Diario di scuola – ricordi

Si inizia alla scuola dell’infanzia

e non si finisce mai d’imparare…

Ricordate la foto di classe delle elementari?

Tutti belli in fila col grembiulino nero e un gran fiocco,

 

 

c’era una specie di gara tra noi ragazze

a chi aveva il fiocco più gonfio

e poi si aveva il colletto in pizzo per essere più carine.

 

I maschietti invece avevano la casacca… he he …da duri

 

Alla scuola media invece si andava più “sbragati”

ognuno con il suo stile:

curato, trasandato, alla moda, alla

desaparecidos…

 

e c’era il figo…ve lo ricordate?
Tipo questo qua…
…naturalmente irraggiungibile

 

 

E poi c’era la bella ragazza acqua e sapone…

che non filava nessuno… e

e… soprassediamo sul comportamento dei ragazzi

che è meglio…

 

E quindi le superiori…

là ne succedevano di tutti i colori!

Si apriva un nuovo mondo!

Ecco alcuni aneddoti di scuola raccolti qua e là,

quelli che a pensarci dopo tempo
ci fanno venire le lacrime agli occhi dalle risate,

oppure quelli che ci hanno fatto battere il cuore,

o ancora quelli che vorremmo non fossero mai accaduti…

Vamos… si comincia

Ricordi

Mi ricordo il mio primo giorno di scuola alle elementari. Essendo la quinta di sei fratelli ero orgogliosa di entrare a far parte di quella comunità e di poter “passare di grado” e avendo frequentato la scuola dell’infanzia, ero felicissima quel giorno. Ma guardandomi intorno vedevo molti ragazzini che piangevano e mi chiedevo come mai, che cosa mi aspettava… e ne rimasi disorientata. Chiesi allora ai miei fratelli maggiori che mi rassicurarono che non mi sarebbe accaduto nulla e che quei bambini piangevano perchè non erano abituati a stare da soli.
Un mio amico d’infanzia più grande, a distanza d’anni mi raccontò che si ricordava di me e di quel giorno: ero ferma all’entrata del cortile con le treccine e il grembiulino nero con un enorme fiocco celeste, e nonostante sembrassi un po’ smarrita sorridevo felice di iniziare una nuova avventura.

In prima media invece, in una delle prime settimane di scuola la prof mi incaricò di attaccare i disegni alla parete. Ero in bilico sopra la sedia indaffarata con i disegni sotto al mento e il nastro adesivo in mano a spezzarne dei pezzetti, naturalmente con i denti, quando mi si avvicinò un compagno di classe e premuroso mi chiese se poteva aiutarmi. Beh che dire? Era carino (somigliava un po’ al povero Taricone, parlava anche in modo simile), molto serio (si era trasferito da un’altra città e avendo perso un anno di scuola era di un anno più grande), un vero gentleman… che “volevo di più dalla vita”?  Ho risposto con un timido sì (avevo gli occhi di tutte le ragazze puntati addosso) e lui mi aiutò e approfittò dell’occasione per sapere qualcosa di me, visto che non avevamo mai avuto occasione di parlarci.

Venne che mesi dopo ci fu la gita sulla neve. Io e la mia compagna di banco, amica d’infanzia, eravamo sulla pista delle slitte dove riuscivamo a malapena a fare pochi metri perchè era poco battuta e piena di buche. Allora questo ragazzo insieme a un altro compagno (carino e simpatico pure lui) ci chiesero se andavamo con loro nella pista da sci. Che dire…?   Ci mettemmo vicino al bordo che delimita le piste in modo da non dare fastidio agli sciatori e lì sì che si voolavaa!!!!
Poi ci scambiammo e salii sulla slitta di questo ragazzo, ma partimmo da molto più in sù per cui… mamma mia! la slitta prese una tale velocità che l’adrenalina andò a mille… e pure lo spavento! Ma mi divertii assai. 😀

Sul pullman durante il viaggio di ritorno, che fece questo ragazzo? Volle a tutti i costi sedersi accanto a me e nonostante cercassi una scusa per evitarlo, non ci riuscii e già preventivavo cosa sarebbe successo! Dopo un po’ cominciarono le battutine maliziose e ben presto l’invidia corrose gli animi e diventammo i bersagli preferiti. Persino la  prof di matematica anzichè chetare le acque prese parte, divertendosi come una matta.

