Un libro previsto nel programma didattico della Scuola media che frequentai negli anni Settanta. Un libro un po’ insolito per quei tempi, ma che mi ha portata con sè e mi ha fatto viaggiare in un mondo a me sconosciuto. Anche grazie alle immagini fotografiche fedeli alla realtà.
FRATELLO OCEANO
di Folco Quilici
Genere: narrativa, avventura
Editore: Minerva Italica, 1973
«Il principale dono dei poeti è quello di creare di nuovo la “cosa stessa”, “il fatto stesso” nella sua essenza.
Di questo dono è ricco Folco Quilici, e lo dimostra non soltanto nei suoi documentari e film, ma anche nei racconti di come sono stati da lui realizzati i suoi film».
Così comincia l’introduzione scritta dal poeta e critico d’arte Romeo Lucchese per “Fratello oceano” di Folco Quilici.
Tre personaggi e tre racconti formanti un poema moderno e antico allo stesso tempo, che sono le tre parti di questo libro:
Atemi, è il ragazzo che aveva paura del mare, ma che il mare stesso a poco a poco guarì da quel terrore;
Ti-Koyo, un bambino che giocava con i pescecani come in un antico racconto di quelle isole;
Tanai, un ragazzo che attraversò un tratto d’Oceano così vasto, che se questi non gli fosse stato fratello, l’avventura non gli sarebbe mai stata possibile.
«Questo ciclo di avventure di viaggio, di pesca d’altura, di lotte col nemico-fratello Oceano, narrate con linguaggio semplice, diretto, spesso “visivo” (giovandosi l’Autore sia della lingua parlata che dell’esposizione “cinematografica” delle frasi) ha il grande merito di entrare a far parte del mondo delle lettere vivo, esemplare, vivificante senza cadere nella letteratura oziosa, aderendo l’Autore all’idea di Sklovskij: «Per restituire il senso della vita, per sentire gli oggetti, per far sì che la pietra sia pietra, esiste ciò che si chiama arte». E l’arte, si sa, è poesia e sintesi.
Questi tre racconti costituiscono una piccola epopea di giovani polinesiani a contatto con l’elemento primordiale della loro esistenza: il Pacifico.
…questo libro offre (dono raro oggi) – nella sua integra sostanza – insegnamenti vari sulle qualità più belle della natura umana: quelle derivanti dai dettami profondi della coscienza (validi sotto tutti i meridiani e paralleli), dall’attuazione dei buoni sentimenti, dalla frequentazione della Natura, e il mantenimento dell’amicizia, la fedeltà alle proprie idee, il rispetto per l’esperienza degli anziani, la freschezza degli entusiasmi giovanili. Tutte cose queste quasi aborrite da coloro che seguono le mode attuali (soppiantate presto da altre brevi mode) e non la ragione.
Quilici, seguendo l’incessante curiosità del proprio spirito (il poeta interroga la Natura e i suoi misteri, vede il mondo per voi, e ve ne offre la sua interpretazione con le proprie immagini), guidato dal suo senso romantico-scientifico, scopre spesso ciò che nella natura umana vi è di sublime e quello che nel mondo vi è di meraviglioso.
Sfuggendo agli innumeri avvilimenti cui l’uomo moderno si è sottoposto (in particolare alla schiavitù alle macchine e ai loro prodotti e ai nefasti loro residuati e rifiuti, che deteriorano tutta la civiltà del cosiddetto benessere e dei consumi), l’Autore va alla ricerca di quelle forme di vita umana in cui la presenza del divino è ancora viva e nobilitante.
Fratello Oceano vuol anche dire vivere in armonioso rapporto d’amore e di rispetto con la natura che ci circonda. È l’amore per il mondo in cui viviamo, fragile battello spaziale che si muove nella dimensione infinita delle galassie. L’isola che non c’è più, potrà essere la nostra un giorno; quell’ultimo approdo potrà essere davvero l’ultimo, e non per un uomo solo ma per l’umanità intera.
