“INTO THE WILD”
DI SEAN PENN
da una recensione di Rocco Mancinelli
Sullo sfondo dell’America che tutti abbiamo sognato, quella dei grandi spazi, dall’Arizona al Pacifico, dal Gran Canyon all’Alaska, Into the Wild racconta la storia di un giovane anticonformista che sceglie di vivere un’esistenza on the road. Raramente ci è capitato di recensire una colonna sonora così intensamente intrecciata alla trama, alle emozioni, allo spirito del film.
Fonte: suono.it
Tratto dal libro Nelle terre estreme di Jon Krakauer, il film racconta la storia vera di Christopher McCandless (Emile Hirsch), un giovane statunitense benestante che una volta conseguita la laurea nel 1990 abbandona tutto per seguire la propria strada. Dice di chiamarsi Alexander Supertramp e viaggia per due anni in modo fortuito con il solo obiettivo di raggiungere le terre sconfinate dell’Alaska e trovare il modo di dare significato alla propria vita.
Commento: un bellissimo film, con immagini e musiche molto suggestive. E decisamente è una storia che fa riflettere.
Però devo dire che giunta alle scene finali sono rimasta perplessa, non per il film… ma per la scelta fatta dal protagonista.
Partendo proprio dal finale, Cristopher trova una risposta a tutti i suoi perchè e mi sono chiesta: “Ma a quale prezzo?” Ha lasciato tutto, intollerante dell’ipocrisia e del materialismo di cui era circondato e fin qui condivido pienamente. Ma le persone che ha incontrato, la relazione che si è creata tra loro… forte… importante… non dico che l’abbia rifiutata, no anzi l’ha vissuta, ma se l’è lasciata alle spalle per raggiungere il suo obiettivo.
Credo che la frase: “la felicità è reale solo quando è condivisa” sia la chiave d’interpretazione perchè infondo Cristopher alla fine percepisce l’essenza della libertà, dell’autoaffermazione, della verità, ma lo fa in solitudine e a costo della vita.
Veramente un film da vedere… assolutamente.
Into the Wild
di Sean Penn
USA, 2007
GENERE: Avventura, Drammatico
CAST: Emile Hirsch, Vince Vaughn, Kristen Stewart,
William Hurt, Marcia Gay Harden
PRODUZIONE: Paramount Vantage, River Road Films,
Art Linson Productions, Into the Wild, River Road Entertainment
DISTRIBUZIONE: BIM
E ricordati sempre…
Se vuoi qualcosa nella vita
allunga la mano e prendila”
“Se ammettiamo che l’essere umano
possa essere governato dalla ragione,
ci precludiamo la possibilità di vivere”
“Beh, ci sono persone convinte di non meritare l’amore.
Loro, si allontanano in silenzio dentro spazi vuoti,
cercando di chiudere le breccie al passato…”
“La fragilità del cristallo
non è una debolezza, ma una raffinatezza”
Happiness is real only when shared
La felicità è reale solo quand’è condivisa”
Riflessioni: Quella di Chris è una scelta coraggiosa. Lasciarsi alle spalle il benessere, una famiglia, un avvenire sicuro non è facile e sicuramente non è da tutti. È una vicenda on the road che richiama gli anni della Beat generation, anni di cambiamento come quelli degli Hippy in cui vennero messe in discussione le rigide strutture sociali di una società arcaica, dove tutto era predisposto e dove ognuno era chiuso in un ruolo preciso. Si aprì la strada così alla pura utopia di una società nuova, fondata sull’amore e sull’uguaglianza, considerando la natura quale musa ispiratrice: si proclama l’amore, libero dalle paure, dai pregiudizi, si sperimentano altre dimensioni attraverso l’uso di sostanze psichedeliche, la musica stessa diventa un veicolo per trasgredire.
Ma come ogni sogno…finì ….
Ecco, questo film lo vedo come un’espressione di quei tempi, in cui si era alla ricerca di una propria dimensione, una vita a propria misura, un ritrovare se stessi e la propria libertà di essere, un pensiero che è stato seminato. Una necessità che appare quanto mai attuale, per la verità.
