbrook. Hilly finge condiscendenza, in realtà non trae alcun interesse ad aiutarla.

Improvvisamente viene tolta a Skeeter la rubrica del quotidiano locale, intuisce facilmente chi può essere stata e a tempo debito le confezionerà uno scherzetto coi fiocchi. Si butta quindi a capofitto sul suo progetto, ma non riesce a trovare altre cameriere disposte ad aiutarla, sono troppo spaventate. Alla casa editrice frattanto Miss Elaine Stein è entusiasta, ma pretende un numero maggiore di testimonianze per poterle pubblicare in un libro di interviste. Vuole altre storie. E presto, prima che si plachi il polverone dei diritti civili:
«Martin Luther King ha invitato tutta la nazione a marciare con lui su Washington ad agosto. Tanti negri e tanti bianchi insieme non si vedevano da Via col vento!»

Aibileen di ritorno dal lavoro è sull’autobus, quando in strada c’è un po’ di trambusto e i neri vengono fatti scendere …è passato un po’ di tempo dal famoso boicottaggio degli autobus pubblici in Alabama.

Nel 1955 Rosa Parks, attivista del Movimento per i diritti civili, su un autobus pubblico di Montgomery, in Alabama, si rifiutò di obbedire alla regola di cedere il proprio posto ai bianchi. Mesi prima anche la quindicenne Claudette Colvin si era rifiutata di lasciare il suo posto a un uomo bianco. Entrambe vennero arrestate, ma nel caso della Parks il giorno successivo tutta la comunità afroamericana fu invitata a boicottare gli autobus, andando a piedi o usando altri mezzi di trasporto. Un’azione di protesta pacifica guidata da un giovane reverendo Martin Luther King, che durò quasi un anno e dette inizio a numerose altre proteste in molte parti del paese, rendendo la Parks famosa in tutto il mondo.
(Vedi i fatti spiegati bene su ilpost.it)

Agli inizi degli anni Sessanta sugli autobus interstatali cominciarono a salire i Freedom Riders (viaggiatori per la libertà), gruppi di attivisti bianchi e neri che viaggiavano insieme tra gli Stati della costa orientale per contrastare la segregazione razziale sui mezzi di trasporto, che dal 1956 era stata riconosciuta anticostituzionale da una sentenza della Corte Suprema. Ma spesso le leggi venivano osteggiate dalle autorità locali. Gli attivisti subirono violenti pestaggi e vennero arrestati pur non violando alcuna legge, finché Robert Kennedy, Ministro della Giustizia e fratello del presidente in carica, intervenne presso i governatori affinché la sentenza fosse applicata su tutto il territorio nazionale.

Alla radio viene annunciato che Medgar Wiley Evers, l’attivista per i diritti civili è stato assassinato dal KKK nella sua casa a Jackson sotto gli occhi dei figli.

Medgar Wiley Evers che venne ucciso nel giugno del 1963, fu molto attivo nel Mississippi contro la segregazione razziale nelle scuole pubbliche, sulla base della storica sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1954.

Nel 1951 a Topeka nello Stato del Kansas, alla bambina Linda Brown fu negato l’ingresso nelle scuole elementari riservate ai bianchi. Il caso giunse alla Corte Suprema statunitense nel 1954 e portò i giudici a stabilire che la segregazione razziale nelle scuole pubbliche era incostituzionale.
Questa decisione considerata uno dei pilastri del Movimento per i diritti civili, richiese del tempo per essere applicata, specie negli Stati del Sud dove il razzismo era socialmente molto radicato, ma contribuì a smantellare la dottrina del “separati ma uguali”, una pratica che era legale negli Stati Uniti.
La legittimazione della segregazione razziale infatti risaliva al 1896 quando con una sentenza, la Corte suprema statunitense aveva avallato un sistema di dominazione dei bianchi sugli afroamericani determinando la separazione fisica tra bianchi e neri al lavoro, nelle scuole e nei luoghi pubblici, e la predisposizione di strutture e servizi distinti, ma di uguale qualità, questo almeno sulla carta.

