Tieni il segno: Fiume Giordano: dal misticismo della religione al pericolo idrico

di Adele Lerario
5 giugno 2014

È il bacino che attraversa una delle terre più travagliate della storia; è, probabilmente, il bacino che più di tutti, rappresenta la Storia, sia essa culturale che religiosa. Si parla del Giordano, un fiume da un corso di 18.500 km2 e i cui Paesi rivieraschi hanno da tempo immemore perso pace a livello politico e sociale. Il Giordano bagna Giordania, Israele, Siria, Territori Palestinesi ed anche il Libano, seppure in percentuale nettamente inferiore. Per citare solo pochi riferimenti, il Giordano è il luogo del Battesimo di Gesù, è il fiume dove amava predicare Giovanni Battista, è stato attraversato dagli israeliti per accedere alla terra promessa… continua

Riflessioni: è un vecchio articolo che avevo salvato nella barra dei segnalibri, lo faccio sempre quando offrono spunti interessanti di riflessione per comprendere la realtà, specialmente se riletti a distanza di tempo. E mi trovo a pensare che le nostre generazioni, quelle “adulte”, sono così poco lungimiranti da credere che il denaro possa comprare tutto, in nome del profitto si sfruttano le risorse ricevute in dono senza dare nulla in cambio se non inquinamento e devastazione. Si tende ad accaparrarsi tutto senza però prendersene cura, si temono epidemie e carestie ma non si fa nulla per prevenirle; in quanto categoria umana ci interessa solo quello che riguarda noi, a discapito degli altri esseri viventi, animali e vegetali, come se non ci fosse futuro. Abbiamo una fame insaziabile, e delle future generazioni non ce ne frega nulla.
Quando invece basterebbe poco a unire le forze, e le risorse così tanto sprecate in inutili guerre, e cercare di risolvere con il dialogo, con la buona volontà, anziché con la forza. Siamo come entrati in un tunnel, con i paraocchi vediamo solo bruttezza e orrore, siamo così impauriti da stringerci addosso tutto ciò che possediamo, quando in realtà non possediamo null’altro che quello che abbiamo dentro di noi. Siamo noi il nostro male e il male del mondo.

Leda

Mi sono ricordata di aver visto anche un video, ma non lo trovavo. È stato proprio partendo dal video, che per avere un riscontro ho cercato un’altra fonte, che mi ha portato all’articolo di cui sopra. Ho rovistato quindi tra la pila di appunti scritti a mano e ho trovato il foglio con la trascrizione di una videoconferenza pubblicata su Facebook il 27 dicembre 2020 da Assopace Palestina.

Assopace Palestina è un’associazione italiana che lavora come organizzazione sociale, culturale e di volontariato. La sua missione è la solidarietà sociale e umana, promuovendo progetti e iniziative per superare ogni forma di emarginazione e discriminazione.

Leda

Il video “La Valle del Giordano: il cestino del pane della Palestina”, pubblicato da Assopace Palestina, affronta la vita quotidiana nella Valle del Giordano, evidenziando le difficoltà affrontate dalla popolazione palestinese a causa dell’occupazione militare israeliana. Il titolo stesso, “il cestino del pane”, sottolinea l’importanza storica e agricola di questa regione per la Palestina.

Nel video vengono presentate testimonianze di residenti locali che descrivono le sfide quotidiane, come le restrizioni all’accesso all’acqua, le demolizioni di abitazioni e le difficoltà nel mantenere le attività agricole.

Il Cestino del pane della Palestina

Così una volta era chiamata la Valle del Giordano, oggi è una zona attanagliata dall’occupazione militare, dalla colonizzazione, dalle demolizioni di case, dalle evacuazioni, dai crimini contro l’umanità come dicono le organizzazioni umanitarie.

Il fenomeno delle demolizioni è in atto da tempo, come le uccisioni, e il coprifuoco, perché la Valle del Giordano ha un valore strategico importante per le mire espansionistiche di Israele. Innanzitutto è una zona dalle importanti caratteristiche naturali, soprattutto per quanto riguarda l’acqua, in quanto sono presenti un terzo delle risorse d’acqua di tutta la Palestina, e ovviamente per la posizione strategica che riveste.

Dall’inizio dell’occupazione nel 1967, Israele ha puntato a creare nuove colonie e ampliare quelle esistenti, e la ragione per cui sta attaccando così tanto la zona della Valle del Giordano serve a creare delle condizioni di disagio, di rendere la zona inospitale, così da spingere la popolazione pian piano ad abbandonare la Valle, o a ridursi in piccolissime zone.
A tal fine ciò che il governo israeliano pratica, è confiscare i terreni, creare zone militari, zone per le esercitazioni dell’esercito; vengono demolite case ed edifici, soprattutto nelle zone residenziali.