Che fare? Tanto… 😳 ogni protesta valeva aumentare la presa in giro, per cui non restava altro da fare che rassegnarmi e godermi la compagnia del ragazzo più ambito della classe!!

Io invece sono nata all’estero, i miei genitori avevano stabilito che in casa si doveva parlare italiano. Questo perchè non sopportavano di vedere che i figli di tanti loro amici non conoscevano una parola della loro lingua madre… Io parlavo italiano ma di sicuro allo stesso modo di un bambino nato e cresciuto in Italia. Quando hanno deciso di rientrare in Italia avevo quasi 7 anni. Che trauma ritrovarmi a scuola con bambini che mi deridevano per la mia pronuncia e per gli errori di grammatica che facevo!
Mi facevano il verso… allora ho imparato ad attaccare. Chiunque osasse ridere di me se la doveva vedere con le mie mani (e spesso anche piedi) ma piano piano hanno smesso di ridere di me perchè troppo impegnati a piangere di sè!

A me alle elementari… se c’era una cosa che non ho mai sopportato erano i bugiardi. Avevo una compagna che mi stava un pochetto sulle balle…
Un giorno era arrivata a scuola senza compiti perchè non era riuscita a fare i problemi. Ha cominciato a pregarmi di farglieli copiare e dopo varie insistenze mi ha promesso che se glieli facevo copiare mi avrebbe regalato delle penne e dei colori…………….io accettai, copiò i compiti……………… ma  le penne e i colori non li ho mai avuti  🙁
lei però all’uscita da scuola ha preso un bel pò di botte!

Nel mio istituto delle scuole superiori, avevamo l’orario scolastico che prevedeva dei pomeriggi, per cui potevamo usufruire della mensa scolastica fornita dal Comune. Solo che dalla stessa cucina prima portavano i pasti alla scuola materna, poi alla scuola elementare, quindi alle medie e per ultimi arrivavamo noi delle superiori. Lascio immaginare come arrivava il cibo dentro gli appositi contenitori! Sì perchè la preparazione avveniva per tutti contemporaneamente!
Il riso in bianco in particolare si prestava a strani giochetti…

…una mia compagna un giorno s’ingegnò nel creare una catapulta utilizzando il cucchiaio, naturalmente l’oggetto da lanciare era un bolo di riso (era talmente stracotto che sembrava masticato!). Quel giorno il riso finì spiaccicato al soffitto… e non venne più giù ma rimase a far da arredamento alla stanza adibita a mensa… oddio quanto ridemmo! Tanto da sfracellarsi per terra cadendo dalle sedie!
Nel momento stesso in cui arrivarono gli addetti del comune a prelevare i contenitori, ci defilammo zitte zitte in punta di piedi scansandoli al passaggio.