Nel 1957 a Little Rock nello Stato dell’Arkansas a nove studenti neri iscritti in una scuola frequentata solo da bianchi, venne impedito l’ingresso con insulti e reazioni aggressive, che portarono il presidente Dwight D. Eisenhower a decidere di inviare l’esercito e a farli scortare affinché fosse loro garantito l’accesso. Ciò non tolse che nei giorni a seguire fossero esposti all’odio razziale molto diffuso, ma rappresentò un altro tassello fondamentale per arrivare al disegno di legge presentato dal nuovo presidente John Fitzgerald Kennedy, il cui iter legislativo nonostante l’ostruzionismo venne portato avanti dal suo successore Lyndon B. Johnson fino all’approvazione da parte del Congresso degli Stati Uniti del Civil Rights Act del 1964, la legge federale che vieta la discriminazione e la segregazione dichiarate illegali su tutto il territorio degli Stati Uniti d’America.
L’esasperazione dei neri nel constatare che nonostante le leggi la mentalità rimaneva la stessa, portò a innumerevoli rivolte che scoppiarono nei ghetti. Era il segno che leader come Malcolm X e la Nazione islamica si stavano imponendo sulla resistenza non violenta di Martin Luther King, che verrà assassinato nel 1968.
Un ulteriore impulso alla lotta per i diritti venne dal Black Panther, il Movimento di liberazione degli afroamericani fondato nel 1966, che divenne noto a livello internazionale in occasione delle Olimpiadi del 1968.

Skeeter è consapevole che stanno rischiando grosso, Minny ha paura, ma Aibileen pensando a suo figlio la invita a continuare, a non fermarsi.

«È morto davanti a me… e aveva 24 anni, Miss Skeeter, sono gli anni più belli della vita. Quando arriva l’anniversario della sua morte io ogni anno non riesco a respirare, ma per voi è solo un altro giorno di bridge».

Se non bastasse Mae Davis viene arrestata in strada, accusata di aver rubato un anello dagli Holbrook e averlo portato al banco dei pegni per pagare l’università ai suoi figli. Tenta di difendersi, ma sotto gli occhi di tutti i presenti viene picchiata violentemente dagli agenti con un bastone.

Ormai si è raggiunto il colmo ed è arrivato il momento X. A Skeeter viene suggerito di andare subito a casa di Aibileen e quando arriva trova tutte le cameriere riunite, tutte determinate ad aiutarla, a raccontare la verità.

Siamo nell’America di Martin Luther King e il suo celebre discorso “I have a dream”, nell’America di John Fitzgerald Kennedy e il suo sostegno al Movimento per i diritti civili, ma anche nell’America della Crisi dei missili di Cuba, della Guerra in Vietnam, della Guerra fredda.

«Il mondo è impazzito miss Skeeter e io ho paura».

In Tv sfilano le auto del funerale di Kennedy…

Il film diretto da Tate Taylor, nato e cresciuto a Jackson (Mississippi) è tratto dal libro The Help (L’aiuto) scritto da Kathryn Stockett, coetanea del regista anch’essa cresciuta a Jackson. Il romanzo che inizialmente venne rifiutato da numerosi agenti letterari, venne poi pubblicato nel 2009 rimanendo per molto tempo al primo posto delle classifiche dei libri più venduti.

Commento: mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca vedere certi atteggiamenti assurdamente irrazionali. Del resto intolleranze e razzismo esistono e resistono tutt’oggi, spesso motivato da un pregiudizio che viene esteso a tutti, anche alle persone che cercano di integrarsi e di migliorare la propria vita.
Fortissima Minnie, mi ha fatto fare delle sane risate, per non parlare di Sissy Spacek che è sempre impeccabile!
Una cosa da notare è che protagoniste di questo film sono solo le donne: alcune autentiche e malgrado tutto coraggiose disposte a mettersi in gioco perchè le cose possano cambiare; altre a cui un sistema patriarcale fondato sul potere e sulla disuguaglianza infondo va bene, basta che i privilegi, i cosiddetti ‘contentini’ dati loro in cambio di… siano garantiti.
Interessante è che gli uomini appaiono a sprazzi come se non contassero niente, perlopiù magnanimi o non conformi al pensiero comune.
Ma in sottofondo rimane l’eco dei ‘puri e duri’ che si sono resi protagonisti di fatti di violenza e di crudeltà registrati dalla Storia.

Perfetta la colonna sonora che ti riporta all’atmosfera dei primi anni Sessanta con brani che vanno dal rock and roll con il famosissimo “Let’s Twist Again” di Chubby Checkere al folk di Bob Dylan e al country di Johnny Cash e June Carter, non manca il rhythm & blues e il gospel della tradizione americana, e un suggestivo brano soul ispirato al film: “The living proof” cantato da Mary J.Blige. “La mia canzone racconta la storia di come siamo tutti sopravvissuti e di come siamo la prova vivente che possiamo superare qualunque cosa”.

