Per un bel boccale di birra

Durante le calde e aride estati alla fine degli anni Settanta, capitava spesso di fare una capatina sull’Altopiano di Asiago in cerca di un po’ di frescura e al ritorno tappa obbligata, specie per i motociclisti, è ancor oggi la Birreria Summano a Piovene Rocchette sempre sul territorio vicentino. Un bel locale caratteristico dove poter gustare una buona birra, con quel po’ po’ di schiuma giusta appena per lasciar traccia sul labbro superiore, magari seduti all’ombra dei grandi alberi del bellissimo parco, accompagnati da qualche stuzzichino o un bel panino o uno dei piatti particolari che si richiamano alle tradizioni altoatesine.

 

BIRRA SUMMANO

L’antica fabbrica di birra nacque nel 1868 ad opera di Pietro Rossi, imparentato con l’imprenditore tessile Alessandro Rossi di Schio. Sorse sulle falde del Summano, un monte delle Prealpi Vicentine dove l’acqua è delle più limpide e pure. Nell’edificio vi erano la caldaia e i forni per la torrefazione dell’orzo, la vasca per macerarlo, il rinfrescatioio e il deposito della legna. Nelle cantine vi erano i tini per la fermentazione e la maturazione della birra; nei granai, che fungevano da deposito dell’orzo, si trovavano anche le stanze per l’addetto ai forni e per il mastro birraio.
Nel 1869 ebbe luogo la prima produzione di birra, ma la “Birreria vecia” fallì e venne rilevata nel 1879 dal commerciante bavarese Isidoro Götz per conto della Società Francesco Zanella & Co di Schio, che si avvarrà di uno dei migliori birrai bavaresi, oltre che dell’orzo e del luppolo di qualità della Moravia e della Baviera.
Nel 1881 il re Umberto I concede la facoltà di innalzare lo stemma reale sull’insegna della fabbrica, che viene premiata lo stesso anno all’Esposizione Nazionale di Milano.
Due anni dopo viene acquistata la “Birreria nuova” più visibile e meglio accessibile, essendo l’altra fabbrica un po’ fuori mano e la cui proprietà ai primi del Novecento verrà donata al Comune.

Poco dopo la realizzazione della birreria di Pietro Rossi, l’idea di produrre birra contagia anche Leopoldo Farinon, nativo di Arzignano, farmacista a Piovene dal 1865, che acquista nel 1873 un ampio terreno dove trova una vena d’acqua di ottima qualità, bastante sia per la produzione della birra che per la ruota del mulino che macina l’orzo.
La fabbrica sorge accanto alla sorgente e nel 1876 prenderà il nome di Birreria Farinon alle Rocchette e ai Grumi. Oltre alla mescita in loco viene attivato anche un commercio con i paesi limitrofi, il trasporto dei fusti di birra avviene con carri e cavalli ospitati nella stalla e nel fienile adiacente la fabbrica.
Nel 1881 la “Birreria nuova” viene ceduta al conte Domenico di Velo, il quale nel 1883 venderà la fabbrica alla società Francesco Zanella e Compagni, la stessa società che gestisce la Birreria vecia.

Entrambe le fabbriche producono birra di qualità e la Società, pluripremiata, è in continua crescita anche grazie alla vicinanza degli opifici tessili di Alessandro Rossi, il quale adottando il criterio di distribuire le fabbriche nel territorio evitando così concentrazioni eccessive di masse umane, mise in atto a partire dal 1868-69 un piano d’intervento urbanistico-architettonico incaricando del Progetto l’architetto Antonio Caregaro Negrin. Accanto al Lanificio sorse così un complesso residenziale per gli impiegati esteri e italiani a cui si aggiunse il Quartiere Operaio, terminato di costruire nel 1886 con un occhio di riguardo agli spazi verdi.
Insieme alle abitazioni cresce anche la città, per iniziativa dell’imprenditore tessile, già senatore del Regno d’Italia, vengono realizzate scuole (dall’asilo nido alle elementari e la scuola serale), una mensa, un forno per il pane, un magazzino cooperativo, i bagni, il circolo, il campo sportivo e il tiro a segno, oltre a iniziative di sostegno per gli operai e le loro famiglie, le colonie e la banda musicale.
Alla birreria giungono anche persone provenienti da altri paesi grazie alla stazione ferroviaria della linea Schio-Arsiero inaugurata nel 1884, attratte anche dalla bellezza del parco e dai frequenti concerti, oltre che naturalmente dal clima fresco nella bella stagione.
L’entrata nel nuovo secolo porta nuove attestazioni di merito alla birreria che oltre alla pluridecorata Birra Real Summano, chiara e leggera fiore all’occhiello dell’azienda, produce anche la Pilsner e la Monaco, due varietà più aromatiche: chiara e più luppolata la prima, ambrata e più maltata la seconda.

