Jobs – commento al film

Il film ripercorre una parte della vita di Steve Jobs.
L’anno 2001 è quello della presentazione dell’iPod, il riproduttore musicale che renderà più accessibile a tutti la musica.

«Ciò che rappresenta è tanto importante quanto ciò che è. È uno strumento che mira al cuore e quando riesci ad arrivare al cuore di qualcuno, non c’è più limite.»

È il 1974 quando Jobs smette di frequentare il college perchè non vuole far parte del sistema, dice, in realtà voleva evitare che i genitori adottivi si sacrificassero economicamente per qualcosa a cui lui non era ancora riuscito a dare un significato. È il periodo degli Hippy, con Cat Stevens in sottofondo, lui che cammina scalzo, l’amore senza legami, l’uso di allucinogeni per spegnere il dolore per essere stato abbandonato alla nascita dai genitori naturali, la musica di Bach, la ricerca dell’estasi e il ritrovato contatto con madre terra e il senso di libertà. L’India, i guru, la ricerca della spiritualità per dare un significato alla propria vita attraverso la semplicità, la cura e l’attenzione alla gestualità, il saper cogliere l’arte in ogni cosa. Tutti ingredienti dello spirito del movimento Hippy che sta alla base dei suoi valori e della sua filosofia di vita.

È un periodo storico in cui si ha solo la percezione del grande potenziale che può rappresentare il computer, ma è ancora tutto da scrivere. Steve Jobs è all’Atari, quando con l’aiuto dell’amico Steve Wozniak (Woz)  realizza il suo primo videogioco. Ed è proprio da un progetto su cui sta lavorando Woz, una scheda madre collegata alla tv con cui «puoi vedere quello che stai facendo nel momento in cui lo fai. Questo significa libertà di creare» che inizia la sua visione e il suo percorso.
Insieme si presentano alla Homebrew Computer Club presso la Stanford University, e vogliono dare al progetto un nome riconoscibile e appetibile, Apple, come la casa discografica dei Beatles. Steve azzarda e ottiene la prima ordinazione, crea così un laboratorio nel garage del padre e coinvolge altri tre amici nella costruzione delle schede logiche.

Segue un secondo progetto: realizzare un computer completo, il Personal Home Computer Apple 2. «Quello che ha fatto Intel per il microprocessore noi lo faremo con il Personal Home Computer». Vengono finanziati da Mike Markkula che ne percepisce la potenzialità  e insieme fondano una società.

Nel frattempo la sua ragazza aspetta un bambino, ma non vuole farsi coinvolgere, non è il momento, non è nei suoi programmi. Jobs è cambiato.
Nel 1977 presenta Apple 2 realizzando così il suo obiettivo: mettere il potere e la bellezza della tecnologia nelle mani della gente.
Nasce la figlia Lisa, nome che dà anche al suo nuovo progetto che lo vede ripartire da zero, vuole un computer più intuitivo, precognitivo e si rimette in gioco. Devono rischiare, ormai è il loro status sociale, hanno puntato in alto, si vogliono distinguere dall’IBM, «rendendo indimenticabili anche le piccole cose».
Sarà il corso di calligrafia tenuto da una specie di monaco… Robert Palladino, frequentato nel 1974, ad ispirarlo nel voler inserire i font (tipi di carattere) nel programma di videoscrittura del computer.

Intanto la Apple debutta in borsa, ma nel 1982 gli alti costi di produzione stanno esaurendo le risorse aziendali e ciò preoccupa gli azionisti, per di più Jobs mette in ridicolo l’IBM, così il consiglio di amministrazione lo licenzia dalla sua stessa società…!
Per tenerlo impegnato gli viene affidato il progetto Macintosh, che era stato abbandonato e ne assume il controllo. È inarrestabile: usando il processore del Lisa vuole renderlo semplice, ancora più accessibile, come un elettrodomestico. L’esperienza lo matura, anche nella visione della concorrenza: «Non possiamo guardare alla concorrenza e dire che faremo di meglio, dobbiamo guardare alla concorrenza e dire che faremo le cose diversamente».

Assume come amministratore delegato l’esperto di marketing John Sculley, quello della Pepsy-Cola, cerca qualcuno di cui aver fiducia e che sappia vedere nel computer uno strumento per la mente.

È nel 1984 che Apple presenta al pubblico il nuovo Macintosh attraverso uno spot pubblicitario girato dal regista Ridley Scott. Nel video veniva sfruttata la metafora di un regime dittatoriale (il riferimento era l’IBM, allora colosso dell’informatica), e Apple voleva proporsi come innovatrice e anticonformista. Nello spot, una donna vestita in modo sportivo e colorato irrompe in una sala grigia in cui un maxischermo proietta il viso di un dittatore, e la donna vi scaglia contro un martello. Il testo recitava:
«Il 24 gennaio Apple Computer presenterà il Macintosh. E vedrete perché il 1984 non sarà come “1984”.» (wikipedia)


“1984” di GEORGE ORWELL


Produrre qualità ha degli alti costi e la decisione manageriale di aumentare il prezzo del Mac per salvaguardare gli interessi della società, tradisce la visione di Jobs che lo vuole rendere accessibile a tutti…ed è di nuovo fuori dall’azienda!
Woz abbandona la Apple perché sente che le cose sono cambiate, che hanno perso l’obiettivo:

«Adesso a te non importa più della gente, conta solo il prodotto…peggio ancora, conti soltanto tu. Tu sei l’inizio e la fine di tutto il tuo mondo Steve, ed è così piccolo, così triste, devi sentirti molto solo.»