A che vale emanare tante leggi contro i responsabili degli inquinamenti e degli avvelenamenti, se poi non vengono osservate nè applicate, se i depuratori sono progettati in quantità del tutto insufficienti a limitare il ritmo sempre maggiore della catastrofe, e nei fiumi e nei mari di notte, col buio favorevole ai delitti, viene versato ciò che non si versa più di giorno?»
Tratto dall’introduzione di Romeo Lucchese
Roma, 16 febbraio 1973
Atemi e Areva, così come li conobbe l’Autore, sono intenti a suonare
un curioso strumento a corda, ricavato dalle mandibole di un pescecane.
Ho gradito molto la semplicità, lo spirito di avventura dell’autore e la sua rispettosa considerazione nei confronti dei sentimenti e delle paure dei giovani protagonisti, sensibilità per quei tempi non così scontata nel mondo degli adulti.
Certo fa riflettere il fatto che più di quarant’anni fa ci fosse una così chiara consapevolezza di ciò che stavamo rovinando, e che si siano fatti così pochi passi avanti. Anzi, a volte si ha come l’impressione che ci sia la tentazione di tornare indietro…
Navigammo da oriente a occidente, dal nord al sud del Pacifico senza l’aiuto nè di stelle nè di bussole, popolando gli arcipelaghi più lontani.
Forse già nel mio primo viaggio in Oceania, nel 1956, avevo pensato a un film sulle grandi trasmigrazioni, quei viaggi dalla Nuova Zelanda alle Marquises, dalle Hawaii a Bora Bora, dalle Sottovento a Pasqua su imbarcazioni di fragile legno cucito spinte dal soffio costante dei venti regolari nelle vele di pandano intrecciato.
Viaggi incredibili, su distanze paragonabili a quelle che corrono da Genova alla Florida o da Venezia a Città del Capo. Viaggi in orizzonti marini così vasti e sconfinati, da obbligarci a ridimensionare quelli celebri di un Colombo o di un Vasco da Gama, navigatori che affrontarono le loro imprese con riserve di viveri, armamento, strumenti di navigazione ed equipaggi al cui confronto le piroghe dei trasmigratori polinesiani erano poco più di semplici tronchi di legno.
Folco Quilici è un documentarista cinematografico e televisivo e scrittore italiano.
Figlio dello storico e giornalista Nello Quilici e della pittrice Mimi Buzzacchi, dopo aver iniziato un’attività di tipo cineamatoriale, si è specializzato in riprese sottomarine, diventando molto popolare anche al di fuori dei confini nazionali. Ha studiato regia presso il Centro sperimentale di cinematografia.
Il suo primo lungometraggio è stato Sesto Continente del 1954, ricco di suggestive immagini subacquee dedicate ai mari australi. Seguono negli anni a venire film e lungometraggi che hanno fatto storia, tra i quali: L’ultimo paradiso, Tikoyo e il suo pescecane, Oceano, Fratello mare. Successivamente ha alternato la documentaristica cinematografica con l’attività giornalistica, collaborando con la stampa italiana e internazionale e segnalandosi per le inchieste ed i servizi speciali riguardanti l’ambiente e la civiltà.
Ha realizzato una serie di film sull’Italia filmata dall’alto tramite elicottero. Nel periodo che va dal 1966 al 1978 furono realizzati 14 di tali documentari, tutti aventi come titolo L’Italia vista dal cielo, alla quale hanno collaborato nomi di massimo prestigio.
L’attività di Folco Quilici nel campo del cinema culturale, ha trovato, in Italia e all’estero, vasto spazio in programmi televisivi in più puntate. Per il suo impegno nella Tv culturale ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti.
Autore prolifico ha pubblicato un lungo elenco di libri di narrativa, saggistica, letteratura per ragazzi.
E la loro forza, la forza delle genti polinesiane, è proprio questa:
quella di non perdere ne fiducia ne amore verso quel grande orizzonte liquido che li circonda e che sembra voler sempre ricordare all’uomo la sua forza e la sua superiorità.
In fondo, perchè lamentarsi?
L’albero del pane
Divinizzare ciò che temono di più