Ci vuole un fiore – Sergio Endrigo (1974)
Erano gli anni 60 e alla scuola elementare (quella che ora chiamiamo scuola primaria) raramente capitava che le giornate fossero scombussolate da qualche avvenimento.
Si scalpitava sui banchi quel mattino, si faceva fatica anche a mantenere l’attenzione alla lezione perchè sapevamo che durante il merendino saremmo usciti tutti quanti, tempo permettendo, in cortile. Era il primo giorno di primavera, ma non solo, il 21 marzo era anche la Festa degli alberi.
Sapevamo che a un certo punto sarebbe entrata la bidella per avvertire che era giunta l’ora di andare, svelti saremmo usciti dai banchi, esortati dalla maestra: “piano… fate con ordine! Mi raccomando! Non facciamo brutte figure…” tenendosi per mano, in fila per due, saremmo usciti disciplinatamente nel cortile in ghiaino.
Mantenendo le file, le une accanto alle altre, ci saremmo disposti di fronte agli alberi che sorgevano lungo il lato est della scuola ad attendere il direttore scolastico, che avrebbe fatto un breve discorso sul rispetto della natura, lasciando il posto al parroco che avrebbe impartito la benedizione con l’acqua santa.
Nella storia delle religioni l’albero è carico di importanti significati: come simbolo di vita inesauribile, viene associato alla fecondità e all’immortalità. È simbolo di vita soprattutto nel rappresentare il cosmo vivente che ininterrottamente si rigenera; ciò si esprime nelle concezioni secondo cui l’universo stesso, quale unità vivente, è rappresentato come un albero.
Il simbolismo dell’albero si trova anche nei testi biblici con l’albero della conoscenza e l’albero del bene e del male.
Le popolazioni celtiche e i romani, con le loro usanze ed i loro culti, precorsero l’odierna “Festa dell’Albero”; questi infatti erano tutelati e conservati anche per motivi legati alla religione ed era consuetudine consacrare i boschi al culto delle divinità dell’epoca.
La cerimonia si sarebbe conclusa intonando tutti insieme “Fratelli d’Italia”. L’inno nazionale ci rendeva tutti un po’ più uniti, un po’ più orgogliosi, nonostante gli strafalcioni e le storpiaggini perchè, dai… per il linguaggio un po’ desueto, il contenuto non si prestava molto ad essere compreso da noi ragazzini e spesso arrecava un certo imbarazzo perchè non si capiva bene a cosa si riferisse.😊 Però il ritmo dava energia e volontà, e quello bastava per coinvolgerci nel sentimento.
Una volta sciolte le file cominciava il divertimento, perchè diversamente dal solito, saremmo rimasti a lungo in giardino a fare merenda e a chiacchierare. Se era una bella giornata di sole, a volte capitava addirittura di andare in passeggiata e la mattinata si sarebbe conclusa in bellezza. Questo accadeva negli anni 60, ma quando andai alle medie (quella che ora è la scuola secondaria 1° grado) non è rimasto nei miei ricordi alcun avvenimento del genere, forse si limitava solo a parlarne in classe, magari nell’ora di scienze. Poi, a quanto ne so, c’è stato un tempo in cui si è smesso di fare queste “adunate” e la Festa degli alberi ha perso il suo valore, ricordata qua e là, con una poesia o una filastrocca, solo da qualche maestra volenterosa che aveva serbato qualche ricordo vissuto da bambina.
ALBERI
Sempre fermi, sempre ritti,
sempre zitti,
come impavidi soldati,
stanno i buoni alberi, armati
sol di foglie e fiori e frutti,
di cui fanno dono a tutti.
Tutto danno quel che hanno
e per sé tengono solo
un gorgheggio d’usignolo
un fischietto di fringuello
un sussurro di ruscello.
Diego Valeri
In passato era diffusa la messa a dimora di nuove piante in occasione di feste, ricorrenze ed avvenimenti. Si ritiene che la “Festa dell’Albero”, sebbene risalga a più di un secolo fa, mantenga il valore delle sue finalità, oggi sempre più attuali, per creare una coscienza ambientalista sia nella società che nelle generazioni future.