Per Jobs è un’altra occasione per crescere, rinuncia al suo tentativo di rivolta e ricomincia ancora fondando la NeXt Computer che produce software.
Nel 1993 crolla il valore di mercato della Apple. Nel frattempo Jobs è ritornato alla terra, ha ritrovato il senso degli affetti famigliari, ha una nuova compagna e tre figli tra cui c’è anche Lisa.
Ormai ha capito che può contare solo su se stesso e quando gli viene chiesto di ritornare alla Apple, azienda in crisi, dove non c’è più il gusto, lo stile della sua visione, trova i giovani del design che credono ancora nei valori che la Apple rappresentava:

«Penso che lei creda che il computer o il walkman o qualunque altra cosa debba essere un’estensione naturale dell’individuo, ed è questa missione, questa devozione alla qualità, agli ideali, a ciò che amiamo, è questo che ci fa restare qui, la voglia di farlo di nuovo…»

«Se i computer servono per l’arte, la bellezza e la interconnettività globale perché sono così brutti? Dovrebbero essere un’opera d’arte, ma a nessuno interessa…viviamo, sogniamo, dipingiamo a colori, anche i computer dovrebbero farlo»

Jobs è stato derubato più volte, ma ha imparato, chiede ai giovani di essere sinceri, spietatamente sinceri con lui e li spinge a creare col cuore, ad essere dei ribelli, a fare senza chiedere il permesso.

Di Steve Jobs non avevo un’opinione precisa, mi sono sempre piaciute alcune sue frasi che si trovano nel web e il discorso fatto a Stanford nel 2005. È un personaggio piuttosto controverso, spesso ho letto commenti sia  positivi che  negativi nei suoi riguardi e verso il culto dell’Apple che si è creato e che vede molte persone così tanto coinvolte.

Nel film si comprende quanto e come fosse ispirato il suo lato creativo, ma non viene nascosto il suo lato oscuro, quello che ogni essere umano ha, l’equilibrio tra il bene e il male.
Jobs risulta un uomo esigente con gli altri quanto con se stesso, scontroso, a volte aggressivo. Una mente creativa, un leader che aveva bisogno di spazio, di sentirsi libero di esprimersi, di avere intorno persone capaci, con voglia di fare con passione. Non conosceva la noia, la rassegnazione. Sapeva trasmettere energia positiva, l’entusiasmo necessario a realizzare qualcosa di nuovo.
Ma chi non condivideva la visione dell’azienda veniva cacciato in malomodo. Ha ingannato l’amico sul reale ricavo iniziale, non ha riconosciuto il diritto di avere della azioni della società per chi lo aveva aiutato a realizzarsi. Ha umiliato una donna che gli ha dato una figlia e, come i suoi genitori naturali hanno fatto con lui, non l’ha riconosciuta. Lo ha fatto solo in un secondo tempo.
Steve Jobs non era un santo, ma un uomo che ha agito, commettendo anche degli errori, attraverso i quali ha imparato a migliorarsi e a mettere a fuoco i veri valori della vita.

Ho visto anche il film “I pirati di Silicon Valley” che ho trovato eccessivamente dissacrante, se nel film “Jobs” la Microsoft e Bill Gates vengono marginalmente nominati, in questo film sia Jobs che Gates appaiono come due mercenari senza scrupoli e sinceramente non trovo attendibile che una mente simile possa partorire la bellezza che Steve Jobs ha espresso in più occasioni.

Mi è piaciuta l’interpretazione di Ashton Kutcher, misurata e rispettosa, e la colonna sonora con brani molto piacevoli e ai quali è legato un periodo della mia vita.

Leda

Jobs 
di Joshua Michael Stern
(USA -2013)

«Quando diventiamo grandi spesso ci sentiamo dire che il mondo è fatto come è fatto, che la vita è vivere nel mondo cercando di non andare a sbattere troppo contro i muri. Ma questa è una vita  limitata, la vita può essere molto più interessante non appena scopriamo un fatto semplice, e cioè che tutto ciò che ci circonda e che chiamiamo vita, è stato creato da persone che non sono più intelligenti di noi. E che possiamo cambiarlo, possiamo influenzarlo, possiamo costruire cose nostre, cose che  altri possono usare. Significa scrollarsi di dosso la concezione errata che la vita sia lì e che noi ci limiteremo a viverla invece che abbracciarla, cambiarla, migliorarla, lasciare il nostro segno. E una volta capito questo non saremo mai più gli stessi. Lasceremo un segno….dedicato ai folli, agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, a quelli che non si arrendono davanti all’evidenza, a quelli che vedono le cose in modo diverso. Costoro non amano le regole e non hanno alcun rispetto per lo status quo, potete citarli, essere in disaccordo con loro, glorificarli o denigrarli, ma l’unica cosa che non potrete mai fare è ignorarli. Perché loro cambiano le cose, loro fanno progredire l’umanità, e mentre qualcuno potrebbe definirli folli, noi ne vediamo il genio. Perché solo quelli che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano veramente.»


“Gli hippy si espressero spesso politicamente attraverso la fuoriuscita dalla società, allo scopo di perseguire i cambiamenti cercati. Tra i movimenti politici supportati dagli hippy ci sono il movimento di ritorno alla terra degli anni sessanta, lo sviluppo dell’impresa cooperativa, l’attenzione all’energia alternativa, il movimento per una stampa libera e l’agricoltura biologica.”

Esattamente quello a cui si aspira oggi. Era la strada giusta.

 

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