Ma non finì qui…

Dopo pranzo andammo ai giardinetti davanti al Comune a fare la siesta e ad attendere la ripresa delle lezioni. Si era nella bella stagione per cui ci stendemmo sull’erbetta fresca a prendere un po’ di sole e a ridercela ancora pensando alla fine che aveva fatto il riso.
Quando ad un certo punto sollevandoci tutte sui gomiti vedemmo arrivare i due addetti del Comune che con tanto di secchio e pennello si stavano dirigendo verso la banca fermandosi davanti al muro laterale dove stava una scritta a caratteri cubitali.
Occorre premettere che in quel periodo un personaggio molto poco raccomandabile era stato messo in libertà, ed era risaputo da tutti che spacciava sfacciatamente droga davanti alle scuole. Per cui il paese dopo aver saputo che questo elemento si aggirava di nuovo per il paese, insorse protestando e qualcuno approfittò impestando i muri con scritte indignate.
C’è da dire che i due addetti erano stati spesso vittime consenzienti dei nostri scherzi e coesisteva una certa simpatia, per cui incuriosite ci alzammo e in men che non si dica eravamo già alle loro spalle intente ad ascoltare le loro disquisizioni che vertevano su: “come eliminare quella scritta  nera su fondo giallo?” …sbirciammo nel secchio e vedemmo che il colore era giallo… ci guardammo e già ci stavamo pregustando la macchietta che si sarebbe svolta di lì a poco.
Deciso il da farsi, intinsero il pennello nel giallo e con meticolosa precisione percorsero lettera per lettera… e noi allibite, a bocca spalancata e occhi sbarrati, cominciammo a guardarci le une verso le altre incredule e cominciammo a ridere sguaiatamente, tanto che i due si girarono e un po’ sorpresi… (pure!)… chiesero che ci era preso!
Allora li invitammo ad allontanarsi dal muro e ad ammirare la loro opera, che anzichè eliminare la scritta la metteva ancor più in risalto visto che il nero affiorava decisamente.
Reagirono un po’ seccati e ci cacciarono… dissero che loro stavano lavorando e non dovevamo seccarli con le nostre ragazzate… e continuarono la loro opera.
Per cui ce ne tornammo alla scuola sganasciandoci dalle risate pensando a quei due.
All’uscita andando a prendere il pullman passammo davanti al muro e vedemmo che alla fine si erano arresi, e avevano cancellato la scritta con pennellate orizzontali che in qualche modo nascondevano l’insolente scritta …alla fine c’erano arrivati!

Per un bel po’ questo aneddoto ci fece ridere, e poi sorridere quando dopo 15 anni ci incontrammo di nuovo per una cena a ricordare i bei tempi di scuola.

A me è capitato durante la prova scritta di lettere all’esame di qualifica della scuola superiore, di chiedere il permesso di andare in bagno. L’insegnante segnò diligentemente nel registro l’ora di uscita.
Bene, ero nel mezzo dello svolgimento del mio tema e per mantenere la concentrazione su quello che volevo esprimere, per non perdere il filo, feci talmente in fretta che quando rientrai il prof alzò lo sguardo che andò da me al suo orologio, e di nuovo da me e… e con aria perplessa mi disse:
«10:15 e 6 secondi – 10:15 e 31 secondi! Sei uscita soltanto per 25 secondi… e adesso io che scrivo? Che sei uscita alle 10:25 e sei rientrata alle 10:25? Mi prenderanno per matto!»
Beh un po’ lo era in effetti, e pure un gran pignolo!…  Così mi fece uscire di nuovo e rientrare segnando con gran soddisfazione l’ora e i minuti esatti.
Ma vedi un po’ te! Mai contenti!

Alle scuole medie, al termine del primo anno scolastico, la nostra  fu dichiarata la classe migliore della scuola, per cui il preside l’anno seguente ebbe la brillante, quanto malsana idea di dividere e mischiare metà studenti della miglior classe (la nostra) con metà della peggior classe dell’istituto, ottenendo così due classi impossibili!
Mi trovai dapprima un po’ spaesata, la mia amica d’infanzia fu destinata all’altra classe e ci trovammo con nuovi ragazzi davvero scapestrati. Uno in particolare, ripetente a vita, mi stava addosso… me lo trovavo dappertutto, sempre accanto, aveva una risata bovina e la pessima abitudine di tirar sù le gonne alle ragazze o di sbirciare da sotto i banchi. E chi era dietro il suo banco? Eh certo, chi se non io? Così oltre che a dover subire queste attenzioni moleste mi disturbava per tutto il tempo, girandosi di continuo a far battutine e apprezzamenti.
Protestare equivaleva a incentivare l’azione di disturbo, per cui tagliai la testa al toro e non misi più le gonne per andare a scuola.
Per il disturbo avevo il righello sempre pronto… come faceva il gesto di girarsi piegavo leggermente il righello e rilasciandolo gli arrivava una steccata sulla schiena che gli faceva sempre tirare un’imprecazione, per cui finiva fuori dalla porta. In breve imparò a limitarsi e a non disturbarmi durante le spiegazioni dei prof.
Lo trattavo proprio male, e la cosa infondo gli doveva proprio piacere perchè ben presto imparò a rispettarmi e diventammo molto amici.

