Tratto dall’omonimo romanzo di Anthony Burgess, Arancia meccanica è un film del 1971 diretto da Stanley Kubrick.
Ambientato a Londra ci proietta in un futuro grottesco fatto di adulti snob che più che vivere sembrano recitare una parte, in un ambiente artificiale, asettico, futuristico, pornografico, dove la sessualità è snaturata e concentrata sulla prepotente esibizione del fallo maschile e sulla mercificazione del corpo della donna, la religione snobbata e dissacrata nei simboli che la rappresentano.
Genitori eccentrici, consenzienti, amorfi, incapaci di comunicare con figli che appaiono disadattati e annoiati.
Il gruppo dei Drughi è sempre a caccia di forti emozioni, travestiti da perversi poliziotti-supereroi fanno scorpacciate di ultraviolenza e si nutrono di latte + (“migliorato” con aggiunta di LSD, una potente sostanza psichedelica che distorce la percezione della realtà).
Il senso del potere che si genera nel gruppo li rende forti, li autorizza a compiere atti scellerati e violenti, paradossalmente decidono di punire GLI ALTRI, che si comportano esattamente come loro, l’anarchia è totale.
Un bel quadretto che oggi ci appare piuttosto famigliare, basti pensare all’aggressività, alla volgarità gratuita e alla presunzione di certi personaggi in ogni settore sociale, che pensano di possedere la verità e per i quali l’apparenza conta più della sostanza.
(In Veneto “ti sì proprio un drugo…” lo si dice in senso spregiativo, a chi è duro di comprendonio e fa come gli pare senza rispetto di niente).
Alex che sembra essere il più crudele, ha una passione smisurata per Ludovico Van, come usa chiamare Beethoven con ammirazione e affetto.
Dopo essere finito in carcere dove diventa LUI stesso preda di esseri ancora più perversi e violenti, accetta di sottoporsi a un programma sperimentale di “rieducazione”, il trattamento Ludovico, una specie di lavaggio del cervello somministrato attraverso le immagini e i suoni. La sua tanto amata Nona Sinfonia di Beethoven, associata a immagini atroci su Hitler e le parate naziste, non gli dà più gioia ma al contrario diventa per lui insopportabile ascoltarla, e le forti emozioni indotte lo rendono incapace di fare del male, ma anche di difendersi. Così “purificato” viene reintrodotto in un tessuto sociale ipocrita e corrotto che dapprima lo rifiuta, e poi lo strumentalizza per giochi di potere. Ciò gli consentirà di ritornare come o peggio di prima.
A Clockwork Orange è un romanzo distopico (termine contrario a utopico, che sta a indicare una società futura indesiderabile con tendenze sociali estreme e apocalittiche) scritto nel 1962 da Anthony Burgess, considerato uno dei più grandi autori inglesi del Novecento, critico letterario, esperto conoscitore di musica, uomo di interessi molteplici e sperimentatore di linguaggi.
Come 1984 di George Orwell, rappresenta un’esplorazione sulla natura del male che minaccia l’uomo, vittima di condizionamenti ideologici che ne limitano la libertà, un monito contro l’indifferenza, la sensibilità morbosa e l’eccessiva fiducia nello Stato.
Burgess è ricordato anche per l’invenzione del Nadsat, uno slang artificiale derivato dall’inglese con numerose influenze russe, usato da alcuni personaggi di Arancia meccanica.
A Clockwork Orange, il titolo originale significa “strano come un’arancia ad orologeria” è una frase comunemente usata nell’East London per indicare qualcosa di bizzarro internamente, ma che appare normale e naturale in superficie. Un po’ com’è l’arancia, che ha una bella buccia dal colore solare, dentro è morbida e succosa, ma se la schiacci prepotentemente esplode e si spappola dappertutto. L’arancia può risultare anche acida e amara, a seconda della qualità e dell’ambiente in cui cresce, come una creatura che può fare il bene e il male a seconda di come viene “nutrita”.
La qualità delle scelte che facciamo nel presente come individui e come società, decreterà se avremo in futuro una società migliore o no. Se di fronte alle questioni importanti prenderemo delle scorciatoie, apparentemente sembrerà di risolvere e che tutto vada bene, ma in realtà presto o tardi tutti i nodi vengono al pettine e si dovrà comunque scioglierli uno a uno trovando la migliore soluzione, altrimenti diverrà appunto una bomba a orologeria, che prima o poi esploderà. Tanto vale farlo subito.
