Il grande Gatsby

«Negli anni in cui ero più giovane e vulnerabile mio padre mi diede un consiglio: “Cerca sempre di vedere il lato migliore della gente”, mi disse. Di conseguenza tendo ad astenermi da ogni giudizio, ma persino io a volte non ci riesco. A quei tempi tutti noi bevevamo troppo, più eravamo in sintonia con i tempi più bevevamo e nessuno di noi apportava qualcosa di nuovo. Quando tornai da New York ero disgustato…disgustato da tutti e da tutto; soltanto un uomo sfuggiva al mio disgusto: Gatsby».

In una Long Island proiettata al futuro ed eccitata dalle promesse dell’età del jazz, si intrecciano le vite di Nick Carraway (Tobey Maguire) − voce narrante del romanzo e del film − e del suo misterioso vicino di casa: il ricchissimo signor Gatsby, promotore di feste orgiastiche e dissolute che allietano le serate di tutti i newyorchesi accorsi ad assistervi. Ma chi e cosa si nasconde dietro la ricchezza del giovane rampollo? E perché lo vediamo perso a rincorrere una luce verde posta sull’altra parte del molo, a far da faro nelle eleganti vite di Tom Buchanan (Joel Edgerton) e di sua moglie Daisy, cugina di Nick e vecchia conoscenza di Gatsby?

 

Baz Luhrmann, fedele fino in fondo alla sua filmografia (Moulin Rouge, Australia, Romeo+ Juliet), prosegue senza sosta il racconto sugli eccessi e i deliri di una società immortalata nella sua doppiezza e nella sua opulenza, colta nelle contraddizioni più profonde fra il desiderio di guardare avanti e quello di replicare i fasti del passato. E nella falsità dell’immagine cinematografica si racconta quella porzione di mondo così simile alla nostra − seppur invecchiata di quasi un secolo − in cui ricchezza e miseria si muovono sull’ottovolante delle contrattazioni di borsa, dell’opportunismo dei rapporti umani, della spasmodica corsa verso il successo. Successo che passa, come tutte le grandi narrazioni, attraverso l’ossessione per la donna amata, young and beautiful, come la canzone scritta da Luhrmann con Lana Del Ray che fa da contraltare a tutto il film.

Fonte: nonsolocinema.com

Se il biografo Andrew Le Vot afferma di Francis Scott Fitzgerald, che con l’omonimo romanzo da cui è stato tratto il film “riflette, meglio che in tutti i suoi scritti autobiografici, il cuore dei problemi che lui e la sua generazione dovettero affrontare… In Gatsby, pervaso com’è da un senso del peccato e della caduta, Fitzgerald assume su di sé tutta la debolezza e la depravazione della natura umana”. (wikipedia)

Commento: Baz Luhrmann ci ripropone un film su cui riflettere, sulla debolezza e la depravazione che caratterizza anche il nostro tempo, è il passato che si ripropone ma in forma ben peggiore. Credo che questo sia uno dei motivi per cui il film è stato accolto gelidamente dalla critica. Riflettendo sui contenuti ci sono evidenti analogie con l’epoca recente:

  • l’opulenza che genera spreco delle risorse, corruzione, cinismo, cafoneria dei nuovi ricchi,
  • la frenesia che stordisce e si tenta di replicare ossessivamente con gli eccessi: abuso di farmaci, di alcol, di sesso…la follia chimica,
  • la violenza e la sopraffazione sulle donne chiuse in un cliché da vamp fatali e di contorno,
  • la paura di perdere il predominio e il razzismo,
  • il cinismo e la mancanza di fede in sé e negli altri,
  • l’opportunismo a discapito del bene comune,
  • l’arrivismo e l’ipocrisia, il non sapersi accontentare, al costo di tradire se stessi e chi ci sta vicino.

Gli ingredienti, insomma ci sono tutti… anche la solitudine e l’inadeguatezza.
DiCaprio interpreta in tutto il suo splendore il grande Gasby, che a mio avviso ha due letture: la prima riguarda la bellezza del suo sogno e del suo amore:

Mi ricordai di come eravamo tutti venuti da Gatsby con il sospetto della sua corruzione, mentre lui stava in mezzo a noi nascondendo un sogno incorruttibile.

«Tutto questo è solo frutto della tua immaginazione?» (Daisy)
«No, tu eri sempre presente, in ogni idea, in ogni decisione e se qualcosa non è di tuo gusto, io la cambierò». (Jay)
«È perfetto, come la tua perfetta, irresistibile immaginazione». (Daisy)

Ma l’amore non è perfetto.

La seconda lettura riguarda il suo sogno che si tramuta in illusione:

È possibile che Gatsby si fosse reso conto che il colossale significato di quella luce verde era svanito per sempre. Adesso era di nuovo, solo una luce verde su un pontile e dal suo elenco di oggetti incantati, ne era sparito uno.

La luce verde, quella da raggiungere, rappresenta il sogno americano: realizzare il proprio destino costruendolo con le proprie mani attraverso il duro lavoro, il coraggio, la risolutezza e preoccupandoci anche degli altri.
Ma l’amore per Daisy trova spazio in questo sogno?

Il 1922 negli Stati Uniti è il periodo del Proibizionismo e della prosperità economica che seguì la fine della Prima guerra mondiale (1915-1918), mentre l’Europa era alle prese con la ricostruzione. Gli anni Venti sono riconosciuti come gli Anni ruggenti (Roaring Twenties), un’epoca di grande fermento culturale e sociale, caratterizzato anche da una forte crescita economica e dalla diffusione della cultura popolare, inclusa la musica jazz. A porre fine a quest’epoca e al sogno che portava con sé fu la Grande depressione con il crollo di Wall Street del 1929.