L’anno seguente venne una nuova insegnante di italiano che volle mettere in pratica una nuova concezione psicopedagogica che prevedeva i compagni di banco misti, e dato che noi ragazze eravamo poche la prof decise che saremmo ruotate periodicamente.
Mi trovai quindi in banco con un compagno: timido, un po’ cicciotello, viziato, schizzinoso e taccagno… aveva un astuccio ben fornito (la sua famiglia era benestante) mentre il mio ahimè era ridotto all’osso. Per cui i primi giorni tentai di farmi prestare la gomma… quella bella matita colorata… la colla..! la penna verde!… e puntualmente mi rispondeva con un bel “NO” secco… ma non mi lasciai abbattere.
Un giorno decise di dividere in due parti il banco, tracciando con la matita una linea verticale. E mi ordinò di non superarla!! Inutile dire che io spesso col gomito, volutamente, andavo a invadere il suo territorio… e lui indispettito mi ricacciava indietro!

Venne l’occasione che lo aiutai in alcune materie in cui aveva qualche difficoltà, e con la gentilezza feci breccia nel suo cuore… Cominciò così ad offrirmi lui la sua penna… la sua gomma.. il suo colore e divenimmo ottimi compagni di banco!
Però dopo qualche mese venne il giorno in cui ci fu la rotazione… lasciando il banco gli vidi una lacrima scendere e mi dispiacque tantissimo… ma lo rassicurai che saremmo rimasti amici.

Il mio nuovo compagno era piccolino, molto frizzante seppur timido con le ragazze, mi accolse con contentezza. Ero la sua prima compagna di banco e non ebbi alcuna difficoltà, in breve legammo molto.
Questa iniziativa ebbe molto successo e in poco tempo ci amalgamammo molto bene, e gli scapestrati dirottarono la loro vivacità in modo più positivo rendendo le nostre giornate divertenti e ricche di situazioni comiche.

Essendo il terzo anno si discuteva se avremmo proseguito gli studi e verso quale indirizzo, o se saremmo entrati nel mondo del lavoro.
Così nel periodo natalizio la prof ci propose una nuova iniziativa che accogliemmo con entusiasmo. Portò in classe un grande albero di Natale e ci chiese di appendere dei regalini, fatti recuperando degli oggetti che avevamo in casa, per almeno 5 compagni. Si assicurò che nessuno rimanesse senza. Nel decidere il regalo si doveva tener conto di ciò che ognuno avrebbe scelto di fare terminata la scuola, accompagnandolo con tanto di dedica scritta in modo simpatico o sentimentale o umoristico in un bigliettino.
Non vi dico quante risate ci siamo fatti!… Il mio primo compagno di banco con un bigliettino molto dolce mi regalò quello che restava di alcuni pastelli, visto che mi era stato consigliato dai prof il liceo artistico. Il mio secondo compagno invece con un bigliettino spiritoso mi regalò un fischietto “richiamamarmocchi”,  proprio così lo definì, visto che mi sentivo portata per insegnare ai bambini molto piccoli… Gli altri non li ricordo più, ma fu davvero una bella esperienza che ci unì ancora di più come classe.

È bello poter serbare dei buoni ricordi  dei giorni di scuola

negli anni poter riandare col pensiero ai momenti di condivisione

ritrovando quella serenità e spensieratezza

che tutti  dovremmo avere a quell’età… e non solo

Leda

 

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