Arancia meccanica fu un film che fece a lungo discutere perché accusato di istigare alla violenza, al contrario di ciò che intendeva fare il regista, pertanto subì diverse censure e per molti anni fu considerato un film tabù. Oggi questo aspetto ci fa sorridere, l’esagerata realtà prodotta con gli effetti speciali ci ha abituati a una crudeltà che lascia ben poco all’immaginazione.
La musica nel film: Kubrik fa un ampio uso della musica e della tecnologia elettronica distorcendo, accelerando, rielaborando al sintetizzatore brani classici e molto noti di Beethoven e di Rossini, inducendo un senso d’inquietudine, di sarcasmo, di irriverenza; ciò che è sovvertito, capovolto, degenerato nel film lo è anche nell’uso dei brani e la musica lo esalta, lo enfatizza. Vien da pensare alle sperimentazioni musicali, alle sonorità psichedeliche degli anni 70, suonate dal vivo spesso affidate all’improvvisazione e a scenografie particolari, alla musica new age, a quello che è sempre stata la musica classica: creare un’atmosfera, un particolare stato d’animo che mettesse in comunicazione l’essenza della nostra anima con le forze del cosmo creando un tutt’uno.
L’esaltazione, intesa come stato d’animo euforico è un tema molto forte nel film e ha una doppia valenza: è autolesionista quando coltiva megalomania, paranoia, schizofrenia; innalza lo spirito e libera l’anima quando esalta la bellezza e l’armonia dell’arte. Kubrick pone l’accento sul valore sociale, culturale, educativo della musica, sul suo dualismo nell’esaltare particolari stati d’animo che portano alla luce gli impulsi positivi o negativi che però già stanno dentro le persone.
Pur subendo determinate influenze l’uomo ha il libero arbitrio, può decidere se fare il bene o il male e ha il dovere di conoscere e di comprendere ciò che lo circonda per poter agire secondo coscienza. Così come oggi accade per Internet non è il mezzo che produce determinati comportamenti, ma esalta ciò che le persone sono, come recepiscono il mezzo e l’uso o l’abuso che ne fanno secondo la propria coscienza.
Significativa è la presenza e lo stravolgimento della canzone Singin’ in the Rain legata nell’immaginario al film Cantando sotto la pioggia del 1952 diretto da Stanley Donen e Gene Kelly, dove lo stesso Gene Kelly nell’esaltazione dell’aver trovato l’amore, non gli interessa bagnarsi sotto l’acquazzone e improvvisa un ballo per festeggiare la bellezza della vita.
Come pure l’Inno alla gioia il quarto movimento della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven, l’ultima che compose e che completò nel 1824, quando era completamente sordo. Un’ode alla concordia, all’amicizia e all’ordine, considerata un capolavoro, la più grandiosa composizione musicale mai scritta.
… Gioia si chiama la forte molla
che sta nella natura eterna.
Gioia, gioia aziona le ruote
nel grande meccanismo del mondo.
Essa attrae fuori i fiori dalle gemme,
gli astri dal firmamento,
conduce le stelle nello spazio,
che il cannocchiale dell’osservatore non vede.
Dal 1972 la versione strumentale dell’Inno alla gioia viene adottata come inno europeo e dal 2001 spartito e testo sono dichiarati dall’UNESCO Memoria del mondo, attribuendoli alla Germania.
Ludwig van Beethoven (1770-1827) compositore, pianista e direttore d’orchestra tedesco, considerato uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, ultimo rappresentante di rilievo del classicismo viennese, nonché il primo dei romantici. Nonostante i problemi di ipoacusia che lo afflissero prima ancora d’aver compiuto i trent’anni, egli continuò a comporre, condurre e suonare, anche dopo essere diventato del tutto sordo. Beethoven ha lasciato una produzione musicale fondamentale, straordinaria per la sua forza espressiva e per la capacità di evocare una gran mutevolezza di emozioni, tanto da divenire un mito per molte generazioni.
Tendenzialmente Beethoven è sempre stato percepito come un personaggio oscuro, scorbutico, antipatico, eppure… come poteva scrivere della musica così potente e bella? Chi non conosce il brano Per Elisa? (il cui vero titolo in realtà è Für Therese, Per Teresa, l’errore fu dovuto a un’errata trascrizione di un copista).
Per comprendere occorre andare oltre le apparenze.
Leda