L’olmo della Decima

La decima è una contrà che si trova poco distante dalla chiesa di San Zeno, e una volta era una grande corte con due grandi granai, uno sotto e uno sopra, dove la gente di una volta andavano a consegnare il frumento e il granturco della decima parte di quello che si ricavava dai campi, che sarebbe stata come una tassa di quelle che si pagano adesso.
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Per farsi un’idea di cosa era l’olmo della Decima, basti pensare che sei uomini non erano in grado di abbracciarlo, e che sotto la sua ombra potevano stare benissimo cinquanta, sessanta carri e che una squadra di ragazzi poteva giocare a calcio o a bandiera senza mai esporsi al sole. Sotto la sua ombra c’era una frescura che non trovavi sotto nessun altro albero e lo avevano capito bene anche gli zingari che, in luglio-agosto, vi si rifugiavano con due o tre carovane ogni anno.
Quando c’era la cavalleria a Montagnana, i militari andavano sotto l’olmo a fare scuola, e in tempo di guerra i tedeschi, anche quando era senza foglie, mettevano sotto i loro mezzi militari perchè non fossero visti dagli aeroplani americani.
Salirci sopra non era mica tanto faticoso perchè il muro ti faceva da scaletta, ma invece per andare in crìchigna (sulla cima?) la cosa era differente. Una volta sono andato sù anch’io: mi sono visto perso, mi pareva di essere in un bosco e l’ombra era così gagliarda (fitta) che pareva di essere all’imbrunire.
Quando salivano gli altri sulla cima, mi mettevo lungo la stradella per vederli e mi parevano piccoli più che mai.
D’estate nell’olmo c’era un tripudio di uccelli e di nidi, la maggior parte di averla, fringuello, picchio e pettirosso, ma da quando quella bolgia di san Zeno sono andati là sopra per farsi un posto per giocare a carte, questi uccelli sono andati via tutti.
Nelle osterie o dal barbiere, quando si parlava del’olmo della Decima veniva fuori di tutto. C’era uno era convinto che, per conto suo, l’olmo era una delle sette meraviglie del mondo. Un altro diceva che al tempo della guerra del ’15 era venuta, di nascosto, a vederlo la Regina Elena. Un altro ancora diceva che l’aveva fatto piantare Napoleone, ma l’olmo di sicuro era tanto più vecchio, e c’è poco da credere anche a quelli che dicevano che le radici dell’olmo arrivavano fin sotto la chiesa di san Zeno. Poi c’era quello che diceva che l’olmo lo avrebbero piantato i frati del vicino convento di San Giorgio. Il maestro del paese diceva invece che forse dove c’è la Decima, [zona] del Chisogno, c’era un grande bosco e che poi avrebbero rimosso tutti gli alberi e avrebbero lasciato quello lì perchè, forse, segnava il confine. Ma io dico che quando e come è nato non lo sa nessuno e non lo saprà mai nessuno. Si poteva invece stabilire quanti anni aveva quando è stata presa la vergognosa decisione di buttarlo giù.
Avevo un amico che da tanti anni era andato a vivere a Torino e che ogni tanto veniva qua a vedere il suo paese dove è nato. Mi ha raccontato che quando non ha più visto l’olmo della Decima è stato come che se avesse preso una schioppettata nel cuore. E poi ha proseguito: “ Ma quelli del Comune dove erano? Perchè quell’olmo lì non aveva un padrone, ma era di tutti. Sarebbe stato meglio che a quello che ha dato l’ordine di toglierlo, quel giorno lì, gli fosse venuta una malattia. Perchè, vedi, se ci fosse ancora, a Montagnana verrebbe più gente per vedere l’olmo che non quanto per vedere le mura e il duomo”. E quando mi diceva queste cose gli veniva da piangere.

Tratto dal libro: Có cantava le rejèstole – Raccolta di racconti di Bepi Famejo, 1998

P.S.: Nella traduzione spero di non aver fatto eccessivi errori, nel caso chiedo venia, molti termini dialettali variano spesso da paese a paese, alcuni nel tempo sono stati dismessi,

Testo originale in dialetto veneto