Purtroppo incombe la Prima guerra mondiale, ai dipendenti richiamati alle armi e alle materie prime come carbone, luppolo, orzo che ora vengono a mancare, si aggiungono i bombardamenti nemici che danneggiano seriamente gli edifici della fabbrica, così come i vicini stabilimenti lanieri.
Nel 1926 l’intera società passa ai nipoti Zanon. Nel secondo dopoguerra la società assume il nome di “Birra Summano Zanella“.

Ma i tempi stanno per cambiare e in campo industriale s’impongono e dominano i colossi. Tra le altre, anche la piccola industria birraria di Piovene si adegua cessando nel 1958 la produzione propria.
Essa viene rimpiazzata con le grandi birre nazionali: Pedavena (fino agli anni ’70) e Peroni (fino agli anni ’90), per giungere ai giorni nostri con la fornitura di un’ampia gamma di birre, tra cui i marchi Löwenbräu e Spaten.

La Birreria Summano nel corso di ogni anno periodicamente organizza eventi come serate a tema dedicate a specifici tipi di birra celebrate da esperti Mastri Birrai e serate musicali.

 

Il grande parco nel mutar delle stagioni rimane sicuramente impresso nella memoria del visitatore. La zona che è facilmente raggiungibile essendo tuttora all’ultimo sbocco dell’Autostrada A31 della Valdastico, offre anche dei percorsi poco impegnativi, immersi nella natura.

Come il Sentiero dei Girolimini, che da Piovene Rocchette porta al santuario Madonna dell’Angelo e al santuario Madonna del Summano, in cui è possibile ritrovare la bellezza e la serenità tra scorci e panoramiche sulla vallata e sulla sull’alta pianura vicentina.
In giornate terse all’orizzonte si possono scorgere persino i Colli Euganei e il mare!
Nella zona vi è inoltre una flora particolare dovuta a una singolare usanza: si racconta infatti che fin dalla preistoria era consuetudine che i pellegrini, dapprima pagani poi cristiani, piantassero fiori della propria terra d’origine.

La pista ciclopedonale ex ferrovia Rocchette-Arsiero, ricavata sulla tratta della rete ferroviaria dismessa nel 1964, offre una passeggiata lunga meno di 10 km adatta a tutti, passeggini compresi, è frequentata da ciclisti, runners, walkers, è un percorso ideale anche per il nordic walking. Presenta punti e vedute interessanti, lungo la quale si può scorgere un paesaggio incontaminato sulla Val d’Astico, occultato alla vista dalle strade asfaltate.

In altre occasioni, scendendo da Asiago anzichè prendere il “Costone” si proseguiva verso Gallio sulla strada che porta a Feltre e quindi a Pedavena, dove c’è un’altra birreria famosa con una storia altrettanto importante. All’interno del locale o nella bella stagione nel parco adiacente, è possibile degustare piatti tipici locali e scegliere tra svariate marche di birra, che spillata direttamente dal fusto è tutta un’altra cosa… garantito!

 

BIRRERIA PEDAVENA

La Pedavena è una birra bellunese che prende il nome dalla località in cui nel 1897 i fratelli Sante, Luigi e Giovanni Luciani fondarono la Fabbrica Birra Pedavena.