Purtroppo si deve fare i conti anche con la realtà… la bacca appunto, che ha interrotto un’evoluzione così elevata e così mistica per un individuo, in modo così banale… come succede nella vita di tutti i giorni se non sappiamo cogliere la vera essenza del vivere: la felicità della condivisione.
Hard sun – Eddie Vedder (2007)
Da due anni cammina per il mondo. Niente telefono, niente biliardo, niente animali, niente sigarette. Il massimo della libertà. Un estremista. Un viaggiatore esteta la cui dimora è la strada. Scappato da Atlanta. Mai dovrai fare ritorno perché the west is the best. E adesso, dopo due anni a zonzo, arriva la grande avventura finale. La battaglia climatica per uccidere l’essere falso dentro di lui e concludere vittoriosamente il pellegrinaggio spirituale. Dieci giorni e dieci notti di treni merci e autostop lo hanno portato fino al grande bianco del Nord. Per non essere mai più avvelenato dalla civiltà, egli fugge, e solo cammina sulla terra per smarrirsi nella foresta.
Alexander Supertramp, Maggio 1992
Christopher McCandless adottò il nome di Alexander Supertramp, come se dentro di lui vi fossero due persone.
La battaglia climatica per uccidere l’essere falso dentro di lui e concludere vittoriosamente il pellegrinaggio spirituale“.
Non sono affatto d’accordo con queste parole, a mio avviso portano a un grave equivoco e cioè a pensare che dentro di noi ci sia qualcun altro a decidere, qualcun altro “colpevole” di ciò che noi decidiamo di fare, a cui attribuire LA COLPA. Perchè infondo è con i sensi di colpa che noi non riusciamo a vivere, che ci avvelenano giorno per giorno, è con i sensi di colpa che continuamente veniamo ricattati: in famiglia, a scuola, nel lavoro, dagli amici, dalle istituzioni… Usare e subire i sensi di colpa è profondamente sbagliato, bisogna scrollarseli di dosso e cercare di vivere senza accettare compromessi, scorciatoie che poi ci rendono ricattabili.
Contesto fortemente questa specie di alibi, abbiamo sempre una scelta da fare in un senso o nell’altro, a volte anche più di due se sappiamo coglierle. Nessuno ci può costringere a fare un determinato passo, tutto dipende da ciò che siamo disposti a perdere in cambio di…
Per come l’ho inteso io, Christopher McCandless più che uccidere qualcosa dentro di sè, al contrario voleva salvare quello che aveva dentro e cioè la libertà di poter essere se stesso, di poter scegliere cosa fare della sua vita. Suo padre, la sua famiglia, la società avevano già deciso per lui quale sarebbe stata la sua vita, che cosa avrebbe fatto, come sarebbe vissuto. Ha preso il coraggio a due mani e se ne è andato.
Non condivido la scelta finale di Chris, secondo me ha buttato via la sua vita, l’ha sprecata, perchè non era necessario andare in “tanta malora” (come si dice in veneto) per cercare le risposte alle sue domande, le aveva già dentro di sè, bastava decidere, ribellarsi e prendere in mano la propria vita. Modi per rendere significativa la propria vita ce ne sono a uffa, basta sapere quel che si vuole.
E poi un pellegrinaggio non può portare a una vittoria e non può avere una conclusione, il suo significato è in sè, nel cammino, in ciò che sperimenti nell’animo, nel ritrovare un’armonia con te stesso e con ciò che hai intorno. Basta anche una passeggiata in un luogo tranquillo per farci ritrovare il senso delle cose.
Il problema è che ci si ostina sempre a cercare altrove, a trovare sempre qualcosa o qualcuno da incolpare, o al contrario a colpevolizzarsi, attribuendo a se stessi tutti i mali del mondo.
Un esame di coscienza è sempre un buon passo da compiere per riflettere e cercare di capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è male e ciò che è bene e nel caso porre rimedio. Nessuno nasce imparato.
A me questa immagine con la città illuminata nello sfondo, mi prende di brutto… mi fa rivivere la sensazione di quei rari momenti in cui ho respirato la libertà di essere me stessa! Bella sensazione… ahhhh… la consiglio a tutti! 🙂
Dedico questo post alla persona che so, condivide con me queste stesse sensazioni ♥
Leda