Un bel film da vedere… consigliato alle donne che non sanno apprezzare il fatto di essere donne!

Leda

Titolo originale: The Help
Regia di Tate Taylor
USA, 2011
Produzione: 1492 Pictures, Harbinger Pictures
Distribuzione: Walt Disney Pictures

«Cara Miss Myrna, quando taglio le cipolle come faccio a evitare di piangere?» (Skeeter)
«Caspita, è facile. Le dica di tenere un fiammifero fra i denti» (Aibileen)
«Acceso?» (Skeeter)
«No, signora…» (Aibileen)

«Lei mi ha cresciuto mamma»
«non dire sciocchezze»
«Ha lavorato qui 29 anni»
«È una storia di gente di colore. È acqua passata».

«Per favore lei è una donna colta di 23 anni,
vada a cercarsi un appartamento».
(Miss Elaine Stein)

«Il coraggio talvolta salta una generazione.
Grazie per averlo riportato nella nostra famiglia».
(Charlotte)

«Tu sei la mia vera mamma, Aibi».
(la piccola Mae)

«Le garantisco che un giorno scopriranno
che le sigarette uccidono».
(Harold Blackly)

Dialogo tra l’adolescente Skeeter e la sua mammy Constantine:

«Perché ti sei nascosta qui, piccola?»
«Per non dire alla mamma che nessuno mi ha invitata al ballo…»
«E allora? Certe cose uno le può anche non raccontare, giusto?»
«I ragazzi mi trovano brutta. La mamma è arrivata terzultima al concorso Miss Carolina del Sud.
«Tu la devi smettere di piangerti addosso, piccola, questo sì che è brutto. Il brutto è una cosa che ti viene da dentro. È cattivo e fa male, come quei ragazzi. Ma tu non sei come loro, vero? [Skeeter fa di no con la testa] Non penso proprio, tesoro. Ogni giorno… Ogni giorno che non sei sottoterra, quando ti alzi la mattina, devi prendere delle decisioni. Ti devi sempre fare questa domanda: “Ci voglio proprio credere a quelle brutte cose che mi dicono quegli stupidi, oggi? – Mi ascolti? – Ci voglio proprio credere a quelle brutte cose che mi dicono quegli stupidi, oggi?” Hai capito? Per quanto riguarda la tua mamma, non se l’è scelta la sua vita, le è capitata. Ma tu… tu farai qualcosa di bellissimo con la tua. Aspetta e vedrai».

Alla grande stagione dei diritti civili degli anni Sessanta nella speranza di vedere realizzato “il sogno” di Martin Luther King, seguono decenni di conquiste per gli afroamericani e l’entrata sulla scena politica di grandi personalità. Ma ciò non ha impedito il realizzarsi di clamorosi episodi di violenza a danno dei neri, specie da parte delle forze dell’ordine.
Nel 1991 il tassista nero Rodney Glen King è vittima di un violento pestaggio da parte di diversi agenti della Polizia di Los Angeles, che viene ripreso in un video amatoriale e trasmesso in TV. Il fatto provoca disordini in città, e quando gli agenti vengono assolti, Los Angeles viene messa a ferro e fuoco. Le immagini o l’audio del pestaggio sono stati ripresi in più occasioni da film e brani musicali.
Negli anni la lista delle vittime di soprusi si allunga, nel 2013 per chiedere giustizia contro le morti di cittadini neri in seguito ad azioni della polizia o durante la custodia in carcere, viene fondato il movimento Black lives matter (Le vite dei neri contano) da tre attiviste afroamericane: Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi, che si diffonde rapidamente.
Nel maggio 2020 l’ennesimo omicidio, quello di George Floyd che viene arrestato dalla Polizia di Minneapolis, immobilizzato a terra viene soffocato con un ginocchio premuto sul collo da uno dei quattro agenti appartenente alla comunità bianca.
Un altro afroamericano morto durante un arresto condotto con estrema violenza dalla Polizia che scatena molte proteste su tutto il territorio degli Stati Uniti d’America, specie quando il video e il passaparola cominciano a diffondersi nel Web.


The Living Proof – Mary J. Blige (2011)

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