I fratelli Luciani erano originari di Canale d’Agordo in provincia di Belluno, lo stesso piccolo paese che diede i natali a papa Albino Luciani, una persona molto umile e molto amata, ricordato come il Papa del Sorriso fu eletto nel 1978 scegliendo il nome di Giovanni Paolo I, ma il cui pontificato durò soltanto 33 giorni, fatto che sconcertò il mondo intero.

I tre fratelli da Canale d’Agordo si trasferirono a Pedavena dove l’acqua sorgiva delle Dolomiti Bellunesi è di ottima qualità e ben si presta per produrre una birra speciale.

All’inizio del Novecento l’industria birraria italiana era notevolmente arretrata rispetto a quella del resto d’Europa, la produzione di birra era più a carattere artigianale. In quegli anni alla Pedavena fu costruita la malteria, fu la prima in Italia ad installare un impianto pneumatico di trasporto del malto, più efficiente e sicuro. Nello stesso periodo si tentò anche la coltivazione del luppolo.

IL LUPPOLO

Il luppolo è una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Cannabaceae (la stessa della canapa), i cui fiori utilizzati nel processo produttivo della birra le conferiscono il tipico gusto amaro. Il luppolo funge anche da conservante naturale della birra in quanto possiede proprietà antibatteriche, inoltre la rende più limpida poichè aiuta la coagulazione delle proteine in sospensione (chiarificazione) ed aumenta la tenuta della schiuma.

I famosi “bruscàndoli” veneti (“luvertin” in dialetto piemontese e “luartis” in dialetto lombardo), non sono altro che gli apici della pianta di luppolo selvatico; vengono raccolti quando sono teneri in primavera (marzo-maggio) e utilizzati per il famoso risotto, specialità molto apprezzata, oppure raccolti della lunghezza di circa 20 cm vengono utilizzati come il più noto asparago (a volte erroneamente sono chiamati “asparagi selvatici”).

Da non confondere con altre piante solo a prima vista simili, ma assai tossiche, perciò è bene affidarsi a chi le conosce bene ed è esperto nei metodi e nei tempi di raccolta e di utilizzo, così da evitare di raccoglierle in posti inquinati o contaminati da antiparassitari.

Con lo scoppio della Prima guerra mondiale e la disfatta di Caporetto (1917) la zona bellunese venne occupata dalle truppe austriache e lo stabilimento oltre a subire un saccheggio a scopo bellico dei suoi impianti in rame, venne distrutto parzialmente da un incendio. Fu pertanto necessaria una ricostruzione.

Nel frattempo i fratelli Luciani fondarono l’azienda “Bovis” (1925) produttrice di una specialità rivoluzionaria, l’estratto di lievito di birra, condimento ricco di proprietà nutritive e vitaminiche a cui successivamente vennero aggiunti i preparati per brodo granulari e i preparati per dessert in polvere, come budini, panna cotta ecc.
Acquisita l’azienda nel 1983 dalla famiglia Taliana, lo stabilimento è stato spostato dov’è tuttora, a Limena in provincia di Padova.

Nel 1927 alla Pedavena viene realizzata la splendida sala cottura con una eccellente lega di rame e completata con mosaici e stucchi, che a distanza di oltre 70 anni conservano ancora il loro splendore.

Una nuova spinta produttiva generò una grande crescita che portò all’ampliamento della fabbrica e all’acquisizione di nuove strutture. I fratelli Luciani nel 1928 acquisirono varie birrerie, tra cui la fabbrica di birra Dreher di Trieste e la Birra Venezia.

L’aumentato fabbisogno energetico comportò l’attivazione nel 1929 di una centrale idroelettrica sul torrente Colmeda in Val di Faont, a monte di Pedavena.

Nel secondo dopoguerra il consumo di birra ebbe un notevole impulso portando nel tempo all’acquisizione di nuove fabbriche a Torino.

Nel 1951 grazie alla volontà della Famiglia Luciani viene attivato un Corso Professionale per Birrari Maltatori nella scuola “Carlo Rizzarda” di Feltre, unico in Italia.
La fabbrica Pedavena da sempre attenta alla qualità delle materie prime, al rigido controllo dei parametri, all’igiene e pulizia scrupolose, principi fondamentali per produrre un’ottima birra, diviene la sede per le lezioni pratiche previste dal triennio. Il Corso rimarrà attivo fino al 1975 tra i suoi diplomati si annoverano grandi maestri del mondo Birraio, riconosciuti a livello internazionale.