In tal senso il 29 gennaio 1992 è stata promulgata la Legge n. 113 con la quale, secondo gli indirizzi definiti nel piano forestale nazionale, ogni Comune è tenuto a porre a dimora nel territorio comunale, un albero per ogni neonato registrato all’anagrafe. Una Legge civilissima che però non ha trovato, per la cronica mancanza di fondi, un’adeguata applicazione nel nostro Paese.
Quando nacque il primo dei miei figli ricordo che ricevetti l’invito a partecipare alla cerimonia presenziata dal sindaco, durante la quale sarebbe stato piantato un alberello dedicato ad ogni bambino nato durante quell’anno. Fu un’iniziativa bellissima, molto sentita e partecipata, all’esile tronco fu apposto un cartellino in cui erano descritte le caratteristiche della pianta e portava il nome del bambino assieme al quale sarebbe cresciuto. Lo stesso sull’attestato consegnato alla famiglia, sul retro del quale era stata apposta una piccola mappa che indicava il posto preciso dove era stato piantato il suo alberello.
Peccato che il luogo fosse distante, un pezzo di terra nella zona artigianale tra i capannoni, così buona parte degli alberelli morirono un po’ per l’inquinamento e un po’ per l’incuria. Se si fosse optato per un luogo più accessibile, sarebbe stato bello portare il bambino a fargli visita durante le passeggiate e imparare a prendersene cura. In breve tale iniziativa fu dismessa.
LA FESTA DEGLI ALBERI
Ho sentito spesso mio padre esprimersi negativamente sullo sradicamento sconsiderato degli alberi e il riempimento dei fossi che era avvenuto in pianura durante gli anni Ottanta, andando ad incidere così sulla capacità di ritenzione idrica del terreno e sul rischio di erosione dei suoli causato dagli agenti atmosferici. Tutto ciò era stato fatto per guadagnare terreno da coltivare, o meglio da sfruttare, poichè si era abbandonato anche il metodo dell’alternanza e rotazione delle coltivazioni, tecnica che avrebbe salvaguardato la fertilità del terreno agrario. La brama di ricchezza e l’avidità sono cattive consigliere e ai nostri errori prima o poi la natura presenta il conto.
A tal proposito mi è capitato spesso di pensare a un episodio che successe proprio in quegli anni nella zona collinare in cui abitavo. Alcuni anni prima, una famiglia aveva ristrutturato la propria casa situata sotto al monte. A fianco ad essa scendeva un ruscello e non so precisamente per quale motivo, ma decisero di deviarne il corso bloccandolo. Avvenne che l’acqua non trovando sbocco defluì a livello sotterraneo, ciò non comportò nulla poichè in quegli anni pioveva talmente di rado che, mi ricordo, non avevo neanche un ombrello in casa. Ma venne un periodo come quello attuale, in cui pioveva continuamente e a dirotto, tanto che la terra fradicia, non riusciva ad assorbire tutta l’acqua. Il monte oltretutto aveva subito un disboscamento, e sappiamo bene che le radici degli alberi contribuiscono a trattenere la terra. La combinazione di questi tre fattori: l’abbondante pioggia, il disboscamento e l’acqua deviata provocò uno smottamento tale che il monte franò e riempì letteralmente fino al soffitto tutta la casa! Mi ricordo quanto rimasi sbalordita di fronte a tutto quel fango… era così tangibile l’impotenza dell’uomo di fronte alla natura!
Sarebbe stato fin troppo facile attribuire la colpa a madre Natura, ma era evidente che si erano ignorate alcune regole che i nostri nonni e i nostri padri conoscevano bene! Non è che si possa fare quello che si vuole, la natura ha un equilibrio che va rispettato e tutelato.
Leda
Nessuno di noi può delegare agli altri la responsabilità di fare qualcosa: ciascuno ha il dovere di vivere nel rispetto della natura e delle leggi che la regolano.
Non basta accusare i responsabili principali del degrado ambientale, il problema è molto più profondo e generale. Il saccheggio e lo spreco dei beni dell’ambiente in cui viviamo non possono essere giustificati neppure da una grave condizione di bisogno: ogni guasto arrecato alla natura moltiplica i suoi effetti negli anni futuri.
A PIANTAR UN ALBERO
“Lui ha una sua logica di essere qui
Tutto ha diritto a vivere
anche questo albero”
L’albero di Tiziano Terzani