Quando si sente parlare degli attacchi alla Valle del Giordano, è quello l’obiettivo degli israeliani: spingere la gente fuori da queste zone. In base alle statistiche, se prima del 1967 c’erano circa 250.000 persone nella zona della Valle del Giordano, oggi ce ne sono circa 53.000. Tali attacchi hanno due obiettivi:
1. di espandere l’occupazione,
2. di puntare a un’annessione permanente della zona.
E questo pian piano sta succedendo, ma non del tutto perché le persone comunque, anche se sono in minor numero non vogliono lasciare la terra, vogliono resistere lì sulla loro terra. E sono loro che oggi riescono effettivamente a fermare o a rallentare l’occupazione.
Tra le altre pratiche messe in atto dal governo d’Israele c’è quella di dichiarare alcune zone abbandonate, non abitate, dichiarare dei terreni come zone militari, oppure espropriarli per scopi pubblici.
È chiaro che la vita in queste aree, il resistere quotidianamente a questo tipo di attacchi espone a un numero enorme di violazioni dei diritti dei palestinesi sulle proprie terre, che si traducono in vere e proprie restrizioni al movimento, alla costruzione di edifici, all’accesso all’acqua, all’accesso alla sanità; restrizioni che poi hanno conseguenze ulteriori come il divieto di costruire strade, impattando ulteriormente sulla libertà di movimento, così come il divieto di costruire edifici comporta l’impossibilità di avere una privacy nelle proprie case.
Dichiarare zone di esercitazione militare, anche temporanea, comporta la rimozione delle persone dalle proprie case, dalle zone in cui abitano per alcune ore o per giorni, e questo può accadere per esempio anche con condizioni meteorologiche particolarmente difficili.
L’impossibilità di costruire strade, anche agricole, impedisce di nutrire i propri figli.

L’alternativa che viene data è: rimanere in queste terre in condizioni veramente estreme, oppure andarsene. Tutto ciò ha un forte impatto sull’opinione pubblica, sulla società civile, aspetto su cui Israele sta investendo molto.

Intervento di Suha Jarrar, avvocato e ricercatrice di Al Haq – Palestina, associazione palestinese per la difesa dei diritti umani fondata nel 1979 con sede nella città di Ramallah, in Cisgiordania.
Purtroppo ho appreso che l’11 luglio 2021 Suha Jarrar è morta per infarto nella sua casa all’età di 31 anni.

I residenti locali rendono noto che vengono confiscate le auto private, i trattori fondamentali per ogni coltivatore, vengono espropriate le terre intorno ai nuovi insediamenti israeliani che vengono date ai coloni che sono sotto la protezione e la tutela dei militari. Viene impedito anche l’allevamento degli animali che sono senza riparo e difficilmente riescono a sopravvivere in quell’area, i coltivatori non riescono ad andare ai mercati a vendere i loro prodotti, così le donne non riescono a vendere i loro prodotti artigianali, come i tessuti, impedendo alle famiglie di avere una fonte di reddito.

La Valle del Giordano è un’area economica, basata soprattutto sulle imprese agricole, è una valle molto ricca di acqua e il clima è mite.
Il governo israeliano sostiene molto i coloni che decidono di andare in queste zone, vi si stabiliscono e si impadroniscono delle sorgenti d’acqua, che vengono recintate così da impedirne l’accesso. I coloni godono anche di benefici economici dati loro da Israele.
È una questione di interesse economico e di affari. Sfruttano le ricchezze, come ad esempio l’uva di cui i territori sono molto ricchi, specie sulle montagne in particolare nella zona di Hebron, che poi viene venduta a prezzi molto alti.
Un’altra ragione per cui la Valle del Giordano è d’importanza strategica sono: i confini. Il governo israeliano non vuole che i palestinesi abbiano controllo sui loro confini, particolarmente in questa valle che ha un punto di accesso per la Giordania.

La Valle del Giordano è un’area molto vasta con molti villaggi piuttosto isolati, non esiste trasporto pubblico, non ci sono strade adeguate a far sì che i palestinesi possano raggiungere i mercati per vendere i loro prodotti, sono comunità povere a cui viene confiscato tutto.

Esistere è resistere”
27 dicembre 2020

 

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