Jay Gasby dopo la guerra, anziché tornare e condividere il suo sogno con Daisy ha puntato sul possedere una ricchezza materiale da offrire a Daisy, insieme al suo amore. E Daisy risponde:

«Vorrei poter scappare lontano da qui!»

sta a significare quale era la sua priorità. E Jay:

«Scappare non è una cosa rispettabile».

Ma che cosa è rispettabile in quello e questo mondo? E in base a quale criterio?

L’attrice Carey Mulligan mi è piaciuta molto, ha reso benissimo l’idea di una Daisy languida, debole, rinunciataria, proprio l’immagine di donna che un uomo prepotente come il marito Tom desidera. Una donna manipolabile, corruttibile, facile da gestire.

Ma pure Daisy ha due letture: è anche sensibile, delusa, disillusa e sola:

«Quando è nata [la figlia], Tom era Dio solo sa dove e Dio sa solo con chi, e io ho chiesto all’infermiera se era un maschio o una femmina. Lei ha detto che era una femmina e io ho pianto. Sono contenta che lo sia e spero che sia anche stupida, è la cosa migliore per una ragazza in questo mondo: essere una bella oca giuliva. Tutte le cose belle e preziose svaniscono così presto…e non tornano più».

La felicità che traspare dal parco di divertimenti nel palazzo di Gatsby è una felicità fasulla che si fonda sulla spettacolarizzazione e che termina con la fine della festa.

Mi è piaciuta questa frase di Jordan Baker, l’amica di Daisy, per il contrasto del concetto di intimità che esprime:

«Adoro le grandi feste, sono così intime, in quelle piccole non c’è nessuna privacy!»

Era venuto da così lontano, e il suo sogno deve essergli sembrato così vicino da non credere di non poterlo afferrare, ma non sapeva di averlo già alle spalle. Gatsby credeva nella luce verde, nel futuro orgiastico che anno dopo anno si ritira davanti a noi. Ieri c’è sfuggito, ma non importa, domani correremo più forte, allungheremo di più le braccia e un bel mattino…
Così continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti senza posa nel passato!

Orgiastico: nell’estensione del termine, [che manifesta o produce sfrenatezza, licenziosità, ecc.: esaltazione orgiastica] ≈ convulso, esagitato, forsennato, frenetico, sfrenato. (Vocabolario Treccani)

La riflessione a cui mi porta questa frase, è che la ricerca continua di un futuro che esalti il nostro essere ed esistere attraverso la ricchezza materiale, è destinato a perdersi, e a ripetersi di continuo; è attraverso l’amore che ogni nostra scelta ci porta sempre più avanti e sempre più in alto, sia come individui, sia come società.

La colonna sonora pur contenendo pezzi attuali, alcuni piuttosto forti ma che ci stanno a pennello, contribuisce decisamente a creare l’atmosfera. In particolare la bellissima e sensuale voce di Lana Del Rey conferisce un che di toccante al personaggio di Daisy.

Leda

Titolo originale: The Great Gatsby
di Baz Luhrmann
Australia, USA, 2013
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
Fotografia: Simon Duggan
Montaggio: Jason Ballantine
Produzione: Bazmark Films, Red Wagon Productions
Distribuzione: Warner Bros. Italia

«Il concetto è che la civiltà sta andando a pezzi. Hai letto il libro di un certo Goddard: “L’ascesa degli imperi di colore”? L’idea è che dipende da noi, la razza dominante, di fare attenzione sennò le altre razze prenderanno il controllo». (Tom)
«Tom sta diventando profondo, legge libri seri con lunghe parole…». (Daisy, ironica)
«È dimostrato, è scientifico!». (Tom)
«Dobbiamo sottometterli…». (Daisy, ironica)

Il suo sorriso era uno di quei rari sorrisi che capita forse di vedere quattro o cinque volte nella vita, pareva comprenderti e credere in te, tanto quanto tu vorresti essere compreso e ispirare fiducia.

L’uniforme nascondeva la verità del suo essere un giovane squattrinato, ricco soltanto della grandiosa visione che aveva di sé.
«Ho sempre saputo che potevo elevarmi, ma solo se mi fossi elevato da solo».

«Jay!… loro sono tutti marci! Tu da solo vali più di tutti loro messi insieme» (Nick).

Un ufficiale era in macchina con lei, era Gatsby e la guardava nel modo in cui tutte le ragazze vogliono essere guardate.

Non si può ripetere il passato…

Lei rende tutto splendente.

«Sapevo che baciando quella ragazza sarei stato per sempre sposato a lei. Perciò mi fermai, mi fermai e…e aspettai. Aspettai ancora un momento».
Sapeva che la sua mente non sarebbe mai stata libera di spaziare come la mente di un dio. Che l’innamorarsi avrebbe cambiato il suo destino per sempre.
«…e solo allora mi lasciai andare».

E quella fu anche la notte in cui mi resi conto della straordinaria propensione di Gatsby alla speranza, un dono che non ho mai riscontrato in nessun altro, e che difficilmente riscontrerò ancora… e il tutto era per lei: la casa, le feste, ogni cosa».

Mi amerai ancora
quando non sarò più giovane e bella?


Young And Beautiful – Lana Del Rey (2013)

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *