Antica favola etiope
Una giovane donna diventò la sposa di un uomo rimasto vedovo e padre di un bambino. Il giorno del loro matrimonio lei s’accorse del dolore che provava il bambino e ne fu commossa, così si ripromise di aiutare quel bambino a guarire le sue ferite e di prendersi cura di lui.
Ma nonostante l’impegno e l’energia che metteva nel realizzare il suo buon proposito, il bambino rifiutava tutte le sue attenzioni e le sue cure. I cibi che preparava amorevolmente non erano buoni come quelli che cucinava la sua mamma, i vestiti che lavava e rammendava con cura venivano sporcati e strappati di proposito, quando gli dava un bacio lui prontamente si ripuliva col dorso della mano, quando si avvicinava per abbracciarlo lui si allontanava, e così via. Per quanto ella cercasse di consolare il bambino, di mitigare il suo dolore con il suo affetto, il bambino la ricambiava con il rifiuto e la sua rabbia.
Un giorno sentendosi impotente e affranta, la giovane donna decise di chiedere consiglio all’anziano guaritore del villaggio. Tra le lacrime lo supplicò:
«Aiutami tu, come posso conquistare l’amore di quel bambino? Puoi preparare una magia? Ti pagherò quanto vorrai!»
«Va bene − rispose l’anziano − ti aiuterò e preparerò questa magia. Però è essenziale che tu mi porti due baffi del leone feroce che sta nella foresta».
«Ma è impossibile! − disse ella − Non c’è alcuna speranza, allora! Se mi avvicinerò a quel leone mi sbranerà! Non riuscirò mai a conquistare l’amore di questo bambino» disse rassegnata.
«Mi dispiace donna, ma è quello che mi serve per la magia».
La donna in lacrime si avviò verso la sua capanna, sempre più sconsolata. Dopo una notte insonne, rendendosi conto che mai avrebbe rinunciato a cercare di fare breccia nel cuore di quel bambino, decise che si sarebbe procurata a ogni costo i baffi del leone.
La mattina seguente si mise in cammino verso la foresta con una ciotola di carne sul capo. Giunta nei pressi del territorio del leone, depose la ciotola a terra e ritornò al suo villaggio.
Il giorno successivo, poco dopo l’alba si avviò nuovamente verso la foresta con un’altra ciotola di carne, ma questa volta la depose all’interno del territorio del re della foresta.
Il terzo giorno portò un’altra ciotola di carne e si avvicinò un po’ di più.
Lo stesso il quarto giorno, e così il quinto, il sesto, il settimo…il ventunesimo…il trentesimo…il centesimo giorno.
Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, ella avanzava con coraggio e determinazione, finché la sua perseveranza venne premiata. Riuscì infatti prima ad arrivare nelle vicinanze della tana, poi a vedere l’animale stesso, e dopo diversi giorni ad avvicinarsi al leone che ormai attendeva la sua ciotola di carne e osservava placido la donna, lasciando che si accostasse sempre più.
Arrivò il giorno in cui la donna depose la ciotola a terra davanti al leone, e con il cuore che batteva forte nel petto capì che era giunto il tempo di agire. Mentre l’animale indisturbato dalla sua presenza divorava placidamente il suo pasto, lei rapida strappò i due preziosi baffi, tanto che il leone neppure se ne accorse.
Sorridendo tra le lacrime con i due baffi stretti al petto, corse a perdifiato verso la capanna del guaritore chiamandolo a gran voce e mostrandogli i due baffi: «Ora puoi fare la tua magia!» gli disse.
«Mi dispiace donna, non posso fare ciò che mi chiedi. Non bastano due baffi di leone per conquistare l’amore di un bambino. Io non ho questo potere».
«Mi hai ingannata! − gli urlò contro − mi hai tradita! Mi hai fatto rischiare la vita per nulla?! Perché? Perché l’hai fatto?» gli chiese tra le lacrime, al culmine della sua disperazione.
«Avevi promesso! Come farò adesso?».
L’anziano in silenzio attese che la donna asciugasse le sue lacrime e calmasse la sua rabbia, e poi le disse: «Io non posso compiere alcuna magia, donna. La magia è nelle tue mani. Guarda cos’hai fatto col leone! Ebbene la magia è questa: fai con il tuo bambino ciò che hai fatto col leone!»
♥ ♥ ♥
Il tempo. Ogni cosa necessita del suo tempo, ma c’è un tempo che pare infinito.
È il tempo della trasformazione, del cambiamento, della guarigione, dell’attesa.
Quel tempo che vorremmo poter cancellare come d’incanto, o che vorremmo almeno accelerare. Soprattutto noi che viviamo questo momento storico e culturale dove il tutto dev’essere subito, dove ogni cosa si consuma in un attimo, dove l’attesa genera ansia, insofferenza, e aggiunge spesso sofferenza alla sofferenza.
Non è possibile accelerare.
Ci sono ritmi e tempi che non possiamo modificare, che appartengono alla natura dell’uomo e all’universo..
Quando si dice: “il tempo aggiusta tutto”…
In realtà siamo noi e gli avvenimenti che ci accadono, siamo noi che necessitiamo di tempo per “aggiustarci”. Noi per adeguarci, per abituarci, per trasformarci. Gli avvenimenti per evolvere, per maturare, per manifestarsi.
Non esistono interruttori.
Click! No, nessun click.
Solo la costanza, la gentilezza, la tenacia e la paziente attesa, mentre ”si lavora per…”.
Testo in parte rielaborato tratto da qumran2.net