Alla fine degli anni Sessanta la Pedavena-Dreher ritenne necessario puntare ad avere un unico marchio a livello nazionale e la scelta cadde sul marchio Birra Dreher.

Nel 1965 con lo scopo di decentrare la produzione al sud la Dreher realizza un birrificio in Puglia, a Massafra in provincia di Taranto, che risulta essere tra i più moderni in Europa.
Nuovi stabilimenti di Genova e di Macomer (Nuoro) entrano a far parte del Gruppo.

Nel 1974 la Dreher insieme al marchio viene acquisita dal Gruppo internazionale olandese Heineken.

Nel settembre del 2004, esattamente trent’anni dopo,  l’Heineken annuncia l’intenzione di chiudere lo stabilimento di Pedavena. I lavoratori e la comunità si mobilitano e attraverso un sito Internet sensibilizzano l’opinione pubblica.

A fine settembre del 2005 la sirena dello stabilimento di Pedavena, che per più di un secolo aveva scandito il tempo del suo paese, suona per l’ultima volta e a un’ora insolita: la fabbrica di birra fondata nel 1897 dai fratelli Luciani chiude i battenti.

Ma…

…gli appelli mossi da una comunità che ha messo in campo tutte le sue forze: operai, forze sindacali, il volontariato, la diocesi, le forze politiche, e sottoscrizioni giunte da ogni dove, hanno fatto sì che l’impossibile fosse realizzabile, e che uno dei simboli produttivi della provincia non fosse sepolto nella storia.

Viene costituito il Comitato Birreria Pedavena che a colloquio con il gruppo dirigente della multinazionale concorda di mantenere attiva la produzione nel sito, che continua a raccogliere importanti riconoscimenti a livello internazionale a riscontro della sua qualità.

All’acquisto del birrificio di Pedavena è interessato un gruppo di imprenditori veneti e friulani.
Tra loro ci sono anche i produttori della Birra Castello nata nel 1997 con sede a San Giorgio di Nogaro, l’antico birrificio di Birra Moretti  ceduto proprio dal gruppo Heineken per via dell’Antitrust e della sua posizione troppo dominante sul mercato italiano.

Dopo una trattativa durata diversi mesi, il 10 gennaio 2006 viene ufficializzata la cessione da parte dell’Heineken alla Birra Castello S.p.A..
Riprende quindi la produzione della birra a marchio Pedavena, di altre birre a marchio Castello e la neonata birra Dolomiti.

Nel 2016, quasi quarant’anni dopo, la fabbrica Pedavena e Birra Castello decidono di riaprire la scuola Birrai con un corso sperimentale che vede la presenza di affermati mastri birrai, per il momento rivolto solo ai dipendenti. Tale iniziativa oltre a porsi come continuazione di una tradizione di formazione, mira a far sì che il grande patrimonio di cultura birraria presente in Italia non vada perduto, trovando le giuste modalità per essere tramandato.

 

Nella penisola italiana si racconta che i primi a bere birra furono gli etruschi: la bevanda si chiamava pevakh, fatta inizialmente con segale e farro, poi con frumento e miele. I romani pur preferendo il vino, non disdegnavano la ‘barbara’ birra. Con la caduta dei romani e l’invasione dei barbari, la birra si diffuse sempre più.

Mentre nell’Ottocento la birra era considerata una bevanda riservata alle élites, nel Novecento divenne una bevanda popolare in gran parte importata dalla Francia, dalla Germania e dall’Inghilterra dove la produzione vantava un’antica tradizione dei mastri birrai. Verso la metà del XIX secolo cominciarono a nascere anche nell’Italia settentrionale piccole fabbriche artigianali sulla scia del processo di industrializzazione favorita dalla politica dell’epoca.

Leda

Un bel boccale di birra può essere un ottimo pretesto
per stare in compagnia, oppure per godersi,
in solitudine, un momento di relax.

 

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